La parte privata che effettua un’istanza via PEC deve assicurarsi che l’atto sia giunto all’attenzione del giudice

Una parte propone ricorso per la cassazione della sentenza con cui è stato rigettato l'appello proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale lo aveva condannato alla pena di giustizia per simulazione di reato e truffa. Il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione del diritto di difesa poiché, nonostante egli avesse presentato istanza di rinvio dell'udienza a mezzo PEC, la Corte territoriale aveva proceduto al giudizio.

La Cassazione rileva che l'istanza di rinvio dell'udienza, spedita via posta elettronica certificata all'ufficio notifiche penali della Corte d'appello, non risulta pervenuta.
Inoltre, la Suprema Corte condivide il principio secondo cui «le parti private non possono effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l'utilizzo della PEC, fermo restando che, non essendo le stesse irricevibili, possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione». In ogni caso, prosegue la Cassazione, la trasmissione di un atto a mezzo PEC comporta l'onere per l'interessato di assicurarsi che l'atto sia pervenuto alla cancelleria del giudice e sia stato tempestivamente portato all'attenzione di quest'ultimo.
Nel caso di specie a tale onere non si è impegnato il ricorrente, tanto più che la richiesta di rinvio era stata inviata all'ufficio notifiche e non all'ufficio giudiziario che procedeva alla decisione.
Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile.