La nuova disciplina delle intercettazioni: le indicazioni operative della Procura della Repubblica di Torino

Cesare Parodi
01 Settembre 2020

L'entrata in vigore della riforma sulle intercettazioni impone agli uffici giudiziario e alle Procure in particolare un'attenta e profonda revisione dei modelli organizzativi, delle prassi operative e della gestione dei rapporti con la P.G. così come con i difensori. La circolare oggetto...
Abstract

L'entrata in vigore della riforma sulle intercettazioni impone agli uffici giudiziario e alle Procure in particolare un'attenta e profonda revisione dei modelli organizzativi, delle prassi operative e della gestione dei rapporti con la P.G. così come con i difensori. La circolare oggetto di analisi rappresenta un apprezzabile sforzo diretto a fornire indicazioni globali in grado di coniugare esigenze investigative, diritti della difesa e rispetto delle linee fondamentali della riforma.

Premessa: finalmente ci siamo

Com'è noto, la disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni prevista dalla c.d. riforma Orlando (d.lgs. n.216/2017), la cui entrata in vigore, inizialmente prevista per il 26 luglio 2018, è stata oggetto di numerose proroghe, è stata a sua volta modificata, nella corrente legislatura, dal decreto legge n. 161 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 7 del 2020. L'entrata in vigore della riforma è prevista per il 1° settembre 2020, come stabilito dall'articolo 1 del decreto legge n. 28 del 2020.

I nodi di sciogliere, sul piano ermeneutico e operativo, sono molteplici, anche se a questo punto solo la concreta applicazione delle nuove disposizioni potrà fornire risposte esaustive. Nello stesso tempo, indubbiamente d'interesse possono essere considerate le indicazioni di carattere generale che le Procura hanno dovuto elaborare per quello che sarà l'”esordio” della riforma.

Al riguardo, la circolare 3144/20/S.P. del 31.7.2020 della Procura della Repubblica di Torino contiene una serie di spunti di verosimile generale interesse; un provvedimento che, correttamente, è emanato “allo stato dell'arte” e profondamente calato nella realtà “concreta” dell'ufficio. Lo stesso “dovrà essere oggetto di “aggiornamento e approfondimento, alla luce della prima concreta applicazione della riforma e dell'implementazione dei sistemi informatici dedicati alla gestione delle procedure di conferimento e fruizione dei dati, nonché delle segnalazioni che ciascuno dei componenti dell'Ufficio interessati (magistrati, personale amministrativo, polizia giudiziaria) riterrà di dover fare per indicare problemi e suggerire soluzioni”.

Sul piano del diritto intertemporale, prendendo atto dell'assenza di una disciplina transitoria, la circolare considera che varie intercettazioni potranno porsi a “ cavallo” dell'entrata in vigore della riforma. Alla luce della nota e recente decisione delle S.U. (Cass., S.U. n. 51, 2.1.2020, CED 277395) che ha molto limitato l'ambito di utilizzabilità delle intercettazioni per reati diversi da quelli per l'accertamento dei quali sono stati disposti, l'indicazione della circolare è di procedere a una nuova iscrizione e a richiedere al GIP una nuova autorizzazione, disponendo altresì la separazione degli atti e la formazione di un nuovo fascicolo non appena emerga nel corso di una captazione un reato diverso e non ricomprendibile nel disposto di cui all'art.270 c.p.p.

Ancora in termini generali, la circolare da atto che il “procedimento” relativo alle intercettazioni costuisce, di fatto, una sorta di parziale anticipazione del futuro processo penale telematico, fermo restando che sino all'emanazione del decreto Ministero della Giustizia previsto dall'art. 89 comma 6 disp. att. c.p.p.- che dovrebbe dare attuazione a tale progetto - gli uffici dovranno contemperare la gestione digitale e quella “cartacea”; atti cartacei che dovranno essere convertiti in forma digitale per essere conferiti nell'archivio informatico delle intercettazioni.

L'archivio informatico: il ruolo della P.G.

Centrale, nella riforma come nell'ambito delle indicazioni della circolare, deve essere ritenuto l'archivio delle intercettazioni, individuato come luogo di destinazione naturale non solo di tutti gli esiti delle captazioni - di qualsiasi tipologia - e dei provvedimenti e dei verbali a esse relativa- quanto anche- e questo è l'aspetto maggiormente innovativo del quale la circolare da atto - delle annotazioni di P.G. (salve alcune limitazioni).

Era questo, per altro, uno degli obiettivi espressi e prioritari della riforma: evitare la circolazione e la divulgazione di dati che non rivestono alcuna rilevanza per le indagini o che attengono alla sfera della riservatezza dei soggetti intercettati. In funzione di tale precise esigenze, la circolare individua alcune aspetti fondamentali della riforma; aspetti che potrebbero essere tanto chiari in astratto quando non facilmente “metabolizzabili” in concreto, dalla P.G. come dalle parti del procedimento.

In primo luogo, nel momento in cui le intercettazioni sono conferite all'archivio ”la polizia giudiziaria ne perde la disponibilità e potrà riascoltarle solo presso le nuove sale collegate in rete allo stesso archivio digitale, così come avverrà per tutti i soggetti a esse interessati, quali il giudice che procede e i suoi ausiliari, il pubblico ministero e i suoi ausiliari, ivi compresi gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati all'ascolto, i difensori delle parti, assistiti, se necessario da un interprete (art. 89 bis disp. att. c.p.p.), nonché, in forza di quanto stabilito dall'art. 415 bis co. 2 c.p.p., l'indagato.”

Al termine delle operazioni d'intercettazione relative al singolo RIT la PG deve immediatamente trasmettere al Pubblico Ministero i verbali e le registrazioni per la loro conservazione nell'archivio di cui all'art. 269 comma 1 c.p.p. Entro cinque giorni dalla conclusione essi sono depositati presso l'archivio di cui all'art. 269 comma 1 c.p.p., insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga (art. 268 comma 4 c.p.p.).

Con il d.lgs. 216/2017 non si era voluto correre il rischio di una sia pure temporanea “stasi” di verbali e registrazioni in luoghi differenti da quello introdotti dalla riforma, così da garantire, sotto vari profili, l'assoluta impossibilità di fughe di notizie. Il legislatore aveva preso atto delle possibili difficoltà per la P.G. a effettuare l'immediata trasmissione, a fronte della complessità delle indagini, degli atti al P.M. e aveva previsto che «il pubblico ministero dispone con decreto il differimento della trasmissione dei verbali e delle registrazioni quando la prosecuzione delle operazioni rende necessario, in ragione della complessità delle indagini, che l'ufficiale di polizia giudiziaria delegato all'ascolto consulti le risultanze acquisite. Con lo stesso decreto fissa le prescrizioni per assicurare la tutela del segreto sul materiale non trasmesso».

La disposizione non è “entrata” nella versione finale della riforma, anche se questa scelta potrebbe non essere tale da evitare criticità; si pensi a pressi sedimentate di “rilettura” ragionata degli esiti delle captazioni - nel caso di traffico di stupefacenti o comunque ipotesi di criminalità organizzata, nonché nel caso di procedimenti a elevato contenuto tecnico (quali quelli per reati contro la P.A. o in materia di bancarotta) - che dovranno essere per forza di cose accantonate.

In esito alle modifiche apportate dal d.l. 161/2019 le registrazioni e i verbali delle intercettazioni devono essere trasmessi dalla polizia giudiziaria al P.M. “immediatamente”, vale a dire all'atto stesso della chiusura delle operazioni concernenti ciascuno dei cd. “bersagli” in relazione ai quali sono state autorizzate.

Al momento della trasmissione al P.M. del materiale relativo alle operazioni di intercettazione la P.G. operante darà atto di non aver trattenuto copia delle intercettazioni non rilevanti o inutilizzabili e di ogni bozza o minuta di lavoro eventualmente formata in relazione alle medesime.

Scaduto il termine indicato dal GIP per ritardare il deposito, qualora questo non coincida con il termine delle indagini preliminari, il materiale dovrà essere conferito all'archivio e dovrà essere attivata la procedura ex art. 268 c.p.p. sopra descritta.

Ove sorga la necessità di procedere al riascolto delle registrazioni anche in dipendenza della parallela emersione, aliunde, di elementi utili alla valutazione del rilievo indiziario degli esiti delle intercettazioni, la p.g. potrà rappresentare al p.m. la necessità di essere autorizzata a conservare l'accesso alle tracce foniche e ai relativi verbali. In tali casi il p.m. potrà determinarsi a richiedere al giudice la necessaria autorizzazione a differire il deposito delle intercettazioni sino alla conclusione delle indagini preliminari, riconoscendosi il pericolo di grave pregiudizio alle indagini in dipendenza, in uno agli effetti della discovery delle attività di captazione compiute, di istanze di approfondimento e verifica investigativa essenziali all'osservanza dei canoni di completezza e all'efficacia delle indagini preliminari che costituiscono necessario corollario del principio di obbligatorietà dell'azione penale.

Contestualmente all'ottenimento dell'autorizzazione al differimento del deposito sarà autorizzato, per eguale periodo, il mantenimento dell'accesso alle stesse intercettazioni a opera della P.G. delegata all'ascolto. Nel provvedimento di autorizzazione al mantenimento dell'accesso saranno anche indicate, secondo quanto previsto dal Garante della Privacy, le prescrizioni che dovranno essere osservate per garantire la segretezza del materiale intercettato.

Importanti precisazioni hanno poi per oggetto il contenuto del c.d. fascicolo per le intercettazioni, ossia gli atti che devono essere trasmessi in archivio: i verbali, le registrazioni e ogni altro atto a essi relativo (artt. 269 comma 1 e 89-bis disp. att. c.p.p.). In particolare, con la dizione “ogni altro atto a essi relativo” devono certamente essere ricompresi richieste e decreti autorizzativi e richieste e provvedimenti di proroga, nonché le annotazioni con cui la P.G. chiede al P.M. di disporre l'intercettazione e di prorogarla. Deve escludersi invece che debbano trovare collocazione in tale fascicolo l'annotazione conclusiva o altri eventuali atti (interrogatori, s.i.t., servizi di opc) che venissero richiamati nelle annotazioni di cui si è detto.

L'insieme di questi atti viene a costituire un fascicolo destinato a essere conferito per la conservazione e la consultazione all'archivio digitale, differente dal fascicolo di indagini del P.M. e che deve essere custodito con le stesse cautele riservate al suo omologo digitale, ovvero quelle stabilite dal D.M. 20.4.2018.

In concreto, fino al momento del conferimento in archivio digitale, “il fascicolo relativo a un determinato RIT rimarrà in deposito presso la segreteria del P.M. che ha disposto l'intercettazione, ma in luogo separato rispetto a quello ove è custodito il fascicolo della relativa indagine e verrà trasmesso al GIP in occasione delle varie richieste ad esso rivolte.” Al momento del conferimento in archivio - e almeno fino all'emanazione del decreto ministeriale di cui all'art. 89-bis comma 6 disp. att. c.p.p. - i fascicoli cartacei verranno concentrati in luogo che verrà successivamente individuato e qualora si verificasse la necessità di accedervi, l'accesso dovrà essere documentato con indicazione della data, dell'ora, del motivo e del nominativo di colui che l'ha effettuato, che dovrà comunque essere uno dei soggetti di cui all'art. 89-bis comma 3 disp. att.

La procedura di selezione e l'utilizzabilità

Dopo il deposito – sia esso ritardato o meno - ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che entro il termine fissato, per via telematica, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le intercettazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni indicati dalle parti che non appaiano irrilevanti, disponendo contestualmente lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione, e di quelli che riguardano categorie particolari di dati personali sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza.

In effetti, alla scadenza del termine massimo delle indagini preliminari, per essere utilizzate le intercettazioni devono necessariamente formare oggetto delle procedure di selezione di cui ai richiamati artt. 268, 415-bis, comma 2-bis, e 454, comma 2-bis, c.p.p., per essere definitivamente conferite all'archivio delle intercettazioni, se irrilevanti o inutilizzabili, o viceversa acquisite al fascicolo del pubblico ministero per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. In ogni caso, pertanto, precisa la circolare che “per utilizzare nel procedimento le conversazioni acquisite queste dovranno essere riversate nell'archivio (cfr. art. 291 co. 1 c.p.p. per l'incidente cautelare) il P.M. dovrà obbligatoriamente esperire le procedure di cui agli artt. 268, 415 bis, 454c.p.p., così come modificate dal D.L.161/2019, e non potranno essere formate o rilasciate copie di conversazioni o di atti ad esse relativi se non limitatamente alle conversazioni dichiarate utilizzabili (art. 89 bis disp. att. c.p.p.) all'esito di tali procedure. Le conversazioni che possono essere dichiarate utilizzabili sono solo quelle rilevanti a fini di prova (art. 454 co. 2 bis c.p.p.)”

Qualora invece il deposito avvenga contestualmente alla chiusura delle indagini preliminari nell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p. il P.M. dovrà indicare le registrazioni e i flussi ritenuti rilevanti; di questi i difensori potranno estrarre copia e transiteranno nel fascicolo del P.M. e potranno essere utilizzate per il prosieguo del giudizio. Il difensore potrà a sua volta chiedere copia di altre e differenti conversazioni da lui ritenute rilevanti, sull'istanza provvede il pubblico ministero con decreto motivato. In caso di rigetto o di contestazioni sulle conversazioni ritenute rilevanti il difensore potrà avanzare al giudice istanza perché si proceda ai sensi dell'art. 286 comma 6. Analogamente si procederà in caso di esercizio dell'azione penale mediante richiesta di giudizio immediato (art. 454 comma 2-bis).

Nel momento dell'indicazione delle registrazioni e dei flussi ritenuti rilevanti è particolarmente importante - sia dal punto di vista giuridico che da quello tecnico - la catalogazione del materiale conferito all'archivio.

Dal fatto di essere ricomprese o meno nell'elenco deriva il regime dell'utilizzabilità e della possibilità di rilasciare copia delle intercettazioni. Le registrazioni e i flussi non ricompresi negli elenchi e i relativi atti, pur potendo essere recuperate come rilevanti, in qualunque momento del processo, potranno essere ascoltate o consultate solo nell'ambito dell'archivio digitale dai soggetti indicati all'art. 89-bisdisp. att. cpp.

È dunque indispensabile, anche al fine di favorire l'attività della struttura che dovrà gestire l'archivio che tali elenchi siano i più completi e il più esaustivi possibile e non potranno più essere omessi.

La circolare precisa che gli elenchi non devono avere una forma prefissata, ma dovranno essere tali da permettere una precisa individuazione delle conversazioni rilevanti, senza dover richiedere operazioni di estrazione dagli atti ad opera del personale addetto al conferimento (è ad esempio ipotizzabile una indicazione per esclusione, ovvero indicare partitamente le conversazioni che non si intendono utilizzare, permettendo così di individuare a contrario quelle rilevanti).

Attesi i tempi tecnici necessari per il completo conferimento del materiale intercettativo all'archivio digitale, la circolare indica la necessità di verificare che la notifica degli avvisi ex art. 415-bis cpp non avvenga prima che questo sia stato completato. In effetti, dal momento della ricezione dell'atto il difensore e l'indagato avranno diritto di accedere all'archivio e prendere cognizione del materiale intercettato nonché di ottenere copia di quello indicato dal P.M. come rilevante.

Inoltre, “In caso di archiviazione del procedimento gli atti relativi alle intercettazioni verranno conferiti all'archivio senza previa indicazione delle conversazioni rilevanti, che peraltro appaiono di difficile, se non impossibile individuazione, attesa la natura del provvedimento richiesto che esclude la possibilità di esercizio dell'azione penale e di conseguenza di poter provare l'ipotesi accusatoria.” Qualora si tratti di procedimenti con notifica dell'avviso ex art. 408 c.p.p. al difensore verrà di conseguenza riconosciuto il diritto all'ascolto e alla consultazione degli atti, ma non quello di ottenere copia, non vertendosi in nessuna delle ipotesi di cui agli artt. 268, 415-bis, 454 c.p.p.

Il dovere di vigilanza del P.M. e le attività della P.G.

La circolare richiama espressamente un altro punto “centrale” della riforma, precisando che “È posto a carico del PM il dovere di dare indicazioni e vigilare affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali desunti dalla legge salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini (art. 268 co. 2 bis c.p.p.)”. L'art. 268 co. 2 bis c.p.p, prevede che il P.M. debba vigilare sulla redazione del verbale delle intercettazioni affinché non vi siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini, così come non dovranno essere riportate le conversazioni con il difensore o quelle altrimenti inutilizzabili (art. 200 c.p., art. 270-bis c.p.p.). Un concetto che nella pratica potrà essere declinato in vari modi, anche profondamente differenti.

Con il d.l. n. 161/2019 è venuta meno la previsione, per l'ufficiale di polizia giudiziaria di provvedere “a norma dell'articolo 268, comma 2-bis, informando preventivamente il pubblico ministero con annotazione sui contenuti delle comunicazioni e conversazioni.” Una disposizione soppressa alla luce dell'esigenza di evitare di spogliare il P.M. delle prerogative lui attribuite di valutare la rilevanza o meno di quanto intercettato.

Come risulta dalla Relazione presentata il 31.12.2019 alla Camera dei Deputati “La necessaria tutela della riservatezza anche nella fase della verbalizzazione…. ha indotto a sostituire il meccanismo di selezione da parte della polizia giudiziaria delle intercettazioni non utilizzabili con un dovere di vigilanza del pubblico ministero, affinché non siano trascritte in sede di verbalizzazione conversazioni o comunicazioni contenenti espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, sempre che non si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”. E inoltre: “Al comma 4 dell'articolo 267, l'ultimo periodo è soppresso, eliminando così la previsione in materia di attribuzioni della polizia giudiziaria che aveva destato le maggiori perplessità. Si è sostenuto infatti, al di là della difficile applicazione operativa e della duplicazione delle attività di documentazione, che la previsione spogliasse il pubblico ministero procedente delle prerogative solo a lui attribuite di valutare la rilevanza o meno di quanto intercettato”.

In concreto, è stato, eliminato il generale divieto per la P.G. di trascrivere le comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini sia per l''oggetto sia per i soggetti coinvolti, nonché di quelle, parimenti non rilevanti, aventi a oggetto dati personali definiti sensibili dalla legge. Il perno del nuovo sistema deve essere individuato nell'obbligo per il P.M. di dare indicazioni e vigilare affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle e che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini. Una modifica che indubbiamente consente di superare le criticità connesse alia precedente testo, eliminando il divieto di trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, ma che pone a carico del P.M. una non semplice attività di vigilanza, la cui concreta attuazione può rivelarsi particolarmente complessa, specie nei procedimenti di maggiori dimensioni.

L'art. 268 comma 2 c.p. recupera un dato centrale del ruolo del P.M., chiamato a un non semplice duplice ruolo. Da un lato fornire indicazioni alla P.G. e quindi vigilare sull'applicazione delle stesse.

Di quali indicazioni stiamo parlando? Sul concetto generale di “lesione della reputazione” o di dati sensibili – concetti che dovrebbero far parte del bagaglio culturale degli operatori di p.g. - o indicazioni “mirate” sulla tipologia di contesto o di reato oggetto delle investigazioni? O indicazioni preventive, a fronte di specifiche richieste degli U.P.G.? E ancora, la vigilanza impone una lettura preventiva dei verbali prima del deposito degli stessi? O di una bozza dei verbali, considerando che dopo il deposito formale sarebbe difficile espungere dagli atti gli stessi?

In concreto, l'indicazione del d.l. n. 161/2019 è apprezzabile e interessante, ma necessita- è un forte timore, che confidiamo possa essere infondato- di una lunga e non semplice fase di “metabolizzazione” da parte dei soggetti coinvolti nel sistema. Proprio per limitare tali possibili incomprensioni, la circolare in oggetto fornisce una serie di rilevanti puntualizzazioni.

In primo luogo, in presenza di dati che non devono essere riportati sul verbale, la P.G. “si limiterà a indicare i soggetti interlocutori, utilizzando la dizione “conversazione non rilevante per le indagini” oppure “conversazione non utilizzabile”. La medesima dizione potrà essere utilizzata anche nelle ipotesi in cui la non rilevanza ex art. 268 bis co. 2 c.p.p. o la non utilizzabilità riguardino solo una parte della conversazione. “ In realtà il testo in definitiva approvato con la riforma non pone alcun divieto di trascrizione delle conversazioni irrilevanti, sebbene delle registrazioni e degli atti relativi a queste non potrà mai essere rilasciata copia.

La circolare prevede espressamente che a fronte dell'obbligo di vigilanza in capo al P.M. deve essere riconosciuto l'onere per la P.G. di consultare il P.M. nei casi dubbi: una consultazione per la quale non è prevista una forma vincolata. Anche, pertanto, per le vie brevi, anche se “a tutela di tutti appare necessario che di tale interlocuzione e del suo esito, quando ha avuto ad oggetto la necessità di trascrivere espressioni lesive della reputazione delle persone o l'indicazione di dati sensibili venga dato atto, anche in maniera sommaria, nel verbale dell'intercettazione.”

Altro aspetto rilevante riguarda, per garantire la “ fluidità del concetto di rilevanza nel corso di un'indagine” le modalità con cui la PG riferisce in ordine agli esiti delle operazioni di intercettazione, “per evitare che al momento del deposito degli atti e del rilascio delle copie si debba ricorrere ad un lungo lavoro di omissis delle annotazioni, tecnicamente difficile e dai tempi incompatibili con quelli di un procedimento che quasi certamente vedrà indagati in stato di custodia cautelare.”

A tale fine, la circolare richiama la disciplina dell'art. 291 comma 1-ter c.p.p. che prevede che nelle richieste di misura cautelare siano “riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate”. Una disposizione funzionale alla salvaguardia di esigenza di tutela della riservatezza. Precisa la relazione illustrativa: «Quest'ultima disposizione costituisce un significativo criterio di orientamento nella redazione degli atti attraverso i quali è altamente probabile che possano essere diffuse notizie sui contenuti intercettativi pur quando non siano di diretta pertinenza, nell'ambito dell'essenzialità, ai fatti oggetto di prova, beninteso di tipo indiziario».

La norma, pur se non espressamente riferita agli atti di P.G., può anche a questi essere applicata; conseguentemente, per la circolare” non dovranno essere riportate all'interno delle annotazioni finalizzate alla richiesta di nuove intercettazioni o di proroga di quelle in corso, le trascrizioni delle conversazioni, ma solo i riferimenti identificativi (utenza, data, orario, numero progressivo) di quelle a quel momento e per quel fine rilevanti, il cui contenuto effettivo sarà riportato in atti allegati alla stessa (per motivi tecnici in forma di una trascrizione per pagina). Si otterrà così il duplice risultato di poter rilasciare copia delle annotazioni evitando operazioni di oscuramento parziale e riducendo al minimo il rischio di palesare contenuti non divulgabili e di poter ugualmente operare sugli allegati con facilità”.

Tale metodica è suggerita anche per la redazione delle annotazioni riassuntive finali ove la citazione, attraverso riassunto o trascrizione del contenuto, “dovrà essere limitata alle conversazioni, a quel momento, certamente rilevanti, sì da non avere la necessità di dover prevedere la conservazione anche di tali atti nell'archivio digitale. “

Nondimeno, nell'ambito della potestà di direzione delle indagini, “ciascun P.M. potrà, in relazione a specifiche esigenze di singoli procedimenti, fornire direttive particolari al fine di meglio esercitare il proprio dovere di vigilanza.”

Le intercettazioni inserite nelle richieste di misura cautelare

Particolare attenzione deve essere rivolta alle intercettazioni che “entrano” nelle richieste cautelari, per le quali, la legge di conversione del d.l. n. 161/2019 ha modificato l'articolo 291 c.p.p., ha precisato che le stesse devono essere “comunque conferite nell'archivio di cui all'art. 269”.

Sul piano operativo, per la circolare, ciò comporta che:

  • all'atto della presentazione di una richiesta di misura cautelare le intercettazioni poste a base della stessa dovranno essere conferite all'archivio; delle stesse dovrà essere redatto un preciso elenco da consegnare all'Ufficio CIT in tempo utile perché quest'ultimo ne provveda il conferimento nell'archivio digitale
  • presso l'archivio il materiale dovrà essere a disposizione dei difensori al momento dell'esecuzione della misura.
  • al G.I.P. non verranno tramesse le tracce foniche delle captazioni, salva la possibilità dello stesso di accedervi presso le apposite sale ascolto ai fini della valutazione della richiesta.

Un dubbio ermeneutico rilevante deriva dal fatto che, con riferimento alla fase cautelare il d.l. n. 161/2019 ha abrogato i periodi terzo e quarto dell'art. 293 c.p.p., eliminando così la disciplina del rilascio di copie del materiale intercettativo utilizzato per la misura cautelare. Un'indicazione che costituirebbe logica conseguenza della previsione del rilascio di copia solo di quelle conversazioni transitate attraverso il procedimento di cui all'art. 268 c.p.p. o indicate come rilevanti dal P.M. in sede di deposito atti ex art. 415 bis o 454 c.p.p.

Per la circolare, nondimeno, tale interpretazione non appare costituzionalmente orientata. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 336/2008, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, con riferimento agli art. 3, 24, comma 2, e 111 Cost., dell'art. 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate. In seguito le S.U. (Cass. pen., S.U, n. 20300, 22.4.2010, CED 246908) hanno stabilito che «l'accesso alle registrazioni delle conversazioni captate serve a rendere effettivo il completo l'esercizio del diritto di difesa della parte», sicché la questione non riguarda strettamente un tema attinente all'utilizzabilità della prova (costituita dai brogliacci correttamente utilizzati e trasmessi al Gip e al tribunale del riesame) ovvero dell'efficacia della misura cautelare (per mancata trasmissione degli atti), quanto piuttosto che la violazione di tale diritto difensivo determina “un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per l'illegittima compressione del diritto di difesa” che non comporta cioè effetti sul risultato della prova, bensì una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell'articolo 178, comma 1, lett. c), c.p.p.

Conseguentemente, la circolare riconosce per il difensore “il diritto di ottenere copia delle registrazioni delle conversazioni poste a base della misura cautelare, ma non quello di accedere a tutte le altre intercettazioni eseguite nel procedimento e non utilizzate nella misura.”

Le intercettazioni con il captatore informatico

Le indicazioni sulle intercettazioni con captatore informatico, nei casi previsti dalla legge, sono, infine, oggetto di una sintetica indicazione relativa ad alcuni aspetti della disciplina.

In questo senso, la circolare precisa che per le stesse “dovranno essere impiegati solo programmi che siano conformi al decreto del Ministero della Giustizia che ne dovrà stabilire i requisiti tecnici, requisiti che dovranno rispondere a idonee misure di affidabilità, sicurezza ed efficacia al fine di garantire che i programmi utilizzabili si limitano all'esecuzione delle operazioni autorizzate (art. 89 e 89 bis disp. att. c.p.p.).”

Profili di possibile rischio sul piano tecnologico, in base a quanto precisato dalla l. n. 103/2017, dovrebbero essere scongiurati dalla previsione di utilizzo in via esclusiva di programmi informatici conformi a requisiti tecnici stabiliti con decreto ministeriale, la cui emanazione era prevista entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 216/2017; decreto poi emanato in data 30.4.2018. Per altro, l'art. 2 comma 3 d.l. n. 161/2019 prevede l'emanazione di tre decreti del ministero della Giustizia destinati a integrare la propria disciplina impone, uno dei quali dovrà stabilire i requisiti tecnici dei programmi informatici funzionali all'esecuzione delle intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile, che riprende totalmente l'indicazione del d.lgs. n. 216/2017, il cui testo parrebbe essere destinato, pertanto, quantomeno a una modifica.

Sono poi ribadite tre indicazioni fondamentali relativi all'utilizzo dei captatori; una prima strettamente funzionale alla previsione di utilizzo solo di programmi idonei sul piano tecnico nei termini sopra precisati destinata e rimenare lettera vuote ove non siano indicati dalla p.g. operante “il tipo di programma impiegato”.

Inoltre, vengono ribadite:

  • la necessità di indicazione – “ove possibile” dei luoghi ove si svolgono le comunicazioni o conversazioni
  • di disattivare, al termine delle operazioni, il captatore ”con modalità tali da renderlo inidoneo a successivi impieghi”; in questo senso l'art. 89 disp att c.p.p, stabilisce che “Al termine delle operazioni si provvede, anche mediante persone idonee di cui all'articolo 348 del codice, alla disattivazione del captatore con modalità tali da renderlo inidoneo a successivi impieghi. Dell'operazione si da atto a verbale.”
L'accesso all'archivio delle intercettazioni

Di grande rilievo, sul piano pratico, l'ultimo punto affrontato dalla circolare, che precisa le modalità di accesso all'archivio o di cui all'art. 269 c.p.p. dei soggetti autorizzati in tal senso: il giudice che procede e i suoi ausiliari, il pubblico ministero e i suoi ausiliari, ivi compresi gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati all'ascolto, i difensori delle parti, assistiti, se necessario da un interprete (art. 89-bisdisp. att. c.p.p.), nonché, in forza di quanto stabilito dall'art. 415-bis comma 2 cpp, l'indagato.

In particolare:

  • l'accesso avverrà mediante ascolto delle conversazioni o la consultazione degli atti presso le apposite sale, previa identificazione dei soggetti cui verrà consegnata una password di accesso utilizzabile una sola volta (c.d. OTP – one time password).
  • di tutti gli accessi verrà mantenuta traccia su apposito registro informatico in cui dovranno essere indicati data, ora, iniziale e finale, e gli atti specificamente consultati.
  • l'accesso all'archivio contenente la documentazione cartacea (fino a quando lo stesso sarà operativo) è consentito con le stesse cautele di identificazione e previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, solo in presenza di comprovata necessità di verifica di conformità del fascicolo digitalizzato con quello originale cartaceo.

Infine, con riguardo alla competenza sull'autorizzazione all'accesso, la circolare precisa che “fino al momento della decisione definitiva del giudice sulla composizione del fascicolo….” sarà del P.M. titolare del procedimento, mentre successivamente sarà espressa dal Procuratore della Repubblica o dal Procuratore aggiunto delegato, previo parere dello stesso P.M.

In conclusione

La riforma è intervenuta in termini significativi sulla modalità operative della P.G. con riguardo alla disponibilità degli esiti della captazioni e al divenire del rapporto con il P.M. durante la fase di esecuzione delle intercettazioni

È posto a carico del P.M. il dovere di dare indicazioni e vigilare affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali desunti dalla legge salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini.

L'archivio digitale assume un ruolo centrale nell'ambito del sistema: tutte gli esiti delle intercettazioni e gli atti ad esse relativi sono destinati a essere conservati nell'archivio; per poter utilizzare nel procedimento le conversazioni acquisite queste dovranno essere riversate nell'archivio e il P.M. dovrà obbligatoriamente esperire le procedure di cui agli artt. 268, 415-bis, 454 c.p.p.

Non potranno essere formate o rilasciate copie di conversazioni o di atti a esse relativi se non limitatamente alle conversazioni dichiarate utilizzabili

Guida all'approfondimento

AA. W., Dai decreti attuativi della “Iegge Orlando" alle novelle di fine Iegislatura, a cura di GIARDA- GIUNTA- VARRASO, Milano-Padova, 2018;

AA. VV, I nuovi decreti, a cura di SPANGHER, Pisa, 2018;

AA. W., Le nuove intercettazioni, a cura di MAZZA, Torino, 2018;

SPANGHER G., Critiche. Certezze. Perplessità. Osservazioni a prima lettura sul recente decreta Iegislativo in materia di intercettazioni, in Giust. pen. web, 2018, p. 1 ss

PARODI C.- QUAGLINO N. La nuova riforma delle intercettazioni, Milano 2020

SANTALUCIA G., Il diritto alla riservatezza nella nuova disciplina delle intercettazioni. Note a margine del d.l. n. 161 del 2019, in www.sistemapenale.it

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