Soluzioni ermeneutiche soppressive contrastano con il principio di conservazione degli atti

25 Settembre 2020

Una soluzione ermeneutica “soppressiva” contrasta con il principio di conservazione degli atti giuridici, previsto quale criterio di interpretazione dei contratti dall'art. 1367 c.c. e pacificamente applicabile anche agli atti e provvedimenti amministrativi, inclusi gli atti delle gare pubbliche: ed invero, il principio di conservazione, sancito anche a livello di normazione amministrativa dall'art. 21-nonies, comma 2, della l. n. 241/1990, costituisce espressione del principio di economicità ed efficacia dell'attività amministrativa di cui all'art. 1, comma 1, della stessa l. n. 241 ed impone di interpretare le singole clausole della lex specialis nel senso in cui esse possano avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (nel caso di specie attribuire la congiunzione “ovvero” valenza esplicativa, anziché disgiuntiva).

Il caso. La decisione in esame muove dal gravame proposto da un operatore economico avverso la sentenza con cui il T.A.R. de L'Aquila aveva accolto l'impugnazione dell'aggiudicazione di una procedura aperta per la fornitura di sistemi diagnostici promossa dal secondo classificato.

Il Giudice di prime cure aveva ritenuto fondata la doglianza per cui l'aggiudicataria non avrebbe offerto un prodotto conforme ai desiderata della stazione appaltante (sub specie un prodotto “di ultima generazione, ovvero l'ultimo modello presente sul mercato”), precisando nel caso concreto la valenza esplicativa e non disgiuntiva della congiunzione “ovvero”.

Avverso tale statuizione l'appellante lamenta l'error in iudicando sostenendo la valenza disgiuntiva della citata congiunzione e la differenza ontologica intercorrente tra le nozioni di “ultimo modello” e “di ultima generazione” (giacché la prima nozione “non esaurisce” la seconda), posto che per il passaggio ad una nuova generazione di macchinari sarebbe necessario “un radicale cambiamento degli standards tecnologici” e che in mancanza di parametri tecnici sarebbe sufficiente l'offerta di un prodotto rispettoso dei requisiti fissati dalla lex specialis.

La stazione appaltante, costituitasi in giudizio, proponeva appello incidentale sostenendo anch'essa la cennata natura disgiuntiva e la differenza tra i termini utilizzati, nonché lamentando la violazione del principio del favor partecipationis (anche alla luce della mancata previsione di una sanzione espulsiva nella legge di gara).

La soluzione giuridica. I Giudici di Palazzo Spada hanno respinto tanto l'appello principale quanto il gravame incidentale interposto dall'amministrazione giudicando anzitutto corretta l'interpretazione delle previsioni di gara, fatta propria dal T.A.R., circa la valenza esplicativa della congiunzione “ovvero” e ciò in base al principio di conservazione degli atti giuridici, fissato all'art. 1367 c.c., posto che altrimenti argomentando sussisterebbe un contrasto tra le previsioni contenute negli atti di gara

risolvibile solamente tramite un' “interpretazione soppressiva” della previsione contenuta nel capitolato e contrastante con quella fissata nella scheda tecnica.

Circa la differenza intercorrente tra le nozioni contestate, il Collegio ha quindi affermato che “se l'espressione “ultimo modello presente sul mercato” ... dovesse interpretarsi come alternativa a quella “prodotto di ultima generazione”, la stessa sarebbe totalmente inutile, poiché – salvo voler ipotizzare comportamenti patologici dell'impresa – l'ultimo modello che l'impresa stessa immette sul mercato è certamente un prodotto di ultima generazione” ribadendo, al contempo, come “mentre non è sempre vero che un prodotto di ultima generazione è, altresì, l'ultimo modello presente sul mercato, è, invece, sempre vero che l'ultimo modello presente sul mercato è nel contempo un prodotto di ultima generazione”.

Rispetto al valore da attribuire alla congiunzione “ovvero”, i Giudici hanno inoltre chiarito che “è dato di comune esperienza che la congiunzione “ovvero”, pur avendo di solito valenza disgiuntiva tra due termini o due proposizioni, possa talora essere utilizzata per introdurre un termine o una proposizione con finalità esplicative del significato del (o della) precedente”.

Il Consiglio di Stato ha poi condiviso l'appellata sentenza anche nella parte in cui ha sancito che qualora l'appellante “avesse voluto censurare l'interpretazione della congiunzione “ovvero” come esplicativa, anziché disgiuntiva, essa avrebbe dovuto impugnare immediatamente la clausola della lex specialis ... che contiene la suddetta congiunzione, trattandosi di clausola escludente.”.

Circa le argomentazioni sviluppate dalla stazione appaltante, infine, il Collegio ha stabilito l'inconferenza del richiamo al principio del favor partecipationis sulla base dell'assunto per cui tale cardine “assume rilievo qualora la legge di gara contenga clausole ambigue, oscure, malamente formulate, equivoche o che si prestino, comunque, ad incertezze interpretative” mentre nel casus belli “l'apparente antinomia tra le previsioni della legge di gara viene superata ... attraverso il coordinamento e l'armonizzazione delle stesse, cosicché non residuano dubbi interpretativi sulla loro portata”.