Le clausole sociali del bando di gara, ammesse dall'art. 50 del codice, non vincolano gli operatori economici nelle procedure di aggiudicazione

09 Settembre 2020

La c.d. “clausola sociale”, ammessa dall'art. 50 del d.lgs. n. 50/2016, deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza e di libertà di iniziativa economica d'impresa, garantita anche ex art. 41 Cost. Pertanto, deve essere intesa in maniera elastica tenendo conto delle esigenze organizzative e gestionali proprie dell'impresa aggiudicatrice. Non può, dunque, consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l'applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire.

Il caso. La vicenda trae origine dall'impugnazione, da parte della seconda classificata, degli atti con cui è stata aggiudicata, in favore della controinteressata, la gara indetta dal Comune di Bagno a Ripoli, anche per conto del comune di Impruneta, per l'affidamento dei servizi di trasporto scolastico su scuola bus e servizi scolastici pre e post scuola. La ricorrente lamentava, inter alia, l'inammissibilità della offerta della aggiudicataria sia, ai sensi dell'art. 95 del codice dei contratti pubblici, per avere indicato costi per la manodopera e per la sicurezza diversi nella sua offerta economica e nelle giustificazioni successivamente presentate senza avere spiegato le ragioni di tale difformità, sia poiché non avrebbe assicurato ai lavoratori subentranti, in forza della clausola sociale di cui all'art. 50 del codice dei contratti pubblici, la conservazione del trattamento economico e degli scatti di anzianità previsto dal contratto collettivo applicato dalla impresa uscente.

La soluzione giuridica. Il TAR ha rigettato tutti i motivi di ricorso della ricorrente. Più nel dettaglio, ha evidenziato come non vi fossero incongruenze vizianti nella indicazione delle due voci di costo, per la manodopera e per la sicurezza, inserite prima nella offerta economica e, successivamente, nelle giustificazioni della aggiudicataria. Infatti, ha affermato che la differenza di circa 175 Euro fra il costo della manodopera esposto nella offerta e quello indicato nelle giustificazioni non potesse ritenersi significativa (nell'ambito di una somma che supera il milione e duecentomila euro).

Con riferimento, invece, alla doglianza sull'inammissibilità dell'offerta della resistente per il mancato rispetto della clausola sociale contenuta nel bando di gara, non avendo garantito ai lavoratori subentranti la conservazione del CCNL dell'impresa uscente, il TAR ne ha dichiarato l'infondatezza per le seguenti ragioni. In particolare, sul punto, ha condiviso un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale: “le c.d. clausole sociali inserite all'interno degli atti di gara, devono essere intese in maniera elastica e non rigida, non potendo né vincolare l'aggiudicatario ad applicare il contratto collettivo del precedente gestore, né imporre l'assorbimento e l'utilizzo nell'esecuzione dello stesso dei soci lavoratori e dei dipendenti di quest'ultimo, atteso che l'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali e dei diritti acquisiti va contemperato con la libertà d'impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto” (fra le tante Consiglio di Stato sez. V, 12/09/2019, n.6148).

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