Elenco creditori e accertamento crediti nel concordato preventivo: funzioni e azioni a tutela del ceto creditorio

Giuseppe Sancetta
Alessandro Ireneo Baratta
Laura Sicuro
Fosca Lamberti
15 Giugno 2020

Come è noto, la disciplina del concordato preventivo è stata riformata a seguito del D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019. Gli autori si soffermano sul tema della quantificazione del passivo nel concordato preventivo con particolare riferimento ai poteri del giudice delegato, del commissario giudiziale e dei possibili rimedi a favore dei creditori a tutela dei propri interessi.
Il concordato preventivo alla luce del codice della crisi e dell'insolvenza

La disciplina del concordato preventivo ed, in particolare, il trattamento dei creditori è stato oggetto di riforma a seguito del D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019, in attuazione della Legge delega n. 155/2017, che ha introdotto il nuovo codice della crisi e dell'insolvenza (di seguito breviter anche CCI), la cui entrata in vigore è stata prevista decorsi 18 mesi dalla pubblicazione del decreto (ovverosia nell'agosto 2020), e poi differita al 1° settembre 2021, tranne che per taluni articoli, precipuamente indicati all'art. 389 CCI, secondo comma, di cui è stata prevista l'entrata in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella G.U..

Il codice della crisi e dell'insolvenza ha, tra l'altro, unificato il procedimento di ammissione per tutte le procedure di regolazione della crisi specificamente individuate (artt. da 40 a 53 CCI), eliminando tutta quella pluralità di regole differenti da adottarsi a seconda dello strumento utilizzato presenti nella Legge Fallimentare.

In linea generale, l'impostazione della riforma accorda un certo favor alle procedure di ristrutturazione della crisi di impresa allo scopo di scongiurare la progressiva dispersione del valore aziendale, per giungere a “massimizzarne il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l'economia in generale” (Relazione Illustrativa del 2 ottobre 2017), assumendo un ruolo centrale la funzione attribuita al pagamento dei creditori e alla prosecuzione dell'attività di impresa ai fini del risanamento conservativo, con assolute novità in tema di mantenimento dei posti di lavoro.

Infatti, nell'integrare la precedente disciplina del concordato preventivo, il legislatore ha avuto cura anzitutto di precisare ulteriormente che le finalità del risanamento dell'impresa in crisi e il mantenimento dei posti di lavoro sono fondamentali ai fini del ripristino dell'equilibrio economico e finanziario dell'impresa stessa e sono finalizzate al conseguimento dell'obiettivo cardine del migliore soddisfacimento dei creditori, realizzabile mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio. In tale ottica, la riforma privilegia le procedure concordatarie in continuità, distinta tra diretta e indiretta (art. 84, comma 2, CCI) piuttosto che quelle liquidatorie: privilegia, cioè, le procedure che prevedano il superamento della crisi e dell'insolvenza in un'ottica di prosecuzione dell'attività aziendale, che consentano di salvaguardare contestualmente il valore dell'impresa e i livelli occupazionali, con il fine ultimo del soddisfacimento dei creditori, proprio in considerazione della centralità affidata all'attività di impresa, nell'ambito della quale ha origine e si realizza la crisi. L'esperienza del tessuto economico italiano e gli studi aziendalistici ed economici, tuttavia, hanno rilevato un risultato ben diverso laddove “lo strumento del concordato liquidatorio consente di attuare, secondo le rilevazioni statistiche, una liquidazione dell'attivo più veloce e conveniente rispetto all'alternativa del fallimento, con evidente miglior tutela dell'interesse dei creditori”, (A. La Malfa, Audizioni atto del Governo n. 53/2018).

Nel nuovo Codice, invece, il concordato liquidatorio è ammissibile solo se il piano prevede l'apporto di nuova finanza che aumenti in modo significativo le prospettive di soddisfacimento per i creditori chirografari: la percentuale di soddisfazione dei creditori chirografari deve essere superiore del 10% rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale, soddisfazione che non potrà essere in ogni caso inferiore al 20% dell'ammontare complessivo del credito chirografario, così come riportato dall'art. 84, comma 4, CCI.

Nell'ambito della procedura di concordato, sono state altresì introdotte diverse novità quali l'eliminazione dell'adunanza dei creditori (i quali potranno proporre opposizione alle eventuali operazioni societarie in sede di omologazione), la modifica del voto dei creditori, la disciplina dei rapporti pendenti, i finanziamenti interinali, l'affitto e la vendita dell'azienda, l'introduzione del concordato di gruppo di imprese ed, infine, la disciplina delle azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali e il loro esperimento nell'ambito della procedura liquidatoria.

La quantificazione del passivo nel concordato preventivo

Nella procedura di concordato preventivo non è stata prevista una fase precipuamente dedicata alla verifica dei diritti dei creditori e dei terzi, per cui non esiste un procedimento ritualmente definito teso al riconoscimento dell'esistenza e dell'ammontare dei crediti, che esplichi un effetto endoconcorsuale vincolante. Il debitore e i creditori sono solo vincolati alla proposta concordataria, nel senso di essere inclusi in una classe piuttosto che in un'altra, circostanza che ha diretta conseguenza solo sul diritto di voto. Nel concordato preventivo, dunque, nessun accertamento del credito è previsto e la proposta omologata crea un vincolo in ordine alla riduzione dei crediti in corrispondenza della percentuale offerta, ma non crea alcun giudicato sull'esistenza, entità o rango di tali crediti (Cass. n. 12545/2000).

Da quanto sopra riportato, emerge una differenza essenziale esistente tra la verifica dei crediti nell'ambito della procedura fallimentare e quella che avviene nell'ambito del concordato preventivo, con particolare riferimento ai diversi effetti che ne conseguono rispetto al trattamento dei creditori pretermessi. Nella sostanza, infatti, mentre nell'ambito della procedura fallimentare l'accertamento dei crediti comporta un riconoscimento degli stessi in ambito endoprocessuale tale da definirne la collocazione e il successivo soddisfacimento in relazione alla qualità e al grado di eventuali prelazioni, all'interno della procedura di concordato preventivo i crediti non sono affatto definitivamente riconosciuti ed accertati a seguito della loro inclusione ai fini del voto e del calcolo delle maggioranze, ben potendo essere considerati insussistenti nella fase di esecuzione del concordato stesso, trattandosi di una verifica di natura meramente amministrativa, cioè a dirsi totalmente svincolata dalla finalità di accertamento del diritto (Trib. Monza, 3/6/2015 ), lasciando impregiudicata, in sede giurisdizionale, ogni questione sull'esistenza, sull'entità e sull'eventuale causa di prelazione dei crediti verificati (Cass. 14 febbraio 2002, n. 2104) e finalizzata esclusivamente ad individuare quali creditori hanno diritto a partecipare e, quindi, a votare in adunanza.

Ai sensi dell'art. 171 L.F., infatti, il commissario giudiziale, apportate le necessarie rettifiche, sulla base dell'elenco nominativo dei creditori fornito dallo stesso debitore, unitamente alle scritture contabili (Fico D., Le funzioni di controllo del commissario giudiziale, in www.ilFallimentarista.it, 2017), individua i creditori aventi diritto al voto in funzione del calcolo delle maggioranze prescritte dalla legge (così previsto anche nel nuovo codice della crisi e dell'insolvenza, all'art. 104). Eventuali contestazioni circa l'ammissione al voto di alcuni creditori o circa la mancata o insufficiente ammissione di altri creditori debbono essere risolte dal giudice delegato in maniera sommaria, ai soli fini dell'ammissione al voto ovverosia per il calcolo delle maggioranze (art. 176 L.F., art. 108 CCI).

Alla luce di quanto detto sin qui, appare evidente la necessità di approfondire singolarmente le funzioni degli organi che si inseriscono nelle diverse fasi della procedura, anche in considerazione delle novità introdotte dal codice della crisi e dell'insolvenza, soprattutto nell'ottica di individuare i rimedi che il creditore, pretermesso ovvero a cui sia stato riconosciuto un credito per ammontare o grado inferiore, possa esperire a tutela delle proprie ragioni creditorie.

L'elenco dei creditori redatto dal debitore e l'attività di verifica del commissario giudiziale

L'elenco dei creditori deve essere depositato unitamente al ricorso dal proponente con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, completo di indirizzo, codice fiscale, recapiti telefonici e fax, indirizzo mail, eventuale indirizzo pec che risulti dal registro delle imprese ovvero dall'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. Il commissario procederà alla verifica di detto elenco sulla scorta delle scritture contabili, nonché ad inviare apposita richiesta di conferma saldi ai creditori apportando le necessarie rettifiche. Come già indicato, tuttavia, non esistendo nella procedura di concordato preventivo una vera e propria verifica dei crediti a carattere giurisdizionale, il loro inserimento o meno nell'elenco, o il riconoscimento della loro natura privilegiata o chirografaria, non comporta alcun effetto preclusivo sulla loro successiva verifica e soddisfazione. Rimane, infatti, inalterata ogni possibilità di valutazione in merito alla sussistenza e/o misura del credito vantato dai terzi, da svolgersi nella successiva fase di esecuzione del concordato. Specificamente, il creditore che dovesse essere escluso dall'elenco conserva il diritto di far accertare il proprio credito dal giudice competente in via ordinaria e di chiederne il soddisfacimento nella misura concordataria (Cass. Civ., 12 novembre 1993, n. 11192). In tali casi, spetterà in sede di riparto agli organi della procedura l'approfondita verifica circa la sussistenza o meno dei crediti o degli eventuali privilegi indicati nel ricorso e/o nello stesso elenco dei creditori.

Nel caso in cui invece i crediti vantati da terzi siano oggetto di contenzioso, il commissario giudiziale, ove non sia stato fatto in sede di proposta concordataria, procederà ad iscrivere appositi fondi rischi che saranno quantificati anche sulla base delle indicazioni fornite dai legali circa il rischio di soccombenza.

Sulla base della quantificazione degli ammessi al voto (anche divisi per classi, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei), si determineranno le maggioranze necessarie all'approvazione della proposta di concordato. La stima del passivo, invece, avverrà considerando le risultanze delle scritture contabili, delle dichiarazioni di credito eventualmente inviate dai creditori stessi, nonché dalle certificazioni dei carichi pendenti presso le agenzie fiscali.

Il commissario giudiziale, non appena il Tribunale avrà proceduto a dichiarare l'apertura della procedura di concordato, provvederà ad inoltrare a tutti i creditori inseriti nell'elenco formato dal debitore (con i mezzi previsti dall'art. 171 L.F.), un avviso contenente la data di convocazione dei creditori, la proposta del debitore, il decreto di ammissione, il suo indirizzo di posta elettronica certificata o l'invito ad indicare un indirizzo di posta elettronica certificata, nonché tutte le sue eventuali modifiche. Nel caso in cui la comunicazione ex art. 171 L.F. risulti particolarmente difficile a causa del rilevante numero dei creditori o per la difficoltà di identificarli tutti, il Tribunale, sentito il commissario giudiziale, può, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 171, concedere l'autorizzazione di cui all'art. 126 L.F., prevedendo di “dare notizia della proposta di concordato, anziché con comunicazione ai singoli creditori, mediante pubblicazione del testo integrale della medesima su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale”.

Nell'ambito del nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza, quanto sopra è disciplinato, tra l'altro, dall'art. 104. È l'art. 85, co. 5, ad introdurre ex novo l'obbligatorietà di formazione delle classi per determinate categorie di creditori, ovverosia “per i titolari di crediti previdenziali o fiscali dei quali non sia previsto l'integrale pagamento, per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi, per i creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro e per i creditori proponenti il concordato e le parti ad essi correlate”.

In merito alla quantificazione del debito tributario totale, oltre all'invio della certificazione dei carichi pendenti in capo al debitore presso l'Agente della Riscossione, l'art. 88, co. 3, CCI, prevede che l'Agenzia delle Entrate debba inviare anche una certificazione attestante l'entità del debito derivante da avvisi di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché derivante dai ruoli vistati ma non ancora consegnati all'Agente della Riscossione.

Tra i doveri del commissario giudiziale vi è anche quello di effettuare l'eventuale comunicazione prevista dall'art. 173 L.F., nel caso in cui egli accerti che il debitore abbia occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode. In tali casi, il commissario deve informare immediatamente il Tribunale, il quale apre d'ufficio il procedimento di revoca dell'ammissione alla procedura, dandone comunicazione al Pubblico Ministero e tramite il commissario giudiziale, a mezzo pec, ai creditori. All'esito del procedimento, il Tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del Pubblico Ministero, accertati i presupposti, dichiara il fallimento del debitore. Nell'ambito del nuovo Codice della crisi, la fattispecie è disciplinata dall'art. 106; esso non reca particolari novità in merito, confermando che all'esito del procedimento di verifica degli atti di cui sopra, oltre che degli atti non autorizzati o volti a frodare i creditori eventualmente posti in essere dal debitore, il Tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del PM, apre la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore.

Invero, le funzioni che la legge affida al commissario giudiziale in questa fase sono molteplici e assai delicate, poiché dall'esame della documentazione e dai suoi accertamenti derivano due conseguenze di assoluto rilievo. In primo luogo, l'attività del commissario incide sulla definizione iniziale di chi abbia diritto al voto e, quindi, sulla determinazione delle maggioranze necessarie per l'approvazione della proposta concordataria, circostanza, evidentemente, assai rilevante. In secondo luogo, l'attività ricognitiva del commissario incide sulla sostenibilità del concordato: se i dati dallo stesso rilevati a seguito degli accertamenti operati, infatti, divergessero significativamente da quelli del debitore, la soddisfazione dei creditori potrebbe essere inferiore a quella prospettata dal debitore con evidente nocumento per i creditori stessi e rischio di non approvazione del concordato. Vista, dunque, la delicata funzione di controllo della sostenibilità della procedura e vigilanza affidata al commissario, sarà opportuno, nella fase preliminare, che al fine di effettuare un corretto esame della situazione patrimoniale ed una corretta e completa circolarizzazione delle informazioni, per appurare altresì l'attendibilità della relazione dell'attestatore, prenda contatto con:

  • il consulente del lavoro del debitore per le informazioni relative alle pendenze contributive, l'ammontare corretto del T.F.R. ed ogni altro potenziale onere nei confronti dei lavoratori dipendenti;
  • il consulente fiscale ed il responsabile amministrativo, ove esistente, per ottenere la situazione relativa ad imposte e contributi non versati, l'eventuale contenzioso tributario in essere e la previsione di ogni altro potenziale onere di natura fiscale ;
  • il legale o i legali che assistono la società nella fase contenziosa, per ottenere una informativa dei giudizi pendenti, con la valutazione del rischio di soccombenza;
  • i debitori/creditori ai quali verrà richiesta la conferma dei crediti/debiti esposti nell'attivo/passivo.

Il commissario giudiziale dovrà altresì redigere l'inventario dei beni del debitore, e ai fini della redazione della propria relazione, così come stabilito dall'art. 172 L.F. (art. 105 CCI) dovrà:

  • esaminare i bilanci dei precedenti esercizi per individuare le principali cause dello stato di crisi che hanno indotto il debitore a presentare la proposta di concordato preventivo, il momento in cui tali cause si sono manifestate e se effettivamente abbiano condotto l'impresa all'insolvenza o all'incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni;
  • verificare l'eventuale sussistenza di profili di responsabilità attribuibili ai componenti degli organi sociali, la consistenza patrimoniale degli stessi e l'eventuale compimento di operazioni che sarebbero potenzialmente soggette ad azione revocatoria in caso di successivo fallimento/liquidazione giudiziale. Tale attività è volta ad informare i creditori degli scenari comparativi, circa la convenienza della proposta di concordato rispetto ad altre soluzioni concorsuali prospettabili, quali il fallimento o l'amministrazione straordinaria, nell'ambito delle quali potrebbero essere promosse azioni revocatorie, che come noto, sono precluse dalla legge fallimentare nell'ambito del concordato preventivo;
  • accertare la fattibilità del piano di concordato nei termini proposti dal debitore, evidenziare i fattori di rischio e di criticità, sulla base della documentazione depositata in Tribunale e di ogni altra informazione acquisita (utile e necessario si è rilevato, per la valutazione della congruità dell'attivo e della consistenza del passivo, acquisire una relazione del legale del debitore sullo stato delle cause pendenti e sul loro potenziale esito);
  • verificare la corrispondenza dei saldi comunicati dai creditori con quanto esposto nell'elenco depositato dal debitore o dalle risultanze contabili e, se necessario, aggiornarne gli importi;
  • effettuare un'analisi della solvibilità dei debitori, sia sulla base dell'andamento storico dei pagamenti risultante dalle scritture contabili, sia con altri mezzi che possano permettere di ottenere informazioni più dettagliate sugli stessi (esame delle visure estratte dal registro delle imprese, esame dei bilanci dei debitori rilevanti): la ricostruzione/verifica di un attivo attendibile richiede infatti che si verifichi se la valutazione dei crediti facenti parte dell'attivo concordatario risulti corretta e prudente;
  • effettuare tutte le necessarie rettifiche ai dati esposti nel piano dal debitore adeguando i valori attivi e passivi a quelli scaturiti dalle attività sopra descritte, nonché ai valori dell'inventario di cui all'art. 172 L.F.; in tal caso potrebbe essere utile la nomina di uno stimatore per quantificare il presumibile valore di realizzo dei beni mobili e immobili. Nel caso in cui l'attività di verifica svolta dal commissario evidenzi delle significative differenze rispetto alla proposta formulata dal debitore, egli dovrà redigere una situazione economico-finanziaria con il possibile esito alternativo delle percentuali di soddisfacimento dei creditori.
L'adunanza dei creditori e le funzioni del giudice delegato

Alla fase di verifica eseguita dal commissario giudiziale, ne segue un'altra più completa nel corso dell'adunanza prevista dall'art. 174 L.F. e ss.. In tale udienza il commissario giudiziale illustrerà la proposta concordataria e le eventuali proposte concorrenti dei creditori, tutte peraltro già oggetto di esame del commissario stesso.

Per la deliberazione sulla proposta di concordato, il giudice delegato procede, alla presenza del commissario, dei creditori concorrenti e del debitore, all'accertamento della sussistenza e della natura dei crediti ai fini del voto e del calcolo della maggioranza.

Il creditore – al cui credito non sia stato attribuito dal commissario il privilegio richiesto/vantato – può in tale sede contestare la valutazione fatta dal commissario; tuttavia, competerà poi al giudice delegato decidere se quel creditore sia da considerare come privilegiato o chirografo. Il giudice delegato, che potrebbe anche inserire ex novo creditori che si fossero presentati all'adunanza senza essere presenti negli elenchi rettificati, deciderà quali crediti ammettere ed in che grado, ma ai soli fini del voto.

Ad ogni modo né la decisione del commissario, né quella del giudice delegato pregiudicano definitivamente la sorte del credito perché l'art. 176 L.F. precisa chiaramente che l'ammissione anche dei crediti contestati – nell'an, nel quantum e/o nella natura – è effettuata ai soli fini del voto. In tale sede seguirà una discussione nella quale, fra l'altro, i creditori potranno contestare i crediti concorrenti, l'ammissibilità o la convenienza delle proposte esaminate; mentre il debitore potrà contestare l'ammissibilità o la fattibilità delle eventuali proposte concorrenti.

All'esito, tutti i creditori ammessi al voto saranno chiamati a deliberare in ordine alla proposta del debitore o alle eventuali proposte concorrenti loro sottoposte. In quest'ultimo caso, verrà, fra di esse, preferita quella che abbia riscosso il voto favorevole della maggioranza, anche relativa, dei crediti. Essa sarà successivamente approvata ai fini dell'omologazione, se avrà riscosso anche (semmai in ulteriore votazione) il voto favorevole della maggioranza assoluta dei crediti.

Sono legittimati al voto tutti i creditori chirografari, mentre per i privilegiati è previsto che, qualora la proposta di concordato contempli la loro integrale soddisfazione, non avranno diritto al voto (art. 177 L.F.). I creditori muniti di privilegio saranno invece ammessi al voto:

  1. qualora rinuncino in tutto od in parte al diritto di prelazione (ai soli fini del concordato), per la parte rinunciata;
  2. quando, constando ex ante l'incapienza della garanzia, sia la stessa proposta del debitore a riservare un soddisfacimento non integrale ai creditori privilegiati: essi voteranno per la sola parte del credito per cui non è previsto il pagamento integrale.

In entrambi i casi, per la parte di credito ammessa al voto i privilegiati saranno equiparati ai chirografari.

Ai voti espressi in udienza, potranno sommarsi anche quelli pervenuti per corrispondenza nei venti giorni successivi. In questa fase, il giudice delegato verifica se siano state raggiunte le maggioranze ed eventualmente, rilevato che le maggioranze non sono state raggiunte, invita il commissario a riferire dell'esito al termine delle votazioni pervenute per corrispondenza. Il concordato sarà approvato se avranno votato a favore i creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Inoltre, qualora il piano preveda la suddivisione dei creditori in classi, occorrerà, in aggiunta a tale maggioranza complessiva, anche quella per quote all'interno del maggior numero di classi.

In merito ai poteri affidati al giudice delegato, è appena il caso di sottolineare che se un credito consistente non viene ammesso, l'esclusione può essere del tutto ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza, ma può incidere nel calcolo del fabbisogno concordatario.

Relativamente a quanto sopra riportato, il Codice della crisi e dell'insolvenza, semplificando la procedura, ha soppresso l'adunanza dei creditori, sostituita integralmente da un procedimento di voto telematico, a mezzo pec inviata al commissario, ex art. 107 CCI (Corrado D., Il nuovo concordato preventivo, in www.ilFallimentarista.it, 7 febbraio 2019). Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o convenienti le proposte di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti. Il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti, e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti. Il debitore, inoltre, può esporre le ragioni per le quali ritiene non ammissibili o non fattibili le eventuali proposte concorrenti. I provvedimenti del giudice delegato sono comunicati al debitore, ai creditori, al commissario giudiziale e a tutti gli interessati. Il giudice delegato, come stabilito dall'art. 108 CCI, può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi. Provvede nello stesso modo in caso di rinuncia al privilegio.

In merito alle ulteriori novità previste dal nuovo Codice per l'approvazione del concordato e relative alle maggioranze, l'art. 109 CCI ha stabilito che nel caso in cui un unico creditore sia titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato è approvato se, oltre detta maggioranza, abbia riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto (voto capitario). Inoltre, relativamente ai soggetti legittimati al voto, il Codice introduce un'altra novità, escludendo dalle operazioni telematiche di voto e dal computo delle maggioranze coloro i quali si trovino in conflitto di interessi. Inoltre, in ossequio a quanto statuito dal comma 5 dell'art. 85 CCI, il creditore che propone il concordato ovvero le società da questo controllate, le società controllanti o sottoposte a comune controllo, possono votare solo se la proposta ne prevede l'inserimento in apposita classe.

L'omologazione del concordato

Se all'esito della votazione le maggioranze prescritte non vengono raggiunte, il concordato sarà respinto (con eventuale conseguente fallimento del debitore); in caso di approvazione, invece, la procedura proseguirà con il giudizio di omologazione (art. 180 L.F.; artt. da 110 a 113 CCI).

Durante tale giudizio (art. 48 CCI) ― a cui parteciperanno il debitore, il commissario giudiziale e gli eventuali creditori dissenzienti ― il commissario dovrà depositare un parere sull'approvazione almeno 5 giorni prima della data fissata per l'udienza e, a parere degli scriventi, riferire ai creditori l'eventuale mutamento delle iniziali condizioni di fattibilità del piano, specie se trattasi di concordato in continuità aziendale, nel caso in cui i dati siano sensibilmente variati rispetto alle previsioni previste nel piano medesimo.

In mancanza di opposizioni, il Tribunale, verificata la regolarità della procedura, la fattibilità giuridica, nonché, l'esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Il nuovo Codice, invece, prevede che debbano essere attribuiti al Tribunale poteri di verifica in ordine alla fattibilità del piano sia in termini economici che giuridici, dovendosi perciò ritenere superato l'orientamento giurisprudenziale, vigente l'attuale legge fallimentare, che ha circoscritto il sindacato del Tribunale ai soli profili di fattibilità giuridica.

Nel caso in cui siano state proposte opposizioni, si instaura un vero e proprio giudizio contenzioso, seppure nelle forme del rito camerale. Tra le possibili ragioni di opposizione, espressamente richiamate dalla legge, vi è quella fondata sulla asserita non convenienza della proposta, circoscrivendola alle ipotesi in cui essa venga sollevata da un creditore (ovviamente dissenziente) appartenente ad una classe dissenziente, ovvero, in caso di mancata formazione delle classi, da tanti creditori dissenzienti che rappresentino almeno il 20% dei crediti ammessi al voto. Ciò perché, laddove si tratti di proposta unitaria rivolta indistintamente a tutti, bisognerà ragionevolmente presumerla come conveniente, se già approvata dalla maggioranza.

L'opposizione sarà definita valutando la fondatezza della ritenuta non convenienza della proposta, secondo un parametro che la legge, attingendo all'esperienza statunitense, individua nel cd. best interest test. L'opposizione sarà respinta qualora il Tribunale ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili: si ricorda che il debitore già in sede di presentazione del ricorso avrà dovuto indicare la specifica utilità economica della proposta per ciascun creditore. Se dunque il test venisse superato, l'opponente dovrà senz'altro accettare il trattamento riservatogli (cd. cram down), altrimenti l'opposizione sarà accolta. Il Tribunale dovrà pronunciarsi con decreto motivato, provvisoriamente esecutivo. Se l'opposizione verrà accolta, il decreto sarà di rigetto della proposta, potendosi dar luogo ad una dichiarazione di fallimento a seguito di istanza presentata dai soggetti legittimati. Diversamente, sarà emanato il decreto di omologazione del concordato, con il quale la procedura potrà dirsi conclusa (art. 181 L.F.). Sia in caso di rigetto che di omologazione, in presenza di opposizioni, il provvedimento potrà essere oggetto di reclamo alla Corte d'Appello, che provvederà in camera di consiglio con sentenza a sua volta suscettibile di ricorso per Cassazione.

Con l'omologazione si produrranno i seguenti effetti:

  1. il debitore sarà affrancato dalle limitazioni alla disponibilità del suo patrimonio, recuperando piena capacità d'agire anche processualmente, e sarà inoltre liberato dalle obbligazioni il cui adempimento non sia previsto dalla proposta approvata;
  2. se si tratti di società con soci a responsabilità illimitata, il concordato produrrà effetti liberatori anche a favore di questi ultimi, sempre che non consti patto contrario (ciò con riguardo ai soli creditori sociali, mentre quelli particolari conserveranno impregiudicata ogni loro ragione);
  3. il debitore (o l'eventuale assuntore) resterà ovviamente obbligato a dare esecuzione a quanto promesso nel piano concordatario, sia in termini di pagamenti veri e propri, sia in termini di atti a ciò funzionali (costituzione delle garanzie promesse, atti gestori, modificazioni statutarie, ecc.);
  4. l'effetto esdebitatorio, nei termini poc'anzi precisati, vincolerà tutti i creditori, compresi quelli dissenzienti, anteriori alla pubblicazione della domanda di concordato. Fra di essi anche quelli che non abbiano partecipato alla procedura: accertato il loro diritto (e procuratisi un titolo esecutivo), potranno quindi farlo valere, ma nei limiti di quanto loro dovuto secondo le percentuali concordatarie. I creditori successivi, invece, manterranno integra ogni loro pretesa sostanziale e processuale;
  5. i creditori anteriori conserveranno intatti i loro diritti nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore, e degli obbligati in via di regresso con quest'ultimo.

In caso di successivo fallimento (consecutio di procedure):

  • gli atti e i pagamenti compiuti in funzione della Procedura concordataria, o in esecuzione del piano omologato, saranno esentati da azione revocatoria fallimentare;
  • i crediti derivanti dalla eventuale nuova finanza concessa all'impresa (art.182-quater L.F.) godranno della prededucibilità. Si tratterà, in particolare dei crediti derivanti dai finanziamenti erogatiin funzione della presentazione della domanda di omologazione (c.d. finanziamenti-ponte), purché la prededuzione sia prevista (Verna, G., Sulla prededuzione 'in funzione' nel concordato preventivo, in Dir. fall., 2015, I, 90 ss.), ovvero erogati in esecuzione del concordato, sempre se espressamente previsti ed autorizzati. Analogo beneficio è concesso anche ai finanziamenti erogati da soci di S.r.l., oppure da altre società del gruppo cui appartenga l'impresa poi fallita (artt. 2467 e 2497-bis c.c.), seppure non integralmente, ma nella misura dell'80%;
  • varrà l'esenzione dai reati di bancarotta in relazione al compimento di atti, pagamenti o altre operazioni posti in essere in esecuzione del concordato (D'Alessandro, F., Il nuovo art. 217-bis, l. fall., in Soc., 2011, 201 ss.), legittimati da un'omologazione giudiziale.

Nell'ambito del nuovo codice della crisi le fattispecie di cui sopra sono disciplinate, tra gli altri, dagli artt. 51 e 53.

Le azioni dei creditori a tutela del proprio credito

Le azioni a tutela delle ragioni creditorie da potersi esperire nell'ambito della procedura concordataria non sono state precipuamente individuate e normate né dal Legislatore del 1942 né, da ultimo, dal codice della crisi e dell'insolvenza. Ciò nonostante, diverse sono le azioni che i creditori possono porre in essere a tutela del proprio credito, azioni in qualche maniera tipizzate dalla prassi.

In via preliminare, si sottolinea che il debitore deve sempre evidenziare le eventuali pretese dei terzi, quand'anche le ritenesse infondate e, non di rado, è egli stesso a proporre già nel piano di accantonare prudenzialmente le somme che dovrebbero assegnarsi a detti soggetti laddove le loro pretese dovessero rivelarsi fondate o “a garantire con fideiussione di terzi l'eventuale pagamento dei creditori su cui verte contestazione, onde non deprimere con certezza le percentuali proposte agli altri creditori” (Nardo, G. N., La tutela dei creditori nel concordato preventivo, www.CNDCEC.it, 2014). Ai sensi dell'art. 168 L.F., come già accennato, dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Durante il concordato preventivo non è precluso, però, a quegli stessi creditori l'esercizio delle azioni di accertamento relative all'esistenza e all'ammontare del credito che, come ampiamente detto sopra, devono essere accertate giudizialmente, con autonomo giudizio di cognizione ordinaria.

Pertanto, le situazioni ipotizzabili con riguardo ai creditori, nell'ambito del concordato preventivo, possono essere sommariamente distinte in tre fattispecie:

I. Creditori non ammessi

I creditori non ammessi, ex art. 176 L.F., potranno opporsi all'esclusione in sede di omologazione del concordato solo nel caso in cui l'ammissione avrebbe avuto influenza sulla votazione nella maggioranza, rimanendo comunque aperta per il creditore la possibilità di promuovere (o proseguire) un'azione giudiziaria in via ordinaria per ottenere il riconoscimento della sussistenza, dell'entità e della qualità del credito vantato.

II. Creditori che intendono contestare la somma e/o il grado per cui sono stati ammessi

Se il credito è stato contestato nell'an e/o nel quantum e il provvedimento giurisdizionale ottenuto in sede ordinaria non è ancora stato reso definitivo, ai sensi dell'art. 180 L.F., al momento dell'omologazione del concordato sarà il Tribunale fallimentare a sospendere il pagamento e ordinare l'accantonamento della somma contestata; ciò non consente una immediata soddisfazione del creditore, permettendo tuttavia di proteggere il credito in contestazione evitando che, nel tempo occorrente al suo accertamento giudiziale, l'attivo concordatario si disperda irrimediabilmente.

In questo senso è sempre opportuno per il creditore contestato partecipare già alla fase precedente l'omologazione, sì da ottenere una sorta di tutela cautelativa da parte del Tribunale fallimentare che, in effetti, in sede di omologa, potrebbe procedere ad una nuova e diversa valutazione rispetto a quella del giudice delegato in sede di votazione e, specie in presenza di opposizioni, valutare se quei crediti contestati debbano o no essere considerati a questi fini verosimilmente ammessi e se, pertanto, se ne debba ipotizzare il pagamento. In tal caso, occorrerà verificare se questo incremento del passivo possa condurre ad un abbattimento delle percentuali da assegnare ai creditori tale da determinare la presumibile impossibilità di assicurare ai creditori quel ristoro minimo con il conseguente e necessario provvedimento di rigetto della proposta di concordato.

III. Credito non valutato perché non conosciuto

Più complesso è, invece, individuare ipotesi efficaci di tutela per i crediti che semplicemente non sono stati valutati dal commissario giudiziale e quindi eventualmente non compresi nel passivo perché gli organi della procedura non sono venuti a conoscenza dell'esistenza degli stessi. In detti casi, il creditore sconosciuto deve far valere le proprie ragioni creditorie con apposito giudizio di cognizione ordinaria e ciò può avvenire sia prima del giudizio di omologazione sia successivamente ad esso. L'eventuale pronuncia di riconoscimento del credito “sconosciuto” ottenuta dal creditore in sede ordinaria esplicherà i suoi effetti anche nell'ambito degli organi del concordato, che saranno tenuti a inserire il creditore nel riparto; il Tribunale, di fronte ad una contestazione in merito alla omessa inclusione nell'elenco dei creditori di un soggetto per causa anteriore al decreto di omologa, non ha il potere di rettificare tale elenco ma ha la facoltà di invitare il commissario a tenerne in debito conto nell'ambito dei successivi riparti i crediti contestati (Trib. Napoli, 21/11/2013). In effetti, il creditore estraneo alla fase di omologazione potrebbe richiedere ed ottenere di essere ammesso al passivo, partecipando così agli eventuali riparti parziali, anche a prescindere da una previa pronuncia giudiziale in sede ordinaria laddove non contestato dal debitore e dai creditori e se la sua richiesta sia positivamente verificata dal commissario. Questa imprevista ammissione, oltre alla partecipazione ai pagamenti insieme agli altri creditori, in alcuni casi potrebbe portare a ritenere, sulla base dell'ampliamento dei crediti da soddisfare, verificata un'ipotesi di risoluzione del concordato preventivo già omologato, potendo variare sensibilmente la misura satisfattiva attribuita ai creditori.

Dette tutele poste a favore del creditore pretermesso possono determinare alcune criticità in sede di esecuzione del concordato preventivo, derivanti proprio dal riconoscimento delle ragioni del creditore a seguito del giudizio di cognizione o di positiva valutazione da parte del commissario giudiziale. Come già specificato, l'ammissione al passivo concordatario, a differenza di quanto avviene nel fallimento (rectius, liquidazione giudiziale), non costituisce in alcuna maniera un giudicato ex se, né determina uno stato passivo stabile e cristallizzato. Pertanto, essendo lo strumento di riconoscimento del credito concesso al creditore pretermesso esterno rispetto alla procedura concorsuale (giudizio ordinario di cognizione), sarà anche possibile che al momento dell'accertamento del credito il concordato sia stato totalmente adempiuto.

Infine, nel diverso caso in cui l'impresa in stato di crisi decida consapevolmente di omettere l'esistenza di uno o più crediti, essa assume su di sé il rischio, ex art. 173 L.F., di revoca dell'ammissione al concordato e, in presenza dei presupposti, di dichiarazione di fallimento/liquidazione giudiziale.

Nella prassi, al fine di ovviare, o comunque ridurre la possibile insorgenza di giudizi sull'accertamento dei crediti, in alcuni decreti di omologazione si dispone espressamente che l'elenco dei creditori venga comunicato a tutti i creditori affinché possa essere consultato e discusso da ogni interessato ed eventualmente variato dal commissario o dal liquidatore nel caso di concordato liquidatorio al fine di dirimere preventivamente eventuali controversie.

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