La conservazione dei documenti informatici dell'avvocato dopo il decreto Semplificazioni

Giuseppe Vitrani
26 Ottobre 2020

Sulla Gazzetta Ufficiale del 16 luglio 2020 è stato pubblicato il decreto-legge n. 76 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale”. Il provvedimento porta con sé molteplici innovazioni che toccano il mondo dell'impresa e delle professioni anche sul versante degli archivi digitali.

Sulla Gazzetta Ufficiale del 16 luglio 2020 è stato pubblicato il decreto-legge n. 76 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale”. Il provvedimento porta con sé molteplici innovazioni che toccano il mondo dell'impresa e delle professioni anche sul versante degli archivi digitali.

In tale ottica occorre concentrarsi sul nuovo art. 1-ter del codice dell'amministrazione digitale, il quale prevede ora che “in tutti i casi in cui la legge prescrive obblighi di conservazione, anche a carico di soggetti privati, il sistema di conservazione dei documenti informatici assicura, per quanto in esso conservato, caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità, secondo le modalità indicate nelle Linee guida” (intendendosi per “Linee Guida” l'omonimo documento sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico, pubblicato da AgID a settembre 2020).

L'intervento normativo è molto incisivo e segna un deciso passo in avanti nella gestione documentale stante che si sanciscono:

  • le caratteristiche che deve possedere l'archivio digitale ove anche i soggetti privati siano obbligati per legge a conservare documenti informatici;
  • l'obbligo di rispetto delle linee guida AgID per la concreta strutturazione dell'archivio digitale (ciò dal momento in cui queste diventeranno pienamente efficaci ovvero tra otto mesi circa).

In sostanza, nelle ipotesi contemplate dall'art. 44 CAD, anche i privati dovranno dotarsi di sistemi di conservazione pienamente “a norma” e non potranno ad esempio limitarsi ad un semplice backup in una cartella locale.

Cosa voglia dire adottare un sistema di conservazione a norma lo spiegano molto bene le linee guida citate: innanzitutto dovrà trattarsi di un sistema che rispetti lo standard ISO 14721 del 2012 e la norma UNI 11396 (ora in versione 2020 e conosciuta con l'acronimo SinCRO). Si tratta invero degli standard internazionale e nazionale sui quali è basata la strutturazione degli archivi digitali secondo la normativa AgID; infatti, solo applicando la predetta normativa si potrà essere certi che il documento informatico possa essere gestito e mantenuto all'interno di un archivio digitale in condizioni di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità, così come richiesto dall'art. 44 CAD.

Per i professionisti vi sono molteplici ambiti ai quali è applicabile la normativa in questione; si pensi ad esempio:

  • alla conservazione delle fatture elettroniche, materia che peraltro già doveva rispettare la normativa del codice dell'amministrazione digitale in forza di quanto previsto dall'art. 3 del d.m. 17 giugno 2014;
  • alla normativa sul processo civile telematico, che all'art. 20, comma terzo, prevede: “il soggetto abilitato esterno è tenuto a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia”. Tale norma è stata oggetto di dibattito in passato, essendosi posto l'interrogativo circa la sussistenza di un preciso obbligo di legge in capo all'avvocato di dotarsi di un archivio digitale a norma; ebbene, la novella legislativa pare risolvere ogni dubbio al proposito: essendosi in presenza di un preciso obbligo legale di conservazione di documenti informatici (le PEC) ci si dovrà dotare di una risorsa informatica rispettosa del codice dell'amministrazione digitale e delle linee guida AgID;
  • al codice deontologico forense ove si prevede, all'art. 33, che “l'avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti ed i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per l'espletamento dell'incarico e consegnare loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l'oggetto del mandato”. Anche in tal caso è evidente che laddove i documenti siano in parte digitali, dovrà esserne assicurataautenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità attraverso l'adozione di un archivio digitale a norma.

Occorre inoltre considerare come anche la giurisprudenza di legittimità abbia avuto modo di pronunciarsi nella materia in esame, negando rilevanza probatoria a documenti informatici dei quali non era stata fornita la prova dell'avvenuta conservazione a norma (si veda Cass. 11 febbraio 2019, n. 3912).

In particolare, occorre analizzare un passaggio fondamentale della pronuncia citata, ovvero quello in cui la Corte di legittimità come l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta (ove a questo non sia associata una firma digitale o una firma elettronica avanzata) sia liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.
Partendo da tale assunto si giunge quindi ad affermare che il valore di prova legale del documento contenuto all'interno di un supporto informatico è subordinato al rispetto delle relative regole tecniche di produzione e conservazione; in difetto di ciò, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono dunque liberamente valutabili in giudizio.

Poiché nel caso oggetto di giudizio non era stato neppure essendo richiamato il rispetto delle regole tecniche (quali quelle dettate in materia di sistema di conservazione dal D.P.C.M. 3 dicembre 2013 – ora sostituite dalle linee guida Agid), il giudice del merito aveva correttamente esercitato la valutazione a lui demandata, negando valore probatorio ai supporti informatici in ragione della loro inintelligibilità.

Leggendo tali argomentazioni ben si comprende come la Corte (o anche il giudice di merito) sarebbe potuta giungere a conclusioni differenti laddove i documenti informatici fossero stati estratti da un archivio tenuto a norma di legge.

Tali considerazioni paiono aver ancora più forza alla luce dell'avvenuta novellazione dell'art. 44 CAD, visto che, di fatto, il legislatore designa l'archivio digitale tenuto nel rispetto degli standard sopra esaminati, come l'unico strumento in grado di assicurare le caratteristiche di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità del documento informatico.

Al di là dunque degli stretti obblighi normativi si può affermare, con buona dose di certezza, che la scelta di attivare un processo di conservazione a norma dei documenti informatici, da parte dei professionisti e imprese, si ponga come passaggio fondamentale della gestione documentale sia nella fase fisiologica della gestione degli affari correnti sia nella fase patologica del contenzioso.

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