Valida la notifica via PEC che riporta il nome errato dell'imputato se…

Redazione scientifica
03 Novembre 2020

Quando l'imputato sia assistito da due difensori di fiducia e la notifica via PEC ad uno dei due riporti il suo cognome errato, la nullità derivante dall'omesso avviso di udienza è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione da parte del difensore comparso, anche quando l'imputato non sia presente.

Questo l'oggetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 28834/20, depositata il 19 ottobre.

La Corte d'Appello di Bologna confermava la sentenza emessa dal Giudice di primo grado, il quale aveva condannato l'imputato per una pluralità di reati di emissione di fatture per operazioni non esistenti finalizzati all'evasione delle imposte sui redditi e sull'IVA.
Contro tale decisione, il difensore dell'imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, l'omessa notifica al difensore della citazione in appello, considerato che sul messaggio di Posta Elettronica Certificata non era stato indicato il nome corretto dell'imputato. Inoltre, lo stesso lamenta che l'imputato non aveva potuto partecipare al giudizio a causa dell'impedimento a comparire dovuto alla misura cautelare impostagli durante il procedimento, ma nessun ordine di traduzione era stato emanato in tal senso.

La Suprema Corte dichiara il primo motivo di ricorso infondato, in quanto dagli atti risulta che dopo la nomina del difensore di fiducia dell'imputato, la cancelleria della Corte d'Appello avrebbe notificato il decreto di fissazione d'udienza mediante PEC sia al suddetto difensore (riportando il cognome dell'imputato in maniera errata), sia all'altro difensore di fiducia, di cui non risultava la revoca (da cui risultava il nome esatto dell'imputato), sia all'imputato stesso personalmente. Ciò, tuttavia, non determina alcuna nullità assoluta, poiché innanzitutto la notifica telematica nei confronti di uno dei due difensori di fiducia risulta regolare e considerando che la nullità a regime intermedio conseguente all'omesso avviso dell'udienza a uno dei difensori dell'imputato è sanata grazie alla mancata proposizione della relativa eccezione da parte dell'altro difensore, circostanza non avvenuta nel caso concreto.
Inoltre, la Corte rileva che in ogni caso deve applicarsi il principio secondo cui «non è ravvisabile la nullità dell'interrogatorio avvenuto in sede di convalida a seguito della comunicazione al difensore dell'avviso di fissazione della relativa udienza con il cognome dell'indagato indicato in modo errato, ma chiaramente riconducibile a quello reale».
Quanto al secondo motivo di ricorso, la Corte ne dichiara l'inammissibilità, in applicazione del principio per cui «la mancata traduzione all'udienza camerale d'appello dell'imputato sottoposto a misura cautelare detentiva determina la nullità assoluta ed insanabile del giudizio e della relativa sentenza solo nell'ipotesi in cui il detenuto abbia formulato espressa richiesta di comparire all'udienza». Stante la mancata richiesta dell'imputato in tal senso, gli Ermellini rigettano il ricorso.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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