Lo svolgimento dell'udienza penale nell'aula virtuale. Condizione e limiti all'utilizzo degli strumenti individuati dalla DGSIA

18 Giugno 2020

In attesa dell'assestamento del quadro normativo conseguente alla stratificazione delle misure urgenti adottate per contrastare l'emergenza epidemologica Covid-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia, è opportuno delineare, in un sia pur brevissimo excursus, il susseguirsi degli interventi normativi convulsamente adottati sin dalla fase di più acuta dell'emergenza sanitaria.
Lo svolgimento dell'udienza penale nell'aula virtuale. Condizione e limiti all'utilizzo degli strumenti individuati dalla DGSIA

Nell'intento di contenere gli effetti negativi del dilagare del fenomeno pandemico sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, la necessaria attuazione del cd. “distanziamento sociale”, quale unico e concreto strumento in grado di contenere la diffusione del contagio da Covid-19 (o quantomeno ritardarne la diffusione, impedendo così al servizio sanitario nazionale di collassare), secondo le indicazioni della Comunità Scientifica (recepite integralmente negli interventi novellistici dell'emergenza), ha avuto come immediata conseguenza, il parziale lockdown giudiziario e la smaterializzazione dell'aula di udienza, laddove il blocco dell'attività giudiziaria non fosse evidentemente possibile.

Dall'emergenza sanitaria e dalla conseguente necessità di tutelare il fondamentale diritto alla salute di tutti i consociati, laddove si è reso (e si rende tuttora) necessario svolgere l'attività di udienza (luoghi di inevitabile “assembramento” dei soggetti interessati dal suo svolgimento), ha preso, dunque, l'avvio “il processo penale telematico”, che, dopo un primo entusiastico slancio, ha trovato subito dopo il suo punto di abbrivio nel d.l. 30 aprile 2020 n. 28, che ha rimesso la sua concreta operatività, nell'attuale fase di graduale ripresa dell'attività giudiziaria (sulla base di linee guida vincolanti, dettate dai Capi degli Uffici), all'accordo delle parti, per quanto attiene all'attività istruttoria (non particolarmente complessa) e alla discussione finale.

Interventi normativi per contenerne il contagio Covid-19 nello svolgimento dell'attività giudiziaria

In attesa dell'assestamento del quadro normativo conseguente alla stratificazione delle misure urgenti adottate per contrastare l'emergenza epidemologica Covid-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia, è opportuno delineare, in un sia pur brevissimo excursus, il susseguirsi degli interventi normativi convulsamente adottati sin dalla fase di più acuta dell'emergenza sanitaria.

Il quadro normativo che si è andato delineando sinora, parte, come noto, dal d.l. 2 marzo 2020, n. 9, che aveva già sospeso l'attività giudiziaria non urgente, nelle cd. “zone rosse” del territorio nazionale.

L'emergenza sanitaria, divenuta pandemica, ha, poi, imposto, a distanza di meno di una settimana da quel primo e territorialmente limitato intervento normativo, l'adozione di quelle stesse norme e di altre ancora più stringenti, sull'intero territorio Nazionale; si è giunti, così, al d.l.8 marzo 2020 n. 11, Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria (che richiamava in premessa il precedente d.l. 2 marzo 2020 n. 9), entrato in vigore lo stesso giorno della pubblicazione, avvenuta in pari data, in G.U. n. 60.

Il d.l.n. 11/2020, che ha rappresentato la prima impalcatura eretta per sorreggere l'attività giudiziaria urgente, che non poteva evidentemente essere interrotta dal lockdown giudiziario, dopo aver sospeso, dal 9 marzo 2020 al 22 marzo 2020, tutte le udienze penali (con la previsione espressa del rinvio d'ufficio), ha elencato le udienze ed i procedimenti che facevano eccezione al blocco dell'attività giudiziaria (art. 2 c. 2 lett. g) nn. 2,3 d.l. cit. successivamente abrogato dall'art. 83 c. 22 del d.l.n. 18/2020).

Pochi giorni dopo, il d.l. 17 marzo 2020n. 18, entrato in vigore lo stesso giorno della pubblicazione in G.U. n. 70 del 17 marzo 2020, dopo aver abrogato gli artt.1 e 2 del precedented.l.n. 11/2020 (art. 83 c. 22), all'art. 83, ai commi 1 e 2, ha sospeso, sino al 15 aprile 2020, le udienze penali, con le eccezioni indicate dall'art. 83 al comma 3 lett. b).

Il successivo d.l. 8 aprile 2020 n. 23, pubblicato in pari data sulla G.U. n. 94 ed entrato in vigore il giorno successivo, 9 aprile 2020, all'art. 36, ha spostato in avanti la durata del blocco dell'attività giudiziaria non urgente, “della prima fase”, cd. “periodo cuscinetto”, iniziato il 9 marzo 2020, portandolo all'11 maggio 2020.

La legge 24 aprile 2020 n. 27, pubblicata nella G.U. n. 110 del 29 aprile 2020 ed entrata in vigore lo stesso giorno della pubblicazione (art. 127), nel convertire con modificazioni il d.l. 17 marzo 2020n. 18, ha definitivamente abrogato il d.l. 2 marzo 2020 n. 9 e il d.l.8 marzo 2020 n. 11, operandone, però, la salvezza degli effetti prodotti, degli atti conseguentemente emessi e dei rapporti giuridici sorti nel periodo di vigenza.

Il d.l. 30 aprile 2020 n. 28, pubblicato in G.U. n. 111 del 30 aprile 2020 ed entrato in vigore il giorno successivo, 1° maggio 2020, ha, poi, modificato, appena un giorno dopo la sua entrata in vigore, la legge 27/2020, portando in avanti, al 31 luglio 2020, il termine finale della cd. seconda fase, in cui è prevista, sulla base di linee guida vincolanti emesse dai Capi degli Uffici, una parziale ripresa delle udienze; ed ha, infine, come si dirà, modificato la generalizzata previsione dello svolgimento dell'udienza con collegamento da remoto, a carico di soggetti non sottoposti a misura cautelare carceraria, novellando l'art. 83 c. 12 bis e 12 quinquies.

Da questa rapida evoluzione normativa è possibile cogliere chiaramente le soluzioni individuate, per affrontare gli inevitabili rischi di contagio nelle sedi giudiziarie, trasposte, in modo non ancora compiuto, dal legislatore nella l.27/2020, che ha convertito il d.l.18/2020 e operato una salvezza degli effetti, degli atti e rapporti giuridici prodotti durante la temporanea vigenza dell'abrogato, medio tempore, d.l. 11/2020 (art. 1 c. 2 l. n. 27/2020).

La prima soluzione temporalmente limitata per affrontare l'emergenza sanitaria: lockdown giudiziario. La prima soluzione individuata dall'intervento normativo emergenziale, è stata, quindi, quella dell'immediato lockdown giudiziario; in particolare dal 9 marzo all'11 maggio 2020, cd. “periodo cuscinetto” sono state sospese, unitamente a “tutti i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali” (art. 83 c. 2 l. 27/2020), tutte le udienze, conseguentemente rinviate d'ufficio a data successiva all'11 maggio 2020 (ad eccezione di quelle a trattazione necessaria, a trattazione a richiesta o a trattazione dichiarata urgente con decreto del Giudice ex art. 83 c. 3 lett. b, c).

La seconda soluzione:trattazione degli affari giudiziari sulla base delle linee guida vincolanti e nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della Salute. Dal 12 maggio 2020 si è aperta, pertanto, la cd. seconda fase, in cui è prevista una graduale ripresa dell'attività giudiziaria, previa adozione da parte dei Capi degli Uffici giudiziari, ex art. 83 c. 6 l. 27/2020 cit., di tutte le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della Salute (accesso alle aule muniti di mascherine e guanti monouso, sottoposizione a rilevamento della temperatura all'ingresso e obbligo di mantenimento della distanza minima interpersonale), per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, sino al 31 luglio 2020 (data pronosticata, da ultimo nel d.l.n. 28/2020, all'art. 3 lett. i), come quella di fine dell'emergenza e ripresa ordinaria dell'attività giudiziaria).

La ripresa dell'attività giudiziaria non potrà che essere graduale e “procedere a regime ridotto”, nella consapevolezza che riprendere l'attività d'udienza, che inevitabilmente comporta l'affollamento delle aule dei Tribunali, delle cancellerie o i luoghi ad esse adiacenti, comporta l'assunzione di un rischio di contagio che può, al più essere ridotto al minimo, ma giammai neutralizzato, pur adottando le modalità di svolgimento elencate dall'art. 83 c. 7:

  • alla lett. a), “la limitazione dell'accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l'accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti”;
  • alla lett. b), “la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell'orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall'articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico”;
  • alla lett. c), “la regolamentazione dell'accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l'adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento”.

Tra le misure organizzative relative alla trattazione degli affari giudiziari che i Capi degli Uffici Giudiziari sono chiamati ad adottare per rispondere alla necessità di una qualche ripresa delle attività giudiziarie, in condizioni di basso(rectius: controllato)rischio di contagio da Covid-19, l'art. 83 c. 7 lett. d. espressamente prevede “l'adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze”; per le quali qualora sia prevista la trattazione in pubblica udienza, la celebrazione della stessa avverrà “a porte chiuse, ai sensi dell'articolo 472, comma 3 del codice di procedura penale(art. 83 c. 7 lett. e).

Nelle “linee guida”, in forza dell'art. 83 c. 7 lett. g), per il richiamo operato all'art. 83 c. 3 vanno indicati i procedimenti da trattare di cui alla lett. b) procedimenti di convalida dell'arresto o del fermo o dell'ordine di allontanamento immediato dalla casa familiare , procedimenti nei quali nel periodo di sospensione, o nei sei mesi successivi scadono i termini di cui all'articolo 304, comma 6 del codice di procedura penale, procedimenti per la consegna di un imputato o di un condannato all'estero ai sensi della legge 22 aprile 2005, n. 69, procedimenti di estradizione per l'estero di cui al capo I del titolo II del libro XI del codice di procedura penale, procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive [procedimenti/processi a trattazione necessaria] e, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda [procedimenti/processi a trattazione su richiesta ], altresì i seguenti: 1) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell'articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354; 2) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari [evidentemente anche non custodiali] o di sicurezza; 3) procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione;” e alla lett.c): “procedimenti che presentano carattere di urgenza, per la necessità di assumere prove indifferibili, nei casi di cui all'articolo 392 del codice di procedura penale [procedimenti/processi necessitati dall'urgenze di provvedere decretata dal Giudice]. La dichiarazione di urgenza è fatta dal giudice o dal presidente del collegio, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.

La terza soluzione:collegamento da remoto. Questa soluzione la più confacente ad affrontarenell'attuale fase storica, in cui non è seriamente prevedibile l'andamento della “curva di contagio Covid-19”, i conseguenti interventi che potrebbero rendersi necessari a rimodulare il cd “distanziamento sociale”, adattandosi ad essi, postula lo svolgimento dell'udienza con la modalità di collegamento da remoto ad un'aula “smaterializzata”, mediante l'utilizzo delle piattaforme informatiche individuate dal Direttore Generale del DGSIA con provvedimento del 25 maggio 2020 (che ha sostituito il precedente del 20 marzo 2020), idonee a permettere la contestuale, effettiva ereciproca visibilità delle persone presenti in “video-collegamento” e la possibilità di udire quanto vi viene detto.

Laddove detta modalità non sia praticabile o possibile (nel senso che di qui a breve si chiarirà), il procedimento non richieda una particolare urgenza di trattazione, non rientri tra quelli individuati nelle linee guida vincolanti come da trattare (evidentemente ove possibile) e non sia possibile efficacemente ridurre il rischio di contagio, anche adottando i criteri individuati nelle stesse linee guida e provvedimenti organizzativi del Capo dell'Ufficio, non resterà che rinviare il procedimento, come previsto dall'art. 83 c. 7 lett. g), a data successiva al 31 luglio 2020 (art. 3 lett. i)d.l.n. 28/2020)

L'udienza virtuale nel difficile equilibrio tra “compresenza” e “distanziamento sociale”

La smaterializzazione dell'aula d'udienza e la creazione di un'aula “virtuale” risponde alla necessità di trovare un punto di equilibrio tra il contemperare l'esigenza di distanziare le parti del processo/procedimento, per evitare il concreto e attuale rischio di contagio da Covid-19 e quella di garantire la compresenza fisica delle stesse; equilibrio che trovi, comunque, un saldo punto di appoggio nell'art. 111 Cost., denominatore comune di tutti i processi, a mente del quale la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge, svolto in contraddittorio tra le parti, dinanzi ad un giudice terzo che emana la sua decisione audita altera parte.

Il difficile equilibrio, è stato composto, in generale, nella “compartecipazione” in connessione telematica in un luogo virtuale (per quanto specificatamente attiene all'utilizzo della piattaforma che viene oggi indicata dalla DGSIA con l'acronimo MVC-2); operando, quindi, ove possibile, la smaterializzazione dell'aula d'udienza.

L'art. 83 c. 12 l. n. 27/2020 di conversione del d.l.n. 18/2020 (non inciso dall'ultima novella emergenziale se non nel termine di efficacia, prorogato al 31 luglio, e che riproduce l'abrogato art. 2 c. 7 del d.l.n. 11/2020), prevede la possibilità “Ferma l'applicazione dell'articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, dal 9 marzo 2020al 31 luglio 2020 (art. 3 d.l.n. 28/2020), di partecipare a qualsiasi udienza a carico di persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, ove possibile, “mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 146 bis” delle disp. att. al c. p.p.

L'udienza a distanza, con la partecipazione in videoconferenza del detenuto

Le modalità di svolgimento dell'udienza di cui alla citata previsione normativa sono in realtà due ed alternative; ma entrambe mirano a centrare l'obiettivo primario, di evitare la diffusione del contagio tra la popolazione carceraria.

In primo luogo, dunque, il sistema individuato è quello della trattazione a distanza dell'udienza penale, ex art. 146-bis disp. att.c.p.p., con la “partecipazione” del detenuto in videoconferenza, e l'utilizzo di impianti cd. MVC (Multi-Video-Collegamento) già presenti nelle aule di udienza penale (come si dirà oggi “riordinati” in ordine alla mera nomenclatura: MVC-0 ed MVC-1); si è estesa, dunque, in forma più agile (il richiamo è ai soli commi, 3, 4, 5, dell'art. 146-bis disp. att. c. p.p. in funzione dell'effettività del contraddittorio e delle garanzie difensive di consultazione riservata) una modalità di partecipazione all'udienza già disciplinata per specifiche ipotesi di reato e a determinate condizioni, nel nostro sistema positivo.

La disponibilità degli impianti per il servizio di MVC (sia MCV-0 che MCV-1), che si compongono di una infrastruttura di comunicazione audio-video, che connette più aule di udienza a più postazioni distanti attrezzate presso le Case Circondariali ed una linea telefonica per le conversazioni riservate tra il Difensore ed il suo assistito, non è illimitata e non potrà, all'evidenza, soddisfare tutte le richieste, per cui non sempre sarà possibile ricorrere a tale tipologia di collegamento (il sistema è stato, tuttavia, potenziato come indicato nel provvedimento citato, da ultimo emesso dal D.G. della DGSIA, con particolare riguardo allo strumento MCV-1 “acquistato dal Ministero della Giustizia perl'integrazione dei servizi di telepresenza per la partecipazione a distanza al dibattimento ex legge 103/202017,” e che consente “il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo della custodia, con canale di comunicazione criptato, realizzato su rete telematica dedicata, interna alla Rete Unitaria Giustizia, con sala regia dedicata, sistema di gestione e controllo su infrastruttura dell'Amministrazione e con il limite massimo di 75 procedimenti contemporanei, per un numero complessivo massimo di 360 aule/sale collegabili tra loro e con la possibilità di visibilità reciproca fino a 20 aule/sale”).

Pur quando possibile, inoltre, questa prima soluzione non permette, comunque, il distanziamento sociale di tutte le parti processuali; costringe, infatti, i soggetti processuali, diversi dal detenuto, a presenziare fisicamente nelle aule di udienza dei Tribunali, attrezzate per il collegamento in “videoconferenza” (MVC-0, MVC-1, per seguire la nomenclatura adottata dalla DGSIA).

La ripresa di una fase acuta di emergenza sanitaria (si spera scongiurabile), potrebbe, inoltre, rendere non concretamente praticabile, o semplicemente non opportuna, la compresenza di Giudice, PM, Difensori, Interpreti, Ausiliari nelle aule dei Tribunali, in videoconferenza con il detenuto.

Luogo di custodia “equiparato all'aula di udienza”. Il citato disposto normativo (art. 146-bis c. 3 cit.) individua, invero, due luoghi fisici, seppure collegatati con il servizio MVC (MCV-0 e MCV-1): l'aula di udienza, dove sono fisicamente presenti i soggetti processuali, diversi dal detenuto, e il luogo di custodia, dove è presente il detenuto; la norma precisa, infatti, al comma quinto: “Il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza”, tanto che “È sempre consentito al difensore o a un suo sostituto (art. 102 c.p.p.)– aggiunge il quarto comma - di essere presente nel luogo ove si trova l'imputato.

Nell'ipotesi, poi, in cui il difensore non intenda o (come preferibile nell'attuale fase storica in cui il fenomeno pandemico è ancora in atto ed il pericolo di contagio per la popolazione carceraria non è scongiurato) non può essere presente accanto al proprio assistito nel luogo di custodia carceraria (equiparato - è il caso di rimarcarlo - all'aula di udienza), gli va necessariamente garantita la possibilità di “consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei” (seconda parte del quarto comma), cd. fonia riservata (di cui all'art. 8 del provvedimento DGSIA cit.) con il proprio assistito presente nella “altra” aula di udienza (ex art. 146-bis c. 5, il luogo di custodia).

L'aula smaterializzata e “compartecipazione” degli attori processuali, connessi, su piattaforma informatica individuata dalla DGSIA (MVC-2 e MVC-3). Per far fronte alla prevedibile indisponibilità o impossibilità di utilizzo del servizio MVC-0 e MVC-1 (ipotesi tutt'altro che infrequenti sulla base della comune esperienza di questi giorni), la norma ha individuato, in secondo luogo, una modalità del tutto inusitata di “compartecipazione” degli attori processuali all'udienza penale; questi potrebbero, infatti, “connettersi” attraverso una delle piattaforme informatiche individuate dalla DGSIA (MCV-2 cioè piattaforma Microsoft TEAMS; MCV-3 cioè piattaforma Microsoft SKYPE FOR BUSINESS) ad (si potrebbe dire “in”) un luogo virtuale (come tale immune da contagio), realizzando così un effettivo “distanziamento sociale”: ognuno potrebbe partecipare da un luogo diverso, da cui avere accesso telematicamente ad un'aula virtuale.

La compresenza nel medesimo luogo fisico, aula di udienza, è sostituita, così, dalla “compartecipazione” nell'aula virtuale (smaterializzata).

Per questa seconda modalità, l'“ove possibile” è da intendersi, ove sia tecnicamente possibile. Il collegamento da remoto, infatti, perché possa funzionare, oltre allA concreta disponibilità dell'applicativo informatico che garantisca determinati parametri di sicurezza (assicurati dall'art. 9 del provvedimento del D.G. della DGSIA del 21 maggio 2020 più volte citato, che sul punto così afferma: “I sistemi di cui all'art. 2 –tra cui TEAMS-utilizzano canali criptati i cui algoritmi di cifratura asimmetrica e chiavi di sessione sono conformi a quanto previsto dall'articolo 14, comma 2, delle Specifiche Tecniche del D.M. 44/202011”) e di privacy (tra i rischi paventati vi è quello di un'applicazione unilaterale del Cloud Act cui l'operatore è soggetto, che non può essere esclusa a priori, per il solo suo contrasto con il diritto europeo, in assenza di un accordo specifico con gli Stati Uniti per l'accesso transfrontaliero alle prove elettroniche a fini di cooperazione giudiziaria in materia penale; sul punto si registra la risposta della DGSIA attraverso il cit. art. 9, che, con riguardo a TEAMS – MVC2 - così afferma: “Sono conservati i dati tecnici di sessione quali: orario di inizio e fine sessione, identificativo utente, durata, sistema operativo del dispositivo utilizzato, indirizzo IP, nome dispositivo e CPU. Tali dati sono trattati secondo quanto previsto dal privacy disclaimer del fornitore”, con la conseguenza che se non si utilizza la chat e la funzione di videoregistrazione, problemi di privacy non si pongono), necessita della dotazioni di apparecchiature informatiche (non a caso nel precedente provvedimento del 20.3.2020 la DGSIA faceva riferimento anche all'utilizzo di dispositivi personali del Magistrato), con cui far funzionare l'applicativo di video-collegamento, utilizzando infrastrutture dell'Amministrazione della Giustizia o aree di data center riservate in via esclusiva al Ministero della Giustizia; oltre, indubbiamente, alla necessaria preparazione informatica di chi quegli strumenti è chiamato, nei limiti del possibile, ad utilizzare.

L'applicativo TEAMS della Microsoft adattato alle esigenze dell'udienza penale. L'individuazione della piattaforma informatica per realizzare questo nuovo tipo di collegamento è stata, di fatto, anticipata dalla DGSIA, già all'indomani dell'operatività (prevista per il 9 marzo 2020) del d.l. 8 marzo 2020 n. 11, entrato in vigore in pari data, con provvedimento del Direttore del DGSIA n. 3413, del 10 marzo 2020, pubblicato lo stesso giorno, sul Portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia.

Tre giorni dopo l'entrata in vigore del d.l.n. 18/2020, e precisamente il 20 marzo 2020, il Direttore Generale della DGSIA, sul Portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia, aveva pubblicato il provvedimento con cui individuava le piattaforme per i collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze penali, come previsto dall'art. 83, c. 12, del d.l.n. 18/2020, poi convertito nella l.n. 27/2020; in particolare all'art. 3 del citato provvedimento, rubricato “Svolgimento delle udienze penali”, aveva già previsto che le udienze penali di cui all'art. 83 c. 12 cit. “si svolgono, ove possibile, utilizzando gli strumenti di videoconferenza già a disposizione degli uffici giudiziari e degli istituti penitenziari ai sensi dell'art. 146-bis disp. att. al c. p.p.”; aggiungendo che “in alternativa, possono essere utilizzati i collegamenti da remoto previsti dall'art. 2 del presente provvedimento, vale a dire: i collegamenti da remoto organizzati dal Giudice utilizzando i programmi, Skype for Business o Teams, attualmente a disposizione dell'Amministrazione e di cui alle note trasmesse agli Uffici Giudiziari (prot. DGSIA nn. 7359.U del 27 febbraio 2020 e 8661.U del 9 marzo 2020).

Dei due programmi citati nel provvedimento del Direttore della DGSIA, nella prassi operativa, nel settore penale è stato “preferito”, TEAMS, versione più avanzata (oltre che integrata con il pacchetto Office 365), di SKYPE FOR BUSINESS.

TEAMS è una piattaforma “aziendale”, che permette di creare dei gruppi (team) di lavoro, tra soggetti collegati da remoto in audio-videoconferenza, con la possibilità di lavorare insieme e condividere le informazioni attraverso uno spazio comune virtuale.

Il giorno successivo, in perfetta sincronia, il Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera plenaria dell'11 marzo 2010 ("Ulteriori linee guida in ordine all'emergenza sanitaria Covid-19 all'esito del d.l. n. 11 dell'8 marzo 2020"), ha raccomandato d'incentivare il lavoro da remoto o telematico dei magistrati, auspicando che divenisse "la modalità prioritaria di esercizio delle funzioni giudiziarie".

Il provvedimento del D.G. della DGSIA del 21 maggio 2020. Il Direttore Generale della DGSIA, sul Portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia, ha pubblicato, in data 21 maggio 2020, in sostituzione del precedente provvedimento del 20 marzo 2020, un nuovo provvedimento con cui ha individuato gli strumenti di partecipazione a distanza per le udienze penali e per gli atti di indagini preliminari, ivi compresi gli interrogatori, come previsto dall'art. 83 commi 12, 12-bis, 12-quater e 12-quinquies della l.n. 27/2020 di conv. con mod. del d.l. 18/2020, ulteriormente mod. dal d.l.28/2020.

In particolare, in primo luogo (e questa pare l'unica novità del provvedimento), assegnando agli strumenti di partecipazione a distanza una terminologia unitaria per acronimi numerati (MVC-0, MVC-1, MVC-2, MVC-3), ha elencato all'art. 2 del citato provvedimento gli strumenti nella disponibilità dell'Amministrazione, e tali sono:

a) MVC0: servizio di videoconferenza in via di dismissione dal 31.12.2019 e in regime di proroga tecnica sino al 30.6.2020 [n. d.r. servizio MVC tradizionale];

b) MVC1: servizio basato su piattaforma AVAYA-Equinox, che consente il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo della custodia, con canale di comunicazione criptato, realizzato su rete telematica dedicata, interna alla Rete Unitaria Giustizia, con sala regia dedicata, sistema di gestione e controllo su infrastruttura dell'Amministrazione e con il limite massimo di 75 procedimenti contemporanei, per un numero complessivo massimo di 360 aule/sale collegabili tra loro e con la possibilità di visibilità reciproca fino a 20 aule/sale [n. d.r. servizio MVC che sostituisce quello tradizionale, dal 30 giugno prossimo, che consente la fonia riservata con circuito dedicato criptato VoIP –art. 8- oltre che –art. 7 - la fonoregistrazione]

c) MVC2: servizio reso con canale di comunicazione criptato su rete telematica pubblica utilizzabile sia dall'interno sia dall'esterno della Rete Unitaria Giustizia, senza sala regia, con un sistema di gestione e controllo su cloud ibrido in aree (tenant) di data center ubicati nel territorio dell'Unione Europea (Repubblica di Irlanda e Regno dei Paesi Bassi) e amministrate dalla Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia; assicura il collegamento audiovisivo a distanza sino ad un massimo di 250 partecipanti e con la visibilità contemporanea di 9 di essi; [n. d.r. piattaforma Microsoft TEAMS, che a mente dell'art. 7 prevede come possibile la fonoregistrazione con collegamento al MVC-0 e MVC-1 o comunque con mezzi di riproduzione fonografica ed audiovisiva di cui all'art. 141 bis c. p.p.]

d) MVC3: servizio reso con canale di comunicazione criptato su rete telematica pubblica utilizzabile sia dall'interno sia dall'esterno della Rete Unitaria Giustizia, senza sala regia, con un sistema di gestione e controllo in data center dell'Amministrazione; assicura il collegamento audiovisivo a distanza sino ad un massimo di 250 partecipanti e con la visibilità contemporanea di 5 di essi. [n. d.r. piattaforma Microsoft SKYPE FOR BUSINESS, versione meno evoluta di TEAMS].

n secondo luogo, all'art. 4 del medesimo provvedimento ha richiamato tutti gli strumenti di cui all'art. 2, come utilizzabili per le udienze ed attività procedimentali penali, testualmente: “Le udienze penali a distanza di cui ai commi 12 e 12-bisdell'art. 83 del decreto legge 17 maggio 2020, n. 18, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27, ed ulteriormente modificato dal decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, nonché gli atti a distanza di cui al comma 12- quater del medesimo articolo si svolgono utilizzando uno dei collegamenti di cui all'art. 2 del presente provvedimento”; per, infine, specificare all'art. 5 (“suggerendo”, evidentemente, un'economia nell'utilizzo dei collegamenti MVC-0 ed MVC-1)che “Le attività di cui al comma 12-quinquies dell'art. 83 del decreto legge 17 maggio 2020, n. 18, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27, ed ulteriormente modificato dal decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, si svolgono utilizzando uno dei collegamenti di cui alle lettere c) e d) dell'art. 2 cit. del presente provvedimento (non altro che TEAMS e SKYPE).

Per l'udienza penali, quindi, che sulla base delle linee guida vincolanti sono da celebrarsi necessariamente, o da celebrarsi a seguito di dichiarazione d'urgenza del Giudice, o, infine, da celebrarsi previa richiesta del difensore o dello stesso indagato/imputato, nell'ipotesi in cui quest'ultimo fosse detenuto in “custodia cautelare”, è prevista, tra le altre, quale modalità di svolgimento, più confacente alle finalità di “distanziamento sociale”, quella da remoto, da celebrarsi nella “stanza virtuale” Teams, assegnata a ciascun Giudice (titolare di uno specifico link); nella quale questi, nel giorno ed ora fissati, potrà consentire l'accesso al Pubblico Ministero, alle Parti private ed ai rispettivi Difensori, agli Ausiliari del Giudice, agli Ufficiali o Agenti di PG e agli interpreti (nell'ipotesi di indagato/imputato appartenente a comunità alloglotta).

Collegamenti da remoto, quindi, idonei a permettere la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in “video-collegamento” e la possibilità di udire quanto vi viene detto.

Luogo virtuale “equiparato all'aula di udienza”.L'applicazione dell'art. 146-bis disp.att. c.p.p. cit, nei limiti di compatibilità, come visto, è stata estesa alle udienze penali celebrate con collegamento da remoto TEAMS (MCV-2).

La diversità, tra le modalità di svolgimento dell'udienza, appare chiara: nel collegamento da remoto, con applicativo TEAMS, non viene individuato alcun luogo fisico a cui equiparare l'aula di udienza; l'aula è del tutto smaterializzata, ed “esiste” nella “stanza virtuale” del Giudice (o, come operato nella prassi, nel TEAM instanziato” dal Giudice per lo svolgimento dell'udienza da remoto).

Ne consegue, necessariamente che è “il luogo virtuale” (indipendentemente da dove fisicamente si trova il Giudice o gli altri soggetti processuali) ad essere “equiparato all'aula di udienza” (laddove si opti per detta modalità di svolgimento dell'udienza e finché dura l'emergenza sanitaria).

Compartecipazione nell'aula virtuale e compatibilità con il diritto di difesa (nelle due accezioni: “autodifesa” e “difesa tecnica”)

Il problema centrale posto dalla partecipazione all'udienza penale con collegamento da remoto è quello della sua compatibilità con il diritto di difesa (e, invero, sul punto si sono impuntate le prime critiche).

L'assenza di una contestuale compresenza fisica di tutti gli attori del processo penale nell'aula d'udienza, sostituita nel processo telematico, dalla compartecipazione in uno spazio virtuale comune, nel quale tutti i partecipanti si affacciano attraverso lo schermo di un computer, non sempre rende possibile cogliere e percepire la cd “comunicazione non verbale”, nel cui ambito possono interpretarsi varie caratteristiche, ai fini dell'interazione sociale: la postura, i gesti, i movimenti, le espressioni e la mimica che accompagnano o meno la parola e che rendono la comunicazione umana più marcata.

Sin da subito, le critiche a questa modalità di collegamento si sono incentrate sul ritenuto detrimento del contenuto minimo del diritto di difesa, sia nell'accezione di autodifesa (evidentemente dal punto di vista dell'imputato/indagato), che di difesa tecnica (evidentemente dal punto di vista del difensore), sull'assunto che la compartecipazione da remoto all'udienza, in connessione telematica, non permetta, o, quanto meno, non permetta compiutamente di percepire, tutti gli aspetti dello scambio comunicativo, che, per esperienza comune, non si riducono al livello puramente semantico del messaggio, ossia del significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso, ma che riguardano la comunicazione non parlata tra persone, che attraverso anche la banale modulazione dei toni adoperati (non sempre chiaramente percepibili durante tutto il corso del collegamento), rende possibile capire correttamente il significato di quanto le parole esprimono solo parzialmente.

Salvaguardia del contraddittorio ed effettiva partecipazione delle parti all'udienza penale

Per superare queste critiche occorre verificare se la “partecipazione” virtuale all'udienza, con i limiti sopra evidenziati (fino ad un certo punto effettivamente riscontrabili), possa essere equiparata alla presenza fisica all'udienza; e, in caso di risposta affermativa, in che termini possa ritenersi salvaguardato il principio del contraddittorio (audiatur et altera pars), comune denominatore di tutti i processi nell'enunciazione dell'art. 111, c. 2 Cost.

Per trovare un addentellato positivo alla previsione di una partecipazione all'udienza da remoto, ontologicamente distinta dalla presenza all'udienza, non poteva non farsi riferimento, nella normazione emergenziale, all'art. 146-bis delle disp.att. al c.p.p., rubricato “partecipazione al dibattimento a distanza”, che, come anticipato, con l'originaria unica previsione del servizio di MVC (oggi MVC-0, MVC-1), realizza del tutto parzialmente - sebbene centrando l'obiettivo principale di protezione della popolazione carceraria dal rischio sanitario da contagio (che si accentua evidentemente con gli spostamenti del detenuto ed il suo venire a contatto, prima di essere eventualmente riaccompagnato nel luogo di custodia carceraria, con le aule di Tribunale, maggiormente esposte al rischio di propagazione del coronavirus) - l'obiettivo di “distanziamento sociale” di tutti i soggetti che devono necessariamente partecipare all'udienza (possibile appieno, come già rimarcato, solo con collegamenti da remoto, con piattaforme come quelle individuate dalla DGSIA: MVC-2, MVC-3).

Per ambedue modalità di svolgimento dell'udienza (MVC-1 nell'aula fisica d'udienza con il detenuto collegato “dal luogo di custodia” e audio-video-collegamento –MVC-2 nell'udienza virtuale con l'applicativo TEAMS di tutte le parti distanziate), nell'art. 83 c. 12 si è richiamato, per quanto compatibile, il comma 3 del cit.art. 146 bis: «Quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento è adottato nei confronti di più imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno è posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere e di udire gli altri”.

L'originaria previsione dell'art. 146-bis disp.att.c.p.p. È noto che l'art. 146-bis co.1 disp. att. c.p.p., come modificato dalla legge 103/202017, prevede che il soggetto detenuto per taluno dei delitti indicati dall'art. 51 co. 3-bis c.p.p., nonché nell'art. 407 co. 2 lett. a) n. 4 c. p.p., partecipi a distanza alle udienze dibattimentali dei processi nei quali è imputato, anche relativi a reati per i quali si trovi in stato di libertà.

La disposizione in esame prevede, poi, che solo nel caso in cui non siano state applicate le misure ex art 41 bis ord.pen., il Giudice possa disporre la presenza dell'imputato qualora lo ritenga necessario.

Obbligatorietà della partecipazione a distanza exart. 146-bis disp.att. c.p.p. per fronteggiare ragioni di sicurezza ed ordine pubblico. Con la modifica ex lege 103/2017, il legislatore ha individuato espressamente un catalogo di reati caratterizzati da pericolosità presunta, con conseguente obbligatorietà della partecipazione a distanza”.

La ratio dell'art. 146-bis disp. att. c. p.p. è da ricercare, anche successivamente alla modifica del 2017, nell' “esigenza di fronteggiare ragioni di sicurezza e di ordine pubblico connesse alla posizione di imputati detenuti, capaci di esercitare intimidazioni nei confronti degli altri partecipanti al processo e di inquinare le fonti di prova” (lo strumento della partecipazione a distanza “consente di prevenire il rischio che determinate organizzazioni criminali possano alterare le normali dinamiche e cadenze dell'iter procedimentale o comunque influire sulla serenità dei soggetti chiamati a parteciparvi”)

Obbligatorietà della partecipazione a distanza o con collegamento all'aula virtuale da remoto, ex art. 82 c. 12 a tutela della salute oltre che per ragioni di sicurezza ed ordine pubblico. La ratio della norma contenuta, anche attualmente, nell'art. 83 c. 12 va ricercata, come si accennava, nell'esigenza di fronteggiare il concreto pericolo di diffusione del coronavirus, innanzitutto tra la popolazione carceraria, perché nel caso di contagio Covid-19 all'interno di Case Circondariali, all'esigenza, pur primaria, di tutelare la salute dei soggetti ivi ristretti (luoghi troppo affollati), si affiancherebbe, anche in questo caso, l'esigenza di fronteggiare conseguenti problemi di sicurezza e di ordine pubblico, per l'impossibilità di gestire la custodia ed il contenimento dei detenuti malati o contagiati, come dimostrato dal recente episodio della evasione di massa da alcuni istituti carcerari.

Legittimità costituzionale di dette modalità di svolgimento dell'udienza: non necessaria la “presenza” fisica nel luogo del processo, purché sia garantita la effettiva “partecipazione” personale e consapevole al dibattimento. Come noto, la Corte Costituzionale - sent.22 luglio 1999 n. 342-, subito dopo l'entrata in vigore dell'art. 146 bis disp att. c.p.p., ebbe modo di precisare che la censura secondo cui, solo la presenza fisica nel luogo del processo potrebbe assicurare l'effettività del diritto di difesa, è destituita di fondamento.

Ciò che occorre garantire, sul piano costituzionale, è l'effettiva partecipazione personale e consapevole dell'imputato al dibattimento, e, dunque, che i mezzi tecnici utilizzati, nel caso della partecipazione a distanza, siano del tutto idonei a realizzare quella partecipazione.

Il Giudice delle Leggi, ha già chiarito, dunque, che “Fondamentale è, infatti, a questo proposito la previsione secondo la quale il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo di custodia deve essere realizzato con modalità tali da rendere "effettiva", e dunque concreta e non soltanto "virtuale", la possibilità di percepire e comunicare, così saldando intimamente fra loro le potenzialità ed i perfezionamenti sempre offerti dalla tecnica alle esigenze di un "realismo partecipativo" che non può non ritenersi, in sé, del tutto in linea con gli strumenti che l'ordinamento deve necessariamente mettere a disposizione per consentire un adeguato esercizio del diritto di difesa nella fase del dibattimento.”

Queste parole, la cui chiarezza rende superfluo qualsiasi commento, si attagliano perfettamente all'inusitato strumento di svolgimento dell'udienza, introdotto originariamente nell'art. 2 c. 7 d.l.11/2020 e richiamato dall'art. 83 c. 12 del d.l. 18/2020, come convertito dalla l.27/2020.

Poiché lo strumento attualmente offerto dalla tecnica, sia pur ancora perfettibile nella sua evoluzione tecnologica, e “suggerito” per essere adattato alle esigenze del procedimento/processo penale, consente la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto, deve ritenersi realizzabile quella “effettività partecipativa”, nei termini precisati dalla Corte Costituzionale, e conseguentemente non può dirsi sacrificato, segnatamente nell'attuale stato emergenziale, il principio sancito dall'art. 24, secondo comma, della Carta fondamentale.

Se chi partecipa da remoto, non solo vede e sente perfettamente tutti i partecipanti, ma può anche farsi vedere e sentire perfettamente dagli stessi, in piena connessione interattiva, non può, in tale prospettiva, sostenersi che l'assenza della fisicità dei partecipanti, perturbi gli equilibri e le dinamiche processuali, che, al contrario, rimangono, nell'attuale evoluzione tecnologica delle piattaforme informatiche utilizzate, nella sostanza, inalterati.

La possibilità di cogliere quella “comunicazione non verbale”, a cui sopra si è fatto cenno, non è affatto esclusa da un collegamento che si svolga regolarmente.

In ogni caso, sotto quest'aspetto, entra in gioco con modalità particolarmente delicate, il potere-dovere del Giudice dell'udienza penale di effettuare il necessario controllo circa l'impiego dello strumento e le modalità tecniche, attraverso i quali raggiungere, anche nell'emergenza sanitaria in atto, un livello “più che accettabile” di effettività partecipativa, che deve doverosamente garantire, assicurando in ogni momento, la piena esplicazione del diritto di difesa nelle sue due accezioni di “autodifesa” e “difesa tecnica”.

Il che può comportare che quando, la qualità del collegamento “non è accettabile”, o si verifichi l'interruzione dello stesso, non ripristinabile in tempi utili e non si possa, per indisponibilità o impossibilità, ripiegare su altro strumento di collegamento, il Giudice possa ordinare (quando il processo o il procedimento debba necessariamente svolgersi e non è rinviabile), la presenza fisica di tutti nell'aula del Tribunale, con inevitabile traduzione del detenuto.

Qualora, invece, il Giudice non riscontri - o non gli vengano segnalati- problemi che inficiano “l'effettiva compartecipazione” all'udienza, dovrà porre analoga cautela solo nell'assicurare che avvenga la consultazione riservata tra il difensore ed il suo assistito, sempre possibile, in realtà, anche semplicemente attraverso lo strumento telefonico.

In altri termini, quando la partecipazione al processo, al procedimento, all'attività giudiziaria garantita, avvenga tramite modalità tecniche tali da rendere "effettiva", e dunque concreta e non soltanto "virtuale", la possibilità di percepire e comunicare tra soggetti e, quindi, quando si realizza un'interazione nello svolgimento dell'udienza, non dissimile in concreto, da quella consentita a tutte le parti dalla loro compresenza fisica in aula, deve ritenersi salvaguardato il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti all'attività giudiziaria che richieda l'esercizio di diritti difensivi.

Se tutto ciò si realizza “né vale, - riprendendo le parole del Giudice delle Leggi - “invocare principî affermati nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo, “posto che, pure con modalità particolari, la partecipazione al dibattimento dell'imputato deve rispondere, per quel che si è detto, al canone della "effettività", così da far risultare adeguatamente garantita la possibilità, per l'imputato stesso ed il suo difensore, di esercitare concretamente i relativi diritti” (in senso conforme Corte Europea dei diritti dell'uomo 5.10.2006 c. Italia “nessuna lesione del diritto di difesa è profilabile proprio perché il mezzo della videoconferenza – recepito anche da molti accordi di cooperazione in materia penale – consente all'imputato di seguire le fasi del dibattimento, potendo, inoltre, rappresentare al giudice eventuali problemi tecnici che rendono difficoltoso il collegamento in videoconferenza”).

Copertura normativa allo svolgimento dell'udienza nell'aula smaterializzata e distante, con la quale avviene il collegamento da remoto di tutte le parti. Ulteriore corollario, di quanto si è, sin qui, detto, è che detta modalità di svolgimento dell'udienza in un'aula che non vede la compresenza fisica di tutte le parti, dislocate, quindi, in luoghi distanti e connessi con apparecchiature di Multi-Video-Collegamento, è già presente e disciplinata positivamente nel richiamato art. 146-bis disp.att.c.p.p. – con le inevitabili aperture alle innovazioni tecnologiche, rimarcate dalla Corte Costituzionale – seppure prevista in casi determinati e per far fronte ad esigenze (non dissimili, comunque, come notato, in caso di detenuti in carcere) di “sicurezza ed ordine pubblico” (cui si aggiungono nell'attuale emergenza sanitaria, quelle di tutela della salute pubblica).

L'ultima parte dell'art. 83 c. 12 cit., demanda, dunque, ad un provvedimento del DGSIA la mera individuazione di un applicativo informatico che, sulla base dell'innovazione tecnologica e nel rispetto della sicurezza dei dati, consenta il collegamento da remoto, per le indefettibili esigenze individuate dalla legge “Cura Italia” nel rispetto delle condizioni previste dall'art. 146-bis c. 3 e 4 disp att. c.p.p., in modo da permettere, in definitiva, l'individuazione di un luogo, al sicuro dal contagio, da equiparare all'aula di udienza (146-bis c. 5): non altro che “l'aula virtuale”

Partecipazione all'udienza penale del difensore dal proprio studio

Se l'aula in cui si svolge l'udienza è quella virtuale, può dirsi ininfluente il luogo da cui ci si collega; anzi per realizzare appieno il cd. “distanziamento sociale” è opportuno che ciascuno si colleghi da un luogo diverso; l'unico che deve necessariamente essere presente, allo stato, negli Uffici giudiziari è l'ausiliario del Giudice (art. 83 c. 12-bis l. cit.), non potendo, questi, curare gli adempimenti d'udienza in luogo diverso, per la necessità del collegamento ADN.

Le prime udienze penali avvenute nell'aula virtuale hanno visto sovente la partecipazione all'aula virtuale del difensore con collegamento dal proprio studio professionale (previo invio, su una mail del Difensore, precedentemente indicata al cancelliere per detta finalità, di un link di invito a entrare/partecipare, alla stanza/al team).

Anche il Giudice penale, potrà, se la necessità lo richiede, essere collegato da un luogo diverso dagli Uffici giudiziari, ovviamente qualora il collegamento non avvenga con gli strumenti MVC-0 e MVC-1 (lett. a e b dell'art. 2 del provv. DG della DGSIA del 21 maggio 2020), che prevedono il collegamento a distanza tra l'aula di udienza del Tribunale e la sala attrezzata nel luogo di custodia del detenuto.

Nell'ipotesi di utilizzo della piattaforma TEAMS (indicato dall'art. 2 cit. alla lett. c) nella nuova nomenclatura per acronimo MVC-2), non avrebbe senso imporre la presenza fisica del Giudice nell'Ufficio giudiziario (come inspiegabilmente è stato previsto per il processo civile dall'art. 3 lett. c del d.l.n. 28 del 30 aprile 2020 laddove all'art. 83 c. 7, lett. f,; scelta normativa questa, fortemente criticata nel Parere espresso dal CSM, nella delibera del 14 maggio 2020, con argomentazioni del tutto trasponibili nel “settore penale”: infatti, poiché in ogni caso nessuna delle parti viene in contatto fisico con il giudice, la presenza fisica di quest'ultimo nell'ufficio giudiziario non aggiunge nulla quanto alla modalità di espletamento del contraddittorio simultaneo e quanto alla sua qualità intrinseca. Né tale presenza semplifica la gestione dell'udienza da parte del giudice o l'attività degli avvocati, i quali sono tenuti al rispetto delle medesime regole tecniche, senza che il primo possa richiedere un ausilio qualificato per risolvere eventuali inconvenienti tecnici…Ancora, la norma non può trovare giustificazione nella possibilità che gli avvocati, le parti o gli ausiliari conservino comunque la possibilità di recarsi fisicamente presso la sede fisica ove si trova il giudice, in quanto è evidente che ciò contrasterebbe …, ovviamente, con il principio del distanziamento sociale”... La necessaria presenza fisica in ufficio, peraltro, potrebbe inutilmente determinare l'impossibilità di svolgere le udienze da remoto sia nel caso in cui vi sia una temporanea impraticabilità dell'ufficio per la necessità di sanificazione conseguente alla scoperta di casi positivi, sia nel caso in cui i giudici siano positivi asintomatici oppure, anche se negativi, debbano permanere in isolamento domiciliare a causa del precedente contatto con persone risultate positive…”)

Partecipazione dell'indagato/imputato dalla medesima postazione da cui si collega il suo Difensore. La reazione degli organi rappresentativi della Classe Forense e l'insistenza sulla necessaria compresenza del Difensore e del suo assistito nell'aula d'udienza, ha, comunque, indotto il Legislatore, nel mentre recepiva le buone prassi operative giudiziarie adottate nell'emergenza, individuando il collegamento da remoto all'aula virtuale, come modalità di svolgimento generalizzato dell'attività giudiziaria (non solo di udienza: art. 83 commi 12-bis, 12-quater e -quinquies, della l.n. 27/2020), ad aggiungere la previsione che gli indagati/imputati “se liberi o sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere (per i quali ultimi resta salvo il comma 12), partecipano all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore”, che ne attesterà l'identità.

Consenso delle parti allo svolgimento delle udienze con collegamento da remoto quando l'indagato/imputato non è ristretto in custodia cautelare carceraria

Il giorno dopo l'entrata in vigore (con voto di fiducia) della legge 24 aprile 2020 n. 27 pubbl. in G.U. n. 110 del 29 aprile 2020, di conversione con modificazioni del DL 17 marzo 2020 n. 18, l'articolo 83, commi 12-bis e 12-quinquies, viene modificato dal d.l. 30 aprile 2020 n. 28, pubbl. in G.U. n. 111 di pari data, ed entrato in vigore il 1 maggio 2020, per dare seguito all'impegno assunto dal Governo con l'approvazione dell'ordine del giorno n. 37, Vazio e altri, come riformulato nella seduta del 24 aprile 2020 dell'Assemblea della Camera dei deputati, laddove il Governo, si era impegnato «a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, che il ricorso a strumenti telematici (processo da remoto) così come previsto dal decreto di cui in premessa – non si applichi alle udienze di discussione e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, salvo diverso accordo tra le parti».

Si giunge così all'attuale formulazione dell'art. 83, che a seguito della novellazione di cui all'art. 3 c. 1 lett. b) deld.l.n. 28/2020, oggi testualmente prevede: al comma 12-bis è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Fermo quanto previsto dal comma 12, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano, salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti”.

Il d.l. 28/2020 ha, ovviamente, ribadito la validità della regola già posta dall'art. 83 c. 12 del d.l.n. 18/2020, della partecipazione a qualsiasi udienza penale, nel periodo sino al 31 luglio 2020, di persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, con videoconferenze (MVC0-1) o con collegamento da remoto (mediante applicativo TEAMS, oggi MCV2 di cui all'art. 2 lett. c, e 4 provv. DG della DGISIA del 21.5.2020).

Il quadro delineatosi a seguito della cennata stratificazione normativa: il doppio binario

Dell'udienza con soggetto detenuto in carcere, si è ampiamente detto, e come già evidenziato l'art. 83 c. 12 cit. non viene nella sostanza inciso dal successivo d.l. 30 aprile 2020 n. 28; per quanto attiene, invece, all'udienza con soggetto non detenuto in carcere, l'art. 83 comma 12-bis, introdotto, dalla leggen. 27/2020 prevede che “Le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti (prevalentemente, quindi, le udienze con istruttoria minima, come il rito direttissimo conseguente al procedimento di convalida di arresto, ed, in genere, le udienze preliminari GUP conseguenti a richiesta di Rinvio a Giudizio) possono essere tenute mediante collegamenti da remoto all'aula virtuale TEAMS (sistema individuato con il citato provvedimento del direttore generale del DGSIA ed ora comunemente in uso, definito MVC2 nel provv. DGSIA del 21.5.2020).

Detta disciplina va, poi, integrata con quella contenuta al comma 12-quinquies sulle deliberazioni collegiali in camera di consiglio nei procedimenti penali. Al comma 12-quinquies è previsto, infatti, che, per il medesimo periodo, anche le deliberazioni collegiali in camera di consiglio, nei procedimenti penali non sospesi, possano essere assunte mediante collegamenti da remoto.

Con riguardo al riferimento alle modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti, di cui alla seconda parte dell'art. 83 c. 12-bis cit., vale richiamare quanto esposto nei paragrafi precedenti.

Nel caso in cui si proceda alla fissazione dell'udienza penale con collegamento da remoto all'aula virtuale TEAMS, i difensori dovranno attestare, all'atto della costituzione delle parti, l'identità dei soggetti assistiti - evidentemente non sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere -, che, nel caso non rinuncino a comparire, parteciperanno all'udienza necessariamente dalla medesima postazione da cui si collega, con le già citate modalità, il Difensore.

Attestazione dell'identità del soggetto assistito. Il Difensore non dovrà, ovviamente, dare atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti all'assistito, trovando questi ampia ed adeguata realizzazione nella compresenza fisica della difesa tecnica; dovrà, evidentemente, solo esercitare una funzione pubblicistica di attestazione dell'identità (o della volontà del suo assistito di non essere presente), invero non inedita per la sua funzione, avendo egli potere certificativo e di autenticazione dell'autografia della sottoscrizione di atti del suo assistito ex art. 39 disp. att.c. p.p.

Necessità del consenso delle parti nelle udienze con istruttoria e di discussione finale

Non si potrà procedere, per come previsto dalla novella introdotta dal d.l.28/2020, con collegamento da remoto all'aula di udienza virtuale TEAMS, se le parti non vi acconsentano alle udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni (Agenti e Ufficiali di PG), parti, consulenti o periti e a quelle di discussione finale.

Udienze con istruttoria Non tutte le udienze hanno necessità di istruttoria, ma nel caso in cui un'istruttoria sia programmata e sia necessaria, le parti per poter procedere nella “aula virtuale” TEAMS devo “acconsentirvi”.

La previsione normativa, salutata con sfavore da chi l'ha letta come un arretramento ingiustificato, alla precedente ampia apertura, del legislatore all'avvio della necessaria (quantomeno della fase di acuta pandemia) ed auspicata innovazione informatica nell'attività giudiziaria, appare, in realtà, più che opportuna, atteso che, quello che è, obiettivamente, un embrionale avvio del processo telematico, per limiti dello stesso applicativo (oltre che per prevedibile impreparazione tecnica o anche semplicemente resistenza all'innovazione, dei soggetti chiamati ad utilizzarlo), non si presta all'utilizzo di attività lunghe e complesse (si scontrerebbe con una infinità di problemi tecnici, non esclusa la momentanea e banale assenza di linea) e con una pluralità di parti (basti por mente, che allo stato la piattaforma informatica permette a schermo la contestuale visione di un numero limitato di soggetti).

Ciò non esclude che le parti possano acconsentire al collegamento all'aula virtuale TEAMS per udienze con minima istruttoria o quando per esempio è necessario sentire Agenti ed Ufficiali di P.G. quali testimoni.

Udienze con discussione finale. Qualche incertezza interpretativa in più, può offrire l'individuazione dell'udienza di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, il cui svolgimento nell'aula virtuale TEAMS, è subordinato al consenso delle parti.

L'aggettivo finale è certamente un elemento che deve orientare nell'interpretazione della norma.

Il riferimento è, infatti, alla “Discussione finale(artt. 523 – 524c.p.p.) di cui al Capo Quinto, Titolo Secondo, Del libro Settimo, del codice di procedure penale, vale a dire, quella fase - che dovrebbe, teoricamente, per i principi di oralità e concentrazione del processo penale, svolgersi senza soluzione di continuità a seguito dell'istruttoria dibattimentale - in cui il Pubblico Ministero e i Difensori delle parti private espongono la loro valutazione del materiale probatorio raccolto e, in ordine al quale, formulano oralmente (la parte civile ha, in ogni caso l'onere del deposito delle conclusioni scritte, in ordine al risarcimento dei danni e alla determinazione del loro ammontare, a pena di revoca ex lege della costituzione) le proprie conclusioni, permettendo, così la chiusura del dibattimento e la deliberazione del Giudice (in applicazione del principio dell'immediatezza), all'esito della camera di consiglio, nel merito del giudizio, concludendolo.

Il riferimento della norma, alla “camera di consiglio”, vale a coprire evidentemente anche le ipotesi di discussione a seguito della scelta del giudizio abbreviato nell'udienza preliminare o nell'Appello; anche in questi casi la discussione permette la conclusione dei relativi giudizi.

Resta aperto il problema se possa farsi rientrare in quest'ambito, anche la discussione, in ordine alla richiesta di rinvio a giudizio, nell'udienza preliminare.

Con riguardo, però, in generale alla pluralità di procedimenti camerali richiamati nel codice di procedura penale, può sostenersi che detta norma non possa trovarvi generalizzata applicazione, non operandovi, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis cfr. Cass. 26 gennaio 2005 ric. Faro), “la disciplina dello svolgimento della discussione in dibattimento”; e ciò, in quanto, detti procedimenti, nel cui ambito non è ammesso né il diritto di replica dei soggetti che discutono, né il potere di prendere la parola per ultimi dell'imputato e del suo Difensore, si atteggiano quali meramente incidentali, strumentali e provvisori, quindi, non “finali”.

Interlocuzione delle parti in ordine all'utilizzo dell'aula virtuale

La norma nulla dice circa la modalità di formazione del consenso delle parti nella scelta del collegamento da remoto; se, cioè, prima della fissazione dell'udienza (eventualmente rinviata d'ufficio nel “periodo cuscinetto”) o di svolgimento dell'udienza già fissata sul ruolo, da celebrarsi nell'aula (fisica) del Tribunale, sia necessaria una preventiva interlocuzione tra le parti (neppure è specificato chi debba sollecitarla o chi sia tenuto, eventualmente, a farne richiesta formale), per verificare la volontà delle stesse di “spostarsi” nella diversa “aula virtuale”.

Interlocuzione delle parti ex art. 83 c. 12-bis cit. (udienza a carico di soggetto non ristretto in carcere). Deve ritenersi che, di fatto, l'art. 83 cit., come da ultimo novellato, rimette, opportunamente, ad una interlocuzione delle parti processuali, la scelta di trattare o meno, con modalità di collegamento da remoto, nell'aula virtuale Teams, in tutto o in parte, le udienze penali da svolgersi sino al 31 luglio 2020, a carico di soggetti sottoposti a misura cautelare diversa dalla custodia in carcere ed (anche liberi), la cui trattazione nella cd. seconda fase – a partire dal 12 luglio 2020 - è indicata, come necessaria od opportuna, nelle “linee guida vincolanti” del Capo dell'Ufficio, di cui al medesimo art. 83 commi 6 e 7.

Detta previsione normativa che, come ricordato, ha agiato i primi commentatori, spingendoli a stigmatizzare come schizofrenico l'intervento novellistico, rimanda, in realtà, opportunamente, la scelta dell'utilizzo dell'aula virtuale, alla leale collaborazione tra Difensori e Magistrati, con un'opzione normativa che appare inevitabile, nell'attuale fase storica, in cui non è seriamente prevedibile l'andamento della curva di contagio Covid-19 e, dunque, i conseguenti interventi che potrebbero rendersi necessari a rimodulare il cd distanziamento sociale, in particolare a far data dalla parziale ripresa dell'attività giudiziaria (in atto dal 12 maggio 2020).

Il buon senso (al netto di comportamenti ostruzionistici, che sulla base dell'esperienza giudiziale e della lealtà processuale delle parti, segnatamente in un momento in cui è comune il pericolo alla salute, si possono escludere) dovrà governarne la scelta: nei casi in cui, quindi, la presenza fisica in aula di udienza dei soggetti processuali, non possa essere assicurata, senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del coronavirus, sarà lo stesso rischio di contagio Covid-19 ad imporre lo “spostamento” delle parti nell'aula virtuale TEAMS (ove, ovviamente, il processo/procedimento non possa essere rinviato).

La scelta dell'aula “fisica” o “virtuale”, presso cui, rispettivamente (nel senso sopra chiarito) “presenziare” o “partecipare” all'udienza penale, non potrà che essere operata concordemente dalle parti, caso per caso, quindi, e a seconda della necessità o anche della mera opportunità, segnalata o proposta da una parte e condivisa dalle altre.

Da notare che non è prevista – diversamente che per le udienze di convalida di arresto/fermo, di soggetto posto, exart. 386. c. 5 c. p.p., in misura pre-cautelare agli arresti domiciliari – la possibilità di indirizzare, per il collegamento da remoto, il Difensore e il suo assistito presso gli Uffici attrezzati di P.G., che non potrebbero, evidentemente, far fronte alla mole di richieste. L'unica alternativa all'utilizzo della “aula virtuale” con collegamento da remoto del Difensore (eventualmente con il suo assistito non rinunciante a compartecipare) dal suo studio, è lo svolgimento dell'udienza nell'aula fisica del Tribunale, da svolgersi, nel rispetto delle indicazioni sanitarie (indossando mascherine, guanti, tenendosi ad una distanza, di almeno un metro, l'uno dall'altro etc. ) e a porte chiuse per ragioni di pubblica igiene, secondo un cronoprogramma stabilito dal Giudice.

Interlocuzione delle parti ex art. 83 c. 12 cit. (udienza a carico di soggetto ristretto in carcere). Evidente appare la diversità della previsione normativa appena esaminata, quale risultante dalla stratificazione normativa, rispetto all'immutata previsione dell'art. 83 c. 12 cit, che (rimarcando quanto già sopra accennato) impone, per i procedimenti/processi a carico di soggetti detenuti in regime carcerario, il collegamento a distanza o da remoto, sempre che, ovviamente, sia garantito il contraddittorio e l'effettività della partecipazione delle parti.

Anche in questo caso, inevitabilmente, residua un margine di scelta in cui vi è spazio per la leale interlocuzione delle parti, laddove per lo svolgimento dell'udienza, come può accadere, l'una soluzione rispetto all'altra (collegamento con MVC-0, MCV-1 o collegamento TEAMS MCV-2) per impossibilità tecnica o per indisponibilità contingente, non sia praticabile.

Le prassi giudiziarie virtuose. Nella pratica alcuni Uffici Giudiziari, prima della data fissata per l'udienza del processo da trattare, il Giudice nel “ricordare” alle parti private il giorno, l'ora ed il luogo fisico – l'aula in cui è previsto lo svolgimento dell'udienza -, ricorda anche ai Difensori la facoltà prevista dall'art. 83 c. 12 bis “di spostarsi nell'aula virtuale”, invitandoli, pertanto, a determinarsi al riguardo, con comunicazione inviata per tempo, con PEC, in assenza della quale si intenderà che le parti si presenteranno il giorno e l'ora fissati, nell'aula di udienza del Tribunale; ove il Giudice, evidentemente, ha ritenuto, implicitamente, possa essere assicurata (per come si è organizzato l'Ufficio) la compresenza delle parti, senza mettere a rischio le esigenze di contenimento del contagio da Covid-19.

Analogamente, nell'ipotesi dell'art. 83 c. 12 (e quindi nell'ipotesi di soggetti detenuti in carcere), ferma la necessità di “collegamento” con il luogo di custodia del detenuto e salva, comunque, la facoltà prevista (ove possibile) exart. 146-bisc. 4 disp.att. c.p.p., viene ricordato al Difensore che resta ferma la sua facoltà di chiedere che la sua partecipazione avvenga nell'aula virtuale TEAMS.

Quando, dunque, il Difensore chieda che il processo si svolga nell'aula virtuale TEAMS, raccolto il consenso anche delle eventuali Parti Civili (previa comunicazione anche alle P.O. della richiesta del Difensore dell'imputato rivolta al Giudice), e verificato che non vi siano problemi tecnici di collegamento, viene comunicata alle parti la modalità di svolgimento dell'udienza ed inviato il link di partecipazione all'indirizzo mail che i difensori avranno precedentemente comunicato per detta evenienza.

Comunicazione alle parti della modalità di collegamento

Trovata, nella leale collaborazione tra le parti, la soluzione più confacente alla contingente situazione, contemperati, quindi, nel giusto bilanciamento la tutela della salute e le esigenze della Giustizia, “Prima dell'udienza, il Giudice fa comunicare ai Difensori delle parti, al Pubblico Ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità di collegamento”.

Avviato correttamente il collegamento, il Cancelliere che partecipa necessariamente all'udienza dall'Ufficio giudiziario, prima che si proceda alla costituzione delle parti, “dà atto nel verbale d'udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate (e quindi l'eventuale svolgimento dell'udienza “nell'aula virtuale TEAMS”) “e delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale, o di vistarlo, ai sensi dell'articolo 483, comma 1, del codice di procedura penale”.

La Camera di Consiglio per la decisione a seguito della discussione finale

Quando le parti hanno acconsentito allo svolgimento dell'udienza penale nell'aula virtuale TEAMS, sino alla discussione finale, l'art. 83 c. 12-quinquies prevede una modalità telematica, anche dello svolgimento della camera di consiglio che precede la deliberazione del Giudice, ed invero, nel periodo emergenziale “nei procedimenti … penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile e, in ogni caso, immediatamente dopo la cessazione dell'emergenza sanitaria”.

L'attivazione dell'udienza virtuale TEAMS non implica, come già evidenziato, la presenza del Giudice nell'Ufficio giudiziario, spetta, quindi, all'Ausiliario del giudice, che partecipa da quegli Uffici, dare atto nel verbale d'udienza anche dell'impossibilità di sottoscrizione da parte del Giudice.

Conseguenze sulle modalità di svolgimento della deliberazione finale del Giudice in caso di mancato consenso al collegamento da remoto L'art. 3 lett. g) del d.l.28/2020 cit., al comma 12-quinquies ha, infine, escluso che possano tenersi con modalità da remoto le deliberazioni collegiali conseguenti a udienze di discussione finale che si siano svolte con modalità ordinarie, e dunque senza collegamento da remoto: “Nei procedimenti penali, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto».

Collegamento da remoto in sede d'indagini preliminari

L'art. 83 comma 12-quater, ha previsto, infine, che nel corso delle indagini preliminare il Giudice ed il Pubblico Ministero possono avvalersi di collegamenti da remoto, con l'applicativo TEAMS, per compiere atti garantiti “che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del Difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone”.

La ratio della norma può essere ricercata nella necessità di non interrompere, durante il periodo di emergenza, le indagini su reati particolarmente delicati, come possono essere quelli del cd. codice rosso, in ordine ai quali, dopo la denuncia/querela della persona offesa, è necessario sentire la denunciante a sommarie informazioni, prima che il PM si determini a chiedere, ravvisate, se del caso, concrete ed attuali esigenze cautelari circa la reiterazione nel reato, una misura cautelare al GIP; una volta eventualmente emessa ed eseguita la misura cautelare, sarà possibile anche al GIP procedere all'interrogatorio di garanzia exart. 294 c. p.p. con il collegamento da remoto con l'applicativo TEAMS.

In questi casi, in cui l'indagato (o il soggetto chiamato a compiere l'atto) non è sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere (in quanto “la partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata con le modalità di cui al comma 12), non è richiesto il consenso delle parti al collegamento da remoto TEAMS, unica condizione è, che, secondo una valutazione del Magistrato, la presenza fisica in un'aula del Tribunale o della Procura, di soggetti chiamati a partecipare all'atto, non possa essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus.

Da notare è la circostanza che non è previsto che l'Ufficio attrezzato di P.G., dove, per ipotesi, l'indagato sarà stato invitato a recarsi, per sottoporsi, nell'esempio proposto, all'interrogatorio di garanzia, possa manifestare una indisponibilità (come, all'opposto, previsto dall'art. 82 c. 12-bis per la convalida di arresto o fermo a cui può equipararsi l'allontanamento urgente dalla casa familiare di cui all'art. 384-bisc.p.p.); forse si è tenuto conto che gli atti d'indagine, in genere, possono non avere scadenze ristrette, o semplicemente si è voluto rimarcare la precedenza da dare all'attività d'indagine urgente, presso gli Uffici di P.G. attrezzati per il collegamento, rispetto, per esempio, alle convalide di arresto che potrebbero anche, nella previsione legislativa, svolgersi nell'aula TEAMS, con invito al collegamento da remoto del difensore che vi parteciperà unitamente al suo assistito dal suo studio, presso il quale quest'ultimo sarà stato invitato a recarsi libero e senza scorta (art. 83 c. 12-bis); né è richiesto, infine, che l'indagato si colleghi dal medesimo luogo del difensore “Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dallo studio legale, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito”.

Allorquando il collegamento avvenga da remoto, con la partecipazione del soggetto interessato, dagli Uffici attrezzati di PG, l'ufficiale o agente di polizia giudiziaria, dovrà procederealla identificazione del medesimo; oltre, si dovrebbe aggiungere, a dare attoche non sono posti impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle facoltà a lui spettanti.

Il compimento dell'atto avviene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza (nel caso di attività d'indagine del P.M.) e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore.

Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale.

Necessaria collaborazione

L'udienza penale con collegamento da remoto, strumento extra ordinem e temporaneo, ideato, con modalità embrionali, per gestire l'attuale fase di emergenza sanitaria, si regge, dunque, per sua costituzione, sulla leale collaborazione tra Avvocati e Magistrati; collaborazione così aggettivata che trova il suo addentellato costituzionale nell'art. 111 Cost., nella precipua accezione della nozione di “giusto processo” declinata, appunto, dalla dottrina, come onere di lealtà gravante sugli attori processuali .

Occorre, dunque, “vera collaborazione” tra Avvocato e Magistrato: “Taluni escludono che si possa parlare di collaborazione dell'Avvocato con il Magistrato, poiché ciascuna parte persegue un interesse suo proprio, antitetico con quello dell'altra; il rilievo potrà considerarsi esatto dal punto di vista soggettivo, poiché la finalità dell'Avvocato non è certo quella di aiutare il Giudice, bensì quella di favorire il più possibile la posizione del proprio assistito, ma se si prescinde dal motivo dell'attività dell'Avvocato, si dovrà convenire che tale attività costituisce una vera collaborazione per la ricerca della soluzione nella controversia, tanto più cospicua è tale collaborazione, quanto più elevate saranno la bravura e la lealtà dell'Avvocato stesso; sono cioè i risultati concreti che rilevano agli effetti della collaborazione”( in “L'elogio degli Avvocati scritto da un Giudice” di Domenico Riccardo Peretti Griva).

Il sistema ha retto, nella sua prima, precaria applicazione, proprio perché sorretto, nel cd. “periodo cuscinetto”, dalla collaborazione offerta, nell'ottica appena evidenziata, dalla Classe Forense, in primo luogo, attraverso i suoi organi rappresentativi, con l'adesione ai protocolli d'intesa (pur non mancandosi, da parte degli stessi, nell'occasione, di evidenziare l'assoluta eccezionalità del consenso accordato all'utilizzazione “senza eccezioni” di detti strumenti), resisi necessari per regolare, senza “strappi”, lo svolgimento dell'udienza nell'esordio della “aula virtuale”; e, in secondo luogo, ancor più, leale e fattiva si è rivelata la collaborazione data dai singoli professionisti, nelle varie esperienze di concreto svolgimento delle udienze nelle “aule TEAM smaterializzate”; questi ultimi, in particolare, oltre a rinunciare espressamente, ex art. 183 c. p.p., alle eccezioni relative allo svolgimento dell'udienza, hanno collaborato con diligenza, entusiasmo ed impegno alla perfetta riuscita dei collegamenti attivati, nella fase di più acuta emergenza sanitaria, per i procedimenti di convalida di arresto (primo vero banco di prova del procedimento telematico penale).

L'auspicio è che le prassi giudiziarie virtuose e la leale collaborazione degli operatori del diritto, permetta di superare con dignità l'emergenza sanitaria e le sue ripercussioni sullo svolgimento dell'attività giudiziaria; lasciando, al termine di questa triste fase, l'esperienza di soluzioni telematiche (non del tutto da abbandonare), insieme ad una maggiore consapevolezza dell'alta dignità della Funzione e della Professione, da parte di Magistrati e Avvocati.

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