Sull’affidamento in house del trasporto pubblico locale

Diego Campugiani
07 Ottobre 2020

Oltre alla sussistenza dei presupposti del controllo analogo e della cosiddetta “dedizione prevalente”, l'affidamento in house dei servizi di trasporto pubblico non impone una puntuale motivazione sulla economicità e sul livello di qualità atteso dall'affidamento in questione mediante una comparazione con quanto potrebbe offrire il mercato all'esito di una procedura ad evidenza pubblica.

Il caso. Il TAR, chiarisce quali siano i presupposti, sulla base dei quali un ente locale (nella fattispecie una Città metropolitana) possa provvedere all'affidamento in house del servizio di trasporto pubblico locale extraurbano, respingendo il ricorso promosso da una impresa operante nel mercato con il quale era stata contestata: a) l'assenza di un'istruttoria e di un adeguato supporto motivazionale circa le ragioni del mancato ricorso al mercato; b) l'insussistenza, in capo alla Città Metropolitana del requisito del controllo analogo sulla società di trasposto assegnataria, in quanto il suo capitale era quasi integralmente posseduto dal Comune, ma non dalla Città Metropolitana; c) la intrinseca non economicità e convenienza, in termini di efficienza e qualità del servizio, del piano economico finanziario presentato alla società di trasporto controllata, del piano di gestione e dello schema di contratto di servizio.

Quanto all'assenza di un'adeguata istruttoria, il TAR ha ritenuto di richiamare le considerazioni contenute nella recente sentenza del Consiglio di Stato n. 4310 del 2020, con la quale è stata confermata la sentenza relativa all'affidamento in house, da parte della medesima Città Metropolitana, del servizio di trasporto pubblico locale urbano, chiarendo che, come si desume dall'art. 5 comma 2 del regolamento CE n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 e dall'art. 18, lett. a) del codice dei contratti pubblici (che esclude dal proprio campo di applicazione le concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del regolamento CE n. 1370/2007), nel settore del trasporto pubblico locale l'in house providing è una modalità ordinaria di affidamento dei relativi servizi, “perfettamente alternativa al ricorso al mercato” (§ 12). La predetta disciplina, secondo il TAR, impedisce di applicare la regola prevista dall'art. 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici, incentrata sulla comparazione tra gli opposti modelli di gestione dell'in house providing e del ricorso al mercato, posto che, per il servizio di trasporto pubblico locale, non è invece previsto un rapporto di regola ed eccezione, difettando le basi logico-giuridiche della pretesa comparazione (§ 13). Nel medesimo senso si pone anche la giurisprudenza della Corte di giustizia (vedi la sentenza della Sez. X, 24 ottobre 2019, in causa C-515/18), secondo cui il regolamento n. 1370 del 2007 deve essere interpretato nel senso che le autorità nazionali competenti che intendano procedere all'aggiudicazione diretta di un contratto di servizio di trasporto pubblico locale non sono tenute a pubblicare o comunicare agli operatori economici potenzialmente interessati tutte le informazioni necessarie affinché essi siano in grado di predisporre un'offerta sufficientemente dettagliata e idonea a costituire oggetto di una valutazione comparativa e, dall'altro, a svolgere una valutazione comparativa tra tali offerte. Di qui la non necessarietà di uno specifico supporto motivazionale dell'affidamento in house dei servizi di TPL in luogo del ricorso al mercato, atteso che, nel caso di specie, siffatto affidamento si fondava comunque sull'insindacabile constatazione che il modello di gestione del servizio fosse “più confacente al soddisfacimento del pubblico interesse” per l'intero bacino metropolitano secondo diversi profili espressamente indicati nella delibera. In relazione alla contestata insussistenza del requisito del controllo analogo, il TAR ha ritenuto dovesse trovare applicazione il regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 23 ottobre 2007, n. 1370/2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, il quale, all'art. 5.2, prevede espressamente che “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un'autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all'aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l'autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi. […]”.

Pertanto, dal momento che per la legislazione regionale, nel caso di specie, il servizio di TPL spetta alla Città Metropolitana che, quale ente di governo dell'ambito territoriale ottimale, ha la competenza ad espletare “le procedure per l'affidamento dei servizi di trasporto previste dalla normativa comunitaria e statale”: essa deve essere considerata l'autorità competente a livello locale, che opera come il rappresentante/mandatario di un vero e proprio “gruppo di autorità” ex art. 5.2 del regolamento CE n. 1370/2007 (cfr., in questo senso, anche Cons. St., n. 4310/2020 cit.). Ne consegue che, per l'affidamento in causa, la Città Metropolitana doveva essere considerata mandataria del gruppo di autorità tra le quali vi era il Comune che esercitava il controllo analogo sull'affidataria del servizio, così integrando il requisito prescritto dal regolamento CE n. 1370/2007, conformemente alla ratio istitutiva degli ambiti territoriali omogenei che consiste proprio nel superamento della frammentazione della gestione dei servizi di trasporto attraverso la promozione di processi di concentrazione orizzontale a dimensione almeno provinciale (metropolitana o di area vasta).

Quanto invece alla contestata non economicità e convenienza, in termini di efficienza e qualità del servizio, del piano economico finanziario presentato dall'affidatario in house, il TAR ha ritenuto che la doglianza fosse carente di un interesse meritevole di tutela, poiché, nel rispetto dei parametri cui all'art. 5 comma 2 lettera b) del regolamento CE n. 1370/2007, un operatore del settore non può essere legittimato a contestare, a valle, anche la sostenibilità finanziaria o, peggio, l'opportunità e/o la convenienza economica delle condizioni contrattuali alle quali è concretamente affidato il servizio, cioè scelte che rientrano propriamente nell'ambito del merito amministrativo. A tale proposito è stata richiamata la Corte di giustizia dell'Unione Europea, Sez. X, 24 ottobre 2019, n. 515/18, in virtù della quale se l'aggiudicazione diretta ai sensi del regolamento n. 1370/2007 esclude logicamente una procedura di gara ed una valutazione comparativa delle offerte, ne segue che non sussiste in capo all'operatore del settore una posizione giuridica che lo legittimi a contestare anche la congruità economica dell'offerta del soggetto in house e le condizioni contrattuali del relativo affidamento, ma solo la determinazione in sé di affidare il servizio senza gara.

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