Il rapporto tra le cause di esclusione di cui alle lettere c) e f-bis) dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016: qual è l'ipotesi residuale?

Guglielmo Aldo Giuffrè
Giordana Strazza
14 Settembre 2020

Con la sentenza in commento l'Adunanza Plenaria, sollecitata dall'ordinanza di rimessione, ha cercato di tracciare una netta distinzione tra le ipotesi rientranti all'interno del disposto delle lettere c) - oggi c-bis) - e f-bis) del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. 50/201, evidenziando la prevalenza della prima disposizione sulla seconda...
Premessa

L'esclusione dalle procedure di evidenza pubblica per falsa dichiarazione è sempre stata fonte di grande dibattito ed è stata oggetto di numerose modifiche legislative, oltre che di pronunce giurisprudenziali di segno opposto e, talvolta, “innovative” del sistema.

Con riferimento ai testi normativi che si sono succeduti sul tema, per onor del vero, il d.lgs. n. 163/2006 si limitava a prevedere all'art. 38, comma 1, lett. h), l'esclusione dei soggetti “nei cui confronti, ai sensi del comma 1-ter, risulta l'iscrizione nel casellario informatico di cui all'articolo 7, comma 10, per aver presentato falsa dichiarazione o falsa documentazione in merito a requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione a procedure di gara e per l'affidamento dei subappalti”.

L'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 nella sua originaria formulazione prevedeva, alla lettera c), l'esclusione dell'operatore economico qualora la stazione appaltante dimostrasse con mezzi adeguati che esso “si fosse reso colpevole di gravi illeciti professionali” tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. Tra questi, la disposizione contemplava “il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio” e “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

All'esito delle intervenute riforme, il medesimo comma prevede ora:

(i) alla lettera c-bis) – risultante dalla frammentazione della lettera c) nelle lettere c), c-bis) e c-ter) a opera dell'art. 5 del d.l. n. 135/2018, convertito nella l. n. 12/2019 – l'esclusione dell'operatore economico che “abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione

(ii) alla lettera f-bis) – inserita dal d.lgs. n. 56/2017 (c.d. “decreto correttivo”) – l'esclusione dell'operatore economico che “presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.

In giurisprudenza, è emerso un contrasto sull'esatta portata degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alle procedure di gara, sulla perimetrazione della nozione di falso e sulle conseguenze da esso derivanti.

Secondo un primo orientamento, la citata (e allora non frammentata) lett. c) dell'art. 80, co. 5, avrebbe carattere meramente esemplificativo, perché la stazione appaltante può desumere il compimento di gravi illeciti professionali da “ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell'attività professionale dell'operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, (…) se stimata idonea a metterne in dubbio l'integrità e l'affidabilità[1]. Di conseguenza, si tratterebbe di una norma di chiusura, idonea a imporre agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, ancorché non costituenti cause tipizzate di esclusione[2].

Altra parte della giurisprudenza ha osservato, tuttavia, che un obbligo dichiarativo di tale portata (illimitata), per la sua genericità, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa[3].

È stato evidenziato, dunque, che la perimetrazione degli obblighi dichiarativi imporrebbe una distinzione tra:

(i)l'omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l'incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell'attendibilità e dell'integrità dell'operatore economico (cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142)

(ii)la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui conseguirebbe, per contro, l'automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità dell'operatore economico (laddove, per l'appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporterebbe l'esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull'affidabilità dello stesso) (cfr. Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407)”.

Di qui i dubbi sulla corretta distinzione e sui rapporti tra falsità, omissioni, reticenze e “mezze verità” nelle dichiarazioni di gara.

La pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 16/2020

Nel delineato quadro normativo e giurisprudenziale è intervenuta la sentenza in commento, con cui l'Adunanza Plenaria si è pronunciata sulla questione relativa “alla portata, alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l'imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi di cui alle lettere c) e f-bis del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016”.

Il massimo consesso della giustizia amministrativa ha innanzitutto sintetizzato i termini della questione, sottolineando che l'ordinanza di rimessione[4] aveva ricordato che, sebbene non manchino pronunce in senso opposto, l'individuazione dei gravi illeciti professionali da parte dell'art. 80, comma 5, lett. c) - e delle “derivate” lettere c), c-bis) e c-ter) - ha carattere di “norma di chiusura”, in cui gli illeciti ivi previsti hanno carattere “meramente esemplificativo”, in grado di comprendere “ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata” dell'operatore economico “di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa”, l'omessa dichiarazione della quale integra “in sé e per sé” l'ipotesi di illecito causa di esclusione dalla gara. L'ordinanza aveva poi evidenziato che la stessa norma distingue “tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali)” e che solo la falsità dichiarativa, oltre a dare luogo alla segnalazione all'ANAC ai sensi del comma 12, “ha attitudine espulsiva automatica” e potenzialmente ultra-attiva, secondo quanto previsto dalla lettera f-bis). Il Consiglio di Stato aveva aggiunto, inoltre, che, mentre la falsità “costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l'alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente”, per contro “la dichiarazione mancante non potrebbe essere apprezzata in quanto tale”, ma solo con valutazione nel caso concreto, in relazione alle “circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l'inaffidabilità del concorrente”.

Ciò premesso, al § 10, la Plenaria ha dichiarato espressamente di condividere i rilievi della V Sezione, secondo cui “la falsità di una dichiarazione è invece predicabile rispetto ad un 'dato di realtà' ovvero ad una “situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l'alternativa logica vero/falso””.

Di conseguenza, dal momento che, nel caso in esame, la dichiarazione contestata atteneva alla cifra d'affari dell'ausiliario e, in particolare, la questione controversa era se tale cifra potesse essere cumulata a quella delle altre consorziate indicate, permettendo così la qualificazione nella procedura di gara, il Collegio ha ritenuto che non poteva essere considerata falsa, essendo relativa a “valutazioni riferite ad elementi di carattere giuridico, irriducibili all'antitesi vero/falso, e relativi: alla persistente validità del rapporto consortile in presenza di una delibera di sospensione; e alla possibilità di cumulare la cifra d'affari comunque realizzata nel triennio in considerazione dalla consorziata, ancorché priva di un'attestazione SOA”.

A questo punto, la pronuncia, esclusa comunque la riconducibilità della fattispecie alla lettera f-bis), ne ha valutato l'inquadrabilità all'interno di una delle tre ipotesi di gravi illeciti professionali previste dalla lettera c), ritenute inidonee, diversamente dalla prima, a condurre all'esclusione automatica. Il supremo consesso ha vagliato, in particolare, se la condotta del concorrente sia consistita nel “fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” (causa di esclusione oggi stabilita dalla lettera c-bis), introdotta dal citato d.l. n. 135/2018), che richiede, per l' appunto, oltre alla falsità o alla natura fuorviante delle informazioni rese, anche l'idoneità a influenzare le decisioni della stazione appaltante[5] e, quindi, un elemento “specializzante” rispetto alla condotta prevista dalla lettera f-bis), oltre a quello della necessaria valutazione in concreto della stazione appaltante circa l'effettiva rilevanza della condotta nel caso di specie.

In tale “attitudine decettiva” la sentenza riscontra la coerenza dell'equiparazione all'informazione falsa di quella fuorviante che “rispetto all'ipotesi della falsità può essere distinta per il maggior grado di aderenza al vero”.

Secondo la Plenaria, “l'amministrazione dovrà pertanto stabilire se l'informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall'operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest'ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità. Qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo” (§15).

Il sistema così ricostruito sarebbe - secondo la pronuncia - del resto completo e coerente con la causa di esclusione “facoltativa” prevista a livello sovranazionale, consistente nella commissione di “gravi illeciti professionali”, tali da mettere in dubbio l'integrità dell'operatore economico e da dimostrare con “mezzi adeguati”, ai sensi dell'art. 57, par. 4, lett. c), della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, poi attuata con il d.lgs. n. 50/2016.

Pur avendo già escluso la riconducibilità della fattispecie in esame all'ipotesi di cui della lettera f-bis), il Collegio torna, tuttavia, sulla questione, rilevando che tale disposizione, inserita solo successivamente dal decreto correttivo, ha previsto l'esclusione dell'operatore economico che presenti nella procedura di gara «documentazione o dichiarazioni non veritiere» e dunque non «informazioni», come invece previsto dalla lettera c (e oggi dalla lettera c-bis), ma che tale differenza terminologica debba ritenersi irrilevante, dal momento che documenti e dichiarazioni sarebbero comunque “veicoli di informazioni che l'operatore economico è tenuto a fornire alla stazione appaltante e che quest'ultima a sua volta deve discrezionalmente valutare per assumere le proprie determinazioni nella procedura di gara”.

Esclusa una diversità di oggetto tra le ipotesi contemplate dalle lettere c) e f-bis), la pronuncia si è quindi interrogata sugli ambiti di applicazione delle due disposizioni. Rilevata una parziale sovrapposizione derivante dal comune riferimento a ipotesi di falso, il Collegio ha ritenuto di dare soluzione ai dubbi sui rapporti tra le due fattispecie ricorrendo al principio di specialità, di cui all'art. 15 delle preleggi.

In particolare, la Plenaria ha evidenziato che la disposizione di cui alla lettera c-bis) è “prevalente” rispetto a quella di cui alla lettera f-bis) “sulla base dell'elemento specializzante consistente nel fatto che le informazioni false, al pari di quelle fuorvianti, sono finalizzate all'adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante “sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” e concretamente idonee ad influenzarle” e che, conseguentemente, l'ambito di applicazione della novella del 2017 si restringe alle “ipotesi - di non agevole verificazione - in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità e non siano finalizzate all'adozione dei provvedimenti di competenza dell'Amministrazione relativi all'ammissione, la valutazione delle offerte o la valutazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest'ultima, secondo quanto previsto dalla lettera c”.

Sulla scorta di tali considerazioni, la Plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto:

- la falsità di informazioni rese dall'operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all'adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l'ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l'aggiudicazione, è riconducibile all'ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell'art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

- in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;

- alle conseguenze ora esposte conduce anche l'omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell'ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull'integrità ed affidabilità dell'operatore economico;

- la lettera f-bis) dell'art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione”.

Prime osservazioni

L'Adunanza Plenaria ha compiuto sicuramente un'approfondita disamina della (complessa) questione sottoposta al suo esame.

In particolare, il Collegio ha dapprima eseguito una condivisibile e importante ricostruzione del concetto di falsità[6], parametrato a dati obiettivi di realtà e risultante dalla risoluzione di un'alternativa netta vero/falso, priva di qualsiasi opinabilità, per poi inquadrare il rapporto tra le fattispecie previste dalle lettere c – e ora confluite nella lettera c-bis) – e quella di cui alla f-bis) in termini di specialità.

Ad ogni modo, sebbene la soluzione delle (perlomeno apparenti) sovrapposizioni tra gli ambiti di applicazione delle disposizioni in esame mediante il ricorso al criterio di specialità appaia astrattamente condivisibile, sembra quantomeno opinabile la scelta netta per la “prevalenza” del motivo di esclusione previsto dalla lettera c) rispetto a quello stabilito dalla lettera f-bis).

Muovendo dalla tesi della identità oggettiva tra le informazioni e le dichiarazioni (§ 17), la sentenza finisce, infatti, per ridurre gli effetti escludenti del falso (pur correttamente identificato nell'esito della risoluzione di una oggettiva dicotomia rispetto alla realtà fattuale, priva di qualsiasi margine di opinabilità), limitandoli comunque “giocoforza”, anche per le ipotesi previste alla lettera f-bis) (falso dichiarativo e falso documentale) al caso in cui essi non siano finalizzati all'adozione dei provvedimenti di cui alla lettera c).

La soluzione, pur con il doveroso rispetto, desta qualche perplessità.

Dal mero dato letterale delle cause di esclusione in esame, la lettera f-bis) concerne la presentazione di “documentazione o dichiarazioni non veritiere”, mentre la lettera c concerne “informazioni false o [anche solo] fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione”.

Il mero e incondizionato riferimento, nella lettera f-bis), a “documentazione o dichiarazioni non veritiere” permette di ipotizzare che la voluntas legis fosse quella di sanzionare sempre e comunque con l'esclusione, a prescindere da qualsiasi valutazione dell'Amministrazione, la non corretta produzione di dichiarazioni o documenti per i quali, stante il loro valore certificativo, ha ritenuto inaccettabile qualsiasi oggettiva antitesi con un “dato di realtà”. E che, conseguentemente, dovrebbe essere casomai il disposto della lettera c) a essere inteso come “residuale” rispetto a quello di cui alla lettera f-bis), riferendosi a “informazioni false o anche solo fuorvianti”, diverse però da quelle - contenute appunto in dichiarazioni o documenti con valore certificativo - contemplate da tale disposizione.

La chiave di interpretazione proposta appare preferibile anche per evitare una conseguenza che sembra inevitabile seguendo il ragionamento della Plenaria – la quale, non portandolo concretamente a esecuzione, stante il rinvio alla Sezione remittente della soluzione della controversia, forse omette di considerare tale profilo –, ovvero che la suddetta limitazione dell'ambito dell'“esclusione automatica” porterebbe – paradossalmente e dunque irragionevolmente – ad applicarle solamente a “falsi” “(in)suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” e, quindi, all'evidenza, “falsi innocui/inutili” [7] o comunque di minore rilevanza (ai fini della procedura di evidenza pubblica).

Merita forse aggiungere un'ulteriore considerazione.

Dalla formulazione delle predette disposizioni non sembra emergere alcuna distinzione relativa all'esclusione automatica dell'operatore economico quale conseguenza dell'una o dell'altra violazione, ma solamente la rimessione alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione aggiudicatrice dell'idoneità delle informazioni (false o fuorvianti) rese da un concorrente a “influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione”.

Di conseguenza, l'elemento differenziale tra le fattispecie in esame ricercato dal legislatore non sembrerebbe essere né l'automaticità dell'esclusione in esito alla violazione di cui alla lettera f-bis) – in quanto anche le informazioni false di cui alla lettera c) porterebbero alla medesima conseguenza e, una volta che l'Amministrazione le ha ritenute tali, anche quelle solamente fuorvianti –, né l'idoneità delle informazioni a influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, quanto, piuttosto, proprio l'elemento meramente oggettivo, escluso dalla Plenaria al § 17.

In altri termini, premesso che l'elemento distintivo tra la lettera c) e la lettera f-bis) sembra risiedere proprio nella natura dell'atto (mera informazione o dichiarazione/documento), si potrebbe sostenere che, nel secondo caso, l'accertamento della non veridicità determinerebbe sempre l'esclusione, mentre nel primo la imporrebbe solo all'esito della valutazione della suscettibilità dell'informazione di influenzare le decisioni rilevanti per l'esito della gara.

In buona sostanza, l'area di discrezionalità della stazione appaltante investirebbe solo la valutazione su tale possibilità di influenza e non anche le conseguenze che, all'esito di essa, sarebbero comunque vincolate.

Un'ulteriore chiave di lettura, compatibile con l'identità oggettiva tra le due fattispecie sostenuta dalla Plenaria, potrebbe poi essere quella di limitare la riferita valutazione alle informazioni fuorvianti, considerando quelle false, proprio per il rilevato carattere oggettivo del falso, automaticamente escludenti.

Il legislatore avrebbe dunque semplicemente inteso equiparare alle informazioni false quelle che sono fuorvianti al punto da essere in grado di influenzare le valutazioni dell'Amministrazione rilevanti per l'esito della gara. Un elemento a favore di tale lettura si coglie, del resto, nel § 12 della sentenza, dove di legge che “coerentemente con tale elemento strutturale, la fattispecie equipara inoltre all'informazione falsa quella fuorviante, ovvero rilevante nella sua «attitudine decettiva, di “influenza indebita”», secondo la definizione datane dall'ordinanza di rimessione, ovvero di informazione potenzialmente incidente sulle decisioni della stazione appaltante, e che rispetto all'ipotesi della falsità può essere distinta per il maggior grado di aderenza al vero” e nell'ulteriore puntualizzazione che in presenza di un margine di apprezzamento discrezionale nelle valutazioni di carattere giuridico svolte dalla stazione appaltante in sede di gara, “la demarcazione tra informazione contraria al vero e informazione ad essa non rispondente ma comunque in grado di sviare la valutazione della stazione appaltante diviene da un lato difficile, con rischi di aggravio della procedura di gara e di proliferazione del contenzioso ad essa relativo, e dall'altro lato irrilevante rispetto al disvalore della fattispecie, consistente nella comune attitudine di entrambe le informazioni a sviare l'operato della medesima amministrazione”.

Pur apprezzandosi l'autorevole sforzo ricostruttivo della Plenaria, appare quindi difficile che esso riesca a superare le incertezze e le contraddizioni che comunque sono insite nella formulazione delle due disposizioni (anche all'esito della frammentazione della lettera c) e della conseguente confluenza delle fattispecie considerate dalla Plenaria nella lettera c-bis)).

A tale proposito, non si può mancare di evidenziare, per un verso, la persistenza di concetti giuridici indeterminati (come quello della “suscettibil[ità] di influenzare …” o quello dell'omissione di “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, se idonea a comprendere anche quelle non corrispondenti a un obbligo specificamente previsto dalla legge di gara) e, per l'altro, l'illogica apertura – contenuta nella lettera c (oggi c-bis)) – a un'ipotesi di mera “negligenza”, evidentemente incompatibile con l'elemento soggettivo che la stessa Adunanza Plenaria pone alla base del motivo di esclusione di cui alla lettera c), laddove richiede che l'informazione “sia diretta” a sviare l'operato dell'Amministrazione.

Appaiono quindi auspicabili ulteriori riflessioni sul tema nelle diverse sedi opportune.

Note

[1] Si v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., 3 gennaio 2019, n. 72; Id., Sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7231.

[2] Si v. Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; Id., 25 luglio 2018, n. 4532; Id. 19 novembre 2018, n. 6530; Id., Sez. III, 29 novembre 2018, n. 6787.

[3] Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., 3 settembre 2018, n. 5142.

[4] Cons. Stato, Sez. V, 9 aprile 2020, n. 2332.

[5] “Ai fini dell'esclusione non è dunque sufficiente che l'informazione sia falsa ma anche che la stessa sia diretta ed in grado di sviare l'amministrazione nell'adozione dei provvedimenti concernenti la procedura di gara” (così l'Adunanza Plenaria n. 16/2020).

[6] Sulla scorta di quanto già affermato dall'ordinanza di rimessione.

[7] Fermo restando che, secondo la giurisprudenza prevalente, i due istituti di derivazione penalistica non trovano applicazione nella materia degli appalti pubblici. Si v., da ultimo, Cons. Stato,Sez. V, 17 febbraio 2020 n. 1212.

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