È possibile che l'accordo di divorzio obblighi uno dei genitori a versare somme di denaro in favore del figlio minore?

Paola Silvia Colombo
27 Agosto 2020

È possibile nell'accordo di divorzio una condizione che preveda l'impegno della moglie a trasferire al figlio minore una somma "prestata" dal marito all'epoca...

È possibile nell'accordo di divorzio una condizione che preveda l'impegno della moglie a trasferire al figlio minore una somma "prestata" dal marito all'epoca della separazione per acquisto immobile? Tale condizione è possibile prevederla post mortem?

Occorre premettere in linea generale che nell'ambito delle condizioni che le parti pattuiscono in sede di separazione o di divorzio possono ritenersi del tutto ammissibili i trasferimenti patrimoniali in favore del coniuge o dei figli purché finalizzati alla definizione della crisi coniugale e familiare la quale diviene, pertanto, la causa sottostante a detti accordi.

Oggetto di trasferimento e attribuzione tra i coniugi e anche ai figli possono essere tutti i beni suscettibili di valutazione economica, siano essi immobili (certamente i più frequenti nella prassi) ma anche denaro o titoli, mobili registrati, quote sociali, azioni o aziende.

La giurisprudenza riconosce l'autonomia negoziale dei coniugi e tende a qualificare i trasferimenti patrimoniali (ovvero tutti gli atti mediante i quali la proprietà o un altro diritto reale su un bene immobile o una somma di denaro vengono trasferiti da un coniuge a favore dell'altro o a favore dei figli allo scopo di regolamentare i rapporti economici i in occasione di una crisi matrimoniale) pattuiti dagli stessi nell'ambito delle condizioni della separazione e/o del divorzio come veri e propri contratti atipici diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico ai sensi dell'art. 1322 c.c. (cfr. Cass. civ., 23 marzo 2004 n. 5741; Cass. civ., 14 marzo 2006 n. 5473; Trib. Firenze, sez. III, sent., 19 giugno 2018; Trib. Varese, ord. 23 gennaio 2010; App. Milano, decr., 12 gennaio 2010).

Venendo al caso di specie, l'accordo di divorzio con il quale uno dei genitori si obbliga a versare somme di denaro in favore del figlio minore, è ammesso ed è qualificabile come contratto a favore di terzo.

Il nostro ordinamento disciplina, con il disposto degli artt. 1411 e ss.. c.c., il contratto a favore di terzi che consiste nell'accordo attraverso il quale un soggetto (c.d. promittente) si obbliga nei confronti di un altro soggetto (c.d. stipulante) ad eseguire una prestazione nei confronti del terzo beneficiario della stipulazione (in tal caso il figlio minore) Si osserva che quest'ultimo, a differenza del promittente e dello stipulante, non assume la qualità di parte nel contratto, né in senso formale, né in senso sostanziale. Infatti l'attribuzione di un vero e proprio diritto soggettivo in capo al terzo beneficiario, non subordinato alla sua adesione ed azionabile nei confronti del promittente, avviene in virtù del solo accordo intervenuto tra le parti stipulanti.

Ritengo, invece, che non sia possibile prevedere tale condizione post mortem vigendo nel nostro ordinamento il divieto dei patti successori ovvero di quegli accordi mediante i quali un soggetto dispone inter vivos della propria successione a favore di un terzo beneficiario (c.d. patti successori istitutivi)

l divieto di patti successori, di cui all'art. 458 c.c., trova la sua ratio, oltre che nella salvaguardia dei principi di revocabilità delle disposizioni di ultima volontà e di personalità della volizione testamentaria, anche nel (preteso) principio di esclusività del testamento che costituisce l'unico strumento utilizzabile per disporre dei propri beni mortis causa.

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