Adozione in casi particolari

Alberto Figone
06 Agosto 2020

La l. n. 184/1983, pur limitando l'adozione ordinaria nell'ambito della maggiore età, ha introdotto un nuovo istituto (l'adozione di minori in casi particolari), di cui agli artt. 44-57 l. n. 184/1983, che per molti versi richiama la tradizionale forma di adozione. Vi è però una differenza fondamentale: i casi di applicazione dell'adozione in casi particolari sono tassativi ed assai circoscritti. In questi ultimi anni l'adozione in casi particolari è stata spesso utilizzata per instaurare una relazione giuridica tra il figlio del genitore biologico ed il partner di questi, soprattutto all'interno di coppie omoaffettive; di recente tale prassi ha avuto una sorta di formale imprimatur anche dalla Corte di Cassazione e dalla Corte costituzionale
Inquadramento

È ammessa innanzitutto l'adozione (in casi particolari) da parte di persone, unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado, o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre (sempre che il rapporto di filiazione sia stato costituito con entrambe le figure genitoriali). Dunque, l'adozione attribuisce un'opportuna veste giuridica ad un rapporto, che altrimenti sarebbe rimasto solo di fatto. L'art. 4 della l. 19 ottobre 2015, n. 173ha integrato il disposto dell'art. 44 comma 1 lett. a) l. n. 184/1983, prevedendo che si possa far luogo all'adozione, nella specifica fattispecie, anche quando il rapporto stabile e duraturo sia maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento familiare, di cui agli artt. 2 ss. 184/1983. L'adozione potrà così essere disposta in favore anche di una persona singola, ovvero di una coppia di conviventi (non necessariamente di sesso diverso), ove già in possesso di titolo di affidamento.

Parenti o terzi estranei

È ammessa innanzitutto l'adozione (in casi particolari) da parte di persone, unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado, o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre (sempre che il rapporto di filiazione sia stato costituito con entrambe le figure genitoriali). Dunque, l'adozione attribuisce un'opportuna veste giuridica ad un rapporto, che altrimenti sarebbe rimasto solo di fatto. L'art. 4 della l. 19 ottobre 2015, n. 173 ha integrato il disposto dell'art. 44 comma 1 lett. a) l. n. 184/1983, prevedendo che si possa far luogo all'adozione, nella specifica fattispecie, anche quando il rapporto stabile e duraturo sia maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento familiare, di cui agli artt. 2 ss. 184/1983. L'adozione potrà così essere disposta in favore anche di una persona singola, ovvero di una coppia di conviventi (non necessariamente di sesso diverso), ove già in possesso di titolo di affidamento.

Coniuge del genitore

Altro caso è quello del coniuge che adotta il figlio dell'altro coniuge. Può pensarsi innanzitutto ad un matrimonio con una persona vedova e con un figlio minore, ovvero con una persona che abbia avuto un figlio fuori del matrimonio, senza che sia stato costituito un rapporto giuridico di filiazione con l'altro genitore. È poi assai frequente che, a seguito del divorzio si costituiscano nuove famiglie, con figli nati dal precedente matrimonio: non vi è certo alcun rapporto di parentela tra il coniuge ed il figlio dell'altro coniuge, eppure la situazione di convivenza e la presenza del nuovo coniuge può avere una notevole influenza sullo sviluppo del bambino. La l. n. 183/1984 intende formalizzare, tramite l'adozione in casi particolari, un legame giuridico tra il minore ed il coniuge del genitore, che possa sopravvivere anche nel caso di scioglimento del matrimonio, ovvero di separazione, con l'assolvimento degli obblighi propri della filiazione ed il mantenimento della relazione, se rispondente all'interesse del figlio.

In evidenza

L'art. 44 l. n. 184/1983presuppone l'esistenza di un matrimonio tra l'adottante ed il genitore del minore. In questi ultimi anni, la giurisprudenza ha ammesso peraltro talora l'adozione in casi particolari anche a favore del convivente more uxorio del genitore, quando vi era espressa adesione di quest'ultimo (v. ad esempio App. Firenze 4 ottobre 2012, ined.); ciò nella ricorrenza anche dell'ulteriore presupposto dell'impossibilità di affidamento preadottivo.

Impossibilità di affidamento preadottivo

Ulteriore ipotesi di adozione in casi particolari ricorre quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo, sulla quale la dottrina ha assunto posizioni differenti. Secondo l'orientamento più rigoroso e meno recente occorrerebbe fare riferimento a quelle situazioni in cui il minore versa in stato di abbandono, ma di fatto non risulta praticabile la sua adozione piena (e, ancor prima l'affidamento preadottivo, che precede necessariamente l'adozione medesima); ciò per evitare aggiramenti ed attacchi allo stesso istituto adozionale. Può pensarsi ad un minore ormai quasi prossimo alla maggiore età, ovvero affetto da disturbi comportamentali, piuttosto che da serie patologie (Cass. 27 settembre 2013, n. 22292). In diversa prospettiva, specie dopo la riforma del 2001, si tende a dilatare la nozione di “impossibilità di affidamento preadottivo”, tale da superare lo stesso stato di abbandono; l'adozione sarebbe così praticabile, pure quando la suddetta impossibilità assuma natura giuridico-formale. In tale contesto si è ammessa l'adozione da parte del convivente del genitore del minore, quando questi, proprio perché assistito dal genitore ed anche eventualmente dai parenti, non avrebbe potuto essere dichiarato in stato di abbandono. È questa l'interpretazione attualmente più accreditata, tenuto conto che, come si vedrà, la fattispecie del minore portatore di handicap è stata espressamente prevista dalla l. n. 149/2001.

La c.d. stepchild adoption

La più recente giurisprudenza di merito, muovendo dall' interpretazione dell'art. 44 da ultimo evidenziata, ha ritenuto ammissibile l'adozione del figlio del compagno o della compagna, all'interno di una relazione tra persone dello stesso sesso, sovente legate anche da un vincolo matrimoniale contratto all'estero, in cui il figlio era frutto di un progetto familiare condiviso (quella che con la corrente terminologia anglosassone viene definita come stepchild adoption). Ciò sia in una relazione tra donne, in cui la fecondazione di una delle due era avvenuta tramite inseminazione artificiale (Trib. min. Roma 30 luglio 2004, confermata da App. Roma 23 dicembre 2015; Trib. min. Roma 22 ottobre 2015, ivi; Trib. min. Roma 30 dicembre 2014, ivi; App. Torino 27 maggio 2015; App. Milano 9 febbraio 2017; Trib. min. Bologna 6 luglio 2017), ovvero tra uomini, uno dei quali aveva fatto ricorso, all'estero, alla gestazione per altri (denominata anche, con terminologia atecnica, utero in affitto) (Trib. min. Roma 23 dicembre 2015, in IlFamiliarista.it). La recente legge sulle unioni civili 20 maggio 2016, n. 76 ha espunto la possibilità, contemplata nell'originario disegno di legge, dell'adozione (in casi particolari) da parte del partner dell'unione civile, del figlio dell'altro, tramite una progettata modifica dell'art. 44 lett. b) della l. n. 184/1983. È invece sempre stata esclusa la possibilità di adozione “piena” da parte della coppia dello stesso sesso, riservata solo ai coniugi. Sono ben noti i vivaci contrasti che avevano impedito il riconoscimento normativo espresso della stepchild adoption in una famiglia omogenitoriale. In oggi il comma 20 dell'art. 1 della nuova legge esclude espressamente che l'estensione alla parte dell'unione civile delle previsioni relative al coniuge, contemplate in disposizioni normative diverse dal codice civile, si applichi alle disposizioni di cui alla l. n. 184/1983; è previsto peraltro che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. Il testo normativo, per quanto pleonastico, pare volutamente ambiguo; non si è voluta riconoscere espressamente alla parte dell'unione civile la facoltà di adottare (con adozione in casi particolari) il figlio dell'altra (e a maggior ragione si è esclusa l'adozione “piena” per entrambi), ma nel contempo si è fatta salva l'attuale disciplina, necessariamente come interpretata dalla giurisprudenza (il c.d. “diritto vivente”). Anche la Suprema Corte (Cass. 22 giugno 2016, n. 12962) ha affermato la possibilità per la convivente della madre biologica di procedere all'adozione in casi particolari della minore; ciò nel presupposto che accanto ad una impossibilità "di fatto" di dar corso ad una affidamento preadottivo ve ne sia pure una "di diritto": ciò accade quando il minore non può essere dichiarato adottabile per mancanza di stato di abbandono morale e materiale. Osserva la pronuncia come anche il quadro della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani sia del tutto coerente con tali conclusioni, posto che si sta sempre più affermando, in particolare nei procedimenti adottivi, il principio secondo il quale il rapporto affettivo consolidato all'interno di un nucleo familiare, in senso stretto o tradizionale o comunque ad esso omologabile per il suo contenuto relazionale, deve essere conservato anche a prescindere dalla corrispondenza con rapporti giuridicamente riconosciuti (al riguardo v. V. Montaruli, Il legislatore e la giurisprudenza alle prese con nuove forme di genitorialitàin ilFamiliarista.it). Successivamente, la Cassazione, a sezioni unite, pur affermando la contrarietà con l'ordine pubblico di una pronuncia straniera, che aveva attribuito la paternità anche al marito di colui che, donando il proprio seme, aveva avuto un figlio tramite la gestazione per altri in Italia, escludendone dunque la trascrivibilità in Italia, aveva affermato come l'istituto dell'art. 44 lett. d) consentirebbe comunque l'attribuzione nel nostro Paese di un vincolo genitoriale (Cass. 8 maggio 2019, n. 12193). Nello stesso senso, in relazione ad un atto di nascita formato in Italia, dichiarato illegittimo, dove il bambino risultava figlio della madre biologica e della compagna di lei, che aveva condiviso il progetto di genitorialità, v. Cass. 22 aprile 2020, n. 8029. Del resto, la stessa Corte costituzionale, richiamando l'art. 44 lett. d) l. 184/1983, ha evidenziato come l'orientamento sessuale del genitore non incida sull'assunzione della relativa responsabilità verso i figli.

Minore portatore di handicap

La l. n. 149/2001 ha introdotto un quarto caso di adozione in casi particolari, novellando l'art. 44 l. n. 184/1983. Si fa riferimento a minore affetto da handicap, ai sensi della l. n. 104/1992, che sia orfano di padre e madre. L'intento è senz'altro positivo; evidente il favor verso una categoria di minori, che potrebbero essere esclusi dall'adozione piena e sarebbero costretti a vivere in istituto fino alla maggiore età. La previsione tuttavia potrebbe rivelarsi controproducente, ove si consideri l'ampia nozione di handicap di cui all'art. 3 l. n. 104/1992, che potrebbe essere invocata anche per bambini, che ben potrebbero accedere all'adozione piena.

Requisiti degli adottanti e dell'adottando

L'adozione in casi particolari è consentita oltre che ai coniugi, anche a chi con è coniugato (è questa comunque l'ipotesi comune in caso di adozione del figlio del coniuge), e pure potrebbe trattarsi, come si è visto, di conviventi more uxorio (senza che necessariamente il minore debba essere figlio di uno dei due). Si tratta di un elemento che differenzia notevolmente detta forma di adozione da quella piena. Se tuttavia l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere disposta solo a fronte di domanda di entrambi i coniugi.

Si è così, inizialmente, precisato in giurisprudenza che le persone single non potrebbero ottenere il riconoscimento in Italia del provvedimento di adozione di minore, pronunciato all'estero con gli effetti dell'adozione piena, ma solo con gli effetti dell'adozione in casi particolari (Cass. 14 febbraio 2011, n. 3572). Si tratta peraltro di un principio rigido, in più occasioni smentito in sede di merito: cfr. Trib. Min. Genova 8 settembre 2017; App. Potenza 9 aprile 2020, in funzione di una sempre più incisiva realizzazione del superiore interesse del minore, immanente in tutto l'ordinamento giuridico.

Si richiede poi una differenza di età di almeno 18 anni tra l'adottante e l'adottato, nei soli casi di adozione da parte dei parenti o terzi, legati da uno stabile rapporto con il minore orfano, ovvero di constatata impossibilità di affidamento preadottivo, come dispone l'ultimo comma dell'art. 44 l. n. 183/1984, nel sesto sostituito dalla l. n. 149/2001. In precedenza la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima la norma, nella sua originaria formulazione, là dove prevedeva detta differenza di età pure nel caso di adozione da parte del coniuge del genitore (C. cost. 2 febbraio 1990, n. 44).

Consensi ed assensi

Ai fini dell'adozione è richiesto il consenso dell'adottante e dell'adottando, che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età; se di età minore, il consenso è prestato dal legale rappresentante (genitore, ovvero tutore), sempre che il genitore non sia stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale (art. 45 l. n. 184/1983); in questo caso si farà luogo alla nomina di un curatore speciale. Se il minore ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età inferiore può esserlo, in considerazione della sua capacità di discernimento. Si tratta di un principio che oggi trova una regolamentazione più generale nell'art. 315-bis c.c.. Occorre altresì l'assenso dei genitori e del coniuge dell'adottando (ipotesi, quest'ultima, ben rara nella pratica, presupponendosi che il minore abbia già contratto matrimonio).

A sua volta, l'art. 46 l. n. 184/1983 prevede che ove l'assenso del genitore del minore sia negato, il tribunale minorile, su istanza dell'adottante, possa pronunciare ugualmente l'adozione, qualora ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse del minore; la norma peraltro fa salva il rifiuto proveniente dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o dal coniuge. In altri termini, potrà essere superato solo il rifiuto opposto dai genitori (o dal genitore) cui i figli non siano stati affidati. Solo l'affidamento, in forma condivisa, ovvero esclusiva, attribuisce infatti al genitore l'esercizio della responsabilità genitoriale (con conseguente efficacia preclusiva del suo dissenso all'adozione: cfr. al riguardo Cass. 18 maggio 2011, n. 10265). Nella giurisprudenza più recente, si evidenzia un tentativo di superare la rigidità della previsione normativa. Si è infatti che il mancato assenso del genitore, esercente la relativa responsabilità, potrebbe essere superato, ove accertata la disgregazione del contesto familiare d'origine del minore, in conseguenza di un rapporto affettivo fra questi ed il genitore dissenziente (Cass. 16 luglio 2018, n. 18827) Ad ogni buon conto, la Corte costituzionale aveva già dichiarato l'illegittimità degli artt. 45 e 56 l. n. 184/1983, nella parte in cui prevedevano il consenso, anziché l'audizione, del legale rappresentante del minore (ossia il genitore) (C. cost. 18 febbraio 1988, n. 182). Del pari, l'adozione potrà essere pronunciata ugualmente per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimere il loro assenso.

Ha precisato la Suprema Corte come, nel procedimento, non sia prevista ex lege la designazione di un curatore speciale al minore, che può avere luogo solo quando il giudice ravvisi uno specifico conflitto di interessi tra il minore ed il genitore, che dia il proprio assenso all'adozione (Cass. 22 giugno 2016, n. 12962).

Competenza

Competente a pronunciare l'adozione in casi particolari è sempre il tribunale minorile (del luogo di residenza del minore), da adirsi con ricorso.

Effetti

L'adozione produce i suoi effetti dalla data della pronuncia del tribunale; fino al deposito della sentenza, adottante e adottato possono revocare il loro consenso (è a quella data che deve sussistere il requisito della minore età dell'adottando, essendo irrilevante il raggiungimento della maggiore età nei successivi gradi giudizio: Cass. 15 luglio 2014, n. 16174). In caso di morte di uno dei coniugi, dopo la prestazione del consenso, ma prima della sentenza, l'adozione potrà essere pronunciata su richiesta del superstite ed avrà effetto dalla morte dell'adottante (art. 47 l. 184/1983).

Se il minore è adottato da due coniugi o dal coniuge del genitore, la responsabilità genitoriale ed il relativo esercizio spettano ad entrambi; l'adottante ha l'obbligo di mantenere, istruire ed educare (ed oggi, in forza del richiamo all'art. 147 c.c., pure di assistere moralmente) il minore. L'identità di ratio impone di estendere il medesimo principio nel caso in cui sussista vincolo di convivenza tra il genitore e l'adottante (di sesso diverso, ovvero uguale), ovvero quando gli stessi siano parti di un'unione civile fra persone dello stesso sesso. I genitori sicuramente non rappresentano più il figlio negli atti civili e non ne amministrano il patrimonio; al contrario anche ad essi compete l'attività di guida e di controllo. D'altra parte i genitori d'origine, salvo diverso provvedimento del giudice, hanno facoltà di vedere e tenere con sé il figlio, e si troverebbero in situazione analoga a quella del genitore separato non affidatario. Naturalmente potrebbe accadere che essi già siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale e che addirittura sussista situazione di abbandono; in tal caso, sarebbero esclusi pure dall'attività di guida e di controllo, ma non dall'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio. In presenza di situazione di abbandono il tribunale potrebbe ragionevolmente percorrere la strada dell'adozione piena, tendenzialmente in favore di un coppia coniugata diversa da quella che eventualmente avesse presentato domanda di adozione in casi particolari, per rescindere ogni legame, anche di fatto, tra il minore e la famiglia d'origine. In caso di crisi della famiglia, di seguono le ordinarie previsioni sull'affidamento (Trib. Padova 6 giugno 2018).

Se il minore ha beni propri, l'amministrazione spetta all'adottante, il quale, pur essendo privo dell'usufrutto legale, può impiegare le rendite per spese nell'interesse del minore, con l'obbligo di investire l'eventuale eccedenza in modo fruttifero (art. 48 l. 184/1983). In presenza di beni, sussiste un obbligo di inventario a carico dell'adottante (art. 49 l. 184/1983).

Effetto specifico (che ancora assimila l'adozione in esame a quella ordinaria) è quella per cui l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio (v. l'art. 55, che richiama l'art. 299 c.c.). Ma i più significativi effetti dell'adozione in casi particolari sono quelli successori. Il citato art. 55 richiama, tra l'altro, l'art. 304 c.c.: si conferma il principio per cui nessun diritto di successione è attribuito all'adottante nei confronti dell'adottato, e tanto meno della famiglia di lui. La posizione ereditaria del figlio adottivo è invece equiparata a quella del figlio nato nel matrimonio.

Controversa è la questione se l'adozione in casi particolari instauri vincoli di parentela tra adottante e adottato. La soluzione positiva potrebbe indursi dal fatto che il nuovo art. 74 c.c. fa oggi riferimento, ai fini della parentela, ai figli adottivi, senza alcuna specificazione quanto alla tipologia di adozione. Nel contempo, l'art. 74 c.c. esclude espressamente dalle fonti della parentela l'adozione di maggiorenni, le cui disposizioni, come si è visto, sono per lo più richiamate dall'art. 55 l. n. 184/1983. Potrebbe anche prospettarsi una soluzione intermedia, tale da ammettere o escludere la parentela, a seconda delle varie fattispecie legittimanti l'adozione in casi particolari. In particolare, nella stepchild adoption, quando il genitore biologico sia uno solo, dovrebbe affermarsi la sussistenza di una relazione giuridicamente strutturata con i parenti dell'adottante. A queste ultime conclusioni è pervenuta una recente decisione di merito, in nome del perseguimento del superiore interesse del minore, in relazione al vincolo fra fratelli, siccome nati dalla stessa madre ed adottati dalla compagna di lei (Trib. min. Bologna 3 luglio 2020).

Revoca

È ammessa, come per l'adozione ordinaria di maggiorenne, facoltà di revoca, seppure in casi tassativi di cui all'art. 51 l. 184/1983; in presenza di situazioni assai gravi di deterioramento delle relazioni fra le parti, non si vuole conservare un rapporto che non ha dato buona prova. La revoca opera ove l'adottato, maggiore di anni 14, abbia attentato alla vita dell'adottante, del coniuge, dei discendenti o ascendenti, ovvero se si sia reso colpevole di gravi reati nei loro confronti. La richiesta è presentata, rispettivamente dall'adottante (e nel caso di morte di questi, a seguito dell'attentato, da coloro che sarebbero eredi se non vi fossero l'adottato ed i suoi discendenti) o dall'adottato. Altro caso riguarda la violazione dei doveri cui l'adottante è tenuto (mantenimento, istruzione, educazione del minore): a promuovere la procedura sarà il pubblico ministero presso il tribunale minorile. In caso di revoca, il tribunale dovrà assumere i provvedimenti opportuni, ai sensi degli artt. 330 ss. c.c.circa la cura della persona del minore, la rappresentanza e l'amministrazione dei suoi beni; potrebbe così ove del caso collocare il minore presso i genitori d'origine, parenti o terzi, reintegrare i genitori nella responsabilità genitoriale, assumere provvedimenti convenienti ex art. 333 c.c., ma pure effettuare segnalazione al giudice tutelare, per la nomina di un tutore.

Casistica

CASISTICA

Adozione del figlio del coniuge

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 45, 2° comma, l. 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui per l'adozione di minore infraquattordicenne richiede necessariamente il consenso del legale rappresentante del minore anziché la sua semplice audizione in merito (C. Cost. 18 febbraio 1988, n. 182

, in Foro it. 1988, I, 2802).

L'intervenuta separazione di fatto tra i coniugi, nelle more del procedimento di adozione del figlio di uno dei due, non esclude l'accoglimento della domanda, ove il provvedimento risulti conforme all'interesse del minore (Cass. 19 novembre 2011, n. 21651, in Fam. dir. 2012, 727).

Il dissenso del genitore biologico del figlio, se esercente la potestà (ora responsabilità) genitoriale, preclude la possibilità di adozione da parte del coniuge del genitore (Cass. 10 maggio 2011, n. 10265, in Foro it. 2012, 822).

Il giudice può disporre l'adozione in casi particolari, anche senza il consenso del genitore non esercente la responsabilità genitoriale, purché sia rispettato l'interesse del minore (App. Napoli 27 aprile 2011, in Corr. mer. 2011, 571).

Il consenso del genitore biologico all'adozione in casi particolari può indursi anche da una dichiarazione resa all'interno di un procedimento per la declaratoria di stato di abbandono del minore (Cass. 12 gennaio 2010, n. 260)

Adozione a favore del convivente del genitore

Può essere accolta la domanda di adozione in casi particolari da parte del convivente del genitore del minore, ove ritenuta rispondente all'interesse del minore (App. Firenze 4 ottobre 2012, ined.)

Impossibilità di affidamento preadottivo (stepchild adoption)

Il requisito della "impossibilità di affidamento preadottivo", previsto dall'art. 44, comma 1, lett. d), l. 4 maggio 1983, n. 184 deve essere interpretato in modo da ricomprendervi tutte le ipotesi in cui, pur in difetto dello stato di abbandono, sussista in concreto l'interesse del minore a vedere riconosciuti i legami affettivi sviluppatisi con altri soggetti, che ne prendano cura; senza che possa darsi rilievo all'orientamento sessuale di chi richiede l'adozione e alla conseguente natura della relazione da questo stabilita con il proprio partner (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962). Non può riconoscersi efficacia al provvedimento giurisdizionale straniero, con cui sia stato dichiarato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero, a mezzo di maternità surrogata, e il partner maschile del padre biologico, entrambi cittadini italiani, coniugati all'estero; diversamente potrebbe riconoscersi efficacia al provvedimento giurisdizionale straniero che abbia dichiarato il rapporto di filiazione tra il nato e la partner femminile della madre biologica, ove non sussista surrogazione di maternità; nel primo caso, il rapporto di genitorialità potrebbe acquistare rilevanza, con il ricorso ad altri strumenti giuridici, come l'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, lett. d), L. n. 184/1983. (Cass. DS.U. 8 maggio 2019, n. 12193) La nozione di impossibilità di affidamento preadottivo attiene all'ipotesi di mancato reperimento (o rifiuto) di aspiranti all'adozione piena, essendo le fattispecie contemplate dall'art. 44 l. n. 184/1983 di stretta e rigorosa interpretazione (Cass. 27 settembre 2013, n. 22292). L'adozione in casi particolari non richiede uno stato di abbandono dell'adottato, ma l'impossibilità di affidamento preadottivo; non rappresenta ostacolo, di per sé, la condizione omosessuale di chi intenda adottare la figlia della convivente, quando risulta accertata in concreto l'idoneità genitoriale dell'adottante e la corrispondenza dell'adozione all'interesse delle minore (Trib. min. Roma 30 luglio 2014, in Foro it., 2014, I, 2743). Il Tribunale per i minorenni di Roma ha disposto con sentenza, divenuta nel frattempo definitiva, l'adozione in casi particolari a favore del padre sociale di un bambino, nato all'estero da maternità surrogata (Trib. min. Roma 23 dicembre 2015)

Profili processuali

Il genitore è legittimato ad impugnare il provvedimento di adozione in casi particolari, ancorché decaduto dall'esercizio della responsabilità genitoriale, permanendo la qualità di parte nel relativo procedimento (Cass. 18 aprile 2012, n. 6051, in Fam. dir. 2013, 160)

Adozione del single all'estero

Le persone single non possono ottenere il riconoscimento in Italia di adozione pronunciato all'estero con gli effetti dell'adozione pi quelli dell'adozione in casi particolari (Cass. 14 febbraio 2011, n 2011, I, 728)

Sommario