Valido il patto fiduciario immobiliare privo di forma scritta
11 Agosto 2020
Massima
Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s'innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario. La dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, ricognitiva dell'intestazione fiduciaria dell'immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell'art. 1988 c.c., un'astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell'onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria. Il caso
L'attore conviene in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, sez. dist. di Frattamaggiore, il fratello, la di lui moglie e la vedova di un altro fratello. L'esponente deduce che, con il suo denaro, i convenuti hanno acquistato da un terzo degli immobili e, in base agli accordi verbali intercorsi fra le parti, si sono impegnati a ritrasferire i beni a lui, vero dominus dell'affare. L'attore lamenta l'inadempimento del patto fiduciario e chiede che venga dichiarata l'interposizione reale dei convenuti, relativamente all'acquisto immobiliare. Il medesimo produce, quindi, come prova, due scritture private, sottoscritte rispettivamente da ciascuna cognata, successivamente all'acquisto, con le quali le dichiaranti danno atto che l'attore è il vero proprietario degli immobili e si impegnano al trasferimento a semplice richiesta dei beni al medesimo o a persona da lui designata. L'esponente chiede pertanto che venga emessa una sentenza costitutiva, ai sensi dell'art. 2932 c.c., per ottenere il trasferimento immobiliare, in esecuzione dell'obbligo assunto dai fiduciari. La lite viene definita transattivamente con il fratello e la di lui moglie e prosegue, invece, con l'altra cognata. Il Tribunale accoglie la domanda attorea: riconosce la natura fiduciaria dell'intestazione e l'obbligo di ritrasferire al fiduciante il diritto di proprietà. Successivamente, la Corte d'appello di Napoli conferma la pronuncia di primo grado. La stessa premette che il negozio fiduciario richiede la forma scritta ad substantiam, sicché l'accordo fiduciario verbale intercorso fra le parti è nullo in mancanza di tale requisito. Tuttavia, attribuisce rilevanza alla dichiarazione scritta della cognata. Tale atto avrebbe, da un lato, valenza confessoria, nella parte relativa al riconoscimento che il cognato ha completato il fabbricato e versato tutte le tasse e spese, dall'altro, natura negoziale, nella parte contenente l'impegno al trasferimento. La Corte territoriale sostiene, infatti, che vi sia un collegamento negoziale tra l'atto di compravendita, con cui la cognata ha acquistato gli immobili dal terzo, e la successiva scrittura unilaterale, con la quale l'intestataria dei beni si impegna a trasferire gli stessi al fiduciante. Detto impegno non costituisce infatti negozio autonomo, ma è elemento dell'operazione fiduciaria. La cognata ricorre, pertanto, in Cassazione. Lamenta che la sentenza impugnata equipara il patto fiduciario al contratto preliminare, ritenendo necessaria, a pena di nullità, la forma scritta. Se, infatti, è da considerarsi nullo il patto fiduciario verbale per mancanza di forma, allora vi è un salto logico nell'assegnare natura negoziale alla parte della dichiarazione unilaterale scritta, con cui l'intestataria si impegna a trasferire l'immobile. Tale dichiarazione negoziale è perciò carente di causa, giacché la stessa non può rinvenirsi, a monte, in un patto fiduciario verbale ritenuto nullo. La Cassazione è dunque chiamata a pronunciarsi sulla natura e efficacia della scrittura privata sottoscritta dal fiduciario, quale titolo sotteso all'obbligo di trasferimento riconosciuto in capo alla ricorrente. La causa viene assegnata alle Sezioni Unite, per risolvere il contrasto giurisprudenziale in merito alla forma del patto fiduciario immobiliare. La questione
La questione, che trae origine dalla concezione secondo cui il patto fiduciario, avente ad oggetto un diritto reale immobiliare, richiederebbe ai fini della validità il requisito della forma scritta, è formulata sotto due profili – l'uno generale l'altro specifico – come segue: a) in generale, se tale forma scritta debba ritenersi rispettata da una dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, che risulti espressione della causa fiduciaria esistente in concreto, pur se rinvenibile all'interno di un accordo verbale tra fiduciante e fiduciario; b) in particolare, se titolo per il ritrasferimento dell'immobile al fiduciante debba necessariamente essere un accordo fiduciario tra le parti, scritto e coevo all'acquisto, oppure sia sufficiente un atto unilaterale, ricognitivo, posteriore e scritto del fiduciario, da cui risulti l'impegno al ritrasferimento, in esecuzione di quanto precedentemente convenuto verbalmente fra le parti. Le soluzioni giuridiche
La Corte precisa che il negozio fiduciario non si presenta come un'unica fattispecie, ma come una casistica: sotto un unico nome si riconducono operazioni diverse per struttura, funzione e effetti pratici. La fattispecie in esame si caratterizza per essere un acquisto immobiliare da terzi, compiuto dal fiduciario in nome proprio, ma con mezzi del fiduciante. Le Sezioni Unite, premessi brevi cenni sul dibattito dottrinale e giurisprudenziale in merito al fondamento causale e alla natura del negozio fiduciario, si concentrano sull'individuazione della regola di dettaglio, in grado di risolvere il caso pratico. In particolare, la forma dell'impegno con cui il fiduciario si obbliga nei rapporti interni verso il fiduciante a ritrasferigli i beni immobili, in forza del pactum fiduciae. La Corte illustra le tesi che si sono contrapposte in giurisprudenza sul punto. La tesi prevalente ritiene necessaria per la validità del patto fiduciario immobiliare la forma scritta, in quanto lo stesso, sotto il profilo dell'obbligo di trasferimento da parte del fiduciario, è assimilabile al contratto preliminare. Pertanto, si applica, in via analogica, l'art. 1351 c.c., che prescrive la forma per relationem. Stante il requisito della forma scritta ad substantiam, costituisce valida fonte dell'obbligazione di ritrasferire solo un atto negoziale avente struttura bilaterale e dispositiva. Incombe sul fiduciante l'onere di provare l'esistenza dell'accordo fiduciario scritto, precedente o coevo all'acquisto. In tale prospettiva, l'atto unilaterale ricognitivo ex post del fiduciario non consente di supplire alla mancanza della forma scritta del pactum fiduciae e, pertanto, non vale né come elemento integrante del contratto fiduciario né come prova. La tesi più recente, minoritaria, sostiene, invece, che l'accordo fiduciario non necessita della forma scritta ai fini della validità, poiché il requisito di forma verrebbe soddisfatto dalla successiva dichiarazione unilaterale, per iscritto, del fiduciario, dalla quale emerge la causa fiduciaria espressa verbalmente tra le parti. Detta dichiarazione unilaterale, volta ad attuare il patto fiduciario precedente, costituisce un'autonoma fonte dell'obbligazione e consente di ottenere il rimedio di cui all'art. 2932 c.c. Tale tesi muove dalla constatazione della prassi, per cui frequentemente l'accordo fiduciario non è scritto e l'intestatario del bene si impegna unilateralmente a modificare in un futuro la situazione in base agli accordi presi con l'altro soggetto. Detto orientamento è sostenuto dalla Cass. 10633/2014, la quale fa leva sulla Cass. 20051/2013 relativa al mandato senza rappresentanza immobiliare. Quest'ultima, invero, afferma che la dichiarazione unilaterale scritta dal mandatario anche a posteriori, che contenga un preciso impegno e una sufficiente indicazione degli immobili da trasferire, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art 2932 c.c. Le Sezioni Unite criticano il ragionamento alla base dell'orientamento giurisprudenziale dominante. Quest'ultimo infatti parte dall'analogia, sul piano effettuale, tra contratto preliminare e patto fiduciario, con conseguente estensione dell'art. 1351 c.c. al patto fiduciario. In sostanza, si riconosce l'esistenza di un collegamento tra l'art. 1351 c.c. e l'art. 2932 c.c. Tuttavia, per la Corte non è condivisibile il principio per cui, riferendosi l'art. 2932 c.c. a tutti i contratti produttivi di un obbligo a contrarre, anche l'art. 1351 c.c. debba estendersi a tutti i contratti che obbligano i contraenti a stipulare un ulteriore negozio formale. In questo senso, l'art. 1351 c.c. non riguarderebbe soltanto il contratto preliminare, ma ogni negozio fonte di successivi obblighi a contrarre. Le Sezioni Unite, in considerazione di quanto sopra esposto, ritengono che l'orientamento attualmente prevalente debba essere rimeditato. L'attenzione va posta al rapporto che si realizza mediante un acquisto da parte del fiduciario, per conto del fiduciante, direttamente da un terzo. In tale ipotesi, il pactum fiduciae – con cui il fiduciario si obbliga a gestire la posizione giuridica di cui è investito secondo modalità predeterminate e a ritrasferire la stessa al fiduciante – è assimilabile al mandato senza rappresentanza e non al contratto preliminare. Il mandato (in nome proprio) e il negozio fiduciario si presentano entrambi come espressioni dell'interposizione reale di persona: in particolare, nel caso di soggetto che abbia acquistato un immobile utilizzando la provvista di altri e sulla base delle istruzioni ricevute. Le norme applicabili in tale ipotesi, sia che si tratti di mandato o di fiducia sono comunque le stesse. Quanto, invece, al rapporto tra contratto preliminare e patto fiduciario, tali figure sono destinate a perseguire assetti di interessi diversi. Nel preliminare l'effetto obbligatorio è strumentale all'effetto reale, e lo precede; nel contratto fiduciario l'effetto reale viene prima e sullo stesso si innesta l'effetto obbligatorio. La funzione di quest'ultimo non è propiziare un effetto reale già prodotto, ma conformarlo in coerenza con l'interesse delle parti. Ne deriva che l'obbligo di trasferire, nel preliminare, realizza la consueta funzione commutativa, invece il medesimo obbligo, nel patto fiduciario, serve essenzialmente per neutralizzare il consolidamento abusivo di una situazione patrimoniale vantaggiosa per il fiduciario a danno del fiduciante. Peraltro, nel preliminare, l'obbligo nascente dallo stesso si riferisce alla prestazione del consenso relativo alla conclusione di un contratto causale tipico (quale la vendita); la conseguenza è che il successivo atto traslativo è qualificato da una causa propria ed è perciò improntato ad una funzione negoziale tipica. Diversamente, nell'atto di trasferimento del fiduciario – come nel mandato senza rappresentanza (art. 1706 c.c., comma 2) – si ha un'ipotesi di pagamento traslativo, poiché l'atto di trasferimento si identifica in un negozio traslativo di esecuzione, il quale trova il proprio fondamento causale nell'accordo fiduciario e nell'obbligazione di dare che da esso ne deriva. La Corte riconduce allo schema tipico del mandato senza rappresentanza il patto fiduciario, che si innesta sull'intestazione in capo al fiduciario di un bene da questo acquistato, utilizzando la provvista fornita dal fiduciante. Tale mandato senza rappresentanza è un contratto tipico "a struttura debole", ossia che non necessita del requisito di forma per essere valido. Per analogia, il principio della libertà di forme si applica anche al patto fiduciario. Pertanto, tale patto può essere concluso anche verbalmente e costituisce fonte di obbligazione. Infatti, è un atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario, che esplica effetti obbligatori fra le parti. La forma scritta è, invece, imposta per gli atti traslativi immobiliari ai sensi dell'art. 1350 c.c.. Pertanto, il requisito di forma è richiesto soltanto per il contratto iniziale di acquisto del fiduciario dal terzo e in quello finale di ritrasferimento dell'immobile al fiduciante. Quanto all'art. 1351 c.c., che prevede la forma per relationem, è norma eccezionale, come tale non suscettibile di applicazione analogica, e neppure di applicazione estensiva, attesa l'autonomia e la netta distinzione della figura del mandato (e del patto fiduciario) rispetto al contratto preliminare. Quanto all'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto ai sensi dell'art. 2932 c.c., essa è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad altro negozio, sia in relazione ad un atto o fatto, dai quali detto obbligo possa discendere ex lege. Il rimedio dell'esecuzione in forma specifica non è legato alla forma del negozio da cui deriva l'obbligo di contrattare. Le Sezioni Unite concludono, dunque, per l'ammissibilità del patto fiduciario concluso verbalmente. Tale tesi consente di riconciliare la soluzione giurisprudenziale con la storia e con l'esperienza pratica del negozio fiduciario. Spesso il patto è caratterizzato dalla segretezza; inoltre le parti per motivi di opportunità, di lealtà e di fiducia reciproca sono restie a mettere per iscritto quanto concordato. Il formalismo rischierebbe, pertanto, di escludere la rilevanza pratica della fiducia. Quanto invece alla dichiarazione unilaterale del fiduciario, scritta ex post, essa rileva solo ai fini della prova. Infatti, non è autonoma fonte di obbligazione, ma è una promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 c.c., che crea una astrazione processuale. In tal caso, infatti, il rapporto fondamentale si presume fino a prova contraria, sollevando il fiduciante dall'onere di provare il patto fiduciario concluso verbalmente. Osservazioni
Le Sezioni Unite affrontano una figura giuridica molto discussa, che è stata capace di sopravvivere nel tempo e le cui origini si rinvengono nel diritto romano: il negozio fiduciario. L'istituto non è disciplinato dal codice civile, ma – come dimostra il dato empirico – resta di estrema attualità. Sono, infatti, molteplici le operazioni negoziali fondate sulla fiducia e poste in essere per soddisfare esigenze pratiche. Va precisato che, sul piano della meritevolezza dell'interesse perseguito dalle parti, trova certamente più spazio, rispetto alla fiducia cum creditore (visto il divieto del patto commissorio, ai sensi dell'art. 2744 c.c.), la fiducia cum amico. Quest'ultima generalmente ricorre quando un soggetto, affidandosi alla lealtà di un altro, gli conferisce un potere di amministrazione su un bene e quest'altro si obbliga a seguire le istruzioni, in base a quanto convenuto nel patto fiduciario. In tali casi la fiducia si distingue in dinamica e statica. Nella prima ipotesi la posizione fiduciaria deriva da un atto traslativo, in funzione strumentale, dal fiduciante al fiduciario. Per converso, nella fiducia statica, tale trasferimento è mancante e, come nel caso in esame, il fiduciario è già proprietario del bene, in base ad un acquisto compiuto dal terzo e si obbliga a trasferirlo al fiduciante o a persona di sua fiducia, a semplice richiesta. Spesso le interposizioni reali create con il negozio fiduciario giungono all'attenzione dell'interprete nella loro fase patologica. In particolare, nei casi di inerzia o di abuso del fiduciario, con conseguente mancato trasferimento del bene al fiduciante. In tali circostanze, superato un problema di inquadramento del negozio, l'attenzione si concentra sul patto fiduciario, lasciando emergere le sue criticità. Lo stesso infatti non è opponibile ai terzi, poiché è un atto meramente interno, che produce effetti obbligatori solo fra le parti. Esso, in concreto, costituisce l'unico limite alla posizione del fiduciario, che ha la piena titolarità del bene, anche di fronte ai terzi. Tale impostazione deriva dal fatto che l'acquisto compiuto dal fiduciario si fonda sulla fiducia romanistica, per cui pieno proprietario degli immobili è esclusivamente il fiduciario (salvo rari casi eccezionali, non è infatti ammessa la fiducia germanistica, che prevede a favore di soggetti diversi una scissione tra titolarità del diritto e legittimazione all'esercizio dello stesso). Il principio della tipicità dei diritti reali non consente, infatti, al nostro ordinamento di tollerare la proprietà temporanea, tanto che il diritto dominicale è perpetuo per definizione. Si può, pertanto, rilevare come il patto fiduciario, vincolando solo le parti, è caratterizzato, in un certo senso, da un'alea. Il fiduciante accetta, infatti, il rischio di perdere il bene a causa dell'inerzia o dell'abuso del fiduciario. Se il bene in proprietà del fiduciario è aggredito dai suoi creditori o venduto a terzi, il fiduciante non può più conseguirne la titolarità. Tuttavia, se il fiduciario inadempiente è ancora proprietario del bene, il fiduciante può esperire il rimedio ai sensi dell'art 2932 c.c., che consente di ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di trasferire nascente dal patto fiduciario. Detto obbligo deve però risultare da un titolo valido e il problema si pone quando, come accade frequentemente nella prassi, il patto fiduciario immobiliare è concluso verbalmente. Diverse sono state le pronunce della giurisprudenza volte a superare la tesi dominante e tradizionale, secondo cui il negozio fiduciario, quando inerisce al trasferimento di beni immobili, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, quale elemento essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c.. Una soluzione è stata quella di ritenere atto dispositivo la dichiarazione, successiva, scritta, del fiduciario. In tal caso, per superare il contrasto tra la struttura unilaterale della stessa e la bilateralità del pactum fiduciae, è stato sostenuto il principio secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura contro la parte dalla quale proviene equivale a perfezionamento dell'accordo bilaterale. Altra giurisprudenza giunge alla stessa conclusione, affermando però che la dichiarazione unilaterale ex post del fiduciario ha una propria "dignità" ed è fonte autonoma di obbligazione, in quanto volta ad attuare il pactum preesistente. In conclusione, si può osservare che, in un quadro giurisprudenziale contrastante, ove sino ad ora era dominante il principio secondo cui il patto fiduciario immobiliare richiedeva la forma scritta ad substantiam, la decisione delle Sezioni Unite è certamente innovativa. Con la pronuncia in commento, infatti, la Corte assume una posizione netta, che si discosta dai precedenti orientamenti. Il patto concluso verbalmente è infatti considerato valido e consente al fiduciante, in caso di inerzia del fiduciario, di ricevere idonea tutela, agendo in giudizio con la domanda ex art. 2932 c.c.. In tali circostanze, non sarà agevole per il fiduciante provare un patto stipulato verbalmente, ma qualora lo stesso fosse in grado di produrre nel procedimento un atto unilaterale ricognitivo proveniente dal fiduciario, l'onere della prova risulterà invertito.
|