Regolamento di confini (Azione di)

Alberto Celeste
08 Marzo 2024

L'incertezza, che deve essere rimossa all'esito dell'azione di regolamento di confini, può derivare o dalla mancanza assoluta di un qualsiasi limite tra i fondi, o dalla difformità tra il confine apparente e quello legale. L'azione ex art. 950 c.c. registra come legittimati ad agire ed a resistere i titolari dei diritti reali sui fondi confinanti relativamente ai quali si pretende di stabilire l'esatta demarcazione del confine, a meno che il contraddittorio debba essere esteso, dal lato passivo, qualora il regolamento di confini tenda alla modificazione dello stato di fatto preesistente. L'eventuale richiesta di restituzione di una porzione di terreno a confine si pone come mero corollario dell'invocato accertamento, ma talvolta l'azione, specie alla luce della linea difensiva del convenuto, può trasformarsi in azione di rivendicazione. La peculiare natura dell'azione ha conseguenze che si riflettono sull'onere della prova a carico delle parti e sui poteri istruttori in capo al giudice.

Inquadramento

L'art. 950 c.c. così disciplina l'azione di regolamento di confini: “1. Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. 2. Ogni mezzo di prova è ammesso. 3. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali”.

Nell'azione di regolamento di confini - classica azione reale che affonda le sue radici nella tradizione romanistica (da cui deriva anche il nome, actio finium regundorum) - si presuppone l'incertezza del confine tra due fondi appartenenti a soggetti privati, poiché i rispettivi titoli di proprietà delle parti non sono contestati, ma ciò è incerto, e che l'azione in oggetto tende ad accertare, è l'estensione delle proprietà contigue e, quindi, il confine.

L'azione de qua, tesa ad individuare l'esatto tracciato della linea confinaria,può essere utilizzata da ciascuno dei proprietari che abbia interesse ad eliminare, tramite l'autorità giudiziaria, una situazione di incertezza sul confine con il fondo limitrofo allo scopo di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 5 luglio 2006, n. 15304).

L'incertezza, che deve essere rimossa all'esito dell'azione di regolamento di confini, può derivare o dalla mancanza assoluta di un qualsiasi limite tra i fondi, ossia da una situazione di possesso promiscuo della zona confinaria (che comporta un'effettiva confusione della zona di confine), oppure dalla difformità tra il confine apparente e quello legale, difformità verificatasi da fattori naturali (di cui si invoca la rettificazione) o per effetto della condotta del convenuto il quale, eventualmente dopo aver modificato o rimosso la delimitazione esistente, possiede in modo esclusivo la striscia di terreno in contestazione; in pratica, il confine esiste ed è ben delineato, perché individuato da segni esteriori o dal possesso esclusivo entro e non oltre una determinata linea ideale, ma uno di proprietari sostiene che detto confine non è quello vero per intervenuta usurpazione in danno del suo fondo e chiede l'accertamento dell'esatto tracciato.

In queste ipotesi di assenza di una demarcazione visibile tra i fondi e di inidoneità della stessa a separarli in modo definitivo, si parla, rispettivamente, di incertezza oggettiva e soggettiva (Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2018, n. 10066; Cass. civ., sez. II, 8 agosto 2003, n. 11942; Cass. civ., sez. II, 1 dicembre 2000, n. 15386).

Si richiede, comunque, come elemento indispensabile di tale azione, la contiguità dei beni rispetto ai quali si pone la questione del regolamento di confini, tanto che è stato ritenuto (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 1981, n. 6186) privo di legittimazione passiva il convenuto il quale sia proprietario di un fondo non contiguo a quello dell'attore.

L'azione de qua, reale e petitoria, essendo posta a tutela del diritto di proprietà, è, pur nel silenzio dell'art. 950 c.c. - che nulla dice in proposito - imprescrittibile, a meno che non sia provata l'usucapione (Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 2008, n. 5134); in pratica, proposta tempestivamente l'eccezione di prescrizione acquisitiva e dimostrato il possesso della zona in contesa per il tempo richiesto dalla legge, cessa la situazione di incertezza nell'estensione della proprietà ed il confine può ritenersi definitivamente fissato.

La legittimazione attiva e passiva

Legittimati ad agire ed a resistere nell'azione di regolamento di confini sono, innanzitutto, i titolari dei diritti reali sui fondi confinanti relativamente ai quali si pretende di stabilire l'esatta demarcazione del confine; e ciò anche nel caso in cui, per tale demarcazione, sia necessario l'esame di titoli di acquisto di soggetti diversi dai contendenti, giacché nessun altro soggetto, al di fuori dei titolari dei fondi il cui confine deve essere regolato, rimane o può rimanere coinvolto nel giudicato che determina tra costoro il confine (Cass. civ., sez. II, 10 ottobre 2007, n. 21245; Cass. civ., sez. II, 18 luglio 1991, n. 8003; Cass. civ., sez. II, 12 giugno 1987, n. 5146; Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 1979, n. 6333).

Il proprietario di un fondo che sia confinante con una pluralità di fondi può esperire l'azione de qua, al limitato scopo di risolvere l'incertezza della linea di demarcazione, con uno solo di detti fondi confinanti e non di altri - verso cui o non c'è incertezza, o è stata già risolta, oppure si tende ad eliminarla altrimenti - senza che sia necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi (Cass. civ., sez. II, 7 aprile 1986, n. 2401; Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1978, n. 1351).

Invero, può accadere che il suddetto proprietario abbia interesse ex art. 100 c.p.c. a rendere certo il confine del proprio fondo unicamente nei confronti di uno o più proprietari confinanti, e limiti l'esercizio dell'azione di cui all'art. 950 c.c. entro l'àmbito soggettivo del processo che intende instaurare; in tal caso - secondo Cass. civ., sez. II, 18 marzo 1975, n. 1049 - intende ottenere una sentenza che, una volta passata in giudicato, faccia stato soltanto, ma utilmente, “tra le parti, i loro eredi o aventi causa”, ai sensi dell'art. 2909 c.c., senza con ciò coinvolgere né pregiudicare coloro che, se pur legittimati, ma non necessariamente, a contraddire o ad intervenire nel processo (artt. 103, 105 e 107 c.p.c.), non vi abbiano partecipato.

Ciascun comproprietario dei fondi contigui è legittimato attivamente e passivamente all'esercizio dell'azione, nel senso che ciascuna delle parti è, al tempo stesso, attore e convenuto.

Al riguardo, i giudici di legittimità (Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2002, n. 12558; Cass. civ., sez. II, 30 luglio 1982, n. 4366) hanno affermato che, nell'azione ex art. 950 c.c., non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario ove il fondo, i cui confini debbono essere delimitati, appartiene a più proprietari, essendo ciascun condomino legittimato attivamente e passivamente all'esercizio di tali azioni, come di tutte le altre a tutela della proprietà della cosa comune, senza bisogno dell'intervento in giudizio degli altri condomini, in ragione della natura dichiarativa della sentenza che occorre pronunciare.

Parimenti, non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nel caso in cui alla domanda di regolamento di confini si accompagni la richiesta, di uno - o di alcuni - soltanto dei comproprietari di uno dei fondi confinanti, di rilascio o di riduzione in pristino della zona che si ritiene usurpata in conseguenza dell'incertezza oggettiva o soggettiva dei confini, sempre che, però, tale domanda sia stata proposta nei confronti dell'unico proprietario dell'altro fondo.

Tuttavia, quando alla domanda di regolamento di confini, che è strutturalmente diretta ad ottenere una sentenza dichiarativa, si accompagni la richiesta di rilascio e/o riduzione in pristino della zona che si ritiene usurpata in conseguenza dell'incertezza oggettiva o soggettiva dei confini, ferma restando la non necessità del litisconsorzio dal lato attivo, dal lato passivo il contraddittorio deve essere esteso, ed eventualmente integrato, nei confronti di tutti coloro che, sulla zona in questione o sulle opere su di essa insistenti, vantino diritti reali, stante l'inscindibilità e l'indivisibilità dell'obbligazione dedotta in giudizio (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2000, n. 8689; Cass. civ., sez. II, 27 settembre 1997, n. 9510; Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 1995, n. 1462; Cass. civ., sez. II, 24 marzo 1978, n. 1439

In buona sostanza, in quest'ultima ipotesi, l'azione tende alla costituzione o al mutamento di un rapporto plurisoggettivo unico con modificazione dello stato di fatto preesistente, sicché, senza la partecipazione al processo di tutti i titolari del rapporto, l'emananda sentenza non ha alcuna utilità pratica; la necessità del litisconsorzio dal lato passivo si giustifica, pertanto, perché non si tratta solo di accertare i confini delle proprietà, ma di incidere su una situazione inscindibilmente comune, di cui tutti i comproprietari sono titolari, per cui è impossibile limitare gli effetti della decisione alla quota di uno o dell'altro.

Le connessioni con l'azione di rivendicazione

Com'è noto, con l'azione di rivendicazione ex art. 948 c.c., l'attore, sull'assunto di essere proprietario della cosa e di non averne il possesso agisce contro il possessore o il detentore per ottenere il riconoscimento giudiziale del suo diritto dominicale e per conseguire la restituzione della medesima cosa.

Dal canto suo, l'azione prevista dall'art. 950 c.c., avendo ad oggetto l'accertamento dell'effettiva estensione dei fondi limitrofi e non essendo in contestazione i rispettivi titoli di acquisto o il diritto di proprietà, tende sostanzialmente solo all'accertamento dell'esatta linea di demarcazione tra il proprio fondo e quello del convenuto, allegandone l'oggettiva incertezza o contestando che il confine di fatto corrisponda a quello indicato nei rispettivi titoli di acquisto.

La natura dell'azione di regolamento di confini non muta (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2009, n. 15954; Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 2006, n. 21686; Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2004 n. 9913) quando l'attore - e ciò accade assai di frequente nel caso di incertezza c.d. soggettiva del confine - chieda, insieme alla determinazione del confine, il rilascio di una zona determinata (o da determinarsi in corso di causa) di terreno di sua proprietà, compresa nel suo confine ed occupata indebitamente dal convenuto, essendo l'effetto recuperatorio una conseguenza dell'accertamento dello stesso confine: in pratica, l'eventuale richiesta di restituzione di una porzione di terreno a confine si pone come mero corollario dell'invocato accertamento.

Scopo principale ed essenziale dell'azione di regolamento di confini è, infatti, quello di stabilire la confinazione fra fondi limitrofi, mentre l'attribuzione di una parte di terreno adiacente al confine controverso è meramente consequenziale ed eventuale rispetto all'accertamento del confine, accertamento effettuato, se del caso, in base ai titoli di proprietà, ma ab estrinseco; quindi, fermo l'effetto traslativo ed attributivo di proprietà da essi comportato, ed incontroverse le indicazioni dei titoli stessi risultanti, questi vengono in considerazione unicamente, previa eventuale loro interpretazione, al fine di ricavarne l'identificazione o la descrizione dell'oggetto trasferito, per poter individuare questo fisicamente sul terreno in quelli che sono i suoi dati di riconoscimento materiali, ossia i confini.

La sentenza di accoglimento della domanda di cui all'art. 950 c.c. ha, infatti, natura essenzialmente ricognitiva e dichiarativa, mentre l'effetto restitutorio della porzione di terreno eventualmente posseduta in modo abusivo dal convenuto non è automatico; ne consegue che la suddetta richiesta di rilascio non è incompatibile con la proposizione predetta, ma appare preferibile che debba conseguire ad un'apposita domanda dell'attore (Cass. civ., sez. II, 15 gennaio 1997, n. 344).

A ben vedere, nel caso di incertezza c.d. soggettiva del confine, può apparire difficile individuare il discrimen tra l'azione di regolamento di confini e quella di rivendicazione, restando inteso che la verifica dei caratteri differenziali tra tali azioni va sempre effettuata avendo riguardo alla natura della domanda proposta dall'attore e non già nell'esito della lite (il cui apprezzamento, se non inficiato da errore di diritto, è incensurabile in sede di legittimità): si ha, pertanto, revindica quando la contestazione tra le parti ha per oggetto i rispettivi titoli di proprietà - di solito, determinato dal convenuto che nega la proprietà dell'attore contrapponendo al titolo da lui vantato il suo possesso della cosa (possideo quia possideo) o un proprio diverso ed incompatibile titolo di acquisto - mentre si ha regolamento di confini quando il contrasto tra le parti riguarda semplicemente gli immobili e la loro estensione (Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2000, n. 15507; Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2000, n. 15013; Cass. civ., sez. II, 23 maggio 2000, n. 6681; Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 1998, n. 1204; Cass. civ., sez. II, 11 marzo 1995, n. 2857).

Quindi, la differenza tra le due azioni va rinvenuta nel conflitto tra titoli e tra fondi, nel secondo caso per l'incertezza dei confini, che può articolarsi in oggettiva, se deriva dalla promiscuità del possesso della zona confinaria, o soggettiva, se provocata dall'assunto di uno dei confinanti o della non corrispondenza del confine apparente con quello reale, o, detto in altri termini, qualora manchi una demarcazione visibile, o perché questa, pur esistendo, è inidonea a separare i fondi in modo certo e definitivo, anche se non vi è in atto il possesso promiscuo della zona intermedia.

Peraltro, qualora, incontestati i titoli di proprietà, ciascuno dei contendenti assuma che l'estensione posseduta non corrisponde a quella risultante dal suo titolo, il conflitto tra fondi si risolve in conflitto tra titoli, limitatamente alla questione dell'estensione e senza che l'azione di regolamento di confini si trasformi in revindica, se l'estensione di ognuno dei fondi, come indicata nel titolo ad esso relativo, sia incompatibile con quella dell'altro (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1984, n. 2212; Cass. civ., sez. II, 30 giugno 1982, n. 3935; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1981, n. 3427; Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1981, n. 2412); in tal caso, l'indagine del giudice del merito deve inevitabilmente riguardare, in relazione alle deduzioni difensive delle parti, anche la validità ed efficacia del titolo nel punto concernente l'indicazione dell'estensione del fondo e, se necessario, coinvolgendo il titolo di acquisto dei danti causa immediati o remoti delle parti stesse.

In quest'ottica, la domanda con cui si chieda la condanna del vicino all'arretramento dei confini va qualificata non come revindica ma come regolamento di confini qualora la causa petendi dell'azione riveli che la tutela invocata postula unicamente l'identificazione dei limitrofi immobili, ossia l'eliminazione di ogni incertezza circa la loro estensione, non essendo in discussione la proprietà dei contigui fondi.

Di contro, si esercita l'azione di rivendicazione allorché, deducendosi l'insussistenza, a favore del vicino, di alcun titolo di proprietà su una zona di terreno, esattamente indicata ma di fatto arbitrariamente ricompresa nel suo fondo, si chieda, mediante la determinazione di confini a sé più favorevoli, in realtà, l'affermazione del proprio diritto di proprietà su tale zona e la consegna di questa nel proprio possesso; parimenti, deve qualificarsi come revindica, e non regolamento di confini, la domanda riconvenzionale con la quale il convenuto in un giudizio promosso ex art. 951 c.c., denunciando l'avvenuta usurpazione a suo danno di una determinata zona di terreno posseduta dall'attore, chieda l'affermazione del proprio diritto di proprietà su detta zona, attraverso un corrispondente spostamento dei termini, sicché tale domanda è insuscettibile di accoglimento ove non sia assolto l'onere probatorio secondo la norma dell'art. 948 c.c. (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 1981, n. 1814).

In altre parole, nell'azione di regolamento di confini, i titoli non sono controversi e l'oggetto della domanda è solo ed esclusivamente l'eliminazione di un'incertezza circa il confine e, quindi, la corrispondenza tra l'estensione dei fondi quale effettivamente rilevata in fatto e quale designata dai titoli stessi; di conseguenza, lo stesso accertamento della proprietà su una parte di terreno in contestazione con il correlativo effetto recuperatorio, essendo consequenziale soltanto all'eliminazione di uno stato di incertezza sul confine, non trasforma l'azione di regolamento dei confini in azione di rivendicazione.

Si può, dunque, convenire che, tra l'azione di regolamento di confini e la revindica, non sussiste incompatibilità concettuale, tanto che la prima viene configurata come una vindicatio incertae partis e può contenere, implicitamente o esplicitamente, la richiesta di restituzione della porzione di terreno che, in conseguenza dell'accertamento e della determinazione del confine tra i fondi, dovesse risultare indebitamente inclusa nel fondo del convenuto (Cass. civ., sez. II, 22 settembre 2000, n. 12573; Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 1996, n. 1446); in pratica, si è in presenza di un'azione di regolamento di confini, e non di una revindica, allorché la disputa verta unicamente sul quantum del possesso legittimato dal titolo, e non già sull'esistenza, validità ed efficacia del titolo attributivo del possesso stesso.

Gli oneri probatori a carico delle parti

La peculiare natura dell'azione di regolamento di confini - come sopra delineata - ha conseguenze che si riflettono sull'onere della prova a carico delle parti e sui poteri istruttori in capo al giudice.

Cominciando da quest'ultimo versante, si osserva che, in relazione alla finalità dell'azione ex art. 950 c.c., che è quella di imprimere certezza ad un confine (oggettivamente e/o soggettivamente) incerto tra due fondi, la legge riconosce al giudice poteri più ampi di quelli attribuitigli nelle altre controversie di accertamento della proprietà (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2001, n. 5899).

Tale peculiarità si esprime, da un lato, svincolando il giudice dall'osservanza del principio actore non probante reus absolvitur - secondo cui il giudice deve assolvere il convenuto se l'attore non provi il proprio assunto - atteso che l'onere di indicare gli elementi utili alla decisione grava su entrambe le parti (il carattere di vindicatio duplex incertae partis della suddetta azione è sottolineato, tra le tante, da Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2009, n. 5881; Cass. civ., sez. II, 28 novembre 1989, n. 5183; Cass. civ., sez. II, 13 ottobre 1982, n. 5286).

A ben vedere, l'azione di regolamento di confini non viene proposta a vantaggio di un fondo ed a danno dell'altro, bensì nell'interesse comune alla certezza dei confini: ciascuna delle parti ha lo stesso interesse alla definizione giudiziale del confine, sicché entrambi i proprietari confinanti, indipendentemente dal ruolo processuale, sono gravati in egual misura dall'onere di provare il proprio diritto (l'incertezza è ristretta ad un'alternativa, perché la zona contestata tra i due fondi è di proprietà di uno dei due confinanti o dell'altro).

In evidenza

Trattasi di azione c.d. duplice perché a ciascuna delle parti spetta l'onere di provare l'estensione del proprio immobile: ai fini dell'incidenza dell'onere probatorio, la posizione dell'attore e quella del convenuto sono sostanzialmente uguali, incombendo a ciascuno di essi allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'accertamento dell'esatta linea di confine.

Pertanto, il giudice non può arrestare la propria indagine all'esame dei titoli di una sola parte, ma deve prendere in considerazione anche quelli dell'altra e procedere all'esame dei luoghi per riscontrare la corrispondenza del confine a quello risultante dall'esame comparativo dei titoli, determinando, in caso di difformità, il confine sulla base dei titoli stessi; se, viceversa, questi ultimi non contengono elementi per la determinazione del confine, il giudice deve ricorrere ad altri mezzi di prova.

Chi agisce per regolamento di confini si trova, dunque, in una posizione più agevole rispetto all'azione di rivendicazione, poiché non deve fornire quella prova rigorosa del suo preteso diritto di proprietà, che l'art. 948 c.c. impone all'attore, relativamente ad un bene il quale è nel possesso della controparte, ricordando che, in quest'ultima ipotesi, qualora l'acquisto sia a titolo derivativo (come, ad esempio, in forza di una compravendita) non si ritiene sufficiente l'allegazione del proprio titolo di acquisto - in quanto il proprio dante causa potrebbe non essere stato il proprietario legittimo del bene - ma occorre fornire la prova diabolica non solo della bontà del proprio titolo, ma anche di quella di tutti i precedenti titolari dell'immobile in oggetto, sino a risalire ad un acquisto a titolo originario (o derivativo risalente ad un periodo di tempo idoneo all'usucapione).

Dall'altro lato, tale peculiarità dell'azione, differenziandosi dalle controversie di rivendicazione e di accertamento della proprietà, si esprime dando al giudice amplissima facoltà - “ogni mezzo di prova è ammesso” (art. 950, comma 2, c.c.) - di scegliere e valutare gli elementi ritenuti decisivi o di avvalersi di più elementi concordanti senza fissare alcun criterio di graduatoria tra gli stessi, a parte il carattere di sussidiarietà esplicitamente attribuito dalla legge alle mappe catastali, ai sensi dell'art. 950, comma 3, c.c., che opera come norma di chiusura (v., tra le tante, Cass. civ., sez. II, 11 giugno 1998, n. 5809; Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 1995, n. 739; Cass. civ., sez. II, 3 maggio 1993, n. 5115; Cass. civ., sez. II, 15 aprile 1987, n. 3731; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1986, n. 4427; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1983, n. 3614; Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 1983, n. 251; Cass. civ., sez. II, 17 aprile 1982, n. 2340; Cass. civ., sez. II, 24 agosto 1981, n. 4982; Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1967, n. 1102).

In pratica, occorre fornire, pur sempre, una prova del preteso diritto che sia valida e convincente e che riesca a vincere quella offerta dalla controparte: non venendo in contestazione i titoli di acquisto ed essendo l'azione volta a determinare, dal punto di vista quantitativo, l'estensione materiale e la configurazione di fondi contigui, rese confuse dall'incertezza sull'esatto tracciato della linea di demarcazione, la relativa prova può essere desunta da qualsiasi elemento, dovendo il giudice procedere in base ai dati più attendibili ed idonei alla formazione del suo convincimento.

Il che spiega come, in sede giudiziale, spesso l'attore in rivendicazione cerchi di “mascherare” la sua domanda in termini di azione di regolamento di confini, per bypassare il non agevole onere probatorio di cui sopra, e, dal canto suo, il convenuto tenti di inquadrare la domanda spiegata ex adverso come quella di cui all'art. 948 c.c., addossando alla controparte il più pesante onere probatorio (la qualificazione dell'azione da parte del giudice, comunque, è spesso decisiva in ordine all'esito dell'intera lite).

Ciò, tuttavia, non significa che il magistrato possa superare i limiti probatori fissati dal codice di rito, ammettendo, in ipotesi, prove atipiche o disponendo d'ufficio mezzi istruttori al di fuori di quelli tassativamente contemplati.

Si è affermato, sul punto, il principio secondo il quale il giudice - data la natura dell'azione di vindicatio duplex incertae partis, caratterizzata dall'onere di entrambe le parti di indicare gli elementi utili all'accertamento - è svincolato dalla regola actore non probante, reus absolvitur e, quindi, deve determinare il confine in base agli elementi probatori di qualsiasi specie ritenuti più attendibili, deve essere necessariamente coordinato con l'altro principio della disponibilità delle prove (art. 115 c.p.c.), che va inteso come vincolo del giudice nell'accertamento dei fatti all'iniziativa delle parti, sicché, ove queste non deducano le prove dirette a tale accertamento, non può egli provvedervi d'ufficio sostituendo la propria iniziativa a quella (mancata) degli interessati (Cass. civ., sez. II, 12 marzo 1997 n. 2204).

Al contempo, relativamente all'azione in esame, va tenuto presente che il principio dell'onere della prova - regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all'accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi - non implica anche che la dimostrazione del buon fondamento del diritto vantato dipenda unicamente dalle prove prodotte dal soggetto gravato dal relativo onere, e non possa, altresì, desumersi da quelle espletate, o comunque acquisite, ad istanza ed iniziativa della controparte; vige, infatti, nel nostro ordinamento processuale, in uno con quello dispositivo, il principio di acquisizione probatoria (Cass. civ., sez. II, 16 giugno 1998, n. 5980).

I contenuti della pronuncia del magistrato

Dalla peculiare natura dell'azione di regolamento di confini, configurata come vindicatio duplex incertae partis e caratterizzata dall'incombenza su entrambe le parti dell'onere di indicare gli elementi utili all'accertamento, consegue una sorta di obbligo di … pronuncia, nel senso che il giudice adìto è tenuto comunque a determinare la contestata demarcazione tra fondi contigui (Cass. civ., sez. II, 31 maggio 2006, n. 12891).

Anche in difetto di prove specifiche o di validi elementi emergenti dalle mappe catastali, il magistrato deve pur sempre adottare una soluzione che elimini lo stato di incertezza, ricorrendo ad ogni possibile dato presuntivo, e non può considerare soccombente chi ha assunto la veste di attore se risulta incapace di dare la prova: il legislatore vuole pervenire ad una situazione di certezza circa i limiti spaziali tra i due fondi, per cui, anche se l'attore non fornisce alcun elemento, il magistrato non può limitarsi a rigettare la domanda, dovendo in ogni caso indicare un confine certo.

Qualora entrambi i contendenti producano le mappe catastali, si può ipotizzare che il magistrato competente nomini un consulente tecnico d'ufficio, con tutti i limiti sopra menzionati in ordine all'esperibilità di tale mezzo istruttorio, tuttavia, non si può nascondere che se, in pratica, entrambi i contendenti rimangano effettivamente passivi, è estremamente difficile che il giudice possa decidere la lite senza una loro proficua cooperazione, (anche se una datata pronuncia consente il ricorso al criterio equitativo, v. Cass. civ., sez. II, 31 agosto 1966, n. 2297).

In ordine alle statuizioni contenute nella decisione di accoglimento della domanda di regolamento di confini, va, innanzitutto, evidenziato che la relativa sentenza, di regola, ha natura dichiarativa e non già costitutiva, poiché il giudice stabilisce, e quindi dichiara, qual è il confine, ma non immuta alla situazione oggettiva creando una situazione di fatto diversa da quella esistente.

In quanto tendente esclusivamente ad eliminare un'incertezza sulla demarcazione tra fondi, non ponendo in discussione i rispettivi diritti di proprietà, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, l'azione ex art. 950 c.c. non perde tale natura dichiarativa e ricognitiva neppure nel caso in cui l'eliminazione di quell'incertezza comporti l'obbligo del rilascio di una porzione immobiliare indebitamente usurpata.

Nello stesso ordine di concetti, poiché l'azione di regolamento di confini implicitamente comporta la richiesta di restituzione del dovuto, onde costituiscono pure e semplici inesattezze le indicazioni che l'attore abbia fatto sulla base della ignoranza dell'effettivo stato dei luoghi, non si ha ultrapetizione se il giudice, nel fissare il confine, assegni all'attore una zona di terreno non richiesta nell'ato introduttivo del giudizio.

Pertanto, non si esclude che la pronuncia sulla domanda di regolamento di confini, ove sia controversa l'appartenenza all'uno od all'altro dei proprietari dei fondi confinanti di una zona di terreno intermedia, già individuata, che risulti detenuta arbitrariamente da una delle parti, possa costituire un titolo idoneo ad ottenere il rilascio di tale zona, profilandosi questo come un mero corollario dell'azione esperita, in quanto intesa alla giudiziale precisazione delle conseguenze giuridiche dell'esatta determinazione della linea di confine (v., tra le tante, Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 1981, n. 5597) e, quindi, non come effetto di un'autonoma domanda di rivendicazione, cumulata in via di accessorietà condizionata a quella di regolamento di confini.

In quest'ottica, il capo della sentenza (costituente, nella specie, titolo esecutivo) che, dopo aver regolato il confine tra due fondi, condanna una delle parti al rilascio della zona di terreno illegittimamente posseduta, deve essere interpretato, per accertarne l'effettiva portata, in relazione al capo (essenziale) concernente la determinazione del vero confine (Cass. civ., sez. II, 2 settembre 1982, n. 4798).

Inoltre, l'azione di regolamento di confini potrebbe comportare la condanna al risarcimento dei danni della parte che, con il suo comportamento, si sia opposta effettivamente alla domanda, in contrasto con la sua affermazione di rimettersi esclusivamente all'accertamento del giudice.

A fortiori, nell'ipotesi di sottrazione di una striscia di terreno alla disposizione del proprietario confinante, accertata in sede giudiziaria, può configurarsi un danno in re ipsa, per il semplice fatto della perdita subita dal soggetto che, privato del possesso del bene, non ne ha potuto trarre l'utilità normalmente ricavabile in relazione alla natura fruttifera del bene stesso, essendo al contrario irrilevante il fatto che l'occupante abusivo abbia omesso di sfruttare con colture la suddetta porzione di terreno (Cass. civ., sez. II, 8 novembre 1985, n. 5459).

Qualora, poi, la actio finium regundorum abbia la connotazione di un'azione reale recuperatoria, da cui deriva, oltre la demarcazione del confine tra due fondi, anche il rilascio di aree occupate dal vicino che non ne è proprietario, nell'ipotesi in cui il fondo oggetto della pronuncia di rilascio adottato in accoglimento di tale domanda ha cessato di essere nella disponibilità del convenuto (qui dolo desiit possidere), è applicabile, per il carattere reale e recuperatorio comune a tale azione ed alla revindica, la norma di cui all'art. 948, comma 1, ultima ipotesi, c.c., che legittima la richiesta di pagamento del controvalore del bene usurpato (Cass.civ., sez. II, 27 ottobre 1987, n. 7911).

Infine, nel giudizio di regolamento di confini, si considera soccombente, al fine dell'attribuzione dell'onere delle spese processuali, la parte le cui pretese o inutili resistenze siano state disattese (Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 2006, n. 3082; Cass. civ., sez. II, 13 marzo 2001, n. 3642; Cass. civ., sez. II, 15 gennaio 1997, n. 344).

Casistica

CASISTICA


Domanda di arretramento nei confronti dell'amministratore del condominio

La domanda di arretramento di un edificio condominiale per violazione delle distanze legali deve esser proposta nei confronti di tutti i condomini, sì che, se invece è proposta soltanto nei confronti di alcuni di essi e dell'amministratore del condominio, unitamente alla richiesta di misure cautelari per il denunciato pericolo di distacchi del rivestimento del fabbricato, e nel corso del medesimo giudizio di primo grado, verificatisi questi ultimi, e ordinato ai convenuti di eliminare lo stato di pericolo, l'attore propone altresì domanda di risarcimento dei conseguenti danni, la nullità dichiarata dal giudice di appello, della sentenza non definitiva di condanna all'arretramento di parti comuni dell'edificio perché emessa a contraddittorio non integro, determina la nullità anche degli atti successivi di prosecuzione del giudizio sulla domanda risarcitoria, nullità che peraltro deriva anche dalla connessione di tale domanda alla richiesta di interventi urgenti implicanti opere di ristrutturazione e consolidamento del fabbricato non rientranti nell'ordinaria manutenzione di esso e quindi nelle attribuzioni sostanziali e processuali dell'amministratore del condominio, e perciò da proporre anch'essa nei confronti di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 18 marzo 1999, n. 2484).

Usurpazione da parte del vicino

Va qualificata come actio finium regundorum, e non revindica, l'azione proposta dal proprietario che, pur in presenza di un confine apparente, ne deduca l'incertezza per intervenuta usurpazione di una porzione del proprio terreno da parte del vicino, e chieda, per l'effetto, un accertamento giudiziale della superficie dei fondi confinanti senza porre in discussione i titoli di proprietà, dovendosi ritenere del tutto irrilevante, al riguardo, che l'accertamento della proprietà di una delle parti sulla porzione di fondo controversa comporti anche un (inevitabile) effetto recuperatorio della proprietà stessa quale mera conseguenza dell'esperimento della detta azione, la cui finalità è soltanto quella di eliminare l'incertezza e le contestazioni relative alla linea divisoria, prescindendo da ogni controversia sui titoli, come del tutto irrilevante risultano, altresì, tanto la proposizione di un'eccezione di usucapione proposta dalla parte convenuta (attesane l'inidoneità a trasformare, ex se, la controversia in tema di confini in azione di rivendicazione), quanto il rilievo che il preesistente confine non sia stato alterato da fattori esterni, quale l'opera dell'uomo, bensì da agenti naturali (non rinvenendosi alcuna ragione logico-giuridica per condizionare la disciplina normativa applicabile alla variabile natura delle cause dell'incertezza del confine materiale) (Cass. civ., sez. II, 20aprile 2001, n. 5889).

Garanzia per evizione

In tema di compravendita, la garanzia per evizione postula che, a seguito dell'esito vittorioso dell'azione di rivendicazione da parte di un terzo, il compratore, dopo la stipula del contratto, sia stato privato, in tutto o in parte, della proprietà del bene acquistato, sicché l'esperimento, ad opera di un terzo, dell'azione di regolamento di confini, non comportando la risoluzione di un contrasto sui titoli di proprietà ma solo sulla sua estensione, non consente di far valere la garanzia per evizione; in altri termini, l'obbligo del venditore di garantire al compratore il libero e pacifico possesso del bene vendutogli si concreta nella difesa del compratore dagli attacchi dei terzi, fondati su un vizio del diritto alienato, che determina la perdita totale o parziale della cosa da parte dell'acquirente o l'esercizio sul bene medesimo, da parte del terzo, di un diritto reale o di altro vincolo la cui esistenza non era stata dichiarata dall'alienante e che l'acquirente ignorava; il rimedio dell'evizione è, quindi, concesso contro l'eventualità che l'acquirente non riesca a conservare la proprietà del bene vendutogli (o di parte di esso) o veda diminuire il libero godimento del bene, mentre allorché non sorga discussione sul diritto di proprietà dell'acquirente perchè il terzo, intentando l'azione di cui all'art. 950 c.c., chiede che si adegui la situazione di fatto a quella di diritto, non può aversi evizione giacchè, a seguito dell'esatta determinazione del confine, il compratore non viene privato dal terzo di alcuna parte del bene acquistato, né vede limitato il suo diritto (Cass. civ., sez. II, 26 aprile 2005, n. 8574).

Eccezione di usucapione da parte del convenuto

Nell'azione di regolamento di confini, diversamente dall'azione di rivendicazione, non vi è controversia sui titoli di proprietà e la contestazione attiene all'estensione dei rispettivi fondi confinanti (conflitto tra fondi) a causa dell'incertezza della linea di confine tra l'uno e l'altro; né la proposizione da parte del convenuto dell'eccezione di usucapione vale a snaturare l'azione di regolamento di confini proposta dall'attore in quanto con detta eccezione si fa valere una situazione sopravvenuta, atta ad eliminare l'incertezza sul confine, senza mettere in discussione il titolo di acquisto vantato ex adverso; né, infine, la natura dell'azione può mutare per il fatto che l'attore chieda il rilascio di una zona determinata del terreno asseritamente rientrante nel confine del proprio fondo, essendo il rilascio di tali porzioni conseguenza dell'istanza principale di esatta determinazione del confine (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2001, n. 5899).

Guida all'approfondimento

Petrucci, L'azione di regolamento dei confini in caso di fondi contigui al vaglio della giurisprudenza di legittimità, in Dir. agr., 2018, 73

Aventaggiato, Azione di regolamento di confini: il terzo titolare di servitù è litisconsorte necessario?, in Nuova proc. civ., 2014, fasc. 3, 130

Maganzani, Rivendica e regolamento di confini: una distinzione problematica, in Riv. dir. civ., 2009, II, 475

Musolino, L'azione di regolamento di confini, in Riv. notar., 2008, 1070

Nicolini, Regolamento di confini e rivendica, in Immob. & diritto, 2008, fasc. 5, 88

Ferreri, Le azioni petitorie minori: negatoria e regolamento di confini, in Riv. dir. civ., 2005, II, 27

Olla, Appunti in tema di regime delle spese processuali nell'azione di regolamento di confini, in Riv. giur. sarda, 1987, 431

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