I nuovi interventi introdotti dal decreto-legge c.d. “Agosto”

Claudio Sottoriva
Andrea Cerri
14 Agosto 2020

Il Decreto Agosto (d.l. 14 agosto 2020, n. 104, pubblicato sul S.O. n. 30/L della Gazzetta Ufficiale n. 203) prevede alcuni ulteriori interventi per facilitare la gestione aziendale nella fase post Covid-19.Si presentano in sintesi alcuni dei provvedimenti in materia societaria ritenuti di parti-colare interesse.
Premessa

Nell'ambito della gestione aziendale, il D.L. 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. Decreto Agosto) dispone, tra l'altro, i seguenti interventi:

  • la proroga della possibilità di svolgimento delle assemblee di società con modalità “remota”;
  • l'introduzione della possibilità di una rivalutazione generale dei beni d'impresa e delle partecipazioni risultati dai bilanci degli esercizi in corso al 31 dicembre 2019;
  • l'introduzione di un credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche.
Lo svolgimento delle assemblee di società

Il comma 1 dell'art. 71 del decreto-legge prevede che alle assemblee delle società per azioni, delle società in accomandita per azioni, delle società a responsabilità limitata, delle società cooperative e delle mutue assicuratrici convocate entro il 15 ottobre 2020 continuano ad applicarsi le disposizioni dei commi da 2 a 6 dell'articolo 106 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Decreto Cura Italia) convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.

La previsione dell'introduzione di una rivalutazione generale dei beni d'impresa e delle partecipazioni risultati dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019

Al fine di rafforzare patrimonialmente le società, l'art. 110 del decreto-legge introduce la previsione della facoltà di procedere ad una rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

In particolare, è previsto che, i soggetti indicati nell'art. 73, comma 1, lettere a) e b), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di esercizio, possono, anche in deroga all'art. 2426 c.c. e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Il comma 2 dell'art. 110 del decreto-legge prevede che la rivalutazione:

- debba essere eseguita nel bilancio o nel rendiconto dell'esercizio successivo a quello di cui al comma 1;

- possa essere effettuata distintamente per ciascun bene;

- debba essere annotata nell'inventario e nella nota integrativa.

Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento, da versare con le modalità indicate al comma 6 dell'art. 110 del decreto-legge.

Il maggior valore attribuito ai beni e alle partecipazioni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive a decorrere dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e per i beni non ammortizzabili.

Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni e delle partecipazioni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

Le imposte sostitutive di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 110 del decreto-legge devono essere versate in un massimo di tre rate di pari importo di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi. Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi della sezione I del capo III del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

Premesso che la rivalutazione dei beni d'impresa non è ammessa dal Codice Civile se non in presenza di specifiche disposizioni di legge (l'art.2426 c.c. stabilisce, infatti, che le immobilizzazioni devono essere iscritte in bilancio al costo d'acquisto o di produzione; deroghe a tale criterio sono consentite solo in casi eccezionali e in particolar modo quando previste da specifiche disposizioni di legge), la finalità che si intende perseguire con le disposizioni sulla rivalutazione è quella di permettere, ai soggetti ammessi dalla norma, in deroga all'art.2426 c.c., l'adeguamento ai valori effettivi della rappresentazione contabile dei beni e delle partecipazioni, permettendo altresì il riconoscimento fiscale di detti maggiori valori mediante il sostenimento di un costo fiscale ridotto rispetto alla tassazione che sarebbe normalmente applicabile.

E' quindi ammessa anche una rivalutazione effettuata ai soli fini civilistici senza esborso di imposte sostitutive per il riconoscimento fiscale.

La possibilità di rivalutazione è prevista per i beni e le partecipazioni iscritti tra le immobilizzazioni (sono quindi esclusi quelli considerati beni merce e iscritti, pertanto, tra le rimanenze di cui alla classe I della macroclasse C) dell'attivo circolante dello Stato patrimoniale), strumentali e non strumentali con la sola esclusione delle aree fabbricabili, risultanti dal bilancio in corso al 31.12.2019. Sono, quindi, ad esempio rivalutabili:

- i fabbricati strumentali per destinazione: qualunque categoria catastale, purché utilizzati direttamente dall‘impresa;

- i fabbricati strumentali per natura: solo categorie catastali A/10 - C - D - E, se non direttamente dall'impresa;

- i fabbricati non strumentali: solo categorie catastali da A1 ad A11 escluso A10, se non utilizzati direttamente dall'impresa;

- i terreni agricoli o, comunque, non a destinazione edificatoria.

La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio (rendiconto per gli enti) dell'esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2019 e, quindi, nel bilancio relativo al 2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare.

E'opportuno precisare che la rivalutazione introdotta dal d.l. n. 104/2020 consiste nel fatto che l'operazione può riguardare i singoli beni immobilizzati e non necessariamente l'intera categoria omogenea cui essi appartengono. È un aspetto che appare di particolare interesse soprattutto se si decide di rivalutare gli immobili, perché la regola generale di attrarre nella rivalutazione tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea (così come previsto nelle precedenti disposizioni relative alla rivalutazione dei beni d'impresa) ha comportato la necessità di operare – con riferimento agli immobili di proprietà società - per comparti (come sopra evidenziato): fabbricati non strumentali, strumentali per destinazione, strumentali per natura, aree non edificabili ed edificabili.

Resta valida la regola che possono essere rivalutati anche i beni immateriali consistenti in diritti giuridicamente tutelati; mentre restano escluse le immobilizzazioni immateriali che non costituiscono beni quali, ad esempio, l'avviamento e, più in generale, gli oneri pluriennali capitalizzati quali immobilizzazioni immateriali.

Come accennato i beni rivalutabili devono risultare dal bilancio dell'esercizio in corso al 31.12.2019.

I beni oggetto di contratto di leasing possono essere rivalutati esclusivamente dall'utilizzatore e purché il diritto di riscatto sia stato esercitato entro l'esercizio in corso alla data del 31.12.2019.

Il comma 7 dell'articolo 110 del decreto-legge dispone che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni:

- degli artt.11, 13, 14 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342;

- del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162;

- del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86;

- dei commi 475, 477 e 478 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Il riferimento alla legge 21 novembre 2000, n. 342 è importante in quanto consente di richiamare i due criteri alternativi per la determinazione del valore economico costituente il limite massimo alla rivalutazione. In particolare, l'articolo 11, comma 2, della Legge n. 342/2000 individua due criteri alternativi: da un lato, il criterio del cosiddetto valore interno, basato sulla consistenza dei beni, sulla loro capacità produttiva e sulla loro effettiva possibilità di economica utilizzazione nell'impresa; dall'altro, il criterio del valore di mercato, basato sui valori correnti e sulle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri.

La rivalutazione facenti parte di ciascuna categoria omogenea deve essere eseguita sulla base di un unico criterio per tutti gli immobili ad essa appartenenti (art. 4, comma 8, D.M. 162/2001).

I valori rivalutati iscritti in bilancio e nell'inventario non possono in nessun caso superare quelli effettivamente attribuibili, individuati con i criteri di cui sopra. In altre parole il limite massimo della rivalutazione è pari al valore di mercato, meno il valore netto contabile, diminuito anche della quota di ammortamento figurativo calcolato sul valore non rivalutato.

L'art. 6 del D.M. 162/2001, richiamato nel decreto-legge, specifica ancora meglio tale concetto denominandolo “Limite economico della rivalutazione” e stabilendo che il valore netto del bene risultante dal bilancio nel quale la rivalutazione è eseguita, incrementato della maggiore quota di ammortamento derivante dal valore rivalutato, non può superare il valore d'uso o di mercato. Ciò significa che il valore netto del bene immobile, ottenuto calcolando la quota di ammortamento calcolata sul costo storico ante rivalutazione, rappresenta il valore massimo consentito.

Sempre il D.M. 162/2001 all'articolo 5 si occupa anche delle tecniche contabili da utilizzare per rilevare l'avvenuta rivalutazione e, nel rispetto dei criteri civilistici, indica tre possibili criteri di contabilizzazione:

- rivalutare sia i valori dell'attivo lordo sia i relativi fondi di ammortamento, utilizzando un unico coefficiente di rivalutazione, in modo da mantenere invariata la durata del processo di ammortamento e la misura dei coefficienti applicati;

- rivalutare solo i valori dell'attivo lordo senza operare specularmente anche sui relativi fondi, allungando di conseguenza il relativo periodo di ammortamento;

- ridurre in tutto o in parte i fondi di ammortamento, modalità da utilizzarsi quando gli ammortamenti contabilizzati negli esercizi precedenti siano stati eccedenti rispetto a quelli fisiologici.

L'Agenzia delle Entrate nella Circolare 57/E del 18.06.2001, ha avuto modo di affermare che all'interno della medesima categoria omogenea possono essere utilizzate modalità contabili differenti a seconda dei beni rivalutati, tuttavia, sempre all'interno della stessa categoria deve essere utilizzato lo stesso criterio di rivalutazione (es. valore di mercato, valore interno di utilizzo, ecc.).

Anche i beni completamente ammortizzati possono essere rivalutati, purché risultino ancora iscritti nel bilancio, nel rendiconto o nel libro cespiti per i soggetti in contabilità semplificata, sempre nel limite del valore di mercato, dell'effettiva possibilità di utilizzazione e della capacità produttiva (art.2, comma 2, D.M. 162/2001). La rivalutazione di questi beni comporta implicitamente la “riapertura” del piano di ammortamento, cioè l'allungamento della vita utile stimata del bene.

Per le società che redigono il bilancio in forma ordinaria o in forma abbreviata, la rivalutazione operata deve essere indicata nella nota integrativa e nell'inventario relativo all'esercizio in cui la rivalutazione viene eseguita dove deve essere indicato anche il prezzo di costo, con le eventuali rivalutazioni operate in conformità a precedenti leggi di rivalutazione, dei beni rivalutati (art. 11, commi 1 e 4, Legge 342/2000).

Il saldo attivo lordo risultante dalle rivalutazioni eseguite, per i soggetti in contabilità ordinaria, deve essere iscritto in una apposita riserva in sospensione d'imposta del Patrimonio netto. Detta riserva dovrà essere ridotta dell'imposta sostitutiva eventualmente assolta al fine del riconoscimento fiscale dei maggiori valori (affrancamento), determinando il saldo attivo netto; l'imposta sostitutiva costituisce un debito tributario ed è indeducibile (questa imposta, quindi, non transita nel conto economico, ma viene rilevata direttamente come debito in diminuzione della riserva di rivalutazione).

L'art. 13 della Legge n. 342/2000, richiamato in quanto applicabile dal D.L. 185/2008, stabilisce che, in assenza di affrancamento, la riserva, ove non venga imputata a capitale, può essere ridotta soltanto con l'osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell'articolo 2445 del Codice Civile. In caso di utilizzazione della riserva a copertura di perdite, non si può fare luogo a distribuzione di utili fino a quando la riserva non è stata integrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell'assemblea straordinaria, non applicandosi le disposizioni dei commi secondo e terzo dell'art. 2445 c.c..

Se il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell'imposta sostitutiva corrispondente all'ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell'ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti. In caso di attribuzione, inoltre, si considera che le riduzioni del capitale deliberate dopo l'imputazione a capitale delle riserve di rivalutazione, comprese quelle già iscritte in bilancio a norma di precedenti leggi di rivalutazione, abbiano anzitutto per oggetto, fino al corrispondente ammontare, la parte del capitale formata con l'imputazione di tali riserve.

La rivalutazione dei beni e delle partecipazioni, in deroga alle norme del Codice Civile, ha inizialmente riflessi solo civilistici di adeguamento dei valori contabili a quelli di mercato, al fine di rappresentare meglio la reale consistenza patrimoniale dell'azienda e aumentare il Patrimonio netto contabile.

Il maggior valore attribuito ai beni e alle partecipazioni in sede di rivalutazione, può essere riconosciuto anche ai fini fiscali (imposte sui redditi e Irap) a decorrere dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 3 per cento.

Il saldo attivo di rivalutazione che, come accennato costituisce, per i soggetti in contabilità ordinaria, una riserva in sospensione d'imposta, può essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento. Poiché le riserve affrancate confluiscono tra quelle di utili, in caso di distribuzione troverà applicazione anche per tali riserve la presunzione di cui all'art. 47, comma 1 T.U.I.R. di prioritaria distribuzione delle riserve di utili rispetto alle riserve di capitali (Circolare Agenzia Entrate n. 6/E del 13.02.2006).

Gli effetti dell'eventuale affrancamento del saldo attivo di rivalutazione sono i seguenti:

- la riserva di rivalutazione iscritta nel Patrimonio netto non è più considerata in sospensione d'imposta;

- la riserva di rivalutazione iscritta nel Patrimonio netto è liberamente distribuibile tra i soci;

- l'eventuale distribuzione della riserva di rivalutazione non concorre a formare il reddito imponibile della società.

L'opportunità di procedere all'affrancamento della riserva deve essere valutata con attenzione, poiché gli effetti sono differenti in relazione al soggetto che esegue l'affrancamento stesso.

In particolare, per le società di capitali l'affrancamento libera la riserva solo in capo alla società, mentre per i soci l'eventuale distribuzione della riserva sarà tassata come dividendo anche se la riserva è stata affrancata; diversamente per le società di persone l'affrancamento ha effetti direttamente in capo ai soci (per trasparenza) con conseguente incremento del costo fiscale della partecipazione e successiva riduzione dello stesso all'atto della distribuzione.

Nel valutare l'affrancamento è necessario altresì tener conto della circostanza che, se i beni oggetto di rivalutazione sono alienati prima dell'effetto fiscale, poiché la società paga le imposte sulla plusvalenza tenendo conto del costo prima della rivalutazione, si determina una corrispondente liberazione della riserva di rivalutazione iscritta.

Oltre alla scelta di quali beni specifici rivalutare, l'impresa potrà anche decidere per quali dei In altre parole, in tal modo la riserva si libera “forzatamente” in quanto gli effetti fiscali della rivalutazione non hanno ancora avuto efficacia.

singoli beni procedere con la sola rivalutazione civilistica o anche con il riconoscimento fiscale degli effetti, pagando il 3 per cento.

Le imposte sostitutive devono essere versate in un massimo di tre rate di pari importo di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi. Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi della sezione I del capo III del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

L'introduzione di un credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari in favo-re di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche

L'art. 81 del decreto-legge dispone che per l'anno 2020, alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, nei confronti di leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell'ambito delle discipline olimpiche ovvero società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI operanti in discipline ammesse ai Giochi Olimpici e che svolgono attività sportiva giovanile, è riconosciuto un contributo, sotto forma di credito d'imposta, pari al 50 per cento degli investimenti effettuati, a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, nel limite massimo complessivo di spesa di Euro 90 milioni che costituisce tetto di spesa. Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione tra i beneficiari in misura proporzionale al credito di imposta astrattamente spettante con un limite individuale per singolo soggetto pari al 5 per cento del totale delle risorse annue. Sono escluse dalla disposizione le sponsorizzazioni nei confronti di soggetti che aderiscono al regime previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398.

Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, previa istanza diretta al Dipartimento dello sport della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, saranno stabilite le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni attuative, con particolare riguardo ai casi di esclusione, alle procedure di concessione e di utilizzo del beneficio, alla documentazione richiesta, all'effettuazione dei controlli e alle modalità finalizzate ad assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al comma 6 dell'art. 81 del decreto-legge.

L'incentivo spetta a condizione che i pagamenti siano effettuati con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'art. 23 d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

L'investimento in campagne pubblicitarie deve essere di importo complessivo non inferiore a 10.000 Euro e deve essere rivolto a leghe, società sportive professionistiche, società ed associazioni sportive dilettantistiche con ricavi, di cui all'art. 85, comma 1, lettere a) e b), TUIR, relativi al periodo d'imposta 2019, e comunque prodotti in Italia, almeno pari a 200.000 Euro e fino a un massimo di 15 milioni di Euro. Le società sportive professionistiche e le società ed associazioni sportive dilettantistiche devono certificare di svolgere attività sportiva giovanile.

Il corrispettivo sostenuto per le spese di cui al comma 1 dell'art. 81 del decreto-legge costituisce, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine, dei prodotti o servizi del soggetto erogante mediante una specifica attività della controparte.

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