Omogenitorialità: ultime novità, stato civile e prospettive di armonizzazione europea
Giulio Montalcini
28 Settembre 2020
Con il termine omogenitorialità s'intende il rapporto di fatto e/o giuridico che si instaura fra un adulto, di orientamento omosessuale, e un minore di età. Tale rapporto si consolida sovente all'interno di una coppia di persone dello stesso sesso, sia questa unita civilmente, piuttosto che coniugata, ovvero, in ultimo, solo convivente. Nell'ambito della coppia same sex...
Inquadramento
Con il termine omogenitorialità s'intende il rapporto di fatto e/o giuridico che si instaura fra un adulto, di orientamento omosessuale, e un minore di età. Tale rapporto si consolida sovente all'interno di una coppia di persone dello stesso sesso, sia questa unita civilmente, piuttosto che coniugata, ovvero, in ultimo, solo convivente. Nell'ambito della coppia same sex si suole instaurare un legame di fatto con il figlio biologico di uno dei partner e l'altro membro della coppia, che assume il ruolo di genitore “sociale” o “d'intenzione”, a prescindere dalle circostanze in cui è avvenuta la nascita del minore.
Un'ipotesi “ibrida” che, per certi versi, si distanzia dal modello suindicato, può consolidarsi soltanto all'interno della coppia “lesbica”, nell'ambito di un progetto di genitorialità condivisa e per il tramite dell'accesso alla fecondazione assistita di tipo “eterologo”, in cui una delle donne adulte mette a disposizione il proprio elemento genetico (l'ovocita) e, l'altra, il proprio utero, ai fini della gestazione. Quest'ultima ipotesi realizza un conflitto giuridico, dal momento che, per il diritto italiano, madre è colei che partorisce (art. 269 c.c.); nondimeno deve essere riconosciuta una tutela giuridica all'altra donna, che è genitrice biologica del bambino. Della questione della “doppia madre” si è, peraltro espressa recentemente anche la Suprema Corte di Cassazione che, pronunciandosi con la sentenza n. 19599/2016, ha ammesso la trascrizione in Italia di un atto di nascita, formatosi all'estero, nel quale s'indicava il bambino, nato da fecondazione eterologa, come figlio di due madri.
Va peraltro rilevato che il fenomeno della “genitorialità sociale o d'intenzione” si verifica tanto nell'ipotesi di coppia same sex quanto in quella eterosessuale. La l. n. 184/1983 già riconosceva, attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 lett d) il diritto alla continuità affettiva del minore con un adulto, anche single, a prescindere dal rapporto biologico, ove questo avesse instaurato un legame consolidato con il minore. L'avvento delle pratiche di fecondazione assistita e della Legge 40 del 2004 ha ampliato il novero delle opportunità di consolidamento del rapporto che si instaura fra il bambino e il genitore non biologico. Tuttavia, fino al momento in cui gli ordinamenti dei Paesi occidentali maggiormente sviluppati non hanno accordato una tutela sempre più efficace alla coppia composta da due persone dello stesso sesso, la questione dell'omogenitorialità non aveva alcuna rilevanza giuridica e non entrava a far parte del dibattito normativo e/o giurisprudenziale. La tutela era, pertanto, riservata alla sola coppia etero.
Omogenitorialità nelle sentenze della CEDU e nelle legislazioni europee – un contesto di frammentazione giuridica
Con il trascorrere degli anni ed il mutare delle convinzioni e dei costumi sociali, il disvalore accordato dagli ordinamenti nei confronti, tanto della singola persona omosessuale quanto della coppia, è andato progressivamente e parzialmente a dissolversi. Nel momento in cui si è finalmente attenuata la discriminazione istituzionale nei confronti delle persone omosessuali, ci si è accorti di un fenomeno sociale sempre più diffuso e, cioè, che persone gay, singolarmente o in coppia, si ritrovavano a crescere, educare e mantenere minori, nati da precedenti relazioni eterosessuali.
Sulla definizione di genitorialità omoaffettiva, peraltro, non esiste uniformità di giudizio, tanto nell'opinione pubblica, nazionale o transnazionale, quanto negli ordinamenti dei singoli Stati. A livello europeo, è certamente consolidato il principio, espresso dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella celebre sentenza Shalk e Kopf contro Austria del 24 giugno 2010, secondo il quale le coppie dello stesso sesso hanno la medesima capacità di quelle di sesso diverso di formarerelazioni affettive connotate da stabilità e impegno. Dopo la sentenza in questione, si è sviluppato, sempre in seno alla Corte di Strasburgo, un orientamento che ha ricondotto nell'alveo dell'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti Dell'Uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare), la tutela giuridica della coppia omosessuale stabilmente legata dal punto di vista affettivo, sicché oggi una parte sicuramente maggioritaria degli Stati firmatari la Convenzione riconoscono la famiglia omosessuale e le accordano una speciale protezione. Una delle pronunce che ha dato impulso all'orientamento di cui si parla, ha peraltro condannato l'Italia al risarcimento di tre coppie same sex, imponendo al nostro Paese di adottare una legislazione di tutela, fino a quel momento mancante (Oliari & Others c. Italia, 21 luglio 2015), aprendo la strada all'approvazione della l. n. 76/2016, in tema di unioni civili e convivenze.
La stessa sentenza Oliari & Others c. Italia, 21 luglio 2015, ritenuta correttamente una conquista per le coppie same sex da alcuni commentatori, aveva invero respinto la questione, sollevata dai ricorrenti, di contrasto con l'art. 12 (sul diritto a formare una famiglia) e 14 (divieto di discriminazione) della legislazione italiana, nella parte in cui non riconosce alle coppie gay di contrarre matrimonio civile, con ciò offrendo una giustificazione per la frammentazione giuridica che oggi si nota in materia, tanto in Italia quanto in Europa. Infatti, sulla scorta della pronuncia in esame, il nostro Paese ha stralciato dal dibattito parlamentare la proposta d'introdurre l'istituto della cd. stepchild adoption, l'adozione del figlio biologico di uno dei membri della coppia unita civilmente, mutuando, quanto agli effetti giuridici, dall'istituto, già previsto a favore della coppia etero dalla legge 183/1983, dell'adozione del figlio del coniuge (cfr. art. 44, lett. b, l. 184/1983). All'epoca, infatti, anche la Corte Costituzionale italiana, per il medesimo caso, si era espressa in senso conforme alla CEDU, con sentenza Corte cost., n. 138/2010. Ritenuto, pertanto, che rientrasse nel margine di discrezionalità del singolo Stato membro del Consiglio d'Europa l'opportunità di una differenziazione fra la disciplina del matrimonio, prevista in alcuni Paesi a vantaggio delle sole coppie etero, e quella delle unioni fra persone dello stesso sesso, si offriva campo ad alcuni Stati membri, fra cui l'Italia, per ostacolare tout court il riconoscimento dell'omogenitorialità.
Come si avrà modo di osservare infra, quando gli Stati Membri dell'Unione Europea (in maggior parte firmatari della CEDU) non riconoscono il cd. matrimonio egualitario, il più delle volte, non ammettono la genitorialità omosessuale. Il mancato riconoscimento del matrimonio egualitario costituisce, infatti, uno dei principali ostacoli alla tutela dell'omogenitorialità, ferme alcune eccezioni. Vi sono alcuni esempi “storici”, infatti, di Paesi in cui l'iter di riconoscimento della genitorialità omosessuale non è stato contestuale all'introduzione del matrimonio egualitario. Ad esempio, il Portogallo, nonostante l'introduzione del matrimonio same sex nel 2010 (5 anni più tardi della vicina Spagna), non ha concesso alla coppia gay sposata di adottare figli fino al 2016 (vietando, peraltro, ancora oggi, alle coppie di accedere alla gestazione per altri e, ciò, a prescindere dall'orientamento sessuale delle coppie stesse, anche se è consentita la fecondazione in vitro da parte della sola coppia lesbica). In Irlanda, prima ancora dell'introduzione del matrimonio same sex con il referendum del 2017, veniva garantito il diritto per la coppia di donne di accedere alla fecondazione assistita ed era consentita la cd. stepchild adoption da parte dell'altro membro della coppia (è il caso del Children and Family Relationships Act, una legge approvata nel 2015). Ciò premesso, è un dato di fatto che, allo stato, non esista alcuna fonte legislativa europea, applicabile erga omnes, che imponga agli Stati membri il riconoscimento del matrimonio egualitario e la materia dell'omogenitorialità non è regolamentata uniformemente.
In questo contesto di frammentazione, vi sono alcuni ordinamenti interni che hanno elaborato diverse forme di tutela della genitorialità omosessuale, che, al netto delle singole differenze, possono essere riassunte in questi istituti:
1) Adozione piena o legittimante. Le coppie gay o lesbiche e, in alcuni casi, il single, hanno diritto di accedere all'adozione di un minore in condizioni di parità con le coppie eterosessuali. L'adottando acquisisce, per effetto dell'adozione, lo status di figlio della coppia.
2) Stepchild adoption, e cioè l'adozione da parte del partner omosessuale del figlio biologico del compagno/a ovvero marito/moglie, che produce il medesimo effetto dell'adozione piena o legittimante.
3) Altre tipologie di adozione, come l'istituto italiano dell'adozione in casi particolari, o quello dell'acquisto della tutela da parte dell'altro genitore omosessuale in Croazia, che generano effetti giuridici differenti rispetto all'adozione piena o legittimante e hanno oggetto il riconoscimento del legame di fatto fra il minore e l'adulto, a prescindere dall'esistenza di un pregresso rapporto di parentela, ovvero convivenza.
4) Accesso alla fecondazione assistita di tipo “eterologo” e formazione dell'atto di nascita da parte di due genitori dello stesso sesso, con l'effetto di far sorgere un rapporto di filiazione non diverso da quello biologico. Si veda la già citata sentenza della Suprema Corte, n. 19599/2016.
5) Dalla macrocategoria di cui sub 4) deve peraltro tenersi ben distinta la cd. gestazione per altri o “maternità surrogata”, ovvero il contratto, stipulato fra un single o una coppia e una donna terza, con il quale si chiede a quest'ultima di portare avanti per loro conto la gravidanza, con l'impegno a “consegnare” il figlio alla coppia una volta partorito, senza rivendicare il diritto alla maternità sul bambino.
…e adozione nei Paesi europei
Adozione piena e legittimante
Riguardo al primo dei 5 istituti che si menzionavano e, cioè, l'adozione piena e legittimante che ha, come effetto giuridico, quello di recidere il rapporto con la famiglia d'origine del minore per instaurarlo con la famiglia adottiva, si osserva che, allo stato, sono 12 gli stati membri che lo consentono: Austria (dal 2015, in seguito a sentenza della Corte Costituzionale); Spagna (dal 2005, con legge); Francia (dal 2013, con Legge); Germania (Dal 2017, con legge); Belgio (dal 2006, con legge); Paesi Bassi (dal 2001, con Legge); Malta (dal 2014, con legge); Portogallo (dal 2016, con legge); Repubblica d'Irlanda (dal 2015, con legge); Finlandia (dal 2017, con legge entrata in vigore nel 2014); Svezia (dal 2003, con legge); Lussemburgo (dal 2015, con legge).
In altri Paesi europei, benché non facenti parte dell'Unione, l'adozione da parte di coppie gay e lesbiche è legale: è il caso della Norvegia (2009) e del Regno Unito (Inghilterra e Galles dal 2002; la Scozia, dal 2009). L'Irlanda del Nord, storicamente più oppositiva nei confronti dei diritti delle coppie LGBT, non aveva una legislazione in materia fino a un recente provvedimento del Parlamento di Westminster, che ha esteso il diritto di contrarre matrimonio alla popolazione della regione, non senza andare incontro a polemiche da parte di una parte dell'opinione pubblica. Per una più attenta disamina della questione, si rimanda al celebre caso dellaGay Cake giunto fino alla Corte Suprema e, oggi, all'esame della CEDU (Cfr. Lee V. Ashers Baking Company Ltd and Others).
Fra i Paesi non UE spicca, per interesse, il caso di Andorra. Nel Principato, infatti, non esiste una legislazione sul matrimonio egualitario, ma nel 2014 il Parlamento ha introdotto le unioni civili con facoltà per le coppie same-sex di essere ammesse alla stepchild adoption e all'adozione legittimante.
Stepchild Adoption
In tutti i Paesi in cui la coppia same sex ha facoltà di adottare figli in condizioni di parità con la coppia eterosessuale, è stato legalizzato l'istituto della cd. stepchildadoption, ovvero l'adozione del figlio del partner per effetto della quale l'adottante acquista i diritti e i doveri di assistenza morale e materiale nei confronti del figlio dell'altro e diventa, a tutti gli effetti, genitore adottivo del minore. In Europa due soli Paesi, la Svizzera e l'Estonia, hanno una normativa in materia di stepchild adoption, senza, allo stato, riconoscere il diritto delle coppie gay e lesbiche di adottare figli, ovvero di contrarre matrimonio.
Altre tipologie di adozione
Ad oggi sono solamente tre i Paesi Europei in cui, al netto del riconoscimento di una tutela per la coppia same-sex, è consentito accedere alla genitorialità solo “in casi particolari”. Fra questi spicca senz'altro il caso italiano (senza dimenticare quello della Croazia, giacché proprio recentemente la Corte Costituzionale, suscitando scandalo nel Clero e in parte dell'opinione pubblica, ha riconosciuto a una coppia gay il diritto di affido di un bambino. Alcuni oppositori hanno parlato di “sospensione della democrazia” e di “dittatura della Corte Costituzionale”).L'Italia risulta, infatti, l'unico fra i più grandi Paesi dell'Europa Occidentale a non prevedere una normativa di speciale protezione per il minore, nato e cresciuto in un contesto omogenitoriale.
…e adozione in Italia
A quattro anni dall'approvazione della c.d. Legge Cirinnà, il riconoscimento della genitorialità omosessuale in Italia è, allora, questione incerta e indefinibile a cui temporaneamente ha fatto rimedio la giurisprudenza, garantendo un riconoscimento del legame figlio-genitore d'intenzione.
Parte di questa incertezza, come ha osservato autorevole dottrina, è dovuta all'ambiguità del testo e, in particolare, alla formulazione dell'art. 1, comma 20, della predetta legge. La legge n. 76/2016 (art. 1, comma 20) esclude l'equiparazione della coppia unita civilmente a quella matrimoniale nell'accesso all'istituto dell'adozione e dell'affidamento di cui alla l. 184/1983, sicché alla coppia omoaffettiva è espressamente preclusa tanto l'adozione piena e legittimante, quanto quella prevista alla lett. b) dell'art. 44, ovvero l'adozione del figlio del coniuge (alias stepchild adoption, se si vuole usare un'espressione statunitense). Il comma citato, tuttavia, afferma che «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Una lettura estensiva della norma ha consentito ai giudici di merito e, poi, alla Corte di Cassazione di esprimersi in favore dell'adozione in casi particolari da parte del genitore intenzionale omosessuale, ai sensi della lett. d) dell'art. 44 l., n. 184/1983 che consente l'adozione del minore in caso di impossibilità di affidamento preadottivo. Tanto la giurisprudenza di merito, quanto quella di legittimità, esprimendosi sul concetto di impossibilità di affidamento preadottivo, hanno infatti riferito che, per addivenire all'adozione in casi particolari del minore, si debba prescindere dalla sola impossibilità “di fatto”, derivata dell'insussistenza di una situazione di abbandono del minore, ma che sia da verificare la concreta impossibilità giuridica di approdare all'affidamento, per mancanza di soggetti giuridicamente legittimati, ovvero interessati, a richiedere l'adozione piena ovvero la stepchild.
Sulla questione dell'adozione in casi particolari, si rimanda, peraltro, a una recente decisione della Suprema Corte che, in merito all'ipotesi di cui alla lettera d), ha elaborato il concetto di “adozione mite”, una terza via, che apre scenari potenzialmente rivoluzionari nella materia adottiva (Cass., Ord. 13 febbraio 2020, n. 3643)
Fecondazione assistita e gestazione per altri. Il panorama giurisprudenziale italiano attuale
Nella grandissima parte del continente europeo la pratica della maternità surrogata è penalmente sanzionata, a prescindere dalla sua qualificazione, come altruistica, quando la donna si offre di portare avanti la gravidanza per conto terzi al netto di un solo rimborso delle spese mediche (come avviene, extra UE, in Canada), ovvero, diversamente, come commerciale, quando la donna e la clinica ricevano un profitto dai committenti genitori intenzionali del nascituro.
La legittimazione da parte della giurisprudenza dell'adozione in casi particolari per il genitore intenzionale omosessuale è stata suggellata dal recente intervento delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 12193/2019 (Stefanelli S., In assenza di legame biologico, è contrario all'ordine pubblico l'atto di nascita formato a seguito di surrogazione di maternità, in IlFamiliarista). Tale pronuncia si è soffermata, in particolare, sulla qualificazione del rapporto fra minore nato da GPA all'estero (in Canada) e il genitore sociale-intenzionale uomo, nell'ipotesi di trascrizione nei registri italiani dell'atto di nascita formatosi all'estero, rifiutata all'Ufficiale di Stato civile per contrarietà all'ordine pubblico, atteso il divieto, sanzionato penalmente, di accedere alla maternità surrogata (art. 12, comma 6, l. 40/2004).
Nel dettaglio, le Sezioni Unite hanno ritenuto che il divieto di cui all'art. 12, l. 40/2004 concorra a formare l'insieme dei principi, ritenuti intangibili e/o immodificabili per via del loro carattere fondante, facenti parte l'ordine pubblico e, pertanto, hanno respinto il ricorso della coppia di genitori omosessuali, indicando nell'adozione in casi particolari di cui all'art. 44, lett. d) il rimedio offerto dall'ordinamento italiano per la tutela del migliore interesse del minore.
Va premesso, infatti che, in qualità di organo preposto alla tenuta e alla rettifica dei registri relativi allo status delle persone, l'Ufficiale di Stato Civile presiede all'Ufficio di Stato civile presente in ogni Comune d'Italia. Il sindaco, quale capo dell'Ufficio, esercita le funzioni di Ufficiale dello Stato Civile direttamente o, più spesso, mediante delega ai sottoposti. L'art. 9 del d.P.R. 396/2000 indica i soggetti che, oltre al sindaco, hanno facoltà di svolgere il ruolo di Ufficiale di Stato Civile.
Tutti gli atti di stato civile sono, per loro natura, non rettificabili. Nel senso che, una volta redatti dall'Ufficiale di Stato Civile, chiunque intenda promuovere la rettificazione di un atto deve necessariamente ricorrere al Giudice; allo stesso modo, chiunque intenda opporsi al rifiuto di trascrivere un atto formato all'estero nei registri italiani, ovvero l'annotazione o altro adempimento, deve, ai sensi dell'art. 95, comma 1. d.P.R. n., 396/2000, ricorrere al Tribunale nel cui circondario l'ufficio di stato civile è collocato.
Il rifiuto può essere reso ai sensi dell'art. 18, d.P.R. n. 396/2000, quando la trascrizione degli atti di stato civile del cittadino italiano formati all'estero è contrario all'ordine pubblico.
Nell'ipotesi diversa di rifiuto, da parte dell'Ufficiale di Stato Civile a trascrivere un atto giurisdizionale straniero (e non un atto dello stato civile), con contestazione dell'efficacia per contrarietà all'ordine pubblico interno, si procede, invece, con il giudizio di delibazione ex art. 67 l. n. 218/1995.
La pronuncia delle Sezioni Unite in esame, in ogni caso, ha segnato una battuta d'arresto, se non un vero e proprio passo indietro nel riconoscimento del pieno diritto alla bigenitorialità del minore, nato e cresciuto in un contesto omogenitoriale. Al contempo, come osserva autorevole dottrina, si produceva una discriminazione a danno dei figli della coppia gay, che avrebbero accesso al solo status di figli adottivi (con adozione in casi particolari), mentre i nati da una coppia di donne avrebbero potuto, in ipotesi, godere dello status filiationis pieno.
Con la sentenza n. 221/2019 (cfr Stefanelli S., Non è incostituzionale il divieto di accesso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie omosessuali femminili, in IlFamiliarista) la Corte Costituzionale si è allineata alla posizione delle Sezioni Unite, spingendosi financo a dubitare dell'idoneità della coppia same sex ad addivenire a un progetto di genitorialità condivisa, in quanto «non esistono neppure certezze scientifiche o dati di esperienza in ordine al fatto che l'inserimento del figlio in una famiglia formata da una coppia omosessuale abbia ripercussioni negative sul piano educativo e dello sviluppo della personalità del minore, dovendo la dannosità di tale inserimento essere dimostrata in concreto» e, questa volta, pronunciandosi su ricorso proposto da due donne. La Consulta ha ritenuto, peraltro, appartenere primariamente alla valutazione del legislatore la scelta di configurare le tecniche di PMA come rimedio alla sterilità o infertilità umana, avente una causa patologica e non altrimenti rimovibile, escludendo che la PMA rappresenti una modalità di realizzazione del “desiderio di genitorialità” alternativa ed equivalente al concepimento naturale, lasciata alla libera autodeterminazione degli interessati.
È sembrato che le due sentenze citate, da un lato, abbiano posto fine al decennale dibattito sull'omogenitorialità, in una prospettiva non riformista e conservatrice, distaccandosi peraltro dal recente parere reso dalla Grand Chambre della Corte Europea dei Diritti Dell'Uomo (affaire Menneson, parere pubb. il 10 aprile 2019), che si inserisce nel giudizio di revisione del giudicato della Corte di Cassazione Francese relativo al medesimo caso Menneson, già passato all'esame dalla stessa Corte Europea con la sentenza del 26 giugno 2014, che aveva condannato la Francia, per violazione dell'art. 8 CEDU in riferimento a un caso di minore nato da maternità surrogata negli USA a cui aveva avuto accesso una coppia eterosessuale.
In entrambe le occasioni, la Corte, esprimendosi sul caso che aveva oggetto una maternità surrogata a cui aveva fatto accesso negli USA una coppia eterosessuale francese (la surrogazione di maternità in Francia è vietata e sanzionata tanto quanto in Italia), ha ritenuto che, quando si tratti di diritto all'identità del minore e alla continuità dei suoi rapporti familiari con il genitore d'intenzione, lo Stato membro debba consentire comunque una modalità di riconoscimento del rapporto genitoriale, in tempi rapidi ed efficaci, assicurando la miglior tutela dell'interesse supremo del minore, che deve ritenersi preminente.
Dall'altro lato, le Sezioni Unite comunque hanno sgombrato ogni dubbio in ordine alla facoltà del genitore sociale, quando ricorrano i presupposti, di accedere all'istituto dell'adozione del minore in casi particolari ai sensi della lett. d), art. 44, l. 184/1983. Rimangono le perplessità espresse da una buona parte della dottrina, sulla scorta anche di precedenti della giurisprudenza di merito, in ordine al fatto che l'istituto di cui all'art. 44 lett. d), 184/1983 costituisca la forma minima di tutela per il minore, avuto riguardo agli effetti che si producono: si pensi al fatto che, per accedere all'adozione in casi particolari occorre il consenso del genitore biologico, ma anche alla revocabilità dell'istituto dell'adozione in casi particolari, ovvero ancora alla non trasmissibilità all'adottante dei diritti successori relativi al patrimonio dell'adottante.
Di queste perplessità si è fatta recentemente portatrice la prima Sezione della Corte di Cassazione, Cass. 8325/2020, (cfr. Parisi I., Minore nato all'estero da gestazione per altri: rinviata alla corte costituzionale la decisione sul riconoscimento dello status di filiazione, in IlFamiliarista). Il Giudice rimettente ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dai genitori intenzionali di un bambino, nato all'estero da GPA, dell'art. 12, comma 6, l. 40/2014, degli artt. 18 del d.P.R. n. 396/2000, e 64 comma 1, lett. g) della l. 218/1995, nella parte in cui non consentono, per contrasto con l'ordine pubblico, che possa essere riconosciuta e, conseguentemente, dichiarata esecutiva la sentenza straniera avente ad oggetto la trascrizione nell'atto di Stato civile del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione non biologico, per contrasto fra detti articoli con numerose previsioni della Costituzione, della CEDU, e della convenzione di New York sui diritti del fanciullo e dell'art. 24, secondo comma, della Carta di Nizza (Diritti del minore). Quest'ultimo articolo, in particolare, impone che «in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente». Per tale ragione la Suprema Corte si duole dell'interpretazione restrittiva delle norme alla base della sentenza delle Sezioni Unite, in particolare, in quanto impeditiva della trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero, e contraria al Parere della CEDU già illustrato, sostanzialmente disapprovando le conclusioni delle Sezioni Unite e dichiarando, perciò, di non avere altra scelta se non sollevare questione di legittimità costituzionale.
L'ordinanza di rimessione è stata, come era prevedibile, fortemente criticata da autorevole dottrina, che ha ritenuto, da un lato, errato il presupposto su cui si fonda, ovvero il contrasto sopravvenuto della sentenza delle Sezioni Unite con il Parere reso dalla Grand Chambre, giacché quest'ultimo reca data anteriore alla pubblicazione della sentenza e, pertanto, doveva escludersi qualsivoglia ipotesi di contrasto sopravvenuto con la giurisprudenza della Corte Europea; dall'altro lato, nonostante il parere possa assumere un indiretto rilievo interpretativo nel nostro ordinamento, questo non deve ritenersi vincolante nemmeno per lo Stato che lo ha richiesto (la Francia) (cfr. Luccioli G., Il parere preventivo della Corte edu e il diritto vivente italiano in materia di maternità surrogata: un conflitto inesistente o un conflitto mal risolto dalla Corte di Cassazione? in Giustizia insieme).
Conclusioni
Non è qui la sede per effettuare un'esegesi dell'ordinanza in esame e nemmeno della pronuncia delle Sezioni Unite, ma certamente deve osservarsi che nonostante il parere fosse, come in effetti è, ritenuto non vincolante per l'Italia, tuttavia non può sottacersi il fatto che la Suprema Corte nemmeno ne abbia dato debito conto all'interno della motivazione del provvedimento, anche se intervenuto un mese prima della pubblicazione della sentenza.
Allo stesso modo, anche se, in tesi, dovesse ritenersi corretto elevare il divieto di cui all'art. 12, comma 6 l. 40/2004 a principio cardine del nostro ordinamento e facente parte l'ordine pubblico, ciò si scontrerebbe con la maggior parte della normativa pattizia in materia di best interest of the child, che considera prioritario l'interesse del minore, con la conseguenza di provocare un'aprioristica esclusione del diritto dello stesso a vivere e a crescere insieme a chi lo ha educato, mantenuto e istruito, a prescindere dal sesso o dall'orientamento sessuale, quando quest'ultimo nasca in conseguenza di fecondazione artificiale o gestazione per altri. E ciò condurrebbe, inevitabilmente, alla frustrazione dello stesso concetto di genitorialità sociale, in spregio altresì dello stesso istituto dell'adozione. Si ritornerebbe, sostanzialmente, a una visione della genitorialità fondata esclusivamente sul rapporto biologico, escludendo, di fatto, che esistano altre coppie (o single) che siano capaci di svolgere il ruolo di genitore.
A giudicare lo stato dell'arte della giurisprudenza italiana in materia di omogenitorialità e fecondazione assistita, si coglie, peraltro, l'esistenza di una discriminazione a danno della coppia gay in favore di quella lesbica, avvantaggiata dall'accesso alla pratica della fecondazione assistita per l'impossibilità naturale dell'uomo, se non servendosi della gestazione per altri, di portare avanti una gravidanza. Tale trattamento di sfavore non può essere accettato e si scontra con i principi supremi del nostro ordinamento e, in particolare, con l'art. 3 Cost. (che vieta la discriminazione in base al genere), ma financo con l'art. 30 Cost., in tema di uguaglianza dei doveri genitoriali nei confronti della prole.
Anche forzando l'interpretazione dei provvedimenti della Suprema Corte e dell'ultima Corte Costituzionale in commento, fino al punto di ritenere inidonea la coppia omosessuale a svolgere il ruolo di genitore (che appare, ancora, peraltro, il pregiudizio da cui muove il legislatore italiano precludendo alle coppie samesex di addivenire, almeno, all'adozione piena di figli) si giungerebbe al paradosso di affermare che, da un lato, il genitore gay possa svolgere agevolmente il ruolo di adottante in casi particolari del minore, assumendosene le relative responsabilità e, dall'altro, non sia in grado di svolgere pienamente il ruolo di genitore.
Non è nemmeno questa la sede per fare – e non si vuole – l'apologia della maternità surrogata, aldilà della sua qualificazione, commerciale o altruistica, che la maggior parte dei Paesi europei ha ritenuto di disapprovare. Come si osservava, l'Italia è, ormai, l'unico Paese europeo occidentale a non prevedere il riconoscimento dell'omogenitorialità, né in via adottiva, né mediante l'accesso a pratiche di fecondazione assistita. Tale carenza si deve esclusivamente all'inerzia del legislatore. Se il legislatore avesse voluto disciplinare l'adozione o l'accesso alle pratiche di fecondazione artificiale per le coppie omosessuali lo avrebbe fatto e, invece, ancora oggi nel panorama normativo italiano è assente una normativa di riferimento. È normale, pertanto, che, al netto di ampie aperture da parte della giurisprudenza, questa non possa strutturalmente sostituirsi al legislatore a meno di provocare uno stravolgimento degli assetti costituzionali.
Desta preoccupazione, invece, l'incapacità del legislatore di uniformarsi agli altri ordinamenti occidentali in riferimento al diritto delle coppie same sex di addivenire all'adozione piena e legittimante, in stato di abbandono del minore, dando seguito alla volontà di quelle coppie omosessuali stabili e strutturate di accedere, in condizioni di parità, all'istituto al fine di garantire al minore in difficoltà maggiori chance di appartenere a un nucleo familiare. Il fine dell'istituto dell'adozione è quello appunto di garantire al minore le migliori condizioni di crescita e di tutela all'interno di una coppia stabile che possa esercitare sullo stesso i doveri derivanti dalla responsabilità genitoriale.
È pacifico, allora, che, l'esclusione delle coppie omosessuali dal novero degli adottanti si risolva in un'ingiusta discriminazione, a scapito degli stessi minori che necessitano, nel più breve tempo possibile, di veder ripristinato il loro diritto a condurre una serena vita familiare. E ciò si scontra altresì inevitabilmente con la giurisprudenza della Corte Europea nella parte in cui viene affermato che la coppia gay, esattamente come la coppia eterosessuale, è in grado di dar vita a un menage familiare suscettibile di tutela.
Anche a livello europeo, ad onor del vero, è mancato il coraggio di riconoscere situazioni sociali esistenti, anche se minoritarie, ma ormai ampiamente condivise e approvate dalla maggior parte del dibattito scientifico, con l'introduzione di strumenti di armonizzazione della materia. Ciò appare ingiustificabile e in totale controtendenza con la volontà sancita nei Trattati di consentire la circolazione dei diritti e la loro armonizzazione, in alcuni settori, come quello del diritto di famiglia, dove già storicamente, l'Europa è intervenuta con l'introduzione d'istituti, in astratto incompatibili con le regole degli ordinamenti interni.
Un importante precedente giurisprudenziale della Corte di Giustizia Europea, legato alla libertà di circolazione del coniuge omosessuale all'interno del territorio dei Paesi Membri, ha, invero, stabilito che, «nell'ambito della direttiva relativa all'esercizio della libertà di circolazione, la nozione di 'coniuge' che designa una persona unita ad un'altra da vincolo matrimoniale è neutra dal punto di vista del genere e può comprendere quindi il coniuge dello stesso sesso». (Corte di Giustizia UE, Sez. Grande, sentenza 5 giugno 2018 n. C-673/16).
La Corte ha certamente ritenuto che la materia del matrimonio sia prettamente riservata alla competenza degli Stati membri a cui spetta, nell'eventualità, istituire o non il matrimonio fra persone dello stesso sesso. La neutralità del diritto europeo rispetto al sesso del familiare del cittadino UE in ordine alla libertà di circolazione, costituisce comunque un fondamentale caposaldo su cui costruire, in futuro, una prospettiva di armonizzazione dell'istituto derivandone ampi margini per il contestuale riconoscimento della genitorialità omosessuale.
Nel dibattito politico interno, invece, alcuni esponenti, storicamente contrari all'approvazione di una legge in materia di omogenitorialità, hanno ritenuto “legittimo” il desiderio della coppia di diventare genitori, anche se impossibile, per la strutturale necessità del figlio di avere una mamma e un papà; altri, ancora, più recentemente hanno financo negato l'esistenza delle cd. famiglie arcobaleno e cioè quelle in cui si dispiega il rapporto trilaterale tra figlio, genitore biologico (intenzionale o non) e genitore sociale. Le opinioni, anche quelle più slegate dal dato reale, come l'ultima espressa, sono frutto del disvalore storico riconosciuto – anche dai più affermati progressisti – all'omosessualità, specie se maschile, sulla quale si è strutturata, anche, la decisione del legislatore di rimuovere il dovere di fedeltà dalla disciplina delle unioni civili, quasi come se la coppia, quella coppia così come delineata dalla sentenza Shalk e Kopf richiamata, non fosse in grado, come le altre, di condividere un progetto di coesione familiare.
Escludere le coppie omosessuali italiane (o straniere ma residenti in Italia) dalla facoltà di educare, mantenere e istruire figli relega le stesse, a prescindere dalla loro reale volontà di diventare genitori, al ruolo di “cigni neri” della società, metaforicamente intese come frutto di eventi improbabili, rari e inspiegabili, cui il diritto non riesce a fornire una definizione o una regolamentazione, così operando un passo indietro nella storia, quando ancora si giustificava l'omosessualità come malattia.
Guida all'approfondimento
De Felice R.-Leggio F.- Tita O., “Il "Children and Family Relationships Act: una legge avanzata nella cattolicissima Irlanda. Ecco quali sono i contenuti;
Dogliotti M., I due padri tra di rimessione e sezioni unite della Cassazione, in Genius;
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Ferrando G., Maternità per sostituzione all'estero: le Sezioni Unite dichiarano inammissibile la trascrizione dell'atto di nascita. Un primo commento, in Famiglia e Diritto, 7/2019;
Figone A., Bimbi con due mamme anche se nati in Italia, ilFamiliarista.it;
Luccioli G., Il parere preventivo della Corte edu e il diritto vivente italiano in materia di maternità surrogata: un conflitto inesistente o un conflitto mal risolto dalla Corte di Cassazione?, in Giustizia insieme;
Montaruli V., La Corte costituzionale e la filiazione nella maternità surrogata. Bilanciamenti tra legalità e best interest, in IlFamiliarista.it;
Scaffidi Runchella L., Ultreya coppie same-sex! La Corte europea dei diritti umani sul caso Oliari e altri c. Italia” 3 agosto 2015, in Articolo29;
Velletti, Responsabilità genitoriale: omogenitorialità, in IlFamiliarista.it;
Zago G., Lee V. Ashers Baking Company Ltd and Others (Northern Ireland): la discussione sul bilanciamento tra tutela dell'orientamento sessuale e rispetto della libertà religiosa e d'opinione passa dai Muppet, in Juscivile.
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Sommario
Omogenitorialità nelle sentenze della CEDU e nelle legislazioni europee – un contesto di frammentazione giuridica