Il beneficiario del mantenimento per sé e per la prole può pretendere la corresponsione totale o parziale della tredicesima percepita dall'ex coniuge?
19 Giugno 2020
In pendenza di separazione personale tra i coniugi può la parte, beneficiaria del diritto di mantenimento per sé e per la prole, pretendere la corresponsione totale o parziale della tredicesima mensilità percepita dall'altro coniuge? Qual è la posizione della Suprema Corte di Cassazione in merito?
L'art. 156 c.c. dispone che: «Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri». Detto obbligo di mantenimento a carico del coniuge economicamente più forte è previsto anche in favore dei figli non autosufficienti ex artt. 147 e 315 – bis c.c. Per quanto concerne il metodo di calcolo e le modalità di corresponsione dell'importo in denaro a titolo di mantenimento del coniuge e della prole, occorre innanzitutto distinguere tra il procedimento di separazione personale di tipo consensuale e quello di natura giudiziale. Nella prima fattispecie le parti, assistite dai rispettivi legali, addivengono ad un accordo condiviso, con oggetto la regolamentazione degli aspetti personali ed economici della separazione. In tal caso, il giudice effettua un controllo sull'intesa raggiunta, verificando che la medesima non pregiudichi gli interessi dei figli e non violi disposizioni normative inderogabili. Se il sindacato giudiziale ha esito positivo, interviene il provvedimento di omologa, che recepisce e conferisce forza di legge alle condizioni pattuite da entrambi i coniugi. Pertanto, in questa specifica ipotesi processuale, nulla vieta a che le parti interessate si accordino per la previsione di un importo di mantenimento che contempli, in tutto o in parte, anche la tredicesima mensilità percepita dall'altro coniuge. Diverso ragionamento segue, invece, la fattispecie processuale di separazione personale giudiziale. In tale caso è direttamente il giudice, pur nel contraddittorio tra le parti, a determinare l'entità dell'importo e le modalità di corresponsione dello stesso. Peraltro, la comune prassi, invalsa nella giurisprudenza di merito, prevede che il pagamento sia suddiviso in dodici mensilità annue. A tal proposito le Corti territoriali, con l'autorevole avallo della Cassazione (V., da ultima, Cass.civ., Sez. VI – I, ord. n. 17028/2014), hanno avuto modo di precisare che la tredicesima mensilità percepita dal coniuge, economicamente più abbiente, concorre, insieme ad altre poste, alla determinazione della situazione economica e patrimoniale di quest'ultimo, ai fini della liquidazione dell'assegno di mantenimento in favore dell'altro coniuge e dell'eventuale prole. Per contro è stato opportunamente precisato che tale mensilità aggiuntiva, istituita in ambito giuslavoristico, non può essere di per sé oggetto di pretesa giuridica da parte dell'altro coniuge. Il contributo di mantenimento non è, infatti, in alcun modo equiparabile ad una rendita vitalizia, ma la ratio legis, sulla quale esso si fonda, va ricercata nella specifica tutela, accordata dal nostro ordinamento giuridico, ai figli non autosufficienti e al coniuge economicamente più vulnerabile
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