Inadempimento o periculum in mora non sono presupposti per iscrivere ipoteca giudiziale a garanzia dell'assegno divorzile

Valeria Mazzotta
23 Settembre 2020

Ai sensi dell'art. 8, 2° comma, l. 1° dicembre 1970, n. 898, - il quale costituisce puntuale applicazione del principio generale di cui all'art. 2818 c.c. - l'ex coniuge creditore dell'assegno...
Massima

Ai sensi dell'art. 8, comma 2, l. 1° dicembre 1970, n. 898, - il quale costituisce puntuale applicazione del principio generale di cui all'art. 2818 c.c. - l'ex coniuge creditore dell'assegno di cui agli art. 5 e 6, l. cit. ha titolo per iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili del soggetto obbligato alla corresponsione degli stessi, in forza sic et sempliciter della sentenza che ha riconosciuto, in suo favore, un assegno divorzile, al quale deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa, restando rimessa alla valutazione del medesimo creditore la sussistenza del pericolo di inadempimento.

Il caso

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte è originato da un'iscrizione ipotecaria effettuata dall'ex moglie su un immobile dell'ex marito a garanzia dei futuri versamenti dell'assegno di divorzio.

L'uomo – previa verifica dell'insussistenza di debiti pregressi verso l'ex moglie – chiedeva al Tribunale di Milano l'accertamento della mancanza dei presupposti per mantenere a proprio carico l'iscrizione di ipoteca giudiziale e, per l'effetto, che venisse dichiarata l'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria.

Sul presupposto che permane nella competenza del Giudice adito la verifica ex post della sussistenza in concreto delle condizioni per la garanzia ipotecaria nell'an e nel quantum, ossia il periculum di inadempimento in capo all'ex coniuge obbligato all'assegno, il Tribunale dichiarava l'illegittimità dell'ipoteca iscritta a fronte della mancanza di idonei presupposti nonché della non equità e sproporzione operata dall'ex moglie nella quantificazione della stessa, e ordinava di conseguenza la cancellazione dell'ipoteca giudiziale.

Il giudice di primo grado inoltre condannava la convenuta per responsabilità aggravata ex art. 96 comma 2 c.p.c., affermando che mediante l'iscrizione ritenuta illegittima e sproporzionata, l'ex moglie aveva posto in essere un “abuso del diritto processuale”, mettendo in pericolo lo svolgimento dell'attività imprenditoriale dell'ex marito, oltre ad averlo costretto a chiedere giudizialmente la cancellazione dell'ipoteca.

Appellando la sentenza, la donna censurava la violazione e l'applicazione dell'art. 8, comma 2, della l. 898\1970 e dell'art. 2818 c.c. sostenendo il proprio diritto di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili dell'obbligato in quanto la legittimità di tale garanzia non sarebbe vincolata alla sussistenza di ulteriori presupposti, se non quello della emissione della sentenza che aveva riconosciuto un assegno divorzile in suo favore.

In secondo luogo, la donna lamentava l'applicazione della condanna al risarcimento per responsabilità aggravata non sussistendone i presupposti, ravvisabili nell'inesistenza del diritto di credito e nella prova del danno patito.

La questione

L' avvenuto inadempimento o il pericolo che questo si realizzi in futuro è un requisito necessario per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale e per il permanere della garanzia ipotecaria del credito inerente all'assegno divorzile?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Appello ritiene accoglibile il gravame.

I giudici ricordano che l'ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c., quale diritto reale di garanzia, è un istituto posto a presidio del diritto del creditore ad essere pienamente soddisfatto, tutelandolo in via preventiva da un eventuale inadempimento posto in essere dal debitore, potendo il creditore procedere in autonomia con l'iscrizione allorchè sia stato emesso un provvedimento giudiziale di condanna al pagamento o altra obbligazione.

Detta facoltà è prevista dall'art. 156 comma 5, c.c., dall'art. 8 comma 2, l. 898/1970 e dall'art. 5 comma 1 d.l. 132/2014 in materia di negoziane assistita finalizzata alla separazione o al divorzio: dalla citata normativa emerge la preoccupazione del legislatore di tutelare il coniuge creditore dell'assegno contro le disposizioni di carattere patrimoniale che l'altro potrebbe compiere, non attuali e non prevedibili alla data del provvedimento giudiziale.

La ragione a fondamento del quadro normativo succitato, secondo la Corte va individuata anche alla luce della recente sentenza delle Sezioni Unite in tema di assegno divorzile (Cass. S.U. n. 18287/2018) che riconosce all'emolumento una necessaria funzione assistenziale e compensativa-perequativa e, proprio per consentire tale funzione, protetta dunque anche costituzionalmente, occorre garantire l'esatto adempimento contenuto nell'assegno, soprattutto a fronte di un'obbligazione periodica, avente ad oggetto prestazioni distinte nel tempo che diventano esigibili alle rispettive scadenze: in tal caso, il credito è sottoposto alla mutevolezza delle condizioni socio-economiche di entrambi gli obbligati, il che da un lato potrebbe eliminare i presupposti dell'assegno divorzile ma dall'altro potrebbe pregiudicare la posizione creditoria del coniuge beneficiario.

Quindi, anche in considerazione di possibili atti di disposizione del coniuge obbligato, non preventivabili e pregiudizievoli nei confronti dell'altro, il credito in oggetto deve essere tutelabile sin dal momento della sua insorgenza: in altre parole, l'ipoteca giudiziale è uno strumento di garanzia preventiva attivabile unicamente e immediatamente all'emissione di un provvedimento giudiziale, come ricavabile dal dato testuale dell'art. 2818 c.c., senza la necessità di ulteriori requisiti, neppure il pericolo dell'inadempimento.

D'altra parte il legislatore, per tutelare il debitore qualora fosse vittima dell'abuso dello strumento di garanzia da parte del creditore, in termini di iniqua valutazione del credito, ha posto in suo favore la facoltà di agire per ottenere la riduzione dell'ipoteca iscritta ex artt. 2872 e seguenti c.c.. che, se accertata dall'autotorità giudiziaria, consente di riequilibrare le posizioni, garantendo il creditore senza che possa arrecarsi pregiudizio al debitore.

In ogni caso, quand'anche sia accertata la sproporzione tra il credito e il valore del bene ipotecato, non si può giungere alla cancellazione in toto dell'iscrizione ipotecaria, sopprimendo così il diritto di garanzia del creditore previsto ex lege e relativo ad un credito ancora esistente e meritevole di tutela, potendosi esclusivamente chiedere una riduzione dell'importo.

Con specifico riferimento al caso di specie, l'appellante ha scelto di agire in primo grado per ottenere la cancellazione dell'iscrizione ipoteca e non ha domandato, neppure in via subordinata, una riduzione della stessa ex art. 2872 c.c., sicchè la Corte non poteva che respingere la richiesta di cancellazione in toto della garanzia ipotecaria.

L'ex marito risulta debitore nei confronti dell'ex coniuge in forza della sentenza di divorzio per un credito destinato a trovare soddisfazione mensilmente e costantemente nel futuro, almeno sino a che non intervenga una pronuncia di modifica ex art. 9 l. 898/1970.

Ne consegue che la moglie ha legittimamente esercitato il diritto di garantire il proprio credito mediante iscrizione di ipoteca giudiziale e per tale ragione, una eventuale cancellazione di tale garanzia non troverebbe alcun fondamento giuridico (tanto più perché non è necessaria l'esistenza di un periculum) e anzi, costituirebbe un danno alla posizione creditoria dell'ex coniuge.

Sotto il diverso profilo della richiesta di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 comma 2, c.p.c., il provvedimento che si annota, chiarito che l'iscrizione ipotecaria configura abuso del diritto del creditore solo se è accertata l'inesistenza del diritto per cui l'ipoteca è stata iscritta, ovvero qualora il creditore resista alla domanda di riduzione con dolo o colpa grave, dà atto che ne caso di specie la sussistenza del credito era già stata accertata in forza del provvedimento di divorzio, e che l'ex moglie non ha resistito nel giudizio di riduzione dell'ipoteca (in quanto non promosso dal debitore) bensì a una domanda di cancellazione della stessa.

La Corte accoglie dunque l'appello riformando integralmente la pronuncia di primo grado.

Osservazioni

La sentenza che si annota è in linea con quell'indirizzo della giurisprudenza di merito secondo cui la lettura del combinato disposto dell'art. 8 comma 2, l. 898/1970, comma 4 e 5 c.c. e art. 2818 c.c. evidenzia come non sia richiesta per l'iscrizione dell'ipoteca la valutazione della sussistenza del periculum in mora (App. Firenze 25 febbraio 2017, Trib. Roma 21 marzo 2007).

Questo orientamento si discosta da quello della Suprema Corte secondo la quale, all'opposto, la possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale in forza del provvedimento di separazione o di divorzio è data perché l'ipoteca assolve alla funzione di garantire il pericolo di inadempimento del coniuge obbligato, permanendo tuttavia in capo al Giudice la relativa valutazione. Anche l'importo, pur essendo determinato dal creditore, può essere ridotto dal Giudice il quale può avvalersi di criteri oggettivi che non pregiudichino né la garanzia in favore del coniuge avente diritto all'assegno, né il debitore per l'eccessività dei beni sottoposti a vincolo o per l'eccessività delle somme indicate, impedendo di fatto la libera disponibilità e negoziabilità degli immobili (Cass. civ. sent. 6 luglio 2004 n. 12309).

Dunque, secondo questo orientamento, tuttora immutato, della Corte di Cassazione, il Giudice deve dapprima valutare se sussiste il pericolo di inadempimento del coniuge obbligato a versare l'assegno, e in caso di risposta affermativa, deve decidere se l'entità per cui l'ipoteca è iscritta o il numero dei beni sottoposti a garanzia siano giustificati.

Pare invero maggiormente condivisibile l'orientamento secondo cui le disposizioni normative di cui agli articoli 156 comma 5 c.c. e 8 comma 2 l. 898/1970 sono chiare ed inequivoche: sulla base della sentenza ancorchè non passata in giudicato (o del decreto di omologa della separazione consensuale – Corte Cost. 18 febbraio 1988 n. 186 e in giurisprudenza tra le tante Cass. civ. 1 febbraio 2016 n. 1883-, ma anche del decreto ex art. 316-bis, comma 2, c.c. -Corte cost. 14 giugno 2002 n. 236 -, dei decreti di modifica ex art. 710 c.p.c. e 9 l. 898/1970Cass. civ. 10 novembre 1994 n. 9393- e del decreto camerale che definisce le procedure di affidamento e mantenimento dei figli non matrimoniali), il creditore ha un titolo valido per iscrivere l'ipoteca e farla durare nel tempo, senza che alcun altro requisito sia richiesto.

Diversamente opinando, infatti, si creerebbe una disparità di trattamento tra l'ordinario creditore e il coniuge titolare del diritto di credito al mantenimento, il quale, contrariamente al primo, per poter iscrivere ipoteca sarebbe sottoposto alla valutazione del giudice circa il rischio dell'inadempimento.

Peraltro, giustamente, una simile conclusione si pone in contrasto con le esigenze di garanzia del beneficiario dell'assegno che deve essere posto al riparo dalle disposizioni patrimoniali che l'altro potrebbe porre in essere, non prevedibili né attuali al momento dell'emissione della statuizione sui provvedimenti economici, anche considerato il carattere periodico dell'obbligazione destinata a protrarsi nel tempo. Il credito deve essere tutelabile fin dal momento in cui sorge in forza del provvedimento diversamente varrebbe anche vanificata la

la funzione composita (assistenziale, compensativa e perequativa) assolta dall'assegno divorzile, come interpretata dalle Sezioni Unite nel 2018 che presuppone l'esatto adempimento del pagamento dell'assegno.

Il problema parrebbe piuttosto un altro, ossia quello delle iscrizioni eseguite per importi spropositati oppure su più immobili del debitore. Sussistono infatti anche esigenze di tutela dell'obbligato il quale rischia di non poter alienare liberamente i propri beni o di essere esposto ad azioni di risarcimento dei danni da parte di ipotetici acquirenti atteso che l'iscrizione non deve essere comunicata, sicchè è ben possibile che il coniuge che la subisce ne venga a conoscenza solo al momento della negoziazione dei propri beni. Si esclude peraltro il ricorso al procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. onde poter ottenere una liberazione in tempi brevi dal gravame ipotecario, ammissibile, all'opposto, per ottenere la riduzione dell'ipoteca (ex multis Trib. Nola ordinanza 16 gennaio 2014). In questi casi l'obbligato potrebbe offrire in alternativa al coniuge creditore una garanzia fideiussoria a prima richiesta che sostituisca la garanzia reale oppure, nel caso di persistente rifiuto alla cancellazione, intraprendere un giudizio ordinario all'esito del quale sia emesso un provvedimento che supplisca al mancato consenso.