Il principio di equivalenza nella valorizzazione delle offerte tecniche

01 Luglio 2020

Il principio di equivalenza opera nella valutazione dei requisiti tecnici premiali, garantendo, attraverso un giudizio di conformità sostanziale dell'offerta alle caratteristiche tecniche richieste dalla stazione appaltante, una tutela della parità di trattamento tra i partecipanti alla gara. Tale giudizio presuppone la previsione di uno standard tecnico normativo, dovendosi conseguentemente escludere la possibilità in capo all'operatore di provare l'equivalenza rispetto a grandezze comuni le quali, piuttosto che individuare specifiche tecniche del prodotto, ne definiscono la tipologia, limitandosi a delineare l'oggetto dell'affidamento.

Il caso. La seconda classificata nella procedura di gara indetta, dalla Azienda Sanitaria dell'Alto Adige, per la fornitura quinquennale di reattivi diagnostici con noleggio di apparecchiatura totalmente automatizzata al settore diagnostica delle proteine, impugnava il provvedimento di aggiudicazione, lamentando, sotto diversi profili, le valutazioni espresse dalla Commissione di gara. In particolare, la ricorrente contestava l'omessa attribuzione, con riferimento ad uno specifico criterio di aggiudicazione, del punteggio massimo alla propria offerta tecnica, sebbene la stessa fosse equivalente a quella dell'aggiudicataria, alla quale, invece, era stato attribuito. Infatti, asseriva che il prodotto concretamente offerto, pur non rispettando formalmente lo standard tecnico-normativo richiamato dalla documentazione di gara per quel requisito premiale, era comunque idoneo a soddisfare sostanzialmente l'esigenza tecnica richiesta dalla stazione appaltante. Invocava, quindi, l'applicabilità del principio di equivalenza. A seguito del rigetto del ricorso da parte del TAR, la ricorrente in primo grado proponeva appello. Tra i vari motivi di doglianza, lamentava l'erroneità della pronuncia del giudice di prime cure nella parte in cui, non facendo applicazione del principio di equivalenza, aveva ritenuto corretta la sopra citata mancata attribuzione del punteggio massimo alla sua offerta tecnica.

La soluzione giuridica. Nel rigettare l'appello, il Collegio ha preliminarmente evidenziato che il principio di equivalenza, immanente alla disciplina degli appalti pubblici, può essere invocato anche a garanzia della parità di trattamento tra gli operatori economici. Il medesimo, infatti, consente di evitare irragionevoli disparità di trattamento nella valorizzazione delle offerte tecniche e, in particolare, nell'applicazione dei criteri per la selezione dell'offerta economicamente più vantaggiosa. A tal proposito, però, il Collegio ha precisato che l'operatività di tale principio, seppure secondo un approccio sostanziale, impone un giudizio di conformità dei prodotti, offerti nell'ambito di una procedura di gara, ad un dato standard tecnico-normativo, che deve essere prescritto dalla stazione appaltante. Non può, dunque, essere invocato come parametro di giudizio nei casi in cui, nella documentazione di gara, si faccia riferimento a caratteristiche del prodotto descritte attraverso mere grandezze comuni. Le medesime, infatti, non sono idonee ad individuare specifiche tecniche del prodotto. Ne definiscono, tuttalpiù, la tipologia richiesta inderogabilmente dalla stazione appaltante (requisito minimo) o comunque proponibile dall'offerente per il miglioramento qualitativo della propria offerta (requisito premiale, valorizzabile nell'assegnazione del punteggio tecnico in caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa).

Nel caso in esame, dunque, il Collegio ha statuito che la società appellante non poteva invocare il principio di equivalenza della propria offerta a quella dell'aggiudicatario, al fine di ottenere il medesimo punteggio tecnico, poiché, nella documentazione di gara, il punto relativo a quel requisito premiale era descritto attraverso il riferimento ad una grandezza comune (integrata dal numero di test presenti nelle confezioni oggetto di fornitura). Detta descrizione, infatti, non richiamando alcuno standard tecnico-normativo suscettibile di formare oggetto del giudizio di equivalenza, non poteva che essere interpretata letteralmente.

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