Convivenza more uxorio dell'ex coniuge ed estinzione del diritto all'assegno divorzile

08 Luglio 2019

L'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile.
Massima

L'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso.

Il caso

La Corte d'appello di Trieste, con decreto del 9/02/2015, ha confermato il provvedimento del Tribunale di Gorizia, rigettando la richiesta con cui un marito divorziato aveva chiesto la modifica delle condizioni di divorzio e la revoca dell'assegno divorzile stabilito in favore della ex moglie, sul presupposto che il marito non avesse provato il sopravvenire di nuove circostanze legittimanti la modifica delle condizioni di divorzio. La Corte territoriale, anche all'esito delle indagini di Polizia Tributaria, pur disposte, ha ritenuto irrilevante l'instaurazione da parte della ex coniuge di una convivenza more uxorio non avendo il ricorrente provato il miglioramento in melius delle condizioni economiche dell'avente diritto.

Quest'ultimo ha, quindi, proposto ricorso per cassazione, contestando, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 5, comma 6 L. div. nonchè vizio di motivazione, ex art. 360,n. 5, c.p.c., in relazione al fatto rappresentato dalla stabile convivenza della ex consorte con altra persona; con il secondo motivo, ha contestato l'omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo rappresentato dalle risultanze degli accertamenti tributari, dai quali si evidenziava la parificazione dei redditi della coppia costituita dall'ex marito con l'attuale coniuge e di quella costituita dalla ex moglie con il convivente di fatto.

La Corte di Cassazione in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, ha cassato la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione.

La questione

La formazione di una famiglia di fatto costituzionalmente tutelata è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che, in quanto tale, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo.

Le soluzioni giuridiche

Assai dibattuta in dottrina e giurisprudenza di merito e legittimità è l'instaurazione di una convivenza more uxorio, da parte del coniuge divorziato, ai fini del riconoscimento ovvero della definitiva eliminazione dell'assegno post-coniugale.

Sotto il profilo normativo, l' art. 5, comma 10, l. n. 898/1970, prevede espressamente l'esclusione dell'assegno di divorzio per l'ex coniuge in caso di passaggio a nuove nozze, ma alcuna disposizione di legge prevede espressamente la fattispecie della convivenza more uxorio come causa di esclusione dell'assegno di che trattasi.

L'orientamento prevalente per molti anni non ha ritenuto la convivenza more uxorio quale elemento di per séescludente l'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile. Per lungo tempo, infatti, la instaurazione di una convivenza di fatto è stata considerata un elemento del quale il Giudice dovesse tener conto ai fini della quantificazione dell'assegno post-matrimoniale, valutato il contributo economico dato dal convivente, di cui l'ex coniuge beneficiario certamente si beneficiava (Cass. n. 4761/1993, Cass. n. 5024/1997 e Cass. n. 3503/1998).

Un successivo orientamento della Suprema Corte, ai fini della esclusione dell'assegno divorzile, ha, invece, ritenuto rilevante l'elemento della stabilità della convivenza e del miglioramento economico che essa aveva determinato sull'ex coniuge. In tali casi, secondo le pronunce intervenute sull'argomento, il diritto all'assegno post- matrimoniale poteva entrare in una fase di quiescenza corrispondente al permanere della convivenza, in modo da poter, eventualmente, rivivere in caso di cessazione della medesima (Cass. n. 17195/2011).

Solo con i più recenti arresti la Corte di Cassazione (Cass. civ. n. 6855/2015; Cass. civ. n. 2466/2016 Cass. civ., n. 18111/2017, Cass. civ., n. 2732/2018), prendendo le mosse dall'art. 5, comma 10, l. n. 898/1970, e dandone una interpretazione estensiva, certamente più in linea con le più attuali interpretazioni della norma e della evoluzione del tessuto sociale, ha affermato che l'instaurazione di una stabile convivenza da parte dell'ex coniuge beneficiario determina il venir meno di ogni presupposto di riconoscibilità dell'assegno divorzile, il quale resta così definitivamente escluso, senza entrare in quella fase di quiescenza di cui alle precedenti pronunce. Il tutto a condizione che l'ex coniuge obbligato fornisca la prova della convivenza.

Può pertanto affermarsi che secondo tali più recenti orientamenti, la formazione di una nuova famiglia di fatto rescinde ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa convivenza matrimoniale ed è espressione di una libera scelta esistenziale, che si caratterizza anche per l'assunzione del rischio di una cessazione del rapporto e che, quindi, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale da parte dell'altro ex coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo (cfr. Cass. 6855/2015).

Il fondamento di tale interpretazione viene ravvisato nel principio di autoresponsabilità e nella valorizzazione della scelta esistenziale, libera e consapevole dell'ex coniuge di costituire una famiglia di fatto, avente rilievo costituzionale (art. 2 Cost.).

Nella sentenza in commento la Cassazione, tornando sull'argomento, ribadisce la definitiva esclusione dell'assegno divorzile in caso di nuova convivenza, proprio nell'ottica della riaffermazione del principio di autoresponsabilità dell'ex coniuge che, con una scelta consapevole e chiara ha dato luogo ad una unione personale stabile e continuativa che si è sovrapposta con effetti di ordine diverso, al matrimonio.

Osservazioni

La nostra tradizione giuridica era ancorata a un legame quasi inscindibile tra il concetto di famiglia e il concetto di matrimonio. L'attuale assetto sociale, pone tuttavia dinanzi a realtà totalmente nuove e diverse rispetto al passato, che non possono essere trascurate dall'ordinamento giuridico in quanto danno vita a relazioni sociali che assumono inevitabilmente una rilevanza giuridica seppur non siano specificatamente disciplinate dalla legge. In proposito, va tenuto conto che il legislatore costituzionale e quello codicistico ci danno una accezione di famiglia strettamente legata ai tempi in cui quelle norme furono emanate. Ogni norma, però, necessita di una nuova interpretazione sistematica e assiologica, senza avere, invece, la pretesa che quella resti ancorata strettamente al proprio significato letterale .

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte ha dato rilievo preminente, rispetto al diritto dell'ex coniuge a beneficiare dell'assegno divorzile, alla formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto. Questo comporta la rottura tra il precedente modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed il nuovo assetto fattuale avente rilievo costituzionale ed è considerata quale causa di esclusione irreversibile dei doveri di solidarietà post-coniugale.

Negli ultimi anni, come si è avuto modo di illustrare innanzi, si è assistito ad un radicale mutamento dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità.

La Cassazione, con la sentenza n. 17195/2011, esplicitamente affermava che era necessario operare un distinguo tra semplice convivenza e convivenza che, per la stabilità e la durata che la caratterizzano, si esplicita in una vera e propria famiglia di fatto (cfr. il riferimento a Cass. n. 4761/1993). Si attribuiva, quindi, rilevanza giuridica alla famiglia di fatto al punto che gli obblighi relativi al vincolo coniugale precedente dovevano essere sospesi: durante la permanenza della convivenza, cioè, doveva ritenersi esclusa la corresponsione dell'assegno divorzile a carico dell'ex coniuge, con la conseguenza che il diritto all'assegno divorzile veniva a trovarsi in una fase di quiescenza. Quiescenza enon cessazione o estinzione. In tale pronuncia, la Suprema Corte non opera alcuna interpretazione estensiva dell'art. 5, l. div. ritenendo la convivenza quale situazione assimilabile alle nuove nozze, di tal che il diritto all'assegno potrebbe rivivere nel caso di rottura della convivenza, stante la mancanza di una normativa specifica a garanzia dell'ex convivente.

La Cassazione, con la sentenza n. 6855/2015, e poi successivamente con due pronunce (una del 2017 e l'altra del 2018), è pervenuta a conclusioni opposte, certamente più in linea – come già detto - con gli orientamenti più recenti susseguitisi sull'argomento. Secondo il Supremo Collegio, quindi, da un lato occorre tenere conto dell'importanza che la famiglia di fatto riveste negli attuali assetti sociali e della consapevolezza che deve accompagnare i partner, circa la possibilità del suo venir meno, e dall'altro, della condizione dell'ex coniuge obbligato che, per effetto della costituzione di una famiglia di fatto da parte del beneficiario dell'assegno, ha fatto affidamento sulla definitiva esclusione dell'obbligo che pertanto non può essere posto in stato di quiescenza. Si ritiene, pertanto, che la costituzione di una nuova famiglia, seppur non matrimoniale, incida in modo definitivo sui diritti economici tra ex coniugi.

In definitiva si è giunto ad affermare che:

1) l'esclusione del diritto all'assegno in caso di convivenza more uxorio è una conseguenza inevitabile a prescindere dalla posizione economica di ciascun convivente.

2) la revoca del diritto all'assegno è irreversibile, non potendosi chiedere che questo venga ristabilito in seguito all'eventuale cessazione della convivenza, in quanto ciò che rileva è la mera costituzione della stessa.

Molti Giudici di merito, spingendosi addirittura oltre il solco tracciato dal Supremo Collegio (Trib. Como, ord. 12 aprile 2018; Trib. Benevento, sent. n. 5/2019), hanno ritenuto che anche la significativa stabilità di un legame affettivo, non necessariamente accompagnata da una effettiva coabitazione, escluda il diritto all'assegno di divorzio.

Secondo tale giurisprudenza di merito, infatti, non è rilevante la mera coabitazione in quanto anche in costanza di matrimonio il dovere di coabitazione può essere derogato, per accordo tra i coniugi, nel superiore interesse della famiglia, per ragioni di lavoro, studio ecc. sì da non escludere la comunione di vita interpersonale (cfr. Cass. civ., sent. n. 19439/2011, n. 17537/2003). Nelle pronunzie indicate si è ritenuto, quindi, che non vi sia ragione che non possa essere esercitabile detta facoltà anche da parte delle coppie non coniugate, unite affettivamente, e legate anche da reciproci diritti e doveri, le quali quindi ben possono essere intese come nucleo familiare di fatto, o modello familiare atipico, anche in difetto di stabile coabitazione, ove il loro legame integri una comunione di vita interpersonale.

In ordine poi alla prova della convivenza, si ritiene pacificamente che tale onere incomba sul coniuge obbligato.

Sul punto, ad avviso di chi scrive, la giurisprudenza di merito innanzi richiamata non ha applicato rigorosamente il principio sulla ripartizione dell'onere della prova innanzi enunciato, avendo desunto la prova della convivenza non solo dal comportamento processuale delle parti e, nello specifico dalle dichiarazioni rese nella fase presidenziale, ma anche da ulteriori elementi quali post, informazioni e riproduzioni fotografiche rinvenibili sui social oltre che, naturalmente sulle più tradizionali prove testimoniali, da valutarsi sistematicamente.

Infine, ma non per importanza, estremamente positivo è altresì in rilievo dato dal Supremo Collegio all'aspettativa dell'ex coniuge obbligato a poter a sua volta contare sulla definitiva liberazione cancellazione del proprio obbligo al fine di poter a sua volta coltivare un nuovo progetto di vita (cfr. Cass. n. 11504/2017). Negare alla successiva formazione di un legame di fatto un effetto estintivo dell'assegno (Cass. civ. S.U., n. 18287/2018) significherebbe restituire all'assegno divorzile quella natura di ultrattività, frutto di una visione criptoindossolubilista del matrimonio secondo l'espressione utilizzata nella ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale che ha dato luogo alla sentenza n. 11/2015 e significherebbe, inoltre, imprimere una tendenza contraria ai dettami e agli standards europei.

Guida all'approfondimento:

Cicero C., Rinaldo M., Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), fasc.1, 2016, 314

Cosmai L.M., Assegno divorzile e una tantum, in ilfamiliarista.it

G. Oberto, Gli effetti di ordine patrimoniale della separazione riguardo i coniugi, in Gli aspetti patrimoniali della famiglia Padova, 2011

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