Affido condiviso e mantenimento

Redazione Scientifica
10 Settembre 2020

In caso di affido condiviso con pernotto dalla madre, e ordine del Giudice di pagare il mantenimento alla madre, da parte del padre, la madre ha sempre diritto (in assenza di modifica dell'ordine giudiziario) all'assegno?

In caso di affido condiviso con pernotto dalla madre, e ordine del Giudice di pagare il mantenimento alla madre, da parte del padre, la madre ha sempre diritto (in assenza di modifica dell'ordine giudiziario) all'assegno, se i genitori decidono consensualmente di modificare la collocazione del minore, trasferendo il domicilio presso il padre, come anche l'iscrizione a scuola, presso questi? La madre, può quindi procedere con precetto? È possibile proporre opposizione, eccependo la circostanza del consenso dei genitori alla modifica di collocazione del minore?

Occorre premettere che il provvedimento con cui il Giudice pone a carico di un genitore l'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio minore versando all'altro genitore (quale collocatario) l'assegno nella misura prestabilita rappresenta a tutti gli effetti un titolo efficace, valido, vincolante e suscettibile di esecuzione forzata fino a quando non viene modificato o riformato.

Qualora i genitori decidessero successivamente di comune accordo, come avvenuto nel caso di specie, di prevedere un differente collocamento del figlio attuandolo presso il genitore (il padre) prima tenuto al versamento dell'assegno, certamente verrebbero meno anche i presupposti perché tale onere economico continui ad essere assolto.

Secondo quanto previsto dall'art. 337-ter c.c. i tempi di permanenza del minore presso ciascun genitori rilevano ai fini della determinazione delle modalità di mantenimento della prole.

Tuttavia, tale circostanza non è di per sé idonea ad incidere direttamente ed immediatamente sulle statuizioni di ordine economico, dovendo il padre chiedere formalmente la modifica del provvedimento del Giudice (allegando le circostanze sopravvenute e facendo valere l'intervenuto nuovo accordo tra i genitori sul cambio di collocamento) con i rimedi espressamente previsti dal codice di procedura civile ovvero:

- La modifica ai sensi dell'art. 337-quinquies nel caso in cui l'obbligo di versamento dell'assegno fosse previsto da un decreto del Tribunale emesso nella procedura ex art 337-bis c.c. per l'affidamento e il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio (quindi in caso di coppie non sposate).

- La modifica ai sensi dell'art. 710 c.p.c. o ai sensi dell'art. 9, l. 898/1970 nel caso in cui l'ordine di versamento dell'assegno fosse contenuto in una sentenza di separazione/decreto di omologa o di divorzio

- La modifica ai sensi dell'art. 709, comma 4, c.p.c. nel caso in cui l'obbligo di versamento dell'assegno fosse previsto dai provvedimenti provvisori emessi dal Presidente nell'ambito di un giudizio di separazione o divorzio.

In caso di mancato azionamento di tali rimedi, la madre potrà continuare a far valere le sue pretese economiche essendo ancora esistente un titolo esecutivo pienamente valido ed efficace.

A nulla gioverebbe un'eventuale opposizione a precetto atteso che:

a) il consenso della madre è stato comunque manifestato solamente per la modifica del collocamento del minore e non anche per la revoca dell'assegno;

b) il Giudice dell'opposizione non può certamente revocare gli obblighi di mantenimento disposti da altro provvedimento del Giudice della famiglia.

Sul punto è intervenuta più volte anche la giurisprudenza di merito e di legittimità chiarendo che «con l'opposizione al precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento, determinato a favore del figlio in sede di separazione o di divorzio, possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni della separazione di cui all'art. 710 c.p.c. o del divorzio di cui all'art. 9, l. n. 898/1970». (Cfr. Cass. civ., sez. III, 02 luglio 2019, n. 17689; Cass. civ. sez. VI – I ord., 18 luglio 2013, n. 17618 e Cass. civ., n. 20303/2014; Trib. Parma, sez. civ., 15 luglio 2016, n. 948).

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