Archivio delle intercettazioni (PPT)

01 Marzo 2024

Uno degli aspetti più significativi della riforma della disciplina delle intercettazioni è rappresentato dalla istituzione dell'Archivio delle intercettazioni. Questo strumento trova fondamento normativo nell'art. 1, comma 84, lett. a), n. 2, della legge delega 23 giugno 2017, n. 103, che indicava al legislatore delegato la necessità che gli atti non allegati a sostegno della richiesta di misura cautelare fossero custoditi in un apposito “archivio riservato”, con facoltà di esame e ascolto, ma non di copia, da parte dei difensori delle parti e del giudice, fino al momento di conclusione della procedura di cui all'art. 268, commi 6 e 7, c.p.p.

Inquadramento normativo

Uno degli aspetti più significativi della riforma della disciplina delle intercettazioni è rappresentato dalla istituzione dell'Archivio delle intercettazioni. Questo strumento trova fondamento normativo nell'art. 1, comma 84, lett. a), n. 2, della legge delega 23 giugno 2017, n. 103, che indicava al legislatore delegato la necessità che gli atti non allegati a sostegno della richiesta di misura cautelare fossero custoditi in un apposito “archivio riservato”, con facoltà di esame e ascolto, ma non di copia, da parte dei difensori delle parti e del giudice, fino al momento di conclusione della procedura di cui all'art. 268, commi 6 e 7, c.p.p.

La delega è stata attuata con il d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, intitolata “Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere a), b), c), d) ed e), della legge 23 giugno 2017, n. 103” (cd. riforma Orlando), entrato in vigore, ma la cui efficacia è stata via via prorogata da diverse disposizioni normative.

La materia, nelle more della maturazione del termine per l'applicazione della riforma cd. “Orlando”, è stata riformata dal d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, recante modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, convertito con modificazioni dalla l. 28 febbraio 2020, n. 7, che ha modificato alcune delle disposizioni del predetto d.lgs. n. 216 del 2017 e ne ha abrogato altre, stabilendo, tra l'altro, all'art. 1, che le nuove norme si applichino ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020.

In seguito, il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, ha disposto che le nuove norme si applichino ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020.

La disciplina dell'archivio delle intercettazioni, in particolare, è contenuta nell'art. 269 c.p.p. e nell'art. 89-bis disp. att. c.p.p.

La prima disposizione stabilisce che i verbali e le registrazioni, e ogni altro atto ad esse relativo, che riguardano le operazioni di intercettazione eseguite secondo le modalità fissate dall'art. 268 c.p.p., sono conservati integralmente in un apposito archivio gestito e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica dell'ufficio che ha richiesto ed eseguito le captazioni.

È stato previsto, pertanto, un unico archivio, nel quale devono confluire tutte le intercettazioni disposte nell'ufficio di Procura, gestito dal Procuratore della Repubblica (e non dai singoli sostituti).

La disposizione di attuazione, intitolata proprio “Archivio delle intercettazioni”, invece, prevede che, nell'archivio “digitale” istituito dall'art. 269, comma 1, c.p.p. tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica, sono custoditi i verbali, gli atti e le registrazioni delle intercettazioni a cui afferiscono.

Da questa seconda norma emerge chiaramente che l'archivio che è stato istituito è uno spazio “digitale”, dunque, non fisico, in cui sono raccolti in modo sistematico e ordinato gli atti relativi al mezzo di ricerca della prova e le relative registrazioni.

I tempi per il definitivo passaggio all'esclusivo deposito digitale degli atti e dei provvedimenti, peraltro, sono regolati dall'art. 2, comma 6, dello stesso d.l. n. 161 del 2019.

Questa norma prevede che, con decreto del Ministro della giustizia, adottato previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione, sono stabilite le modalità e i termini a decorrere dai quali il deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni è eseguito esclusivamente in forma telematica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Questa disposizione, ai sensi dell'art. 2, comma 8, del d.l. n. 161 del 2019, come modificato il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, è di immediata applicazione (mentre la restante disciplina di riforma delle intercettazioni si applica ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020).

Il predetto decreto del Ministro della Giustizia, adottato previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione, dunque, determinerà il deposito degli atti e dei documenti in modo esclusivamente telematico, superando il periodo in cui coesisteranno il deposito digitale e quello cartaceo.

Con provvedimenti del 5 dicembre 2019 e del 1° luglio 2020 del Direttore generale dei servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA), infine, sono state adottate le specifiche tecniche per il conferimento nell'archivio riservato delle intercettazioni di cui all'art. 269, comma 1, c.p.p.

I tempi di attuazione della riforma delle intercettazioni

Il d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, recante “Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”, convertito con modificazioni dalla legge n. 7 del 2020, dunque, ha inciso anche sulla disciplina dell'archivio delle intercettazioni come previsto dal d.lgs. n. 216 del 2017, cd. riforma Orlando.

All'art. 1 di tale d.l. è stato previsto che le nuove norme si applicano “ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020 e, quindi, non più “alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 dicembre 2019”, come stabilito in precedenza dall'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017 e succ. modif.

In seguito, il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, ha disposto che le nuove norme si applichino ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020.

Il meccanismo adottato per la determinazione dell'efficacia nel tempo delle nuove norme è stato consigliato da ragioni pratiche, consistenti nell'evitare la commistione di discipline diverse applicabili alle intercettazioni disposte nello stesso procedimento. È stato previsto, infatti, una sorta di “doppio binario” quanto alla disciplina del mezzo di ricerca della prova perché, per i procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, continuerà ad essere applicabile la disciplina previgente.

Con un'altra disposizione, contenuta nell'art. 2, comma 2, n. 8, d.l. n. 161 del 2019 il decreto-legge ha differito alla stessa data dell'efficacia di tutte modifiche dello stesso art. 2, salvo quella relativa al comma 6. La necessità di questa disposizione deriva dal fatto che l'art. 2 d.l. n. 161 del 2019 contiene previsioni ulteriori rispetto a quelle contenute nella cd. riforma Orlando. Per esempio, la norma indicata ha modificato alcune norme del codice di rito, come l'art. 415-bis c.p.p., che non erano state oggetto di intervento da parte del d.lgs. n. 216 del 2017, la cui efficacia, in mancanza di questa disposizione, non sarebbe stata differita ai procedimenti iscritti dopo il 31 agosto 2020 in base all'art. 1 dello stesso d.l. n. 28 del 2020.

Anche con la descritta disciplina, comunque, è prevedibile che si porranno delicate questioni di diritto transitorio, ad esempio, nel caso in cui all'iscrizione di un reato, avvenuta prima del 30 aprile 2020, seguano, in epoca successiva, ulteriori iscrizioni aventi ad oggetto nuovi titoli di reato. In tali ipotesi, in applicazione del principio dell'autonomia di ogni iscrizione che, peraltro, è stato elaborato ai fini computo del termine di durata delle indagini preliminari (Cass. n. 19053 del 12 marzo 2003; Cass. n. 32776 del 6 luglio 2006; Cass. n. 11472 del 2 dicembre 2009 dep. 2010; Cass. n. 29143 del 22 marzo 2013; Cass. n. 22016 del 6 marzo 2019), dovrebbero ritenersi applicabili le nuove norme che disciplinano le intercettazioni alle indagini relative alle successive iscrizioni. Nello stesso procedimento, pertanto, potrebbe essere necessario applicare discipline diverse.

L'archivio delle intercettazioni

Secondo l'art. 269, comma 1, c.p.p., “i verbali e le registrazioni, e ogni altro atto ad esse relativo, sono conservati integralmente in apposito archivio gestito e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica dell'ufficio che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni”.

Questa norma, dunque, fa riferimento all'archivio che è stato previsto per contenere i verbali, le registrazioni e ogni altro atto ad esse relativo, garantendone la segretezza ai fini del proficuo svolgimento delle indagini e la riservatezza a tutela delle persone coinvolte nei dialoghi.

L'archivio delle intercettazioni è gestito e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica dell'ufficio che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni e non del singolo sostituto Procuratore che conduce le indagini.

La sua disciplina è contenuta nell'art. 89-bis disp. att. c.p.p. Da questa seconda norma emerge che l'archivio a cui la legge fa riferimento è uno spazio “digitale” in cui sono raccolti in modo sistematico e ordinato gli atti relativi al mezzo di ricerca della prova e le relative registrazioni. Si potrebbe denominare detto spazio, pertanto, come “archivio informatico delle intercettazioni”.

Nel dossier redatto dagli uffici del Senato in vista della approvazione della legge di conversione è precisato che «il decreto legge […] interviene sulla disciplina dell'archivio delle intercettazioni secondo modalità che incentivano la digitalizzazione degli archivi e tutelano la segretezza dei dati e la regolamentazione delle modalità di accesso».

Come è già stato indicato, la stessa disciplina del decreto-legge sottende un periodo in cui sarà ancora utilizzata la carta, fino a giungere al deposito “esclusivamente” telematico.

L'art. 2, comma 6, dello stesso d.l. n. 161 del 2019, infatti, prevede che, con decreto del Ministro della giustizia, adottato previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione, sono stabilite le modalità e i termini a decorrere dai quali il deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni è eseguito esclusivamente in forma telematica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Nelle prime circolari adottate dalle Procure della Repubblica (cfr. Direttiva del Procuratore della repubblica di Milano n. 163 del 6 luglio 2020), pertanto, è precisato che per “Archivio delle intercettazioni” si deve intendere l'insieme della parte documentale, anche informatica, relativa all'attività di intercettazione e delle registrazioni delle comunicazioni e conversazioni oggetto di captazione. Esso, pertanto, si compone:

- dell'Archivio digitale delle intercettazioni, cioè dei server collocati all'interno dei locali della procura, destinati a custodire tutte le registrazioni dopo il “conferimento” in esso da parte del pubblico ministero;

- dell'Archivio riservato TIAP, cioè della partizione di TIAP-DOCUMENT@ destinata alla conservazione della documentazione scansionata inerente alle intercettazioni (annotazioni, richieste, decreti autorizzativi);

- dell'Archivio riservato documentale, ossia dell'archivio fisico destinato alla conservazione del materiale cartaceo successivamente al deposito dello stesso da parte del pubblico ministero.

In evidenza

L'archivio digitale istituito dall'art. 269, comma 1, c.p.p. è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica, ma al giudice per le indagini preliminari e ai difensori delle parti “per l'esercizio dei loro diritti e facoltà” è in ogni caso consentito l'accesso per l'ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate.

Atti nell'archivio e segreto istruttorio

La formulazione dell'art. 269, comma 1, c.p.p., introdotta dall'art. 3 del d.lgs. n. 216 del 2017 e mai divenuta applicabile, perché la sua efficacia è stata via via prorogata, prevedeva che gli atti conservati nell'archivio fossero coperti da segreto istruttorio.

È appena il caso di precisare che la previsione del segreto, funzionale anche alla salvaguardia del diritto alla riservatezza, comportava conseguenze particolarmente rilevanti sul piano del reato configurabile nel caso di divulgazione illecita delle conversazioni captate.

La previsione del segreto, in un primo momento, è stata eliminata dal testo dell'art. 269, comma 1, c.p.p. ad opera dell'art. 2, comma 1, lett. f), del d.l. n. 161 del 2019.

È poi intervenuta la legge di conversione n. 7 del 2020, modificando il d.l. n. 161 del 2019 con l'inserimento di un nuovo periodo nell'art. 269, comma 1, c.p.p. secondo cui “Non sono coperti da segreto solo i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo di cui all'articolo 373, comma 5, o comunque utilizzati nel corso delle indagini preliminari”.

Dalla descritta evoluzione normativa deriva che:

- i verbali e le registrazioni, e ogni altro atto ad esse relativo, conservati integralmente nell'archivio sono coperti da segreto. L'eventuale divulgazione, quindi, integra il reato di cui all'art. 326 c.p.;

- tale segreto viene meno per i soli verbali e per le sole registrazioni acquisite dal pubblico ministero al suo fascicolo o, comunque, utilizzate nel corso delle indagini preliminari.

Lo stesso art. 269, comma 1, c.p.p. prosegue prevedendo che “Al giudice per le indagini preliminari e ai difensori delle parti, successivamente al deposito effettuato ai sensi degli artt. 268 e 415-bis o nel caso previsto dall'articolo 454, comma 2-bis, per l'esercizio dei loro diritti e facoltà è in ogni caso consentito l'accesso all'archivio e l'ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate”.

Nonostante l'ampia formulazione della norma, che fa riferimento ad un accesso che sarebbe consentito “in ogni caso”, detto accesso è funzionale all'esercizio dei diritti e delle facoltà attribuite al giudice per le indagini preliminari e ai difensori delle parti.

L'accesso per lo svolgimento della procedura di selezione degli esiti delle intercettazioni rilevanti (art. 268, 415-bis, 454 c.p.p.) rende noto alle parti il materiale delle intercettazioni che, di conseguenza, non sarà più coperto da segreto, ma non per questo sarà divulgabile e pubblicabile. L'art. 114, comma 2-bis, c.p.p., infatti, stabilisce che “è sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli artt. 268 e 415-bis”.

Nel prosieguo della trattazione, inoltre, sarà precisato che l'accesso all'archivio funzionale all'esercizio dei diritti non comporta la facoltà di ottenere copia delle registrazioni e degli atti delle intercettazioni, che è circoscritta al materiale acquisito perché rilevante. Tale profilo della disciplina appare utile ad impedire la pubblicazione del materiale intercettato non rilevante.

Il materiale contenuto nell'archivio e i tempi del deposito

L'art. 268, comma 4, c.p.p., prevede che “i verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero per la conservazione nell'archivio di cui all' art. 269, comma 1, c.p.p. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati presso l'archivio di cui all' art. 269, comma 1, c.p.p., insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga”.

Questa norma, dunque, impone lo svolgimento di due distinte attività, che avvengono in due momenti diversi.

La polizia giudiziaria incaricata di realizzare le operazioni deve trasmettere “immediatamente” i “verbali” e le “registrazioni” al pubblico ministero per la conservazione nell'archivio delle intercettazioni.

Si tratta delle registrazioni e dei verbali, il cui contenuto tipico è disciplinato dall'art. 89 disp. att. c.p.p.

Al riguardo, non è più prevista la facoltà del pubblico ministero di autorizzare il differimento della trasmissione dei verbali e delle registrazioni da parte della polizia giudiziaria, in precedenza disciplinata dall'art. 268, comma 4, c.p.p. come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 216 del 2017. Quest'ultima disposizione, che codificava una prassi talvolta imposta dalla complessità delle indagini, dunque, entrata in vigore, è stata abrogata prima che fosse divenuta efficace.

La norma sembra fissare il momento dell'adempimento da parte della polizia giudiziaria alla fine delle operazioni; non è però chiaro se di tutte le operazioni del procedimento o di quelle relative al singolo decreto autorizzativo.

I verbali e le registrazioni, poi, una volta ricevuti dal pubblico ministero, “entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni”, sono depositati presso l'archivio di cui all'art. 269, comma 1, c.p.p. insieme ai “decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione”.

Si tratta dell'operazione di “conferimento delle intercettazioni” da parte del pubblico ministero nell'archivio, cioè nel materiale riversamento delle registrazioni e dei verbali nell'archivio digitale.

Ne deriva che il materiale contenuto dell'archivio è costituito dai verbali, dalle registrazioni e dai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione.

Segue: il deposito entro la chiusura delle indagini

Secondo l'art. 268, comma 5, c.p.p., peraltro, “se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la chiusura delle indagini preliminari”.

Questa norma riproduce quella previgente, compresa la salvezza secondo cui la discovery deve necessariamente avvenire non oltre la chiusura delle indagini.

Nella prassi, come è noto, il “grave pregiudizio” derivante dal fatto che, con il deposito, i risultati delle intercettazioni divengono note alle parti è ravvisata pressoché sempre, in particolare in relazione alle indagini nelle quali il pubblico ministero ritiene opportuno chiedere l'applicazione di una misura cautelare. Ne deriva che il deposito delle registrazioni avviene in occasione degli adempimenti di cui all'art. 415-bis c.p.p.

In questo caso, il deposito dei verbali, delle registrazioni e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione avviene in un momento diverso, che in ogni caso deve precedere la chiusura delle indagini.

Va allora sottolineato che il “conferimento delle intercettazioni” da parte del pubblico ministero nell'archivio, cioè il materiale riversamento delle registrazioni e dei verbali nell'archivio digitale, non presuppone automaticamente la comunicazione ai difensori, che invece è necessaria solo nel caso in cui il pubblico ministero proceda al deposito e non chieda “il ritardato deposito” ai sensi della norma citata.

L'accesso all'archivio delle intercettazioni

Secondo l'art. 269, comma 1, c.p.p., come si è visto, “Al giudice per le indagini preliminari e ai difensori delle parti, successivamente al deposito effettuato ai sensi degli articoli 268 e art. 415-bis o nel caso previsto dall'articolo 454, comma 2-bis, per l'esercizio dei loro diritti e facoltà è in ogni caso consentito l'accesso all'archivio e l'ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate”.

Il codice di rito, per un verso, pone l'archivio sotto la responsabilità del Procuratore della Repubblica, per garantire la segretezza di quanto ivi custodito; per altro verso, pare assicurare l'accesso all'archivio al giudice e ai difensori delle parti “in ogni caso”.

L'accesso di questi soggetti deve avvenire in via telematica e, come già anticipato, è funzionale all'esercizio dei diritti e delle facoltà riconosciute dalla legge, nonpotendo avvenire, come sembra prevedere la lettera della norma, “in ogni caso”. Si tratta delle facoltà e dei diritti che servono per avanzare richiesta di acquisizione delle conversazioni registrate o per valutare tali richieste avanzate dalla controparte.

Secondo l'art. 268, comma 4, c.p.p., difatti, gli atti e le registrazioni restano nell'archivio “per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga”. Questo tempo, che in forza di quanto previsto dal successivo art. 268, comma 6, c.p.p. serve al difensore delle parti per esaminare gli atti, per ascoltare le registrazioni ovvero per prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, è determinato dal pubblico ministero, il quale deve tenere conto del numero e della complessità dei risultati delle intercettazioni depositate, della complessità degli atti, del numero di imputati. È comunque prevista la possibilità di una proroga di tale termine con provvedimento del giudice per le indagini preliminari, evidentemente su richiesta dei difensori.

L'art. 89-bis, comma 2, disp. att. c.p.p., proprio allo scopo di rendere effettiva la possibilità delle parti di esercitare i propri diritti e facoltà, permette l'accesso all'archivio anche agli ausiliari del giudice (periti incaricati della trascrizione, interpreti), agli ausiliari del pubblico ministero, ivi compresi gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati all'ascolto, ai “difensori delle parti”, assistiti, se necessario, da un interprete. Non pare prevista la facoltà dei difensori di farsi assistere da ausiliari, la cui presenza potrebbe essere necessaria nel caso, per esempio, in cui si trattasse di flussi di dati telematici.

Va segnalato che l' art. 269, comma 1, c.p.p. attribuisce il diritto di accesso ai “difensori delle parti” e che l'art. 89-bis, comma 3, disp. att. c.p.p. riconosce la medesima prerogativa ai “difensori delle parti”: le norme utilizzano una locuzione ampia, la quale però non pare ricomprendere anche il difensore della persona offesa.

Al riguardo, come è noto, diverse disposizioni del codice di rito hanno progressivamente riconosciuto prerogative sempre più ampie alle persone offese (in primis, l'art. 90-bis c.p.p.). Nella fase delle indagini preliminari, la persona offesa, ai sensi dell'art. 90 c.p.p., esercita i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge (cfr. gli att. 101, 341, 360, 369, 394, 398, 401, 408, 409, 410, 413, 419, 428, 429, 456, 572 c.p.p.).

La possibilità di partecipazione alla procedura di selezione dei risultati delle captazioni nel corso delle indagini per il difensore della persona offesa non pareva potesse desumersi dalla previsione dell'art. 268, comma 6, c.p.p., come modificato dal d.l. n. 161 del 2019, convertito con modificazioni proprio sul punto dalla legge n. 7 del 2020, perché la persona offesa non è una parte, potendo solo esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge.

La legge di conversione n. 7 del 2020, intervenendo su questo specifico punto, ha ripristinato la formulazione della norma previgente che prevedeva proprio l'avviso del deposito ai difensori delle parti. Seppur nel sistema procedimentale previgente l'udienza cd. stralcio fosse in sostanza desueta, peraltro, non risulta che alla persona offesa fosse consentito di partecipare nelle indagini alla selezione delle conversazioni rilevanti.

Segue: l'accesso agli atti contenuti nell'archivio da parte della polizia giudiziaria

Come è stato illustrato, l'art. 268, comma 4, c.p.p., prevede che “i verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero per la conservazione nell'archivio di cui all' art. 269, comma 1, c.p.p. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati presso l'archivio di cui all' art. 269, comma 1, c.p.p., insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga”.

La polizia giudiziaria incaricata di realizzare le operazioni, dunque, deve trasmettere “immediatamente” i “verbali” e le “registrazioni” al pubblico ministero per la conservazione nell'archivio delle intercettazioni, essendo stata eliminata la facoltà del pubblico ministero di autorizzare il differimento di tale trasmissione, in precedenza disciplinata dall'art. 268, comma 4, c.p.p. come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 216 del 2017 (norma, peraltro, mai divenuta efficace per le ragioni esposte).

Questa disposizione, in verità, codificava una prassi imposta dalla complessità delle indagini. Essa è stata eliminata sul presupposto che la disponibilità delle registrazioni e dei verbali da parte della polizia giudiziaria può favorirne la divulgazione. Resta però aperto il tema, rappresentato dalla necessità di mettere la polizia giudiziaria in condizione di lavorare sul materiale registrato, ascoltando le captazioni e studiandole dopo la loro realizzazione per lo svolgimento proficuo delle indagini.

A questa esigenza prova a rispondere l'art. 89-bis disp. att. c.p.p., in base al quale la polizia giudiziaria può accedere, previa autorizzazione e tracciamento dell'accesso, all'archivio di cui all' art. 269, comma 1, c.p.p., potendo così consultare e studiare materiale investigativo da essa stessa raccolto.

Segue: le modalità dell'accesso

L'accesso all'archivio delle parti deve avvenire per via telematica (art. 268, comma 6, c.p.p.; art. 415-bis, comma 2-bis, c.p.p.).

L'archivio, secondo l'art. 89-bis, comma 2, disp. att. c.p.p., è gestito con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione relativa alle intercettazioni non necessarie per il procedimento ed a quelle irrilevanti o di cui è vietata l'utilizzazione ovvero riguardanti categorie particolari di dati personali come definiti dalla legge o dal regolamento in materia.

Questa disposizione permette di comprendere come l'accesso all'archivio non permetta la divulgazione del suo contenuto, pur essendo consentito ai soggetti legittimati l'ascolto del materiale captato per l'esercizio delle proprie facoltà (in primo luogo, quella di chiedere l'acquisizione di determinate conversazioni ritenute rilevanti). Il segreto di cui all'art. 89-bis, comma 2, disp. att. c.p.p. comporta il divieto di pubblicazione, che difatti è previsto dall'art. 114, comma 2-bis, c.p.p.

Il Procuratore della Repubblica impartisce, con particolare riguardo alle modalità di accesso, le prescrizioni necessarie a garantire la tutela del segreto su quanto ivi custodito. Ogni accesso, in particolare, è annotato in apposito registro, gestito con modalità informatiche; in esso sono indicate data, ora iniziale e finale, e gli atti specificamente consultati.

Secondo l'art. 2, comma 5, del d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, con decreto del Ministro della giustizia, adottato sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono fissati i criteri a cui il Procuratore della Repubblica si attiene per regolare le modalità di accesso all'archivio di cui all'art. 89-bis disp. att. c.p.p. nonché di consultazione e richiesta di copie, a tutela della riservatezza degli atti ivi custoditi.

Segue: il diritto di ascoltare e quello di estrarre copia

I difensori delle parti legittimate all'accesso possono ascoltare le registrazioni con un apparecchio a disposizione dell'archivio.

Questo ascolto è funzionale alla formulazione delle richieste di acquisizione delle conversazioni ritenute rilevanti.

I difensori, invece, possono ottenere copia delle registrazioni e degli atti solo quando sono acquisiti a norma degli art. 268, 415-bis e 454 c.p.p.

Ogni rilascio di copia è annotato in apposito registro, gestito con modalità informatiche; in esso sono indicate data e ora di rilascio e gli atti consegnati in copia.

Il fatto che delle sole conversazioni acquisite sia possibile il rilascio di copie, indirettamente, svolge una funzione di protezione del materiale registrato a tutela della riservatezza: chiunque divulgasse il contenuto di quanto ha ascoltato, non avendone copia, non avrebbe alcuna prova dell'esistenza della conversazione. Chiunque pubblicasse una tale conversazione, ravvisando un interesse pubblico alla sua conoscenza, non potrebbe dimostrare che è realmente avvenuta.

In evidenza

I difensori possono ottenere copia delle registrazioni e degli atti solo quando acquisiti a norma degli artt. 268, 415-bis e 454 c.p.p.

Ogni rilascio di copia è annotato in apposito registro, gestito con modalità informatiche; in esso sono indicate data e ora di rilascio e gli atti consegnati in copia.

L'accesso alle intercettazioni utilizzate in sede cautelare

Nel caso di emissione di un provvedimento cautelare, il difensore dell'imputato, ai sensi dell'art. 293, comma 3, c.p.p., ha diritto di esaminare e di estrarre copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate trasmesse al Gip dal pubblico ministero a sostegno della richiesta di una misura cautelare. Di queste conversazioni ha diritto alla trasposizione su idoneo supporto digitale. Si tratta del diritto ad avere la traccia audio delle conversazioni intercettate utilizzate per l'adozione della misura, riconosciuto al difensore dell'imputato dalla sentenza della Corte cost. 10 ottobre 2008, n. 336.

Dall'art. 291, comma 1, come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. h), del d.l. n. 161 del 2019, modificato a sua volta dalla legge di conversione n. 7 del 2020, risulta che il pubblico ministero, quando avanza una richiesta cautelare, presenta al Gip gli esiti delle intercettazioni rilevanti, “comunque conferiti nell'archivio di cui all' art. 269, comma 1, c.p.p.”, sebbene non depositate ex art., 268, comma 4, c.p.p.

Il Gip è tenuto al vagliare la rilevanza (oltre che l'utilizzabilità) del materiale intercettato trasmessogli dal pubblico ministero, tanto che, ai sensi dell'art. 92, comma 1-bis, disp. att. c.p.p. “contestualmente” alla trasmissione della misura per l'esecuzione, deve restituire al pubblico ministero, per la conservazione nell'archivio riservato di cui all'art. 89-bis disp. att. c.p.p., gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate che ritiene “non rilevanti o inutilizzabili”.

Sul tema della riservatezza, è stato segnalato che, secondo l'art. 269, comma 1, c.p.p., “non sono coperti da segreto solo i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo di cui all'articolo 373, comma 5, o comunque utilizzati nel corso delle indagini preliminari”. Questa norma, come già illustrato, va coordinata con la previsione di cui all'art. 329 c.p.p., secondo cui gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza. Nel caso di adozione di una misura cautelare, secondo l'art. 293, comma 3, c.p.p., le ordinanze cautelari, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore. Gli atti, in tal modo, ordinanze e atti posti a sostegno delle stesse divengono noti alle parti e viene meno il segreto istruttorio.

Un approfondimento

Il difensore ha il diritto di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate utilizzate a fini cautelari. La richiesta di accesso deve essere presentata al pubblico ministero e non al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento cautelare (Cass. sez. un. n. 20300 del 22 aprile 2010).

L'ingiustificato diniego del pubblico ministero a che il difensore dell'indagato abbia accesso alle registrazioni delle comunicazioni o conversazioni intercettate, i cui risultati siano stati utilizzati per l'emissione di un provvedimento cautelare, determina un vizio del procedimento di acquisizione della prova nel giudizio cautelare, con la conseguente impossibilità di utilizzazione degli elementi acquisiti (Cass. n. 32490 del 7 luglio 2010).

Il termine "inutilizzabilità" non è impiegato in senso tecnico, ma allo scopo di designare le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla nullità che si è verificata nel subprocedimento di assunzione della prova nel giudizio de libertate (Cass. n. 10951 del 17 gennaio 2019).

Il pubblico ministero non ha l'obbligo di trasmettere, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., i supporti informatici contenenti le video riprese utilizzate ai fini dell'applicazione della misura quando gli esiti delle stesse siano riportati nell'annotazione di polizia giudiziaria (Cass. n. 19195 del 12 aprile 2019).

La richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell'art. 268 c.p.p., alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, determina l'obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile a consentire l'esercizio del diritto di difesa nel procedimento incidentale "de libertate", obbligo il cui inadempimento può dar luogo a responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. (Cass. sez. un. n. 20300 del 22 aprile 2010).

La richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell'art. 268 c.p.p., alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti "brogliacci" di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, intanto determina l'obbligo per il pubblico ministero di provvedere tempestivamente, in quanto il difensore specifichi che l'accesso è finalizzato alla presentazione di un'istanza di riesame (Cass. n. 35692 del 17 aprile 2013; Cass. n. 24866 del 28 maggio 2015).

Le specifiche tecniche per il conferimento del materiale nell'archivio

Con provvedimento del 5 dicembre 2019 del Direttore generale dei servizi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia (DGSIA) sono state adottate le specifiche tecniche per il conferimento del predetto materiale nell'archivio delle intercettazioni di cui all'art. 269, comma 1, c.p.p.

Dette specifiche tecniche sono state definite tenendo conto delle misure in materia di sicurezza delle attività di intercettazione di conversazioni e comunicazioni già prescritte dal Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento del 18 luglio 2013.

L'art. 2 di questo provvedimento contiene alcune definizioni.

In particolare, per “Archivio Riservato Informatico”, si intende un “sistema informatico (hardware e software) che consente di conservare tutte le conversazioni e comunicazioni disposte nell'ambito del procedimento, nonché di classificarle, in conformità alla relativa disciplina procedimentale; il sistema rende altresì disponibili le funzioni di accesso e di ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate”.

Il “conferimento, invece, è “l'operazione con la quale il pubblico ministero inserisce nell'Archivio Riservato Informatico i verbali e le registrazioni disposte nell'ambito del procedimento, ai sensi dell'articolo 268, comma 4, c.p.p.

Dette specifiche tecniche, in coerenza con le misure di sicurezza relative alla protezione dei sistemi informativi del Ministero della giustizia a supporto dei procedimenti penali, sono documenti a circolazione limitata e sono pubblicati in un apposito sito riservato. La loro consultazione è consentita esclusivamente alle società fornitrici delle prestazioni che ne facciano richiesta con PEC.

Il 1° luglio 2020, il Ministero della Giustizia ha emanato il Provvedimento del Direttore Generale dei Servizi Informativi Automatizzati (DGSIA) di adozione delle specifiche tecniche per l'inserimento, da parte del pubblico ministero, di verbali e registrazioni disposte nell'ambito del procedimento (art. 268, comma 4, c.p.p.) nell'Archivio Digitale Informatico di cui all'art. 269, comma 1, c.p.p. delle intercettazioni.

Questo provvedimento, efficace dal 1° luglio, indica all'art. 3 le modalità di consultazione delle specifiche tecniche chiarendo che gli allegati al documento sono a circolazione limitata e la loro consultazione è consentita solo alle società fornitici che ne facciano richiesta attraverso un messaggio PEC da inviare al protocollo DGSIA. Le credenziali verranno rilasciate alle aziende in forma criptata all'indirizzo PEC del richiedente.

Il termine per l'operatività dell'archivio “esclusivamente” in forma telematica

L'art. 2, comma 6, d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, come già indicato, dispone che, con decreto del Ministro della giustizia, adottato previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione, sono stabilite le modalità e i termini a decorrere dai quali il deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni è eseguito “esclusivamente” in forma telematica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Questa disposizione, ai sensi dell'art. 2, comma 8, del d.l. n. 161 del 2019, come modificato il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, è di immediata applicazione (mentre la restante disciplina di riforma delle intercettazioni si applica ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020).

Il già menzionato decreto del Ministro della Giustizia, adottato previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione, dunque, determinerà il deposito degli atti e dei documenti in modo esclusivamente telematico, superando il periodo in cui coesisteranno il deposito digitale e quello cartaceo.

E', dunque, stato previsto un periodo in cui conviveranno il deposito digitale e quello cartaceo. Del resto, pare inevitabile una simile scelta, dovendo essere accertata previamente la funzionalità dei servizi di comunicazione, come, ad esempio, è avvenuto per le notificazioni telematiche.

Il registro riservato

È opportuno chiarire che, ai sensi dell'art. 267, comma 5, c.p.p., “in apposito registro riservato gestito, anche con modalità informatiche, e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica, sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni”.

Questa disposizione disciplina un “registro riservato”, diverso dall'archivio delle intercettazioni, che comunque può essere gestito con modalità informatiche, nel quale sono annotati, in ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni.

Il registro è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica.

Nella relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di conversione è precisato che si tratta del registro riservato già in uso nelle Procure della Repubblica, di cui è prevista una strutturazione “tendenzialmente” informatica.

In evidenza

Il “registro riservato” può “anche” essere gestito con modalità informatiche.

Esso contiene l'annotazione in ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni.

Gli interventi compiuti dal Ministero della Giustizia

Dalla relazione del Ministero della Giustizia sull'amministrazione della giustizia per il 2019, emerge che numerose sono state le attività che hanno interessato il settore delle intercettazioni.

In particolare, è stato realizzato un archivio informatico multimediale che consente l'acquisizione dei conferimenti dei fornitori dei servizi di intercettazione, la tracciatura degli accessi e la gestione della consultazione dei medesimi.

Sono state quindi installati gli hardware (rack dedicati) in tutti gli uffici, cioè, presso le 140 Procure della Repubblica, ed il software applicativo.

È stato promosso, inoltre, un piano di intervento per la messa in sicurezza di sistemi relativi alle intercettazioni in modo tale che i fornitori dei servizi di intercettazione eseguano ogni intervento di amministrazione e manutenzione dei propri sistemi utilizzando le tecnologie di gestione degli accessi privilegiati installate dal Ministero della giustizia. Dette piattaforme consentono il logging e la “videoregistrazione” di tutte le operazioni svolte durante le sessioni di lavoro.

Deve rilevarsi, peraltro, che il rinvio dell'efficacia delle nuove disposizioni, a seguito della legge di conversione n. 7 del 2020, è stato determinato, per quanto è dato desumere dalla relazione tecnica di accompagnamento al disegno di legge riguardante la conversione del d.l. n. 161 del 2019, dall'esigenza di consentire il completamento “delle complesse misure organizzative in atto, anche relative alla predisposizione di apparati elettronici e digitali”, delle attività di collaudo dei sistemi presso i singoli uffici delle Procure della Repubblica e di adeguamento dei locali, di predisposizione più efficiente del sistema informatico prescelto, di innalzamento del livello di sicurezza di quest'ultimo”.

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