Per iscrivere l’ipoteca giudiziale a garanzia dell’assegno divorzile basta la sentenza

Katia Mascia
29 Giugno 2020

L'ex coniuge ha diritto di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili dell'obbligato e la legittimità di tale garanzia non risulta vincolata alla sussistenza di ulteriori presupposti, se non quello di emissione della sentenza che ha riconosciuto, in suo favore, un assegno divorzile al quale deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa.

Sul tema la Corte d'Appello di Milano con la sentenza n. 1154/20, depositata il 18 maggio.

Un uomo conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la sua ex moglie, chiedendo che venisse accertata e dichiarata l'inesistenza di suoi debiti pregressi nei confronti della stessa e, quindi, dei presupposti tali da giustificare la permanenza a proprio carico dell'iscrizione di ipoteca giudiziale, sul 50% dell'immobile di sua proprietà, a garanzia dei futuri versamenti dell'assegno divorzile, nonchè l'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria, con condanna dell'ex moglie al risarcimento dei danni, anche ai sensi dell'art. 96, commi 1 e 2, c.p.c..
Si costituiva in giudizio la donna, chiedendo il rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale ordinava la cancellazione dell'ipoteca giudiziale, dichiarandola illegittima, a fronte della mancanza di idonei presupposti e della non equità e sproporzione operata nella quantificazione della stessa. Per il giudice la signora aveva posto in essere una forma di abuso del diritto processuale e la condannava per responsabilità aggravata, ex art. 96, comma 2, c.p.c..
La donna impugnava la sentenza dinanzi alla Corte di Appello di Milano. L'ex marito si costituiva in giudizio, chiedendo la conferma integrale della sentenza di primo grado.

L'ipoteca giudiziale, diritto reale di garanzia, è un istituto posto a tutela del diritto del creditore ad essere pienamente soddisfatto, tutelandolo da un eventuale inadempimento del debitore. Ogni volta che venga emesso, in favore del creditore, un provvedimento giudiziale che condanna al pagamento di una somma di denaro o all'adempimento di altra obbligazione, questi può procedere all'iscrizione della garanzia.
Con specifico riguardo ai procedimenti di separazione e divorzio, la facoltà di iscrivere ipoteca giudiziale è contemplata, rispettivamente, nell'art. 156, comma 5, c.c., e nell'art. 8, comma 2, l. div. Si è poi stabilito, in ambito di negoziazione assistita, che costituisce titolo esecutivo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale anche l'accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono.
Intento del legislatore è tutelare il coniuge al quale non sia addebitata la separazione o che sia beneficiario di assegno divorzile. In considerazione di possibili atti di disposizione dell'obbligato, non preventivabili e pregiudizievoli delle ragioni creditorie, il credito vantato dal coniuge deve essere tutelabile sin dal momento della sua insorgenza in forza di provvedimento del giudice. L'ipoteca giudiziale risulta essere un adeguato strumento di garanzia preventiva, attivabile unicamente e immediatamente all'emissione di un provvedimento giudiziale, di cui all'art. 2818 c.c., senza necessità di ulteriori requisiti.
La Corte, infatti, ritiene non necessaria la sussistenza del presupposto del periculum di inadempimento dell'ex coniuge obbligato all'assegno. Il debitore, dal suo canto, se si ritiene vittima di un abuso dello strumento di garanzia da parte del creditore – reputando esistente una sproporzione tra il credito e il valore del bene ipotecato - potrebbe chiedere ed ottenere la riduzione dell'ipoteca iscritta, riequilibrando le posizioni. Così però non è avvenuto nella fattispecie in esame, avendo l'uomo chiesto semplicemente la cancellazione della stessa.
La Corte, inoltre, non ritiene configurabile, in capo alla donna – che ha agito in forza di provvedimento divorzile che le riconosce l'assegno-, né una responsabilità, ex art. 96, comma 2, c.p.c., né ex comma 1, non ritenendo sussistente in capo alla stessa un profilo di colpa per aver reagito all'azione ex adverso avanzata.
La Corte milanese accoglie dunque l'appello, riforma integralmente la sentenza di prime cure e condanna l'appellato alla rifusione delle spese processuali del primo e del secondo grado in favore dell'appellante.