Revocatoria di atti a titolo gratuito: il pregiudizio non deve essere conosciuto anche dal terzo

Girolamo Lazoppina
15 Luglio 2020

L'azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, il quale ha comunque acquisito un vantaggio senza un corrispondente sacrificio e, quindi, ben può vedere il proprio interesse posposto a quello del creditore.
Massima

L'azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, il quale ha comunque acquisito un vantaggio senza un corrispondente sacrificio e, quindi, ben può vedere il proprio interesse posposto a quello del creditore.

Il caso

La società N.S. S.r.l., in amministrazione straordinaria, proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale di Roma, che - a definizione del giudizio di opposizione allo stato passivo, promosso dalla B. P. di V. S.p.A., in liquidazione coatta amministrativa, quale procuratrice speciale della società A.S. S.r.l., e in accoglimento dell'opposizione proposta - collocava in via ipotecaria il credito di € 3.551.811,51, oltre a quello di € 11.259,69 a titolo di spese legali.

Questi i fatti.

In data 26 febbraio 2008 la B.P. di V. S.p.A. concedeva alla società N.S. S.r.l., in amministrazione straordinaria, un finanziamento fondiario ipotecario, utilizzabile mediante apertura di credito in conto corrente, per l'importo di € 3.270.000,00, con obbligo di restituzione dell'importo finanziato entro il 12 febbraio 2011. Il credito della società mutuante veniva garantito attraverso la concessione di un'ipoteca volontaria - oggetto di intavolazione - su beni di proprietà della società ricorrente. Successivamente, in data 4 giugno 2011, la ricorrente otteneva un secondo finanziamento, di importo pari al precedente, da rimborsare entro il 30 giugno 2018, finanziamento che veniva utilizzato per estinguere quello originario. Anche in questo caso, a garanzia dell'obbligazione restitutoria, veniva concessa ipoteca su quegli stessi beni, garanzia intavolata in data 21 giugno 2011.

In data 21 dicembre 2015 il Tribunale di Roma dichiarava con sentenza lo stato di insolvenza della società N.S. S.r.l. e con successivo decreto dichiarava aperta la procedura di amministrazione straordinaria.

Il 10 marzo 2016, la B. P. di V. proponeva istanza di insinuazione al passivo, chiedendo di essere ammessa in via ipotecaria, quanto al mutuo del 2011, per la somma di € 3.373.070,79, per capitale, di € 184.294,05 per interessi, e di € 5.641,71 per spese di procedura esecutiva, nonché, sempre in via ipotecaria, quanto ad altro finanziamento ipotecario del 2009, per la somma di € 5.671,98 per spese di procedura esecutiva.

In ordine a tale istanza il giudice delegato provvedeva nei seguenti termini: ammetteva la richiedente allo stato passivo, in chirografo, per l'importo di € 3.551.811,51, inclusi gli interessi maturati fino all'insolvenza, escludendo la collocazione ipotecaria, in quanto considerava revocabile in via breve ex art. 2901 c.c. l'atto di concessione volontaria d'ipoteca, poiché in pregiudizio dei creditori e nella conoscenza di tale pregiudizio, ricavabile dal fatto che il finanziamento era stato erogato per ripianare un precedente debito scaduto. Veniva, inoltre, escluso l'importo di € 5.671,98, chiesto sempre in via ipotecaria, per il sostenimento di spese legali, in quanto ritenuto non provato.

La B. P. di V. proponeva opposizione allo stato passivo ed il Tribunale di Roma, in accoglimento della stessa, collocava in via ipotecaria il credito di € 3.551.811,51 ammesso invece in chirografo dal giudice delegato. A tale conclusione il collegio perveniva sul presupposto che l'atto di concessione di ipoteca del 2011 costituisse soltanto riscadenziamento dei termini di rimborso del mutuo originario e dunque presentasse natura onerosa, con la conseguenza che il credito, identico a quello iniziale, fosse già ab origine ipotecario. Ammetteva, altresì, in via ipotecaria anche il credito di € 11.259,69 a titolo di spese legali.

Avverso tale ultima decisione la società N. S. S.r.l. proponeva ricorso per Cassazione.

Le questioni giuridiche

Diverse sono le questioni giuridiche affrontate dalla Corte.

La prima questione in rilievo è stata quella attinente alla natura, onerosa o gratuita, di

operazioni consistenti nella erogazione di un mutuo ipotecario che si assume non destinato a creare effettiva disponibilità finanziaria nel mutuatario, ma ad estinguere un preesistente rapporto obbligatorio con il medesimo mutuante.

La particolarità del caso in esame consiste nel fatto che non vi è stata trasformazione del credito originario del mutuante da chirografario in ipotecario, posto che il mutuo, originariamente intercorrente tra la B. P. di V. e la società N. S. S.r.l. ed estinto grazie alla stipulazione del nuovo contratto, era già assistito da ipoteca.

La Corte ha dovuto valutare se tale circostanza giustificasse un trattamento differenziato della fattispecie non potendo - hanno sostenuto i supremi Giudici - affermarsi (come, invece, nei casi in cui la Corte si è pronunciata in passato) che l'ipoteca risulta "creata per munire di garanzia esposizioni pregresse" che ne erano prive, sicché "la garanzia ipotecaria non è espressione di autotutela preventiva", essendo, in tal caso, "la garanzia associata ad un rischio di credito già in atto"; ragion per cui la sua costituzione è ritenuta "successiva al sorgere del credito garantito" ed "ha natura di atto a titolo gratuito, con conseguente indifferenza" - ai fini dell'esercizio dell'azione revocatoria, anche "in via breve" - "dello stato soggettivo del terzo" datore di ipoteca (così, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, 9 novembre 2018, n. 28802; nello stesso senso, tra le molte, Cass. Sez. 1, 19 aprile 2016, n. 7745; Cass. Sez. 1, ord., 21 febbraio 2018, n. 4202; Cass. Sez. 1, ord., 25 luglio 2018, n. 19746; Cass. Sez. 1, ord., 31 agosto 2018, n. 21535).

Altra questione giuridica affrontata dalla Corte è stata quella relativa all'ipotesi di mutuo ipotecario concesso per una finalità diversa da quella naturale di creazione di liquidità in capo al richiedente. I giudici di legittimità hanno chiarito che l'erogazione di un mutuo ipotecario non destinato a creare un'effettiva disponibilità nel mutuatario, già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, non integra necessariamente né le fattispecie della simulazione del mutuo (con dissimulazione della concessione di una garanzia per un debito preesistente) né quella della novazione (con la sostituzione del preesistente debito chirografario con un debito garantito), giacché - continua ancora la Corte - normalmente integra una fattispecie di procedimento negoziale indiretto, nel cui ambito il mutuo ipotecario viene erogato realmente e viene utilizzato per l'estinzione del precedente debito chirografario (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, 29 febbraio 2016, n. 3955).

Per tale via la Corte di Cassazione ha superato l'impostazione tradizionale in base alla quale, nel caso di mutuo diretto ad ottenere l'estinzione di un debito anteriore, il procedimento, caratterizzato da motivo illecito (per violazione della par condicio), avrebbe come effetto l'impossibilità di ammettere al passivo le somme mutuate dalla banca, come conseguenza della dichiarazione di inefficacia dell'ipoteca. Per contro si è ritenuto che – come si legge in sentenza - nel caso in cui "venga dichiarato il fallimento dell'obbligato, è revocabile ex art. 67 l. fall. l'ipoteca, accessoria ad un mutuo, che integri in concreto una garanzia costituita per un debito chirografario preesistente, ma la revoca di detta ipoteca non comporta necessariamente l'esclusione dall'ammissione al passivo di quanto erogato per il suddetto mutuo, essendo l'ammissione incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione e non anche con quella del negozio indiretto, poiché, in tal caso, la stessa revoca dell'intera operazione - e, quindi, anche del mutuo - comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, e ciò in quanto all'inefficacia del contratto conseguirebbe pur sempre la necessità di restituzione, sia pur in moneta fallimentare" (Cass. Sez. 1, 28 gennaio 2013, n. 1807).

Va da sé - hanno precisato i giudici di legittimità - che la possibilità di conseguire la declaratoria di inefficacia della (sola) ammissione del credito come "ipotecario" al passivo fallimentare può farsi valere dal curatore del mutuatario, poi dichiarato fallito, anche "in via breve", ex art. 66 l. fall.

Altra questione giuridica nata dal caso in esame è stata quella relativa al rifinanziamento del debitore, atteso che - si legge in sentenza - il "ricorso al credito come strumento di ristrutturazione del debito - cui del resto si rivolge l'attuale normativa a mezzo degli attuali artt. 182-bis e 182-quaterl. fall. - consente di rinegoziare i finanziamenti bancari anche nei riguardi di debiti scaduti" (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, n. 3955 del 2016). Ancora, si è precisato che "l'elemento caratteristico di siffatto tipo di ricorso al credito è che segua effettivamente, poi, l'erogazione di nuova liquidità da parte della banca, funzionale non solo (e non tanto), quindi, all'azzeramento della preesistente esposizione debitoria", ma soprattutto "a rimodulare, per il tramite di nuove condizioni negoziali - per esempio afferenti il tasso di interesse - o rinnovate tempistiche dei pagamenti, l'assetto complessivo del debito nel contesto di una nuova veste giuridico-economica degli anteriori rapporti" (così, Cass. Sez. 1,n. 3955 del 2016).

Osservazioni

La suprema Corte ha accolto il ricorso cassando con rinvio al Tribunale di Roma il provvedimento impugnato.

La motivazione ha fatto leva sulla circostanza che nel mutuo concluso tra la B. P. di V. S.p.A. e la N. S. S.r.l. in data 4 giugno 2011 non sono state ravvisate nuove condizioni negoziali (sotto forma di diversi tassi di interesse o diverse modalità di pagamento) rispetto a quello del 26 febbraio 2011, ma una semplice dilazione del termine di restituzione della somma mutuata.

Conseguentemente - ha statuito la Suprema Corte - come di recente osservato dai giudici di legittimità (ancorché - ha precisato la Corte - sempre con riferimento alla stipulazione di un nuovo contratto di mutuo, assistito da ipoteca, destinato a subentrare ad altro, fonte di un credito restitutorio non garantito da tale "ius in re aliena", ma con affermazione di portata generale), laddove non si ravvisino profili di erogazione di "nuova" liquidità, piuttosto che assistersi a "spostamenti di danaro, trasferimenti patrimoniali e consegne, il «ripianamento» di un debito a mezzo di nuovo «credito», che la banca già creditrice metta in opera con il proprio cliente, sostanzia propriamente un'operazione di natura contabile", ovvero "con una coppia di poste nel conto corrente - una in «dare», l'altra in «avere» - per l'appunto intesa a dare corpo ed espressione a una simile dimensione" (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord., 5 agosto 2019, n. 20896).

La Corte ha pertanto accolto i motivi di ricorso della Società N. S. S.r.l. nella parte in cui ha contestato che l'operazione negoziale del 2011 costituisse un atto a titolo oneroso, ciò che avrebbe dovuto indurre il Tribunale di Roma a ritenere del tutto indifferente - nell'esaminare, in sede di opposizione allo stato passivo, la revocatoria in via di eccezione fatta valere dalla curatela fallimentare, in relazione alla sola costituzione della garanzia reale - lo stato soggettivo del terzo, visto che "l'azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, il quale ha comunque acquisito un vantaggio senza un corrispondente sacrificio e, quindi, ben può vedere il proprio interesse posposto a quello del creditore" (così, tra le molte, Cass. Sez. 2, 17 maggio 2010, n. 12045).