Quantificazione dell'assegno divorzile per il coniuge che ha anteposto la famiglia e il partner alla propria realizzazione economica
18 Giugno 2020
Massima
Nonostante il criterio del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” non appaia più rispondente ad una corretta valutazione per la concessione dell'assegno divorzile, non potendosi tollerare rendite parassitarie in presenza di capacità lavorativa acclarata e breve durata del matrimonio, è necessario comunque evitare di incidere in maniera punitiva riguardo a quei casi in cui il coniuge economicamente più debole sia rimasto sposato per parecchi anni, dedicando tempo alla famiglia e al partner e incrementando le risorse economiche familiari col proprio lavoro, anche casalingo. Il caso
La Corte d'Appello territorialmente competente, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal coniuge obbligato alla corresponsione all'ex moglie dell'assegno divorzile, riduceva lo stesso, pur non eliminandolo totalmente. La Corte di merito rimarcava come il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non fosse più rispondente ad una corretta valutazione per la concessione di tale assegno e come, invece, pur eliminando le rendite parassitarie in presenza di acclarata capacità lavorativa e breve durata del matrimonio, non si dovesse incidere in maniera punitiva con riguardo a quei casi in cui il coniuge economicamente più debole sia rimasto sposato per lungo tempo dedicando tempo alla famiglia e al partner e incrementando le risorse economiche familiari sia col proprio lavoro fuori casa o anche con il lavoro di casalinga, come nel caso di specie. Avverso tale decisione, ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione il coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile, chiedendo la riforma della sentenza, con conseguente eliminazione di tale obbligo, basandosi anche sugli enunciati di Cass.Civ. 11504/2017, che- secondo quanto lamentato dal ricorrente- sarebbero stati richiamati nella sentenza impugnata, salvo, poi, pervenire a una soluzione totalmente difforme. La questione
La questione in esame è la seguente: l'individuazione, in base al recente orientamento giurisprudenziale, dei criteri per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno divorzile. Le soluzioni giuridiche
Come ben sottolineato dalla Suprema Corte nella motivazione della pronuncia in esame, il ricorso introduttivo, volto a sollecitare un'indiretta rivalutazione del quadro fattuale della vicenda e a sollecitare in tal modo un giudizio sostitutivo in sede di legittimità che ponga riparo alla pretesa ingiustizia della decisione impugnata, era basato essenzialmente sui principi di cui alla celebre sentenza Cass. Civ. 11504/2017, che si ritenevano non rispettati dalla Corte di merito nella sentenza impugnata. In particolare si ricorderà come la citata Cass. Civ. 11504/2017 abbia previsto, in estrema sintesi, la non configurabilità da parte dell'ex coniuge di un interesse giuridicamente rilevante o protetto a conservare il tenore di vita matrimoniale, non essendo tutelato con l'attribuzione dell'assegno divorzile l'interesse al riequilibrio delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi, bensì quello al raggiungimento della indipendenza economica, dovendo intendersi in tal senso la funzione esclusivamente assistenziale dell'assegno in oggetto (Cass. civ. sez. I, 10 maggio 2017, n. 11504). La Corte di Cassazione, nella sentenza esaminata, ha però ricordato come successivamente le Sezioni Unite, sollecitate dall'ampio clamore destato dalla predetta innovativa decisione, in data 11.07.2018, con la pronuncia n. 18287 hanno rivisitato la questione, pur senza disperdere l'innovativo approccio della citata Cass. Civ. 11504/20117 che, enunciando il parametro dell'indipendenza e autosufficienza economica, aveva sovvertito un panorama di diritto vivente consolidato e orientato da oltre trent'anni a commisurare l'entità dell'assegno divorzile al «tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio». Le Sezioni Unite, dirimendo i contrasti in materia, hanno ritenuto di dover abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e perequativi dell'assegno di divorzio, interpretando l'art. 5 comma 6 l. 898/70 in maniera più coerente con il disposto costituzionale. In quest'ottica, secondo quanto motivatonella pronuncia in oggetto, ispirata ai criteri dettati dalla predetta Cass.Civ. SSUU, 11.07.2018 n. 18287 e ribaditi da successive pronunce (si veda Cass. civ. sez. I sent., 9 agosto 2019, n. 21234) si può considerare il parametro dell'adeguatezza di cui all'art. 5 l.898/70 come intrinsecamente relativo, imponendo esso una valutazione comparativa condotta in armonia con i criteri indicatori che figurano nell'incipit della norma. Pertanto, ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile è necessario adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'istante alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto, essendo tale contributo il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale, in ossequio ai principi costituzionali della pari dignità e solidarietà che perdurano anche dopo lo scioglimento del vincolo matrimoniale. L'assegno divorzile è, quindi, finalizzato a soddisfare l'esigenza di assicurare al richiedente sia il godimento di condizioni per una vita autonoma e dignitosa, sia il riconoscimento per il contributo apportato alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge, con sacrificio anche delle proprie aspettative personali e per l'attribuzione e quantificazione dello stesso si dovrà tener conto di tutti i criteri elencati nella prima parte dell'art. 5 comma 6 l.898/70, da applicare per l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi di sussistenza dell'istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. In virtù di tale puntuale disamina, nella pronuncia esaminata la Corte di legittimità ha respinto il ricorso, ribadendo espressamente come la Corte di merito non si sia allontanata dallo schema di una ponderazione meditata degli elementi da considerare per l'attribuzione e quantificazione dell'assegno divorzile nel caso di specie. E ciò in piena ed inconsapevole sintonia con la citata pronuncia delle Sezioni Unite n.18287/2018, emessa successivamente alla pronuncia di merito, ma il cui ragionamento è stato da quest'ultima totalmente anticipato.
Osservazioni
L'intervento delle Sezioni Unite con la pronuncia Cass.Civ. SSUU, 11.07.2018 n. 18287 si è reso necessario per dirimere il contrasto sorto tra le due correnti giurisprudenziali che interpretavano diversamente il testo dell'art. 5 comma 6 l. 898/70, come novellato dalla l. 74/1987. Un primo orientamento, perdurato per circa un trentennio, era stato inaugurato dopo la novella legislativa dalla sentenza Cass.Civ. SSUU 11490/1990, che affermava il carattere esclusivamente assistenziale dell'assegno divorzile alla luce del presupposto per la sua concessione, da rinvenirsi nell'inadeguatezza dei mezzi dell'istante a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Non era comunque necessaria la sussistenza di uno stato di bisogno, essendo unicamente rilevante il sostanziale deterioramento delle condizioni economiche a causa del divorzio. Secondo tale orientamento, quindi, l'attribuzione dell'assegno di divorzio era fondata sul requisito dell'inadeguatezza dei mezzi dell'istante, mentre la sua concreta liquidazione doveva essere effettuata in base ai criteri indicati nella prima parte del comma 6 dell'art. 5 l 898/\970 (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), con riguardo al momento della pronuncia di divorzio. La sentenza n. 11504/2017 ha scosso questo consolidato orientamento trentennale, individuando nella non autosufficienza economica –e non nel peggioramento del tenore di vita- il requisito dell'inadeguatezza dei mezzi dell'istante e stabilendo che solo all'esito del positivo accertamento di tale presupposto possano essere esaminati i criteri determinativi dell'assegno divorzile di cui alla prima parte dell'art. 5 comma 6, l. n. 898/1970. E ciò pur condividendo con la precedente giurisprudenza la medesima premessa relativa alla rigida distinzione tra criterio attributivo e determinativo e partendo anch'essa dai lavori preparatori della novella legislativa. In particolare, nella predetta sentenza n. 11504/2017 si è valorizzato un passaggio contenuto nella relazione accompagnatoria di tale novella, dal quale poteva desumersi che l'intenzione del legislatore fosse quella di limitare l'accertamento sull'an debeatur alle condizioni economico-patrimoniali dell'istante. Nella pronuncia del 2018 n. 18287 le Sezioni Unite hanno confutato tale argomentazione, evidenziando sia l'intrinseca ambiguità dell'intentio legis, sia (come ricordato anche nella citata Cass. Civ.SS.UU. n. 11490/ 1990) il rilevante mutamento subito dal testo della norma rispetto a quello predisposto dalla Commissione Giustizia del Senato, nel quale l'adeguatezza dei mezzi era correlata al conseguimento di un dignitoso mantenimento, disancorato da quello goduto in costanza di matrimonio. Le Sezioni Unite, quindi, interpretando l'art. 5 comma 6 l.898/70 diversamente rispetto agli orientamenti passati e in modo più coerente con gli artt. 2,3 e 29 Cost., hanno ritenuto di dover abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell'assegno di divorzio. Come ben sottolineato dalla sentenza della Corte Cost. n. 11/2015, infatti, relativa alla denunzia d'illegittimità costituzionale del criterio attributivo dell'assegno di divorzio basato sul tenore di vita goduto durante la vita coniugale, di fondamentale importanza per la definizione degli effetti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio è stato il modello costituzionale di quest'ultimo, fondato sui principi di uguaglianza, pari dignità dei coniugi, libertà di scelta, reversibilità della decisione ed autoresponsabilità. Tale ultimo principio, relativo all'autoresponsabilità di entrambi i divorziandi, era stato particolarmente valorizzato dall'innovativa Cass. civ.11504/2017, che, però non teneva conto della funzione equilibratrice che l'assegno divorzile ricopre anche in tale ottica, discendendo essa direttamente dal principio costituzionale di solidarietà. Diretta conseguenza è, pertanto, la necessità di valutare la situazione patrimoniale dei coniugi e della sussistenza dei requisiti di cui all'art. 5 comma 6 l. n. 898/1970 al fine del riconoscimento di un contributo che tenga conto non se sussista astrattamente l'autosufficienza economica dell'istante ma, concretamente, se il suo livello reddituale sia adeguato al contributo fornito dallo stesso nella realizzazione della vita familiare, considerando la durata del matrimonio, l'età del richiedente, nonché, particolarmente, le aspettative economiche e professionali eventualmente sacrificate. Con l'intervento delle Sezioni Unite, pertanto, viene eliminata la rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell'assegno di divorzio e viene disposta, nell'accertamento giudiziale, l'inclusione in posizione equiordinata di tutti i criteri di cui all'art. 5 comma 6, l. 898/1970, senza togliere rilevanza alla comparazione della situazione economico-patrimoniale delle parti, al fine di evitare il rischio di un ingiustificato arricchimento, assicurando, nello stesso tempo, una tutela equilibratrice di tutte quelle frequenti in cui la notevole disparità di condizioni economiche non sia dettata da radicata mancanza di autosufficienza economica ma da una differenza di reddito conseguente alle penalizzanti decisioni concordemente assunte dalle parti durante la loro vita coniugale. |