Il modulo organizzativo dell'in house providing fa eccezione per il servizio di trasporto pubblico locale

Rocco Steffenoni
29 Luglio 2020

Come si desume dall'art. 5, comma 2, del Regolamento (CE) n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 e dall'art. 18, lett. a), del Codice dei contratti pubblici che ad esso si richiama, nel settore del trasporto pubblico locale l'in house providing è una modalità ordinaria di affidamento dei relativi servizi, perfettamente alternativa al ricorso al mercato.
Massima

Come si desume dall'art. 5, comma 2, del Regolamento (CE) n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 e dall'art. 18, lett. a), del Codice dei contratti pubblici che ad esso si richiama, nel settore del trasporto pubblico locale l'in house providing è una modalità ordinaria di affidamento dei relativi servizi, perfettamente alternativa al ricorso al mercato. La regola è confermata a dall'art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), secondo cui «anche in deroga alla disciplina di settore» le amministrazioni competenti all'aggiudicazione di contratti di servizio di trasporto pubblico locale «possono avvalersi delle previsioni» di cui al citato art. 5, comma 2, del regolamento n. 1370 del 2007.

Tale connotazione impedisce di applicare la regola prevista dall'art. 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici ed incentrata sulla comparazione tra gli opposti modelli di gestione dell' in house providing e del ricorso al mercato, a mente della quale: «(a)i fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».

Il caso

La controversia esaminata dal Consiglio di Stato prende in esame l'affidamento in house della concessione del servizio di trasporto pubblico locale disposto dal Comune di Genova in favore della “ex municipalizzata” azienda di trasporto locale, quale gestore uscente, come conseguenza della revoca della precedentemente intrapresa procedura di dialogo competitivo. Peraltro, in sede di motivazione era stata posta alla base della decisione amministrativa di revoca la circostanza che alla procedura di gara avessero partecipato due soli concorrenti (tra cui l'odierno ricorrente).

Il Consiglio di Stato, nel confermare le conclusioni a cui era giunto il TAR appellato (TAR Liguria, Genova, sez. II, 7 ottobre 2019, n. 753), rigetta gli argomenti della ricorrente non solo sotto il profilo della legittimità del ritenere “ordinario” il modello di affidamento in house nel caso di specie, ma anche sotto quello della corretta riconduzione del controllo della “ex municipalizzata” Azienda Mobilità e Trasporti tra il Comune di Genova e la Città Metropolitana nella categoria del controllo “congiunto” al fine di soddisfare il requisito del c.d. “controllo analogo” per la qualificazione del modello organizzativo dell'in house providing.

La questione

Nel valutare la legittimità di tale affidamento, secondo lo schema dell'in house providing, il Consiglio di Stato ha potuto valutare se l'affidamento della concessione del servizio di trasporto pubblico locale dovesse sottostare alla disciplina ordinaria di tipo rafforzato prevista dall'art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (es. obbligo di motivazione per la PA sulle ragioni del mancato ricorso al mercato) oppure se rilevassero le speciali disposizioni previste nel Codice e nelle diverse disposizioni europee, statali e regionali di dettaglio, proprie della sola materia del trasporto pubblico locale, che qualificano come “ordinario” e non “eccezionale” il modello in house providing. Nel caso in esame, il Collegio ha preferito la seconda soluzione (“ordinarietà” dell'affidamento in house) alla prima proprio in ragione della specificità del servizio in oggetto.

Le soluzioni giuridiche

Al fine di rendere una completa disamina sulla vicenda oggetto dell'esame del Consiglio di Stato, è opportuno precisare che, data la specificità del servizio di trasporto pubblico locale sotto il profilo normativo, la soluzione adottata dalla giurisprudenza amministrativa risente necessariamente di tale aspetto. Infatti, se da un lato, la stessa giurisprudenza costituzionale (n. 100/2020) ha avuto modo di chiarire che non viola il divieto di c.d. “gold plating” la previsione dell'art. 192, comma 2,del Codice dei contratti pubblici nella parte in cui chiede una motivazione rafforzata - e quindi di tipo “eccezionale” – ai fini dell'affidamento in house; dall'altro lato, l'art. 7 del Regolamento (CE) n. 1370/2007 sui servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, e l'art. 18, lett. a) del Codice dei contratti pubblici contengono esclusioni specifiche per le concessioni di servizi di trasporto pubblico. Del resto, come confermato dalla stessa Corte di Giustizia la richiamata disposizione del Regolamento n. 1370/2007 deve essere interpetata nel senso che “le autorità nazionali competenti che intendano procedere all'aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto pubblico locale non sono tenute a pubblicare o comunicare agli operatori economici potenzialmente interessati tutte le informazioni necessarie affinché essi siano in grado di predisporre un'offerta sufficientemente dettagliata e idonea a costituire oggetto di una valutazione comparativa e, dall'altro, a svolgere una valutazione comparativa tra tali offerte” (CGUE, sez. X, 24 ottobre 2019, C-515/18, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, par. 37).

A tali argomenti, la sentenza in esame aggiunge poi ulteriori riferimenti normativi (proprio a conferma dello ius singulare, anche caratterizzato dalla legislazione emergenziale che è seguita al drammatico crollo del ponte Morandi nell'agosto del 2019), da cui emerge una riconferma delle ragioni normative a supporto della specialità dell'affidamento della concessione di servizi di trasporto pubblico rispetto alla disciplina generale dell'in house provding, come contenuta nel Codice dei contratti pubblici agli artt. 5 e 192.

Con riferimento poi alla questione relativa alla supposta assenza del requisito del “controllo analogo” al fine di poter procedere con l'affidamento secondo il modello in house, quale espressione del principio di autorganizzazione o di libera amministrazione delle autorità pubbliche (cfr. art. 2, par. 1, Direttiva 2014/23/UE), il Collegio ha ritenuto che si ravvisasse la categoria del “gruppo di autorità”: sufficiente ai fini del controllo analogo (confortata ulteriormente dalla specificità dell'art. 5, par. 2, del richiamato Regolamento n. 1370/2007 proprio in tema di “controllo analogo”). Infatti, sul punto si precisa che “il Comune di Genova, titolare di una partecipazione pressoché totalitaria (94,94%) al capitale sociale della Azienda Mobilità e Trasporti e del potere di nomina della maggioranza degli amministratori della società partecipata”. Da qui la sussistenza del presupposto.

Osservazioni

La decisione in commento si caratterizza per la specificità del settore cui si riferisce (trasporto pubblico locale) e per la conseguente soluzione di tipo “ordinario” dell'in house rispetto alla previsione generale - di tipo “eccezionale” – contenuta nell'art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici: proprio recentemente quest'ultima disposizione ha superato il vaglio di costituzionalità (sent. n. 100/2020) nonostante preveda un obbligo di motivazione rafforzata per la PA che intende adire al modello della autorganizzazione, proprio dell'in house, in luogo di una soluzione di mercato. In base a tale norma, al fine di giustificare siffatta “eccezionalità”, la motivazione dell'amministrazione per l'in house si deve incentrare, tra l'altro, sulle “ragioni del mancato ricorso al mercato” e sui “benefici per la collettività della forma di gestione prescelta” (art. 192, comma 2, Codice dei contratti pubblici). In altri termini, il caso del trasporto pubblico locale fa eccezione allo schema generale in base al quale l'ordinamento richiede generalmente un vaglio più approfondito per la scelta amministrativa di ricorrere all'aggiudicazione di una concessione o di un appalto a soggetti giuridici formalmente distinti ma sottoposti ad un controllo così penetrante da parte di una amministrazione o più amministrazioni da costituirne una sostanziale articolazione organizzativa (c.d. affidamento in house) in luogo della scelta di esternalizzare lo stesso servizio in c.d. “outsourcing” tramite una procedura di evidenza pubblica.

Va rilevato che, però, l'art. 2, par. 1, della Direttiva 2014/23/UE (sulle concessioni) adotta una soluzione più neutrale tra autoproduzione e esternalizzazione, dal momento che prevede che si “riconosce il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l'esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell'Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici. Dette autorità possono decidere di espletare i loro compiti d'interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni”. Tale però non è stata la scelta del legislatore nazionale in sede di recepimento.

Il caso in esame, sul trasporto pubblico locale, si presenta quindi come via mediana o eccezionale tra la soluzione adottata dal legislatore nazionale con l'art. 192 e la neutralità sui modelli organizzativi adottati dall'amministrazione, come fatta propria dalla Direttiva 2014/23/UE e dallo stesso Regolamento (CE) n. 1370/2007. Ed è proprio per tali specifiche ragioni, confortate anche dal richiamato art. 18, lett. a) del Codice dei contratti pubblici, che il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover rigettare gli argomenti posti alla base del ricorso avverso la revoca della procedura di dialogo competitivo (rientrante nel modello di esternalizzazione), con la conseguente adozione dell'affidamento in house (rientrante nel modello della autoproduzione). Così facendo, la sentenza ha potuto confermare la lettura avanzata, in primo grado, dal TAR Liguria dove si è potuto affermare come sia ormai assodata la specificità del settore del trasporto pubblico in relazione all'affidamento delle relative concessioni del servizio in quanto “contraddistinto da una disciplina speciale di fonte euro-unitaria, caratterizzata da una liberalizzazione non integrale” e quindi “non […]soggetto per intero al regime della concorrenza” (cfr. art. 106, par. 2, TFUE).

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala: M. Trimarchi, R. Russo, In house e società pubblica di progetto, in M. Clarich (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, Torino, 2019.

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