Inammissibile il ricorso per cassazione presentato a mezzo PEC durante l'emergenza COVID-19
21 Settembre 2020
Con sentenza n. 25792/20, depositata il 10 settembre, la Suprema Corte, decidendo sul ricorso per cassazione presentato a mezzo PEC - inviato dal difensore dell'imputato alle ore 18.49 del 16 marzo 2020 all'indirizzo del Tribunale del riesame e depositato in cancelleria il giorno seguente -, ha affermato che tale «modalità di proposizione del ricorso di legittimità non è ammessa, nemmeno a tenore della legislazione emanata per fronteggiare l'emergenza sanitaria in corso, in quanto il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 11, come convertito dalla l. 24 aprile 2020, n. 27, circoscrive tale possibilità ai ricorsi civili».
Il Collegio di legittimità ricorda anche che è orientamento ormai consolidato quello secondo cui «nel processo penale la parte privata non può avvalersi della posta elettronica certificata per la trasmissione dei propri atti alle altre parti e per il deposito presso gli uffici». La modalità telematica è infatti riservata alla sola cancelleria, per le comunicazioni richieste dal PM ai sensi dell'art. 151 c.p.p. e per le notificazioni ai difensori disposte dall'Autorità giudiziaria, «mentre la previsione dell'art. 64 disp. att. c.p.p., che consente il ricorso ai mezzi idonei di cui agli artt. 149 e 150 c.p.p., tra i quali la PEC, riguarda unicamente la comunicazione degli atti del giudice e non la trasmissione di un atto di parte, quale l'impugnazione».
Più specificamente, conclude la Cassazione, «è inammissibile l'impugnazione cautelare proposta dall'indagato mediante l'uso della PEC, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 c.p.p. sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC». |