Il garante di un finanziamento deve continuare a pagare le rate del mutuo anche dopo la morte dell'intestatario dello stesso?
16 Giugno 2020
Il garante di un finanziamento deve continuare a pagare le rate del mutuo anche dopo la morte dell'intestatario dello stesso?
Al quesito deve darsi risposta positiva: il garante è tenuto a pagare le rate del mutuo anche dopo la morte dell'originario mutuatario. Naturalmente ci riferiamo all'ipotesi che il garante del mutuo sia un fideiussore e non un datore di ipoteca, cioè che la garanzia prestata dal terzo sia personale e non reale. Infatti, il terzo datore di ipoteca garantisce l'obbligazione altrui solo con uno o più immobili specificamente individuati, senza mai obbligarsi personalmente, cioè senza mai impegnarsi direttamente al pagamento delle rate. In caso di inadempimento da parte dell'originario mutuatario egli potrà certamente vedersi pignorare i beni concessi in garanzia ma la procedura esecutiva colpirà solo ed esclusivamente tali beni, ed il resto del suo patrimonio (presente e futuro) non verrà intaccato. Al contrario, il fideiussore garantisce l'adempimento dell'obbligazione altrui obbligandosi personalmente verso il creditore (art. 1936 c.c.), in solido col debitore principale (art. 1944, comma 1, c.c.) e con tutto il proprio patrimonio, presente e futuro (art. 2740 c.c.). Attenzione particolare va però prestata alle clausole previste dalla polizza fideiussoria, in quanto il contenuto della garanzia è decisivo per stabilire in quale misura il garante sia tenuto al pagamento al posto del debitore principale. Le parti possono infatti escludere la solidarietà e convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell'escussione del debitore principale. In tal caso, il fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell'escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad esecuzione (art. 1944, comma 2, c.c.). Inoltre, se più persone hanno prestato fideiussione per il medesimo debitore e a garanzia del medesimo debito, può essere pattuito il beneficio della divisione (art. 1946 c.c.), per cui ogni fideiussore che sia convenuto per il pagamento dell'intero debito può esigere che il creditore riduca l'azione alla parte da lui dovuta (art. 1947 c.c.). Ancora, la fideiussione può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose (art. 1941, comma 2, c.c.). L'obbligazione del fideiussore si configura come obbligazione accessoria, per cui le vicende dell'obbligazione garantita si riflettono sull'obbligazione di garanzia in conseguenza del rapporto funzionale che lega le due obbligazioni. La morte del debitore principale non estingue l'obbligazione pecuniaria garantita, ma il debito si trasmette all'erede, in applicazione del principio generale secondo cui l'erede subentra nella stessa posizione giuridica del defunto e ne continua la persona. Conseguentemente, non essendosi estinta l'obbligazione principale, anche la fideiussione, in quanto obbligazione accessoria, non si estingue ed il fideiussore rimane obbligato. È però possibile limitare convenzionalmente la fideiussione ad un determinato soggetto, cioè si ammette che le parti possano stabilire che la garanzia sia prestata intuitu personae esclusivamente a favore di un determinato debitore, alla cui morte la fideiussione si estinguerà (M. Fragali, Delle obbligazioni. Fideiussione – mandato di credito. Art. 1936 – 1959, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna e Roma, 1968, p. 233). In conclusione, ricordiamo che neppure la morte del fideiussore estingue la fideiussione, che si trasmette agli eredi, i quali, subentrando nel rapporto con gli stessi poteri che spettavano al defunto, possono recedervi solo nei modi e nelle forme in cui il diritto di recesso avrebbe potuto essere esercitato dal loro dante causa e sono, perciò obbligati (in mancanza di recesso) all'adempimento “pro quota” dell'obbligazione fideiussoria anche in relazione ai debiti contratti dal garantito dopo la morte del fideiussore, salvo, se l'eredità è accettata con beneficio d'inventario, il limite indicato dall'art. 490, comma, 2, c.c. (Cass. 10 novembre 1993, n. 11084; Cass. 13 aprile 2000, n. 4801). |