Negoziazione assistita con esito negativo: il coniuge che l'ha in precedenza attivata può incardinare il giudizio di separazione e avanzare domanda di addebito?
21 Ottobre 2020
La moglie indirizzava al marito invito alla negoziazione assistita per la separazione adducendo l'improseguibilità della convivenza e il suo obbligato allontanamento dalla casa coniugale a causa dei gravissimi (ma nell'invito non specificati) comportamenti del medesimo; questo aderiva alla negoziazione senza contestazioni. La negoziazione aveva esito negativo (non raggiungendosi accordo sull'ammontare dell'assegno di separazione a favore della moglie): volendo la moglie agire giudizialmente contro il marito, nonostante la fase stragiudiziale diretta ad una definizione consensuale della separazione è ancora possibile chiedere l'addebito e/o il risarcimento per i danni non patrimoniali a carico del marito, in conseguenza dei comportamenti dello stesso causativi della separazione?
Occorre premettere innanzitutto che l'addebito non può mai essere chiesto dal coniuge o dichiarato nell'ambito di un procedimento di separazione consensuale (quando cioè i due coniugi si accordano liberamente e in piena autonomia sulle condizioni a cui separarsi e necessitano del Giudice solamente per omologare gli accordi presi di comune volontà) o della procedura di negoziazione assistita (istituto che implica anch'esso un accordo sulla separazione che viene raggiunto da coniugi tramite il supporto dei propri legali i quali, una volta ottenuto il nulla osta da parte della Procura, lo trasmetteranno all'Ufficiale di Stato civile del Comune in cui il matrimonio era stato registrato per le relative annotazioni) La domanda di addebito, come stabilisce anche l'art. 151, comma 2 c.c. («Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio») deve essere espressamente presentata al Giudice e solamente detto Giudice può decidere se addebitare la separazione a uno dei coniugi o meno. L'addebito della separazione è, quindi, oggetto di una espressa pronuncia che concerne esclusivamente l'ipotesi di separazione giudiziale. Detto ciò, la proposizione della domanda di addebito non incontra alcun limite o restrizione dal fatto che il coniuge che l'ha avanzata in giudizio abbia precedentemente avviato delle trattative, poi naufragate, per la separazione consensuale o dato impulso alla negoziazione assistita senza tuttavia raggiungere l'accordo. Non c'è, infatti, alcuna norma di legge che richiede come condizione per la proposizione della domanda di addebito l'assenza di pregresse trattative tra le parti anche tramite negoziazione assistita per tentare di consensualizzare la separazione. Nel caso in cui, quindi, non si sia potuto raggiungere l'accordo (per qualsiasi ragione) nell'ambito della negoziazione assistita il coniuge che l'aveva attivata potrà comunque poi incardinare il giudizio di separazione e ivi avanzare domanda di addebito laddove ritenga e possa provare che il rapporto coniugale sia vacillato a causa della violazione da parte dall'altro dei doveri nascenti dal matrimonio. Allo stesso modo potrà anche avanzare richiesta di risarcimento dei danni patiti, atteso che i doveri derivanti ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, ben può integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. (Cfr. Cass. civ. sentenza n. 18853/2011). La domanda dovrà tuttavia essere formulata in altra sede, in quanto una recente pronuncia della Suprema Corte ha chiarito che «le domande di risarcimento dei danni e di separazione personale con addebito sono soggette a riti diversi e non sono cumulabili nel medesimo giudizio” (Cass. n. 18870/2014). |