Clausole immediatamente escludenti e conseguente annullamento del bando

23 Giugno 2020

Nell'ipotesi in cui il bando presenti clausole immediatamente escludenti e in seguito venga annullato l'impresa, oltre ad impugnare dette clausole, può richiedere anche un risarcimento del danno?

Nell'ipotesi in cui il bando presenti clausole immediatamente escludenti e in seguito venga annullato l'impresa, oltre ad impugnare dette clausole, può richiedere anche un risarcimento del danno?

Posto che le clausole escludenti, cioè quelle aventi un effetto immediatamente impeditivo della partecipazione, non sono esclusivamente quelle afferenti ai requisiti soggettivi (correlate, cioè, alla richiesta del possesso di determinati requisiti di partecipazione), e che quindi possono darsi casi nei quali tale effetto si realizzi attraverso la configurazione di caratteristiche oggettive, attinenti alla formulazione dell'offerta, sia sul piano tecnico sia economico, realizzanti un effetto egualmente impeditivo (Consiglio di Stato, III, cit., n. 491/2015); l'operatore economico può e deve reagire immediatamente contro l'illegittima formulazione del bando che contenga clausole che si connotino come immediatamente escludenti nel senso sopra descritto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 491/2015;Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5113/2016). In tali ipotesi, pertanto, la legittimazione del soggetto che contrasta immediatamente il bando di gara – in relazione alle sue clausole “escludenti” – pur senza partecipare al procedimento, ha una giustificazione logica evidente, direttamente collegata alla affermazione giurisprudenziale dell'onere di sollecita impugnazione di tale atto lesivo.

L'esito del giudizio, con il quale vengono annullate le clausole ritenute immediatamente esclusive, non rende configurabile un danno risarcibile per equivalente, in quanto all'annullamento del provvedimento amministrativo consegue la ripetizione della attività amministrativa, e quindi il ripristino della chance del concorrente (T.A.R. Basilicata, Sez. I, 6 febbraio 2018, n. 108; nello stesso senso Consiglio di Stato, Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 854).

L'indirizzo dominante nella giurisprudenza del Consiglio di Stato rifiuta la possibilità di risarcire il danno ogni qual volta non sia riconoscibile con certezza la spettanza del bene della vita finale e per questa via si esclude il danno da annullamento del provvedimento amministrativo per vizi puramente formali che consentono ovvero impongono il riesercizio del potere (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3520; sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3255); e si mantiene un atteggiamento rigoroso, sotto il profilo causale e statistico, circa i presupposti per il riconoscimento del danno da perdita di chance specie per le gare di appalto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 762). La giurisprudenza, invero, tende a far prevalere al principio di economicità, che imporrebbe la prosecuzione della gara con riformulazione delle clausole ritenute illegittime dal Giudice, il principio di tutela della concorrenza che, al contrario, impone l'annullamento dell'intera procedura e la sua riedizione ex novo, ciò in quanto la modificazione della/e clausola/e del bando è in grado di influenzare la valutazione dei concorrenti sull'appalto.

Infine, qualora l'operatore abbia partecipato alla procedura, poi riedita a causa dell'annullamento del bando per clausole immediatamente escludenti, questi potrà chiedere i danni corrispondenti alle spese di partecipazione alla gara che, anche ove fossero per ipotesi ritenute rimborsabili in relazione ad una domanda concretamente articolata devono altresì essere documentate dettagliatamente (cfr. Tar Lazio, III ter, sentenza 22 dicembre 2015, n. 14451).