L'avvocato può dimostrare l'avvenuta notifica telematica del ricorso tramite copia cartacea della mail?

Redazione scientifica
25 Agosto 2020

La prova della notifica del ricorso in cassazione tramite PEC può essere ottenuta tramite la produzione delle copie cartacee delle ricevute di accettazione e di consegna del messaggio di posta elettronica. Infatti, la l. n. 54/1994, art. 9, comma 1-bis, prevede che, in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione telematica e non sia possibile fornirla con modalità telematiche (file di posta elettronica, in formato ".eml o.msg"), possa farlo producendo la copia cartacea del messaggio di posta elettronica.

Così la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 16830/20, depositata il 7 agosto.

La CTR Lazio riteneva estinto il giudizio insorto tra una contribuente e l'Agenzia delle Entrate per inattività delle parti. L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per la violazione degli artt. 43 e 45 d.lgs. n. 546/1992 per aver la CTR erroneamente dichiarato l'estinzione del giudizio versandosi in ipotesi non compresa tra quelle tassativamente indicate dal legislatore.

Il Collegio rigetta in primo luogo l'eccezione della contribuente secondo la quale il ricorso non era stato presentato tempestivamente. Dagli atti risulta infatti rispettato il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis anteriore alle modifiche introdotte dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, come richiamato dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 2, trattandosi di giudizio instaurato prima del 4 luglio 2009, termine dal quale opera la modifica del termine lungo d'impugnazione come introdotto dalla l. n. 69/2009, art. 46, comma 17. Come si legge nella pronuncia, infatti, l'amministrazione ricorrente aveva avviato il procedimento notificatorio nelle forme «di cui alla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3-bis riguardante le notificazioni telematiche. Per queste, la L. n. 228 del 2012, inserì nel D.L. n. 179 del 2012 - che peraltro era stato già convertito in legge dalla L. 221 del 2012 senza questa norma - l'art. 16-quater che a sua volta inseriva la L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3-bis, regolante le notificazioni in proprio dell'avvocato; successivamente, con il decreto ministeriale del 03/04/2013 n. 48, pubblicato in Gazzetta Ufficiale - serie generale n. 107 il 09/05/2013, entrato in vigore il 24/05/2013, furono inserite nel D.M. n. 44 del 2011 le regole tecniche per consentire all'avvocato la notifica telematica (notifica divenuta l'obbligatoria per il contenzioso tributario decreto D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, ex art. 16, convertito dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136 a far data dal luglio 2019), regole che qui risultano rispettate».

Correttamente quindi la ricorrente ha fornito prova di tale notifica tramite la produzione delle copie cartacee delle ricevute di accettazione e di consegna del messaggio di posta elettronica. Infatti, la l. n. 54/1994, art. 9, comma 1-bis, prevede che, in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione telematica e non sia possibile fornirla con modalità telematiche (file di posta elettronica, in formato ".eml o.msg"), possa farlo producendo la copia cartacea del messaggio di posta elettronica. Non essendo avviato nel giudizio di cassazione il processo civile telematico, l'avvocato non può provare la notifica producendo "file" di posta elettronica in formato ".eml o.msg", ma solo attraverso la «copia cartacea del file contenente le attestazioni che quel foglio di carta è estratto dal file», il che nella specie è avvenuto. Risulta dunque che la notifica effettuata all'indirizzo di posta elettronica dell'avvocato era stata regolarmente accettata ma non consegnata a causa di un errore non imputabile al ricorrente in quanto riguardante l'errore di “casella inibita alla ricezione” come dimostra l'allegato avviso di mancata consegna. La ricorrente a quel punto si è diligentemente attivata rinotificando l'atto all'indirizzo della contribuente senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c..

In conclusione, la Corte ritiene fondato nel merito il ricorso e ricorda che «che la disciplina del processo tributario differisce da quella del processo civile ordinario che collega l'estinzione del processo anche all'ipotesi di mancata costituzione delle parti mentre nel processo tributario, a mente del d.lgs. n. 546/1992, art. 22, il mancato deposito degli atti, da parte del ricorrente, nella segreteria della Commissione, nel termine ivi stabilito, determina soltanto l'inammissibilità del ricorso, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e non sanabile neanche con la costituzione della parte resistente». Il ricorso viene dunque accolto e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla CTR Lazio in diversa composizione.

(Fonte: www.dirittoegiustizia.it)

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