Il ricorso incidentale notificato ai genitori del figlio divenuto maggiorenne in corso di causa

Annalisa Signorelli
21 Ottobre 2020

La questione all'attenzione della Suprema Corte è compendiabile nel seguente interrogativo: è ammissibile il ricorso per cassazione incidentale notificato solamente ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale e non anche al figlio divenuto maggiorenne nel corso del giudizio di appello?
Massima

In tema di notificazione dell'impugnazione nei giudizi a litisconsorzio facoltativo, è ammissibile il ricorso per cassazione incidentale notificato ai genitori e non personalmente al soggetto minore d'età divenuto maggiorenne nel corso del giudizio d'appello, la nullità scaturente da tale vizio di notifica risultando sanata mediante il controricorso con cui i genitori (proposto da ciascuno in nome proprio e dalla madre in qualità di amministratore di sostegno del figlio) si siano difesi rispetto al ricorso incidentale. Tale difesa dimostra l'avvenuta, effettiva conoscenza del ricorso incidentale anche da parte del minore divenuto medio tempore maggiore d'età.

Il caso

I coniugi C.D. e C.C., in nome proprio e in qualità di titolari della responsabilità genitoriale del figlio minorenne A.D., proponevano domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e morali nei confronti dell'Unità Sanitaria Locale 10 di Palmi, ritenuta responsabile sia della condotta negligente del personale sanitario sia dell'inadeguatezza dell'attrezzatura medica, che avrebbero cagionato un grave pregiudizio nel corso del parto.

Nel giudizio di primo grado il giudice istruttore disponeva la chiamata in causa del Direttore Generale della AUSL n. 10 di Palmi, subentrato nella titolarità dei rapporti giuridici facenti capo alle gestioni pregresse della USL in virtù della Legge Regionale n. 39/1996, e la Regione Calabria, succeduta ex lege nei rapporti obbligatori delle ex USL.

La sentenza del tribunale di prime cure (Trib. Palmi, sent. n. 346/2005) veniva successivamente impugnata in via principale dalla ASL 10 di Palmi e, in via incidentale, dagli appellati.

La Corte d'Appello di Reggio Calabria rigettava l'appello principale e, in parziale accoglimento di quello incidentale proposto dai coniugi in nome proprio e in rappresentanza legale del figlio minore d'età, rideterminava l'importo del danno biologico e condannava al relativo pagamento in solido il Direttore Generale della AUSL n. 10 di Palmi, nella veste di Commissario liquidatore della ex Gestione Stralcio-liquidatoria della soppressa USL 10 e la Regione Calabria (App. Reggio Calabria, sent. n. 390/2017).

Avverso la predetta sentenza interponeva ricorso per cassazione l'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, cui resistevano con separati controricorsi con ricorsi incidentali la Regione Calabria e le parti private. Sia l'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria sia i coniugi replicavano, con autonomi controricorsi, al ricorso incidentale proposto dalla Regione Calabria.

In particolare, la l'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria deduceva, inter cetera, l'inammissibilità del predetto ricorso incidentale per violazione del principio del contraddittorio, in ragione dell'omessa impugnazione della sentenza anche nei confronti del figlio di C.D. e C.C., divenuto maggiorenne nelle more del giudizio di appello e ritenuto litisconsorte necessario nel giudizio di impugnazione.

La questione

La questione all'attenzione della Suprema Corte è compendiabile nel seguente interrogativo: è ammissibile il ricorso per cassazione incidentale notificato solamente ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale e non anche al figlio divenuto maggiorenne nel corso del giudizio di appello?

Le soluzioni giuridiche

La risoluzione della questione in esame impone una preventiva disamina della disciplina della proposizione e notificazione dell'impugnazione e delle differenze tra inammissibilità e nullità degli atti processuali nel giudizio di cassazione,nella prospettiva delleregole funzionali a consentire l'esatta individuazione del soggetto processuale.

Nella sentenza in commento i giudici di legittimità, dopo aver ritenuto che nel caso di specie si fosse instaurato tra le parti danneggiate (genitori e figlio) un litisconsorzio facoltativo ex art. 103, comma 1, c.p.c., richiamano la distinzione tra proposizione del ricorso e notifica dello stesso, evidenziando la diversità di regime processuale applicabile alle conseguenze derivanti dall'inosservanza dell'ordine rispettivamente di integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari pretermessi ex art. 331 c.p.c. e di notificazione dell'impugnazioni agli altri litisconsorti facoltativi ai sensi dell'art. 332, comma 2, c.p.c.

La mancata tempestiva integrazione del contraddittorio determina infatti l'inammissibilità del ricorso, con l'ulteriore grave conseguenza dell'impossibilità di riproporre l'impugnazione anche se non è decorso il termine fissato dalla legge (art. 387 c.p.c.: principio di consumazione dell'impugnazione; v. Cass. civ., sez. Lav., 14 agosto 2008, n. 21702). Diversamente, la mancata notificazione dell'impugnazione alle parti nei cui confronti l'impugnazione medesima non è preclusa (decadenza dall'impugnazione per scadenza dei termini o per acquiescenza) o esclusa (parti soccombenti) fa sì che il processo resti sospeso finché non siano decorsi i termini per impugnare incidentalmente.

Il divario di disciplina si giustifica in ragione dei differenti presupposti di fondo degli istituti dell'integrazione del contraddittorio (e quindi della proposizione) ai sensi dell'art. 331 c.p.c.e della notificazione ai sensi dell'art. 332 c.p.c.nei giudizi di impugnazione di sentenze che abbiano deciso su cause soggettivamente cumulate.

L'integrazione del contraddittorio è imprescindibile nel caso di litisconsorzio necessario, cioè quando si verta in ipotesi di cause soggettivamente cumulate perché inscindibili o dipendenti, per cui qualora l'impugnazione sia proposta nei confronti di solo una o alcuna delle parti, la pluralità soggettiva dev'essere ricostituita ex post mediante l'ordine del giudice di integrazione del contraddittorio. Invece, la notificazione ex art. 332 c.p.c. opera nei giudizi a litisconsorzio facoltativo, ovvero relativi a cause scindibili con pluralità di soccombenti (Ricci G.F., Il litisconsorzio nelle fasi di impugnazione, Milano, 2005, p. 444) in quanto la proposizione dell'impugnazione nei confronti di solo una o alcune delle parti non incide sul passaggio in giudicato della sentenza nei confronti delle altre parti del giudizio non destinatarie dell'impugnazione. La notificazione, dunque, non contiene una vocatio in ius, ma è funzionale alla cd. litis denuntiatio, ovverosia consente di portare le altre parti a conoscenza della pendenza del giudizio impugnatorio e di evitare che le queste propongano a loro volta autonome impugnazioni (Cass. civ., Sez. Trib., 16 aprile 2007, n. 9002, richiamata dalla pronuncia in commento).

L'insieme delle norme richiamate, pur nella diversità di presupposti e disciplina operativa, consentono l'esatta individuazione del soggetto processuale, destinato ad assumere la veste di parte nel giudizio,garantendo allo stesso la conoscenza o la conoscibilità legale della potenziale instaurazione di un giudizio civile a suo carico in guisa che sia rispettato il principio costituzionale del contraddittorio (art. 111 Cost.).

Sulla scorta delle predette distinzioni tra proposizione e notificazione, la Suprema Corte ha escluso che la mancata notificazione del ricorso incidentale al minorenne divenuto medio tempore maggiore d'età possa costituire causa di inammissibilità del ricorso stesso, semmai rappresentando un vizio di nullità della notifica suscettibile di sanatoria mediante la costituzione in giudizio dell'interessato.

I giudici di legittimità sposano una lettura sostanzialista del principio del contraddittorio, che valorizza l'intervenuta effettiva conoscenza dell'impugnazione da parte del soggetto interessato e, in ossequio al generale principio di conservazione degli atti giuridici - di cui il meccanismo di sanatoria delle nullità processuali per raggiungimento dello scopo (art. 156, comma 2, c.p.c.) è corollario - ritengono che il vizio di notifica possa ritenersi sanato mediante il controricorso con cui i genitori si siano difesi rispetto al ricorso incidentale. Tale difesa, infatti, dimostra l'avvenuta effettiva conoscenza del ricorso incidentale anche da parte del figlio, parte in causa parimenti danneggiata, dapprima rappresentato in giudizio dai genitori esercenti la potestà genitoriale e successivamente rappresentato dalla madre in qualità di amministratore di sostegno.

La pronuncia in commento si pone in linea con i precedenti arresti della giurisprudenza di legittimità che hanno ritenuto ammissibile l'impugnazione proposta nei confronti del minore divenuto maggiorenne nel corso del giudizio di primo grado (con riferimento alla citazione in appello) nonostante il gravame fosse stato notificato non a quest'ultimo personalmente bensì ai genitori nella qualità di rappresentanti legali, ritenendo la nullità scaturente da tale vizio di notifica sanato dalla costituzione in giudizio dell'interessato (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2006, n. 8930; Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011, n. 24450).

Significativamente i giudici di legittimità valorizzano la funzione della conoscenza effettiva rispetto alla conoscenza legale. Non v'è dubbio che l'istituto della notificazione manifesti la scelta del legislatore di attribuire alla conoscenza legale degli atti processuali natura surrogata rispetto alla conoscenza effettiva aliunde, di talché la conoscibilità legale assicurata dalla notificazione sia certamente sufficiente a porre la parte interessata nelle condizioni di conoscere la possibile instaurazione di un giudizio civile a suo carico. È tuttavia opinione condivisa che tale esigenza di conoscibilità sia a fortiori soddisfatta dall'avvenuta, effettiva conoscenza della vicenda processuale che lo riguarda, attestata dalla stessa costituzione in giudizio.

Conseguentemente, sarà inammissibile l'impugnazione nei confronti di minore d'età divenuto nel corso del precedente del giudizio maggiorenne, proposta — benché l'evento non sia stato dichiarato né notificato — con atto non a quest'ultimo personalmente notificato bensì ai suoi genitori nella qualità di esercenti la potestà, laddove non sanata (con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti) mediante costituzione in giudizio dell'interessato con inequivoca manifestazione di volontà in tal senso, atteso che lo stato di minorenne è naturaliter temporaneo ed il raggiungimento della maggiore età, costituendo un evento prevedibile nell'an e nel quando, è sottratto a forme di pubblicità (Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2005, n. 23082; Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2006 n. 5445).

In senso contrario alla soluzione accolta con la sentenza che si commenta, si è recentemente pronunciata la medesima Terza Sezione con riferimento al giudizio di appello (Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2018, n. 23189), che ha invece adottato un approccio più formalistico. Rilevando anzitutto che l'intervenuto mutamento della situazione soggettiva della parte incide sulla legittimazione alla notificazione attiva e passiva della sentenza, su quella attiva ad impugnare e su quella passiva a ricevere la notifica (art. 328 c.p.c.), si è in quella sede confermato il consolidato principio secondo il quale ogni vicenda processuale nella quale sia parte un minore deve considerarsi di per sé suscettibile di subire modifiche in ordine alla rappresentanza in giudizio. Da ciò discenderebbe che, proprio in virtù della prevedibilità ed inevitabilità dell'evento del passaggio alla maggiore età, il processo di appello erroneamente instauratosi con la notifica dell'impugnazione da parte dei genitori del minore divenuto medio tempore maggiorenne debba essere dichiarato inammissibile.

A ben vedere, tuttavia, tale ultimo arresto non sconfessa le conclusioni cui pervengono i giudici di legittimità nella pronuncia che si commenta, in considerazione del perdurare – anche dopo il raggiungimento della maggiore età – della rappresentanza in giudizio del figlio in capo alla madre, sebbene dapprima fondata sulla titolarità della potestà genitoriale e successivamente sulla qualità di amministratore di sostegno del figlio oramai maggiorenne.

Osservazioni

La sentenza in commento ha il pregio di convalidare il superamento della visione formalistica del contraddittorio, ponendosi in linea con la precedente giurisprudenza di legittimità che invoca l'efficacia sanante di atti invalidi quale “principio immanente dell'ordinamento” (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011, n. 24450; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2011 n. 19881), in quanto «strettamente connesso al principio di conservazione di ogni atto giuridico ed ispirato ad una visione, oramai positivizzata a livello costituzionale (art. 111, comma 1 Cost.), che rafforza la finalità con cui nel codice di procedura civile sono indicate le norme in tema di esatta individuazione del soggetto processuale, che è chiamato ad assumere la veste di parte nel giudizio».

Significativo, in tal senso, è il richiamo al giusto processo per indirizzare la voluntas legis circa le ipotesi di sanatoria di un atto invalido nel senso di una lettura sostanzialistica del principio del contraddittorio tra le parti.

È interessante notare che tale approccio è stato seguito dalla recente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601) in materia di ordine pubblico processuale, che esclude la possibilità di ravvisare una violazione del principio del contraddittorio in ogni inosservanza di una disposizione di una legge processuale straniera a tutela della partecipazione della parte al giudizio, limitandola ai casi in cui essa, per la sua rilevante incidenza, abbia determinato una lesione del diritto di difesa rispetto all'intero processo, ponendosi in contrasto con l'ordine pubblico processuale riferibile ai principi inviolabili a garanzia del diritto di agire e di resistere in giudizio. Se ciò vale per la legge processuale straniera, a fortiori può e deve valere per la legge processuale nazionale.

Inoltre, operando un'interpretazione costituzionalmente orientata delle regole processuali poste a presidio del diritto di agire e difendersi in giudizio, la sentenza in commento valorizza non solo il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, ma anche il principio di sanatoria dell'atto processuale invalido per raggiungimento dello scopo.

Giova ricordare che l'operatività di siffatto principio nel giudizio di legittimità è stata messa in dubbio da quella giurisprudenza (v. significativamente Cass. civ., sez. VI, 6 aprile 2012, n. 5599) che, sul presupposto dell'inapplicabilità della disciplina della sanatoria ex art. 164 c.p.c. in virtù delle “specificità” di quel giudizio, ha ritenuto che il ricorso introduttivo del giudizio di cassazione fosse, in generale, del tutto estraneo alla disciplina della nullità. In particolare, si è ritenuto l'art. 164 c.p.c. (che disciplina la nullità dell'atto introduttivo nei giudizi di merito) inapplicabile al ricorso per cassazione, in mancanza di norme di riferimento espresso ed in considerazione della particolare natura del giudizio di legittimità.

In questa prospettiva che negava operatività alla nullità (e alla sanabilità della nullità), la giurisprudenza richiamata faceva esclusivo riferimento al regime proprio dell'inammissibilità che, invece, esclude ogni possibilità di rinnovazione, non avendo, rispetto ad esso, lo “scopo” (ex art. 156, comma 2, c.p.c.) quello stesso rilievo che possiede nel sistema delle nullità, sicché «l'inadempimento formale verrebbe sanzionato rigidamente precludendo l'esperimento del giudizio, senza possibilità di regolarizzazione».

Sul punto, la sentenza in oggetto ha il (secondo) pregio di temperare il rigore delle conseguenze derivanti dal principio dell'“onere di adeguamento” del giudizio di impugnazione agli intervenuti mutamenti della situazione soggettiva delle parti, escludendo la (più severa) sanzione dell'inammissibilità in favore della (più attenuata) nullità, suscettibile di sanatoria.

L'operazione ermeneutica sottende la richiamata distinzione concettuale tra integrazione del contraddittorio e notificazione del ricorso, e la considerazione che quest'ultima non realizza una “proposizione” del ricorso nei confronti delle parti litisconsorti facoltative bensì ha la sola funzione di portare queste a conoscenza della proposizione dell'impugnazione: la ASL 10 di Palmi non contesta, a ben vedere, l'erronea proposizione del ricorso incidentale nei confronti dei soli genitori (ipotesi che, come espressamente riconosciuto, avrebbe senz'altro dato luogo al passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del figlio), bensì la mancata notificazione del ricorso personalmente nei confronti del figlio divenuto maggiorenne.

Non trovano pertanto applicazione in questa sede le conclusioni accolte da quel risalente orientamento di legittimità sulla questione dell'ammissibilità o meno del ricorso per cassazione proposto dal genitore in rappresentanza del figlio maggiorenne, che aveva optato per la soluzione negativa, ritenendo che fosse sempre e comunque inammissibile qualora risultasse che il minore avesse raggiunto, alla data di proposizione del ricorso stesso, la maggiore età (Cass. civ., sez. Lav., 27 maggio 2000, n. 7011, dove tuttavia l'inammissibilità del ricorso proposto dai genitori era derivata dalla sua concorrente proposizione direttamente da parte del soggetto divenuto maggiorenne; v. conformi: Cass. civ., sez. III, 12 maggio 1981, n. 3138; Cass. civ. sez. II, 23 febbraio 1972, n. 524)

Si osserva, peraltro, che il rigore del richiamato orientamento era stato poi attenuato dai successivi arresti della giurisprudenza di legittimità sempre in tema di proposizione dell'impugnazione (a partire dalla nota Cass. civ., Sez. Un., 28 luglio 2005, n. 15783, che accoglie la cd. tesi dell'ultrattività della procura e della legittimazione ad impugnare), che ha ammesso la sanabilità del difetto di legittimazione processuale del genitore che agisca in giudizio in rappresentanza del figlio, non più soggetto a potestà per essere divenuto maggiorenne, in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio da quest'ultimo operata manifestando, in modo non equivoco, la propria volontà di sanatoria (v. Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2012, n. 19308; Cass. civ., sez. III, 14 dicembre 2004 n. 23291). Chiaramente, la nullità può dirsi sanata solo se il destinatario pone in essere l'atto successivo nella sequenza del procedimento, o un'altra attività processuale che presuppone la conoscenza dell'atto notificato (Denti V., voce Nullità degli atti processuali civili, in Noviss. dig. it., XI, Torino, 1965, p. 477; Punzi C., La notificazione degli atti nel processo civile, Milano, 1959, p. 225 ss.).

Per cui, anche in tema di proposizione del ricorso (principale o incidentale) per cassazione, la giurisprudenza prevalente ritiene che, ai fini della rilevanza della conoscenza effettiva, occorre che il destinatario compia un atto processuale incompatibile con l'ignoranza (presunta) di quello notificato, quale la replica al controricorso o al ricorso incidentale, in caso di notificazione invalida di questi ultimi (ex multis, Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2005, n. 6152; ma v., in critica a tale orientamento Poli, R., Sulla sanabilità dei vizi degli atti processuali, in Riv. dir. proc., 1995, p. 493 ss., il quale puntualizza che la conoscenza dell'atto notificato e la scelta di difendersi sono due eventi distinti e non necessariamente correlati, di talché la parte che pur abbia avuto conoscenza effettiva dell'atto potrebbe decidere di restare inerte).

Stante la diversità funzionale tra i due istituti richiamati, può ragionevolmente ritenersi che il regime delle conseguenze processuali applicabili alla notificazione dell'impugnazione ex art. 332 c.p.c. in termini di “nullità”, da distinguersi da quello relativo all'integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. in termini di “inammissibilità”, ammetta senz'altro la possibilità di sanatoria per intervenuta costituzione della parte interessata anche nonostante le paventate “specificità” del giudizio di cassazione, caratterizzato dalla signoria dell'inammissibilità.

Dirimente, appare, comunque il rilievo pratico della permanenza della rappresentanza processuale legale in capo alla madre della parte interessata anche dopo il raggiungimento della maggiore età, sebbene a (diverso) titolo di amministrazione di sostegno. Sicché, qualsiasi censura relativa a presunte violazioni del principio del contraddittorio in giudizio non potrebbe ragionevolmente trovare cittadinanza.

Riferimenti
  • Caponi R., La sopravvenienza della maggiore età della parte nel corso del giudizio civile, in Foro it., 1999, I, 1, p. 586 ss.
  • Dalla Bontà S., Sugli effetti processuali del raggiungimento della maggiore età lite pendente, in Famiglia e diritto, 2008, 5, p. 445 ss.
  • Risolo C.I., La costituzione in giudizio del(l'ex) minore sana l'impugnazione notificata ai suoi genitori, in Diritto e giustizia, 29 novembre 2011.
  • Tombari Fabbrini G., Inammissibilità e improcedibilità del ricorso per cassazione e possibili sanatorie per raggiungimento dello scopo, in Foro it., 1993, I, p. 3023 ss.
  • Travaglino G., Rappresentanza processuale del minore costituito in giudizio in persona dei genitori, in Corr. merito, 2005, p. 1299 ss.