Integrazione da parte di più subappaltatori del requisito di qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili. Parola alla CGUE!

12 Giugno 2020

Va rimessa alla CGUE la questione se gli artt. 63 e 71 dir. 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 49 e 56 TFUE, ostino a una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate.

Il caso. La seconda classificata nella procedura di gara indetta per l'affidamento dei lavori di realizzazione del nuovo ospedale “San Cataldo”, impugnava il provvedimento di aggiudicazione, lamentando, sotto diversi profili, l'anomalia dell'offerta dell'impresa aggiudicataria. A sua volta, l'impresa aggiudicataria proponeva ricorso incidentale contro la seconda graduata, censurando l'illegittimità della relativa ammissione alla gara per difetto di un requisito di qualificazione (SOA). Il giudice di primo grado accoglieva in parte sia il ricorso principale che quello incidentale e, proprio rispetto a quest'ultimo, riteneva fondata la censura sul mancato possesso da parte dei componenti del RTI e dei tre relativi subappaltatori del requisito della SOA. In particolare, secondo il Collegio, il concorrente (ovvero in sua vece il subappaltatore) avrebbe dovuto possedere in proprio e “per intero” la qualificazione richiesta dalla lex specialis, non potendo essere soddisfatto il requisito de quo in parte con il possesso da parte del RTI della propria classifica, in parte con il subappalto frazionato. Avverso tale sentenza venivano proposti tre distinti appelli. Con la pronuncia parziale 5 giugno 2020 n. 3573, la Terza sezione del Consiglio di Stato ha accolto in parte gli appelli confermando la necessità di un supplemento di verifica, ad opera della stazione appaltante, circa la sostenibilità dell'offerta temporale formulata dalla prima classificata. Quanto al motivo escludente del ricorso incidentale di primo grado, il Collegio, dubitando della compatibilità al diritto eurounitario dell'interpretazione fornita dal giudice di primo grado, ha invece ritenuto necessario sospendere il giudizio e rimettere alla Corte di Giustizia UE la questione in merito alla frazionabilità tra subappaltatori del requisito qualificante.

La questione pregiudiziale: Il Collegio, nel formulare la suddetta questione, ha in primo luogo inquadrato la fattispecie in esame nell'ambito del subappalto necessario o qualificante, che si determina nel caso in cui l'appaltatore difetti dei requisiti necessari per realizzare una o più prestazioni dell'appalto ed è pertanto obbligato a subappaltarle a un'impresa in possesso degli stessi.

Compiuta tale premessa, la Terza sezione ha poi precisato che il quadro normativo nazionale non contiene alcuna implicita limitazione al subappalto “qualificante” e “frazionato”, in quanto: (i) “l'art. 105, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 introduce un espresso divieto di suddivisione del subappalto – peraltro suscettibile di deroga in presenza di “ragioni obiettive” – applicabile alle sole opere c.d. superspecialistiche (o SIOS) di importo superiore al 10% dell'intero appalto. Si tratta, con tutta evidenza, di una norma di carattere speciale che, a contrario, consente di inferire l'insussistenza di una restrizione analoga per le opere non SIOS e/o che per importo non superino la soglia fissata ex lege” – come nella specie –, (ii) mentre l'art. 61 d.P.R. n, 207/2010si limita a stabilire che ciascuna impresa acquisisce individualmente la propria qualificazione SOA, ma tale principio (pacifico) non è incompatibile con la facoltà di un'impresa di fare affidamento sulle capacità altrui per la partecipazione ad una gara, né da esso è dato evincere un divieto di soddisfare il requisito di qualificazione per una determinata categoria di opere attraverso il cumulo dei requisiti di più operatori”. Anche guardando al diritto eurounitario (artt. 63 e 71 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici), il Collegio rileva che tale restrizione non sembra sussistere. Anzi, precisa che la CGUE, chiamata a pronunciarsi sugli artt. 47 e 48 della previgente direttiva 2004/18/CE, ha costantemente riconosciuto “il diritto di ciascun operatore di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, “a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi”, purché si dimostri all'amministrazione aggiudicatrice l'effettiva disponibilità dei mezzi necessari per eseguire l'appalto (cfr. CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punti 29 - 35; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punti 23 e 28; CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14, punto 33);(ii) la libertà dell'offerente di “..scegliere, da una parte, la natura giuridica dei legami che intende allacciare con gli altri soggetti sulle cui capacità egli fa affidamento ai fini dell'esecuzione di un determinato appalto e, dall'altra, le modalità di prova dell'esistenza di tali legami” (CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28);(iii) il generale principio di frazionabilità dei requisiti di partecipazione tra più imprese, suscettibile di deroga soltanto in presenza di comprovate circostanze eccezionali, ossia: “lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si può ottenere associando capacità inferiori di più operatori” e per i quali il livello minimo di capacità deve essere raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, da un numero limitato di operatori economici (cfr. CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14)”. E ha affermato ancora che “.l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola autorizza i raggruppamenti di operatori economici a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici senza prevedere limitazioni relative al cumulo di capacità, così come l'articolo 25 della stessa direttiva considera il ricorso a subappaltatori senza indicare limitazioni in proposito” (CGUE, 10 ottobre C 94/12); e che “…l'offerente rimane libero di scegliere, da una parte, la natura giuridica dei legami che intende allacciare con gli altri soggetti sulle cui capacità egli fa affidamento ai fini dell'esecuzione di un determinato appalto e, dall'altra, le modalità di prova dell'esistenza di tali legami” (C 234/14). È evidente quindi che tale interpretazione risponde all'obiettivo dell'apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici ma anche delle stesse amministrazioni aggiudicatrici e proprio in tale prospettiva si pongono gli istituti dell'avvalimento e del subappalto.

In particolare, trattandosi nella specie di subappalto necessario, il Collegio ha ritenuto necessario evidenziare che l'istituto in esame presenta innegabili similitudini con l'avvalimento, sebbene vi sia una significativa differenza “in relazione al fatto che il subappaltatore esegue in proprio le opere affidategli, rispondendone esclusivamente nei confronti dell'impresa subappaltante, unica responsabile nei confronti della stazione appaltante; al contrario, nell'avvalimento l'ausiliario non è esecutore dell'opera (se non nei limiti fissati dall'art. 89 comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016) e, tuttavia, consentendo al concorrente di integrare i requisiti mancanti necessari per la partecipazione alla gara, egli diviene parte sostanziale del contratto di appalto, assumendone insieme al concorrente principale la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante (art. 89 comma 5 del d.lgs. n. 50 del 2016)”. Tale tratto distintivo relativo al regime di responsabilità dell'impresa ausiliaria e al suo ruolo nell'esecuzione dell'appalto è destinato ad attenuarsi proprio nel caso del subappalto “necessario”, “soggetto all'obbligo della contestuale indicazione in sede di gara sia delle attività per le quali si intende ricorrere al subappalto, sia del nominativo dei subappaltatori e dei relativi requisiti (ai sensi art. 105 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), tanto da giustificarne la denominazione di "avvalimento sostanziale"”. Pertanto, il Collegio afferma come sia lecito domandarsi se le residuali differenze che permangono tra i due istituti siano sufficienti a giustificare un'impostazione divergente circa la possibilità di frazionamento dei requisiti tra più imprese ausiliarie, prevista espressamente in tema di avvalimento ma non esplicitamente contemplata in materia di subappalto, soprattutto alla luce della disciplina eurounitaria che, non prevedendo limitazioni aprioristiche e astratte al subappalto, ne esalta piuttosto la funzione “positiva”, in virtù dei principi di parità di trattamento e non discriminazione degli operatori economici, oltre che dei principi di libertà di stabilimento, di libera circolazione delle merci e dei capitali, e di concorrenza e proporzionalità.

In conclusione, la Terza Sezione chiede alla CGUE se l'interpretazione della disciplina nazionale atta a limitare il ricorso al subappalto frazionato “qualificante” sia compatibile con la normativa eurounitaria che ammette la tendenziale completa e incondizionata subappaltabilità delle prestazioni dedotte nel contratto di appalto e al contempo riconosce il pieno diritto del prestatore privo di determinati requisiti di poter fare ricorso alle capacità di terzi soggetti.

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