La rimessione in termini all'epoca del deposito telematico

22 Giugno 2020

La richiesta di rimessione in termini, proposta con il deposito cartaceo dell'impugnazione, a seguito di mancato perfezionamento del precedente deposito telematico, non può essere accolta quando sia già intervenuta una decadenza imputabile alla parte, ovvero quando non vi sia stata attivazione immediata rispetto alla maturazione della decadenza.
Massima

“La richiesta di rimessione in termini, proposta con il deposito cartaceo dell'impugnazione, a seguito di mancato perfezionamento del precedente deposito telematico, non può essere accolta quando sia già intervenuta una decadenza imputabile alla parte, ovvero quando non vi sia stata attivazione immediata rispetto alla maturazione della decadenza”.

Il caso

A seguito di decisione sommaria resa in un procedimento di impugnazione di licenziamento, la parte soccombente presenta atto di opposizione avanti allo stesso Tribunale. L'invio telematico non si perfeziona, e a distanza di oltre quindici giorni la stessa parte provvede a costituirsi con modalità cartacee, con una contestuale richiesta di rimessione in termini. La decisione è però nel senso della inammissibilità della opposizione, e tanto viene anche statuito dalla Corte d'Appello. Il ricorso per cassazione, infine, viene dichiarato inammissibile con la decisione in commento.

La questione

La questione da affrontare riguarda la possibilità di fare ricorso all'istituto della rimessione in termini, in un caso di mancato perfezionamento del deposito telematico di una impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

Sul tema vanno richiamati tre diversi profili. Il primo riguarda il presupposto temporale dell'attivazione della parte interessata alla rimessione in termini, e in merito va richiamata Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 15/11/2019, n. 29757, secondo cui «La rimessione in termini, tanto nella versione già prevista dall'art. 184-bis c.p.c., quanto in quella di più ampia portata prefigurata nel novellato art. 153, comma 2, c.p.c., presuppone la tempestività dell'iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, da intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un'attività processuale ormai preclusa. La mancata presentazione tempestiva (ma soltanto quando oramai privo di potestas iudicandi) dell'istanza di rimessione al giudice davanti al quale è stato omesso l'adempimento (di notificazione alla controparte del ricorso e del decreto di fissazione di una nuova udienza di discussione) esclude la configurabilità di alcuna violazione di legge nel provvedimento impugnato, che la Corte territoriale ha correttamente emesso nella sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 348 c.p.c., in assenza appunto di detta istanza».

Il secondo profilo riguarda l'imputabilità della decadenza nel frattempo maturata, rispetto alla ammissibilità della rimessione in termini, e in proposito deve richiamarsi Sez. 3, Ordinanza n. 17729 del 06/07/2018, secondo cui «La rimessione in termini, sia nella norma dettata dall'art. 184-bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell'art. 153, secondo comma, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà. (Nella specie, la S.C. ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata, poiché la rimessione in termini accordata sulla "ragionevole" possibilità che gli uffici di cancelleria siano stati trovati chiusi nel sabato antecedente la Pasqua non è risultata provata e la scelta discrezionale di depositare l'atto l'ultimo giorno utile imponeva di informarsi degli orari e di regolarsi di conseguenza)».

Il terzo punto, più propriamente inerente all'utilizzo della forma di costituzione telematica ovvero cartacea, nell'ambito della opposizione avverso la decisione sommaria nel rito “Fornero”, può essere riassunto con il richiamo a Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 09/05/2019) 21-08-2019, n. 21557 (conforme Cass. n. 2930 del 2019), secondo cui «Nel rito cd. Fornero, il giudizio di primo grado, pur unitario, si articola in due fasi procedimentali e l'introduzione della fase di opposizione richiede un'autonoma costituzione delle parti, come è dimostrato dal fatto che la L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 51 e 53, preveda a loro carico gli stessi incombenti che caratterizzano l'introduzione del giudizio nel rito del lavoro; ne consegue che il ricorso in opposizione può essere depositato in forma cartacea, non ricorrendo i presupposti per l'applicazione del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis (conv., con modif., in L. n. 221 del 2012), secondo cui il deposito degli atti processuali delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche».

Osservazioni

Il tema affrontato dalla decisione in commento permette di fare il punto sulle conseguenze del mancato perfezionamento della costituzione effettuata in via telematica, e sulla ammissibilità, in tali frangenti, della rimessione in termini.

Se da un lato non vi è dubbio che il rimedio ben possa trovare applicazione nell'ambito degli adempimenti telematici, quando per causa non imputabile alla parte sia maturata una ipotesi di decadenza, dall'altro lato è altrettanto necessario che l'attivazione della parte interessata sia tempestiva (Sez. 2, Sentenza n. 4841 del 26/03/2012), secondo cui «La rimessione in termini prevista dall'art. 153, comma 2, cod. proc. civ. (ovvero, in precedenza, dall'art. 184 bis dello stesso codice) deve essere domandata dalla parte interessata senza ritardo e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell'atto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'istanza di fissazione di un nuovo termine per la rinnovazione di una notificazione non andata a buon fine, proposta a distanza di un anno e mezzo dall'infruttuoso tentativo della prima notifica)»).
In altre parole deve esservi stretta relazione temporale tra consapevolezza della intervenuta decadenza, a causa in questo caso del mancato perfezionamento dell'adempimento compiuto, e conseguente attivazione finalizzata a compiere in altro modo l'atto processuale. Sul punto giova segnalare come seppure la dottrina avesse evidenziato la necessità di prevedere un termine perentorio entro il quale far valere la richiesta di rimessione in termini (in ipotesi decorrente dal giorno di cessazione dell'evento incolpevole impeditivo del tempestivo esercizio del potere processuale, o per rimanere al caso in esame di conoscibilità del mancato perfezionamento dell'atto), la norma non contiene una tale previsione. E tuttavia il generale onere di attivazione gravante sulla parte, in presenza di un vizio della propria attività (vizio consistente non solo nell'irregolare compimento dell'attività, ma anche nella completa omissione dell'atto dovuto), in vista dell'ordinato svolgimento del processo, non potrebbe comunque legittimare istanze di rimessione in termini non immediate rispetto al termine scaduto, o comunque rispetto al momento di cessazione dell'impedimento.

Ma ciò non basta, perché al fine di valutare la ammissibilità della rimessione in termini, è anche necessario accertare la possibilità di compiere comunque l'atto (emblematico è il caso trattato da Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 21692 del 19/09/2017, secondo cui «In materia di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente costituitosi tardivamente non può invocare la rimessione in termini per causa non imputabile, ove la relativa istanza sia basata sul ritardo con cui l'ufficiale giudiziario ha consegnato l'originale della citazione con l'attestazione della intervenuta notificazione, dal momento che, ai fini della costituzione in giudizio, il perfezionamento della notificazione non è necessario e l'opponente può depositare in cancelleria anche un atto equipollente, costituito dalla semplice copia (cd. velina) della citazione»). E d'altra parte non sarebbe rilevante, al fine di escludere l'imputabilità del ritardo alla parte, la derivazione dello stesso dall'attività di soggetti terzi, quali l'Ufficiale Giudiziario (come nel caso trattato da Sez. 3, Sentenza n. 9090 del 05/07/2001, secondo cui «Il termine assegnato alla parte, a norma dell'art. 331 cod. proc. civ., per l'integrazione del contraddittorio ha natura perentoria ed il giudice non ha il potere di prorogarlo, ne' prima ne' dopo la sua scadenza, neppure su accordo delle parti, sicché la sua inosservanza è causa di inammissibilità dell'impugnazione, rilevabile d'ufficio, a prescindere dalle ragioni che l'abbiano determinata, salvo che la parte interessata non dimostri la propria impossibilità all'osservanza del detto termine per fatto a lei non imputabile ne' per dolo, ne' per colpa. Non è legittimamente riconducibile a tale ipotesi scriminante il ritardo, da parte dell'Ufficiale giudiziario, nella riconsegna al notificante del plico contenente l'atto ricevuto in restituzione dall'ufficio postale e non consegnato al destinatario, ritardo che, pertanto, non è idoneo ad impedire la decadenza dall'impugnazione, ricadendo sulla parte notificante la negligenza dell'Ufficiale giudiziario, senza che sia consentita la rinnovazione della notificazione, a norma dell'art. 291 cod. proc. civ., vertendosi in un'ipotesi non di nullità, ma di inesistenza della notificazione stessa»).

Nel caso trattato dalla decisione in commento, il mancato perfezionamento del deposito dell'atto di opposizione, avverso la decisione sommaria resa in un procedimento soggetto al rito cd. “Fornero”, avrebbe potuto essere superato sia con il deposito cartaceo (che rappresenta nella specie una valida e rituale modalità alternativa di deposito, rispetto a quello telematico), e sia con la tempestiva proposizione della istanza di rimessione in termini, al fine di ottenere la possibilità di reiterare il deposito. I casi di mancato perfezionamento del deposito telematico, infatti, non impediscono, quando non imputabili alla parte, una richiesta di rimessione in termini.

CONCLUSIONI

La rimessione in termini risponde all'esigenza di garantire l'esercizio del diritto di azione, e più in generale del diritto di difesa, aventi rango costituzionale, in quelle situazioni nelle quali il mancato compimento dell'atto non sia imputabile alla parte. In altre parole si pone come strumento di garanzia rispetto ad eventi che abbiano impedito senza colpa l'effettuazione della condotta processuale dovuta. E ciò è tanto vero che si è sostenuto, in dottrina, che non si possa accordare tutela neppure al giudicato, quando esso derivi dalla violazione del principio del contraddittorio, avente valenza e rilievo costituzionale. E nello stesso senso si è ritenuto applicabile l'istituto, addirittura in assenza di istanza di parte, quando la decadenza sia divenuta attuale a seguito di un overruling (Sez. 2, Ordinanza interlocutoria n. 23836 del 21/12/2012, secondo cui "Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, non ha rilevanza preclusiva l'errore della parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, poi travolta da un mutamento interpretativo, sicché il ricorso non può essere dichiarato inammissibile o improcedibile per inosservanza di forme e termini il cui rispetto non era prescritto al momento dell'impugnazione, essendo stato imposto dall'"overruling". Il mezzo per ovviare all'errore oggettivamente scusabile è dato dalla rimessione in termini ex art. 184-bis cod. proc. civ. (applicabile "ratione temporis"), non ostando il difetto dell'istanza di parte, atteso che la causa non imputabile è conosciuta dalla Corte di cassazione, che, con la sua stessa giurisprudenza, ha dato indicazioni sul rito, "ex post" rivelatesi inattendibili. (Principio affermato circa il ricorso per cassazione proposto dal consulente tecnico dell'autorità giudiziaria penale nelle forme del rito penale anteriormente alla sentenza n. 19161 del 2009, con la quale le Sezioni Unite, innovando la giurisprudenza della S.C., hanno stabilito la natura civile del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso, pur se emesso in sede penale)") –in questa prospettiva, peraltro, pur sempre secondo un approccio rigoroso, di cui è stata espressione la decisione di Cass., Sez. U, Sentenza n. 4135 del 12/02/2019, secondo cui "L'affidamento qualificato in un consolidato indirizzo interpretativo di norme processuali, come tale meritevole di tutela con il "prospective overruling", è riconoscibile solo in presenza di stabili approdi interpretativi della S.C., eventualmente a Sezioni Unite, i quali soltanto assumono il valore di "communis opinio" tra gli operatori del diritto, se connotati dai caratteri di costanza e ripetizione, mentre la giurisprudenza di merito non può valere a giustificare il detto affidamento qualificato, atteso che alcune pronunce adottate in sede di merito non sono idonee ad integrare un diritto vivente".

Così inteso l'istituto, non può allora farsi a meno di rilevare come le concrete valutazioni da operare debbano necessariamente essere effettuate avendo cura di bilanciare le posizioni contrapposte delle parti e il principio del giusto processo. In altre parole la possibilità di ammettere il ritardato compimento di un atto non potrebbe in nessun caso legittimare una indiscriminata irrilevanza dei termini processuali, e delle preclusioni nel frattempo maturate; e d'altra parte una valutazione non rigorosa dei presupposti di fatto della operatività della rimessione in termini, finirebbe con il comprimere il diritto delle controparti, ad un ordinato svolgimento del processo, e priverebbe di rilievo lo stesso principio della ragionevole durata del processo. L'istituto in esame, pertanto, non è finalizzato a porre rimedio a negligenze della parte, bensì solo a fronteggiare decadenze non imputabili, rispetto alle quali peraltro alle controparti deve essere concessa la possibilità di compiere le attività conseguenti alla rimessione in termini.

Guida all'approfondimento
  • PROTO PISANI, La riforma del processo civile: ancora una legge a costo zero (note a prima lettura), in Foro Italiano, 2009, V, 225;
  • PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, V ed., Napoli, 2006, 224;
  • TARUFFO, Preclusioni (dir. proc. civ.), in Enciclopedia del Diritto, Milano [agg. I, 1997];
  • CAPONI, voce Rimessione in termini nel processo civile, in Digesto Civile, Torino, 2009;
  • LUISO, Processo di cognizione (primo grado), in Enciclopedia del Diritto, Milano [agg. II, 1998];
  • DE SANTIS, Rimessione in termini, in Il processo civile competitivo, Torino, 2010, 280;
  • BALENA, CAPONI, CHIZZINI, MENCHINI, La riforma della giustizia civile, Commento alle disposizioni della Legge sul processo civile n. 69/2009, Torino, 2009, 54;
  • CAPASSO, Di overrulings invocati a sproposito e di effetti collaterali del mai debellato sindacato diffuso di costituzionalità, in Foro Italiano, 2019 , 5, I, 1639;
  • SPAGNOLETTI, Rimessione in termini (PCT), nel portale ilprocessotelematico.

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