Sollevata la questione di legittimità dell'art. 3 d.l. n. 28/2020 ove limita il ricorso al processo da remoto
23 Giugno 2020
Il Tribunale di Spoleto ha rimesso la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. d), del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 28, nella parte in cui ha stabilito, in contrasto con la legge di conversione del d.l. n. 18 del 2020, che la modalità ordinaria di partecipazione all'udienza penale sia quella '‘in presenza”.
Per una migliore comprensione della questione, occorre ricordare che il decreto-legge n. 28 del 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile scorso ed entrato in vigore il giorno successivo ha limitato in misura rilevante lo spazio assegnato al cd. processo da remoto. È stato infatti modificato l'art. 83, comma 12-bis del d.l. n. 18 del 2020, stabilendo che non si possa procedere allo svolgimento delle udienze da remoto, “salvo che le parti vi acconsentano”, per le udienze di discussione finale in pubblica udienza o in camera di consiglio o per quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti. Secondo questa norma, pertanto, il giudice, per dare corso allo svolgimento delle udienze con modalità da remoto, deve far comunicare, prima dell'udienza e quindi in tempo sufficientemente utile, ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione, giorno, ora e modalità del collegamento. In quel momento, antecedente all'udienza, che le parti possono esprimere il loro dissenso alle modalità “a distanza”, impedendo che si dia corso all'udienza da remoto. In questo modo, la possibilità di procedere da remoto sarebbe irrimediabilmente compressa. |