Consenso prestato alla PMA ed inserimento nell'atto di nascita anche del genitore intenzionale dello stesso sesso di quello biologico

27 Ottobre 2020

In applicazione del principio del best interest of the child e dell'interpretazione delle norme vigenti, che attribuiscono rilevanza al consenso prestato dai componenti della coppia...
Massima

In applicazione del principio del best interest of the child e dell'interpretazione delle norme vigenti, che attribuiscono rilevanza al consenso prestato dai componenti della coppia al progetto di genitorialità condiviso, va ritenuto legittimo l'atto di nascita del minore concepito all'estero a seguito di PMA, che rechi l'indicazione, in aggiunta alla madre biologica, della madre intenzionale.

Il caso

Il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Cagliari, con l'intervento del PM, impugnavano l'atto di nascita formato dall'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Cagliari, chiedendone la rettifica o la sua disapplicazione perché contrario alle vigenti disposizioni di legge, oltre che all'ordine pubblico, laddove attribuiva la genitorialità di un minore, nato a seguito del ricorso in Germania alla PMA, sia alla madre biologica che alla madre intenzionale.

Gli enti ricorrenti eccepivano, innanzitutto la difformità dell'atto rispetto agli artt. 30 e 43 del d.P.R. n. 396/2000, secondo cui – previa verifica dell'effettività di quanto dichiarato – lo stesso deve contenere l'indicazione dei genitori del nato, ossia della madre partoriente e del padre biologico, di sesso differente tra loro, a condizione che con entrambi il minore abbia un legame biologico, e, comunque, la sua contrarietà all'ordine pubblico, in considerazione del divieto per i soggetti dello stesso sesso di accedere alla PMA.

Si costituivano in giudizio sia il Comune di Cagliari che le donne esercenti la responsabilità genitoriale sul minore, eccependo, sul piano processuale, la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, e, quanto al merito, la legittimità dell'atto impugnato, pienamente conforme sia al dato normativo che al prevalente orientamento giurisprudenziale esistente sul punto.

In particolare, questi ultimi escludevano il contrasto con l'ordine pubblico dovendosi dare prevalenza al principio, di ben più ampia portata, del superiore interesse del minore, e ciò pur in caso di ricorso alla PMA in assenza dei requisiti previsti dall'ordinamento interno, perché riferita a coppie omossessuali, onde evitare di penalizzare, sul piano dello status filiationis e dell'acquisizione dei conseguenti diritti, un soggetto del tutto incolpevole, quel è il nato. Il Tribunale accoglie la tesi delle convenute.

La questione

Alla luce delle norme vigenti, anche in considerazione delle limitazioni imposte dalla l. 40/2004 per l'accesso alla PMA, e dell'ordine pubblico, può essere attribuita la genitorialità alla madre intenzionale dello stesso sesso di quella biologica, mediante il suo inserimento nell'atto di nascita del minore?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Cagliari nella pronuncia in commento, ha dato risposta positiva al quesito, affermando la legittimità dell'atto di nascita impugnato, ritenuto conforme sia alle disposizioni di cui alla l. 40/2004, che alla primaria esigenza di tutela dell'interesse del minore alla conservazione dello status acquisito per effetto del consenso espresso dalla coppia al progetto di genitorialità condivisa, qualificato quale elemento indispensabile e sufficiente per l'instaurazione di un rapporto di filiazione con entrambi i componenti, rispetto al quale l'assenza di un legame biologico tra uno dei due genitori e il nato appare privo di rilevanza.

Fulcro della decisione è, dunque, il tenore letterale delle disposizioni di cui agli artt. 8 e 12 della citata legge che, rispettivamente, attribuiscono ai nati a seguito di PMA lo status di figli della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere a tale tecnica, punendo con una sanzione amministrativa pecuniaria, applicata agi operatori sanitari che vi hanno provveduto, la violazione dei requisiti soggettivi per l'accesso alla PMA.

Sulla scorta di tale impianto normativo, che nulla prevede in merito allo status, il collegio, ha rtenuto preminente la verifica della tutela da apprestare al minore, nato a seguito di PMA eseguita in violazione delle previsioni di cui all'art. 4 e ss l. 40/2004, ravvisando la necessità di procedere a un'interpretazione sistematica e coerente di tali norme con quanto previsto agli artt. 30 e 43 del d.P.R. n. 396/2000 nella parte in cui, nella formazione dell'atto di nascita e nel riconoscimento del figlio, impongono la diversità di genere dei genitori e la sussistenza di un legame biologico tra questi e il nato.

Già la Corte di Cassazione con pronuncia Cass. civ. n. 14878/2017 si era occupata della questione giungendo a negare rilievo dirimente all'assenza del legame biologico tra il genitore intenzionale e il figlio ai fini del riconoscimento degli effetti dell'atto di nascita formato all'estero con l'indicazione di entrambi i membri della coppia.

Sulla scorta di tale precedente, il Tribunale ha ritenuto risolutivo il tenore dell'art. 8, l. 40/2004 che dà prevalenza all'interesse del nato alla conservazione dello status filiationis, acquisito per effetto del consenso prestato alla PMA, individuando quale unico limite per la sua operatività il caso in cui vengano in rilievo altri diritti fondamentali dell'individuo parimenti inderogabili, quale quello connesso al divieto di maternità surrogata, che, come sostenuto dalle SS.UU della Suprema Corte con sentenza Cass. civ., n. 12193/2019, è da considerarsi prevalente in quanto posto a tutela della dignità umana.

Per il collegio, dunque, al di fuori di tale ipotesi, l'interesse del nato alla conservazione dello status acquisito in conseguenza del consenso espresso alla PMA va qualificato come prevalente con conseguente necessità di procedere alla sua formalizzazione onde garantire al minore la certezza della propria discendenza, dell'instaurazione di rapporti parentali, dei diritti ereditari nonché della costruzione della sua identità familiare e sociale.

Va detto, che la scelta operata nella sentenza in commento si pone in controtendenza rispetto alle argomentazioni espresse in altre pronunce (Cass. n. 7668/2020) con la quale i giudici di legittimità, richiamando le previsioni di cui all'ordinamento dello stato civile, hanno sancito il divieto per soggetti dello stesso sesso di accedere alla PMA, nonché di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza Corte cost. n. 221 del 2019 che escluso la configurabilità di un diritto alla genitorialità da intendersi in senso assoluto, essendo piuttosto la PMA lo strumento per far fronte a una patologia non superabile, pur nella permanenza di un sistema che riproduca il modello di famiglia caratterizzato dalla presenza di una madre e di un padre.

Si tratta, tuttavia, di argomentazioni che il Tribunale non ha ritenuto ostative al diverso orientamento espresso, nel convincimento che il dialogo tra giudici di merito e di legittimità debba proseguire al fine di dare risposta alle continue e mutevoli esigenze degli individui.

Osservazioni

Come è evidente la pronuncia in esame si occupa di una tematica di grande attualità e di estrema delicatezza per le rilevanti implicazioni di ordine etico e sociale che da essa derivano, inserendosi in un panorama giurisprudenziale in assoluta evoluzione di cui appare rilevante ripercorrere i tratti salienti.

Come è noto la PMA è disciplinata dalla l. 40/2004 che, nella formulazione iniziale, espressamente vietava il ricorso alla fecondazione eterologa; l'impianto normativo venne modificato a seguito della sentenza n. 162/2014 della Corte Costituzionale che, nel tentativo di operare un bilanciamento tra i vari interessi in gioco, ritenne tale divieto privo di fondamento costituzionale se riferito a coppie con patologie non altrimenti superabili.

Ciò, rese difficile il raccordo della legislazione interna con quella estera, in cui l'accesso a tale pratica non era accompagnato da alcuna limitazione.

La necessità di tutelare il nato pur nel caso di PMA compiuta all'estero al di fuori dei casi consentiti, portava la Corte di Cassazione ad affermare, già con pronuncia n. 19599 del 2016, la prevalenza del diritto alla conservazione dello status filiationis legittimamente acquisto all'estero, estendendo, anche a tale ipotesi, la disciplina dell'art. 8, l. 40/2004.

Il quadro normativo di riferimento è stato da ultimo completato con l'approvazione della l. n. 76/2016 che, riconoscendo rilevanza costituzionale alle unioni omoaffettive, ha indotto i giudici di legittimità ad escludere qualsivoglia distinzione in ordine ai componenti della coppia che accedono alla PMA (Cass.n. 1300/2019).

Tuttavia, a tali pronunce si contrappongono quelle, anche recenti, che perseverano nel ritenere rilevante, ai fini dell'instaurazione di un rapporto di filiazione sia la diversità di sesso tra entrambi i genitori che l'esistenza di un legame biologico tra questi e il nato. (Cass. civ. 7668/2020).

La decisione in commento si inserisce in questo variegato panorama, con la finalità di proseguire il dialogo interpretativo, onde pervenire a soluzioni che siano in grado di rispondere alle mutevoli esigenze dell'individuo.

In tale ottica la soluzione enunciata appare assolutamente in linea con l'esigenza di tutela del best interest of the child come consacrato nelle fonti internazionali e sovranazionali, apparendo, peraltro, del tutto razionale l'individuazione nel divieto della maternità surrogata del limite oltre il quale anche l'interesse del minore è destinato ad affievolirsi.

Il dibattito è da ultimo proseguito per effetto della recentissima pronuncia resa dalla Corte Costituzione, di cui si è in attesa del deposito delle motivazioni.

Dal comunicato diramato dall'Ufficio stampa si apprende che la Consulta, nel dichiarare l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Venezia in riferimento alla legge sulle unioni civili e alle disposizioni che regolamentano gli atti dello stato civile, ha ritenuto di demandare al legislatore ogni valutazione sulla questione, trattandosi di un tema che «non risponde a un precetto costituzionale ma comporta una scelta di così alta discrezionalità da essere per ciò stesso riservata al legislatore, quale interprete del sentire della collettività nazionale».

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