Cade per un difetto di pavimentazione della scala di accesso alla cantina di pertinenza dell'abitazione: Il locatore risarcisce il marito della conduttrice
25 Agosto 2020
Massima
Il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subìto dal marito della conduttrice in conseguenza delle condizioni abitative dell'immobile locato anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente. Ne consegue che la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità. Il caso
Tizio aveva proposto appello avverso la sentenza, emessa dal Giudice di Pace di Parma, con la quale era stata rigettata la domanda avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti per via di una caduta causata da un difetto di pavimentazione di una scala di accesso alla cantina di pertinenza dell'abitazione data in locazione da Caia, alla di lui moglie, Sempronia. Secondo l'attore, il giudice di prime cure aveva errato nell'escludere la responsabilità della locatrice ritenendo che il danno era in funzione della mancata esecuzione di opere di manutenzione ordinaria, di competenza della conduttrice - moglie del danneggiato. Inoltre, l'appellante contestava l'onere della prova in quanto il Giudice di Pace aveva ritenuto che, ai sensi dell'art. 2043 c.c., sarebbe stato onere dell'attore provare la colpa della proprietaria, tanto più che l'attore (che conviveva con la moglie, titolare del contratto di locazione) avrebbe dovuto conoscere i difetti del gradino e avrebbe potuto prestare maggiore attenzione. La questione
La questione in esame è la seguente: il locatore deve risarcire il danno alla salute subìto dal marito della conduttrice in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente? Le soluzioni giuridiche
Nella fattispecie in esame, era incontestato il fatto storico (caduta su un gradino il cui rivestimento in legno era risultato distaccato dalla base); tuttavia, secondo il Tribunale, la soluzione prescelta dal giudice di prime cure risultava viziata da un errore di prospettiva. Per meglio dire, nella presente fattispecie, interpretata alla luce degli artt. 2043 ss. c.c., era stato trascurato un aspetto importante: la soluzione doveva essere ricercata nel sottosistema di disciplina che governa la responsabilità del locatore per i danni alla salute recati al conduttore che faccia un uso della cosa conforme a quello convenuto in contratto. Difatti, secondo tale e diversa prospettiva, il locatore era tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell'immobile locato quand'anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità. Tale principio viene valorizzato nella misura in cui riconduce all'art. 1578, comma 2, c.c. la responsabilità del locatore per i danni procurati alla salute del conduttore dai vizi della cosa locata. In particolare, tale conclusione non è smentita dall'art. 1576 c.c., che addossa al conduttore tutte le spese (si noti: non di ordinaria ma) di piccola manutenzione, come tali dovendosi intendere le spese che dipendono dall'utilizzo della cosa da parte del conduttore, laddove nel caso di specie la spesa preesisteva all'utilizzo. Secondo il Tribunale adìto, tale assunto, affermato per il conduttore, può essere ribadito anche per il marito convivente (così come per ipotesi per i figli) del titolare del contratto, e ciò in quanto il marito non è un terzo estraneo al contratto, ma è titolare di una pretesa qualificata a contenuto conservativo sovrapponibile a quella del creditore/contraente: tale affermazione si ricava dall'art. 1587, n. 1) c.c., tenendo presente che rientra senz'altro nella nozione dell'uso determinato in contratto - quello abitativo - la fruizione del bene per i bisogni propri (del titolare) e della propria famiglia (art. 1021 c.c.). Alla luce di quanto innanzi esposto, Tizio era titolare di una pretesa a carattere conservativo che si fondava sull'obbligo (art. 1575 c.c.) della locatrice di consegnare la cosa locata in buono stato dimanutenzione e di ulteriormente mantenerla in stato da servire all'uso convenuto, sì che rimanevano in capo al locatore i danni provocati da difetti strutturali e funzionali anche dei locali pertinenziali non riconducibili alla condotta del conduttore (o del terzo). Dall'istruttoria di causa, del resto, nessun elemento in atti dimostrava che la “rottura” del legno del gradino fosse imputabile alla conduttrice o al terzo o ad un fattore del tutto estraneo all'uso della cosa. In conclusione, per le ragioni esposte, l'appello è stato accolto; per l'effetto, in riforma della pronuncia di primo grado, Caia è stata condannata al risarcimento dei danni nei confronti di Tizio dei danni procurati dalla caduta occorsagli mentre scendeva i gradini che conducevano alla cantina della casa locata alla moglie. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alla responsabilità del locatore;in particolare, quella per il pregiudizio occorso ai parenti del conduttore. Ebbene, in generale, il primo obbligo che incombe sul locatore, ai sensi dell'art. 1575 c.c., è quello di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione e di mantenerla tale e idonea a servire all'uso contrattualmente pattuito per tutta la durata della locazione. Sotto tale ultimo profilo, egli è tenuto ad eseguire sull'immobile tutte le riparazioni necessarie, fatta eccezione per quelle di piccola manutenzione che invece spettano al conduttore (art. 1576 c.c.). La regola generale (art. 1577 c.c.) è che, qualora si presenti la necessità di eseguire riparazioni che eccedono l'ordinaria manutenzione dell'immobile locato, il conduttore ha il solo obbligo di avvisare il suo locatore, sempre che l'intervento non rivesta il carattere d'urgenza, perché in tal caso egli deve provvedervi direttamente e richiedere poi il rimborso delle spese sostenute. Il locatore è infine tenuto a garantire al conduttore il pacifico godimento dell'immobile durante la locazione, cioè ad assicurarlo verso una serie di circostanze che possano pregiudicare la piena e normale utilizzazione del bene locato. Premesso quanto innanzi esposto, secondo il Tribunale di Parma, in base all'art. 1578, comma 2, c.c. persiste la responsabilità del locatore per i danni procurati alla salute del conduttore dai vizi della cosa locata; in particolare, tale conclusione non è smentita dall'art. 1576 c.c., che addossa al conduttore tutte le spese di piccola manutenzione, come tali dovendosi intendere le spese che dipendono dall'utilizzo della cosa da parte del conduttore, laddove nel caso di specie la spesa preesisteva all'utilizzo. Difatti, l'art. 1576 c.c. si occupa della distribuzione dei costi di riparazione e per la conservazione delle utilità funzionali della cosa locata. Il conduttore deve quindi sopportare le piccole spese che egli abbia ingenerato, pur normalmente servendosi della cosa (che si è venuta a deteriorare); sicché, secondo tale ragionamento, è escluso che dall'art. 1576 c.c. si possa desumere un qualche argomento che riconduca al conduttore l'onere di farsi carico di danni patiti per beni già viziati. Tale principio, a parere del Tribunale parmense, risulta riassunto dalla giurisprudenza di legittimità nell'inciso delle massime citate nel testo secondo il quale “la tutela della salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità” (Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 1999, n. 915; Cass. civ., sez. III, 19 settembre 2014, n. 19744). Secondo alcuni autori, questo principio si appoggia a sua volta sul portato dell'art.1580 c.c., considerata norma di ordine pubblico perché tesa a tutelare il diritto alla salute in ogni caso, a prescindere da eventuali patti escludenti la responsabilità del locatore. La norma riconosce la possibilità di ottenere la risoluzione del contratto in caso di serio pericolo alla salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, anche se i vizi che generano tale pericolo alla salute erano a lui noti. Ed ancora, la pronuncia in esame è importante in quanto estende la tutela contrattuale anche nei confronti dei familiari del conduttore: “pretesa qualificata a contenuto conservativo sovrapponibile a quella del creditore/contraente”. Invero, secondo quanto esposto, l'interpretazione fornita dal giudicante emiliano, costituisce una rilettura dei principi ordinamentali, nota agli specialisti della materia, sotto l'etichetta di “illecito plurioffensivo”, ove la plurioffensività allude alla delusione di interessi, autonomamente rilevanti nella vita di relazione, diversi dall'interesse immediatamente giurisdicizzato in contratto. In questo caso, però, la plurioffensività attinge alla posizione di un terzo, non esplicitamente citato nel testo contrattuale; dunque,nessun dubbio che il marito/convivente del conduttore rientri tra i soggetti titolari di una pretesa conservativa, rispetto alla quale scatta l'obbligo di protezione del debitore. In virtù delle suesposte considerazioni, il giudicante ha ritenuto legittimo il risarcimento a favore del marito della conduttrice; in questo caso, in materia risarcitoria, è stato escluso in radice che la testimonianza della moglie dell'appellante fosse inammissibile ex art. 246 c.c., dal momento che - a parere del Tribunale di Parma- “non esiste una posizione di controllo rilevante ex art. 2051 c.c. o un obbligo di protezione rilevante ex art. 2043 c.c.”. Tale ultimo assunto, però, deve, ad avviso dello scrivente, essere interpretato in un discorso più ampio. A tal proposito, sappiamo che l'art. 2051 c.c. nella parte in cui dispone che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito, ribadisce il principio generale secondo cui la responsabilità dei danni cagionati a terzi va attribuita a colui il quale ha la disponibilità della cosa che ha provocato l'evento lesivo, disponibilità che, peraltro, è elemento essenziale del concetto di custodia. In tema di danni da cose in custodia, dunque, è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all'evento dannoso, rapporto che postula un potere di fatto sulla cosa e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa, con il conseguente potere-dovere di intervento su di essa, che compete tanto al proprietario quanto al possessore. In particolare, con riferimento alla locazione di immobili, che comporta il trasferimento della disponibilità della cosa locata e delle sue pertinenze, ordinariamente l'obbligo di custodia del bene locato è posto in capo al conduttore, obbligo da cui deriva, altresì, la responsabilità a suo carico, ai sensi dell'art. 2051 c.c., per i danni arrecati a terzi dal bene stesso; il proprietario locatore, invece, è responsabile solo per i danni causati da tutte quelle cose che non passano nella disponibilità del conduttore, quali, ad esempio, i muri, gli impianti idrici ed in generale di tutte quelle cose su cui il conduttore non è in grado di intervenire per prevenire, limitare o evitare il danno e delle quali, quindi, il locatore conserva la disponibilità giuridica ed il conseguente obbligo di custodia (Trib. Aosta, 16 febbraio 2010, n. 79: nel caso concreto, relativo alla richiesta di risarcimento danni subiti a seguito di caduta verificatasi nel cortile di un condominio per la presenza di neve sulla pavimentazione, il Tribunale, stante la qualità di locatrice della convenuta e facendo, per contro, capo esclusivamente al conduttore la responsabilità per il mancato sgombero della neve, rigettava le domande di parte attrice). In conclusione, la pronuncia del Tribunale di Parma ha il pregio di “rimarcare” la pretesa conservativa da parte del marito della locatrice; tuttavia, non si può “in generale” escludere il principio che regola il rapporto di custodia della res in quanto, il rapporto derivante dal contratto di locazione intercorso tra le parti non esclude, per ciò solo, la persistenza, tra le stesse, del generico rapporto tra consociati derivante dal principio del neminem laedere. Difatti, il rapporto di locazione ha ad oggetto l'obbligazione di consentire al conduttore il godimento del bene, mentre il generico rapporto vigente, quali consociati, tra locatore e conduttore, ha ad oggetto, tra gli altri, l'obbligo del primo, quale proprietario/custode della cosa, di proteggere tutti i terzi da possibili danni derivanti dalla cosa stessa. A tal fine e, dunque, in relazione a tale ultimo generico obbligo di protezione dai pericoli derivanti ai terzi dalla cosa, la custodia permane in capo al proprietario e, a fronte della stessa, il conduttore assume le vesti di un terzo, come desumibile dalla stessa ratio dell'art. 2051 c.c. (Trib. Perugia, 22 aprile 2013, n. 494). In definitiva, seppure le riparazioni di piccola manutenzione dell'immobile locato, dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, devono essere effettuate dall'inquilino ai sensi dell'art. 1576 c.c., la responsabilità nei confronti dei terzi per danni prodotti dalla cosa deve farsi risalire al proprietario al quale - in base al generale principio di cui all'art. 2051 c.c. - incombe l'obbligo della custodia e che, quale possessore dell'immobile, conserva i suoi poteri di ingerenza e di vigilanza sulla cosa locata e deve impedire che i terzi subiscano nocumento, senza che possa rilevare la facoltà di rivalsa nei confronti del conduttore (Cass. civ., sez. III, 12 marzo 1983, n. 1868). |