Sottrazione e trattenimento di minore all'estero: è illegittima l'applicazione automatica della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale
01 Settembre 2020
Massima
Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 574-bis, comma 3, c.p., nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all'estero ai danni del figlio minore comporta la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. L'attuale automatismo deve essere sostituito con il dovere di valutazione caso per caso da parte del giudice penale, che dovrà valutare se l'applicazione della pena accessoria in questione costituisca in concreto la soluzione ottimale per il minore, tenuto conto necessariamente anche dell'evoluzione delle circostanze successive al fatto di reato. Il caso
Con ordinanza del 29 gennaio 2019, la Corte di cassazione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 574-bis c.p., in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, 30 e 31 della Costituzione, nonché all'art. 10 Cost., in relazione alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, nella parte in cui, dal loro combinato disposto, impongono che alla condanna per sottrazione e trattenimento di minore all'estero commessa dal genitore in danno del figlio minore consegua automaticamente e per un periodo predeterminato dalla legge la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. La vicenda trae origine dal ricorso per cassazione proposto dalla madre di due minori, condannata alla pena di due anni e sei mesi di reclusione e alla pena accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale dalla Corte d'Appello di Firenze (in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Grosseto), per aver sottratto i minori al padre, portandoli in Austria contro la volontà di quest'ultimo, in violazione del provvedimento del Tribunale per i minorenni di Firenze che aveva disposto l'affidamento condiviso dei due figli minori ad entrambi i genitori. La questione
Nella pronuncia in esame, la Corte Costituzionale è chiamata a vagliare la compatibilità degli artt. 34 e 574-bis, comma 3, c.p. con la disciplina nazionale e sovranazionale a tutela dei minori, in particolare laddove è prevista l'applicazione automatica della pena accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale, per un tempo predeterminato dalla legge, in caso di condanna del genitore per il reato di sottrazione e trattenimento del minore all'estero. In particolare, secondo il giudice a quo, l'art. 574-bis, comma 3, c.p.:
Le soluzioni giuridiche
Dopo un breve inquadramento del contesto normativo in cui si inseriscono le questioni prospettate, la Corte Costituzionale esamina congiuntamente le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 574-bis, terzo comma, c.p., in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost., soffermandosi sui tre profili, sopra menzionati, oggetto di specifica censura da parte del giudice rimettente, reputandoli fondati. Se certamente il genitore che commette un fatto di sottrazione e trattenimento di minori all'estero compie un delitto di elevata gravità - che offende sia il diritto dell'altro genitore di svolgere il proprio ruolo genitoriale, che il diritto dello stesso minore a vivere ed essere educato da entrambi i genitori - la pronuncia in esame ritiene che il carattere “intrinsecamente offensivo” del delitto di cui all'art. 574-bis c.p. non sia di per sé sufficiente per giustificare l'automatica applicazione della pena accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. Ciò che contraddistingue tale pena accessoria dalle altre previste dall'art. 19 c.p., e che impone dunque una diversa valutazione circa la sua applicazione, è il fatto che la stessa va ad incidere negativamente su una relazione, quella tra il condannato e il minore, investendo quest'ultimo dei suoi effetti, non solo in via riflessa e mediata, per così dire de facto come avviene negli altri casi, bensì in maniera diretta e immediata ovvero de iure, quale conseguenza dell'applicazione della pena accessoria al proprio genitore, con effetti non trascurabili e potenzialmente pregiudizievoli per il minore stesso. Tale immediata ripercussione si pone peraltro in contrasto con lo stesso principio di personalità della responsabilità penale di cui all'art. 27 Cost., inteso quale divieto di prevedere e applicare pene a danno di una persona per un fatto altrui. Tale contrasto sorge laddove non sia consentito al giudice di valutare, caso per caso, se la prosecuzione del rapporto tra il minore e il genitore condannato sia o meno contraria al suo preminente interesse. In questa prospettiva ciò che appare irragionevole è che vi sia una presunzione assoluta circa l'inidoneità del genitore a svolgere il proprio ruolo, senza che sia consentito un esame dello specifico caso concreto, che potrebbe in qualche modo attenuare la “colpevolezza” del genitore autore della sottrazione o del trattenimento, quanto meno sotto il profilo della sua rilevanza in ambito familiare (il riferimento operato dalla Corte è a quei casi in cui la condotta costitutiva del reato venga compiuta da un genitore straniero in contesti di elevata conflittualità familiare, in cui accade che l'autore conduca all'estero il minore ritenendo che la condotta dell'altro genitore sia pregiudizievole per il figlio). La Corte Costituzionale sottolinea, peraltro, come tale pena accessoria trovi applicazione automatica con riferimento a fattispecie che lo stesso legislatore valuta, per quanto concerne la pena principale, in maniera differente. La medesima pena accessoria viene infatti applicata sia nelle ipotesi più gravi di cui al primo comma, sia per quelle meno severamente sanzionate di cui al secondo comma, caratterizzate dal consenso del minore ultraquattordicenne alla condotta del genitore autore della sottrazione o del trattenimento. Né, secondo la Consulta, si potrebbe argomentare nel senso di ritenere che la pena accessoria si applichi solo in casi concretamente gravi, perché se è vero che in caso di pena detentiva condizionalmente sospesa non trova applicazione neppure la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, ciò non avviene nel caso in cui, per i motivi più vari, la pena, pur inferiore a 2 anni di reclusione, non possa essere sospesa. La sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale, concepita dal legislatore in chiave sanzionatoria, può dunque ritenersi legittima solo laddove la relazione tra il figlio e il genitore risulti in concreto pregiudizievole per il minore, dovendosi ritenere operante anche in questo caso il principio, sancito anche a livello sovranazionale (v. art. 3 Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, art. 8 Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo), secondo cui ogni decisione che riguarda il minore deve essere guidata dalla ricerca della soluzione ottimale per il suo interesse. Le circostanze di fatto da valutare devono inoltre essere quelle esistenti al momento dell'applicazione della pena accessoria, le quali comprendono anche tutto ciò che è accaduto dopo il fatto da cui è scaturita la responsabilità penale del genitore, posto peraltro che la pena accessoria in esame è destinata a essere eseguita in genere dopo molti anni, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza. Ne consegue, secondo la Corte Costituzionale, che l'automatica applicazione della pena accessoria di cui all'art. 574-bis, terzo comma, c.p., «è incompatibile con tutti i parametri costituzionali sopra indicati, interpretati anche alla luce degli obblighi internazionali e del diritto dell'Unione europea in materia di tutela di minori che vincolano l'ordinamento italiano». L'art. 574-bis terzo comma c.p. dovrà dunque trovare applicazione in quanto lex specialis, “attribuente al giudice il “potere” di disporre la pena accessoria in questione anziché il “dovere” di irrogarla”. Vengono invece dichiarate inammissibili le questioni aventi ad oggetto l'art. 34, secondo comma, c.p., in quanto la Corte rileva l'inutilità del sindacato di costituzionalità sull'articolo citato rispetto agli scopi perseguiti dalla Sezione rimettente, da un lato perché l'art. 574-bis terzo comma c.p. si pone come lex specialis rispetto a quella disposizione, dall'altro lato in quanto tali questioni non spiegherebbero alcuna rilevanza nel giudizio a quo, non avendo la ricorrente articolato motivi di ricorso sul quantum della pena irrogatale. Osservazioni
La pronuncia in esame costituisce un importante riconoscimento del principio secondo cui in tutte le decisioni relative ai minori deve essere attribuito rilievo primario all'”interesse superiore” del minore, anche laddove ciò comporti un arretramento dello Stato rispetto alle proprie pretese punitive. Invero, la sentenza della Corte Costituzionale affronta il tema dell'interferenza tra le norme penali e l'assetto degli interessi familiari, attribuendo al giudice penale il compito di valutare, caso per caso, le singole circostanze di fatto, al fine di compiere una valutazione – diversa e autonoma rispetto a quella dell'integrazione della fattispecie di reato – circa l'interesse del minore rispetto all'applicazione della pena accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. Tale pena accessoria ben potrebbe, infatti, nel caso concreto, rivelarsi pregiudizievole per il minore, laddove il genitore – pur autore del reato di sottrazione o trattenimento del minore all'estero – sia comunque da ritenersi idoneo a svolgere il proprio ruolo genitoriale: in questo caso l'applicazione della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale andrebbe in realtà ad incidere in maniera irragionevole sul diritto del minore a essere educato, istruito e assistito moralmente da entrambi i genitori. In assenza di circostanze concrete che inducano a ritenere pregiudizievole la relazione tra il minore e il genitore, l'applicazione della pena accessoria in esame finisce dunque per punire non solo il genitore, ma anche il minore, con potenziali conseguenze dannose per la sua crescita e il suo benessere psico-fisico. Tale pronuncia si inserisce nel solco già tracciato dalle sentenze Corte cost. n. 31/2012 e Corte cost. n. 7 /2013, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 569 c.p., in relazione agli artt. 567, comma 2, c.p. e 566, comma 2, c.p., nella parte in cui stabiliva che alla condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato o di soppressione di stato conseguiva di diritto la perdita della potestà genitoriale, in tal modo precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. Ciò che rimane sullo sfondo è l'interrogativo circa l'idoneità del giudice penale rispetto alla valutazione dell'interesse del minore ai fini della decisione circa l'applicazione nel caso concreto della pena accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. Pare legittimo domandarsi, infatti, se il giudice penale, deputato all'accertamento del reato, sia anche l'autorità più idonea, tenuto conto degli strumenti a sua disposizione, per vagliare la relazione tra il minore e il genitore e la capacità di quest'ultimo di adempiere correttamente ai propri doveri genitoriali. Ciò anche alla luce dell'esigenza – espressamente sancita dall'art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo e dagli artt. 3 e 6 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli – di ascoltare il minore che abbia un discernimento sufficiente ogniqualvolta debbano essere assunte decisioni che lo riguardano. Come evidenziato dalla Corte, trattasi, tuttavia, di riflessione rimessa all'esclusiva competenza del legislatore.
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