Scontro ASMEL vs ANAC: le precisazioni del Consiglio di Stato sulle condizioni per l’esercizio della legittimazione a ricorrere dell’Autorità

Sabrina Tranquilli
04 Novembre 2020

Il parere reso dall'ANAC ai sensi dell'art. 211-comma 1-ter del Codice dei contratti non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela in quanto la sua natura non vincolante non crea alcun obbligo nei confronti della stazione appaltante. Posto che la legge consente all'ANAC di ricorrere in giudizio, seppur nei limiti segnati dall'art. 211 del Codice e dal suo Regolamento di attuazione, per la tutela degli interessi e delle funzioni cui è istituzionalmente preposta, la delibera con cui il Consiglio dell'ANAC determina di ricorrere in giudizio non deve soddisfare un particolare onere motivazionale né deve, quindi, dar conto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 21-nonies l. n. 241/1990.

Il caso. L'Autorità Nazionale Anticorruzione nell'esercizio della legittimazione a ricorrere riconosciutale dall'art. 211 commi 1-bis e 1-ter, del Codice dei contratti pubblici, proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia contro gli atti della procedura di gara indetta da ASMEL Consortile s.c.a.r.l., quale centrale di committenza delegata da diversi enti locali, per l'affidamento di una o più convenzioni quadro “per la fornitura di apparecchi per illuminazione pubblica equipaggiati con sorgente a led, sistemi di sostegno degli apparecchi a led, dispositivi per il telecontrollo/telegestione e accessori smart city per gli Enti associati ASMEL”.

Il TAR, con sentenza, 3 febbraio 2020, n. 240, segnalata su questo Portale con News di M. Velliscig, Il TAR Lombardia sulla legittimazione processuale dell'ANAC ex art. 211 del Codice e sulla nozione di organismo di diritto pubblico, accoglieva il ricorso.

Asmel proponeva appello.

La questione processuale di interesse: la motivazione dell'azione giurisdizionale dell'ANAC. Di particolare interesse è il motivo di appello proposto per contestare il mancato accoglimento da parte del TAR dell'eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo dell'ANAC.

ASMEL lamentava non solo il mancato tempestivo deposito in giudizio della deliberazione del Consiglio dell'Autorità con la quale l'ANAC aveva deciso di esercitare il potere di ricorso, ma anche l'inadeguata motivazione circa le ragioni che hanno giustificato l'esercizio della legittimazione ex lege all'impugnazione degli atti di gara. L'ANAC, infatti, ad avviso dell'appellante, che richiama sul punto anche il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 1119 del 26 aprile 2018, avrebbe dovuto fornire “una motivazione specifica e adeguata con riferimento ai presupposti normativi delineati dall'art. 211, come previsto anche dal regolamento approvato dall'Autorità sull'esercizio di detti poteri”.

Tra i presupposti normativi di cui ANAC avrebbe dovuto dar conto, l'appellante include anche la dimostrazione della sussistenza degli elementi tipici dell'autotutela amministrativa di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990 in quanto “oltre alle eventuali illegittimità degli atti di gara, occorrerebbe valutare anche la sussistenza dell'interesse pubblico concreto e attuale”. Secondo l'appellante, nel caso di specie le delibere dell'ANAC erano prive di una motivazione in tal senso.

La soluzione del Consiglio di Stato. La sentenza respinge il motivo di appello.

Il Collegio precisa che l'art. 211 commi 1-bis e 1-ter del Codice non subordina il potere di agire dell'ANAC a ulteriori valutazioni (i cui esiti dovrebbero riflettersi nella motivazione) che investano le ragioni di interesse pubblico, specifico e concreto, all'annullamento giurisdizionale del provvedimento impugnato come per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990. Tale conclusione vale tanto per l'ipotesi di ricorso diretto (comma 1-bis) quanto per il caso del ricorso preceduto da parere rimasto senza seguito da parte della stazione appaltante (comma 1-ter).

La sentenza sottolinea che il parere “non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela” posto che “non ha natura vincolante per l'amministrazione destinataria e nemmeno crea un obbligo di agire in autotutela e in conformità al suo contenuto (come, invece, prevedeva l'art. 211, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per la «raccomandazione vincolante» dell'Anac, al cui mancato adeguamento seguiva l'applicazione di una sanzione pecuniaria: disposizione abrogata dall'art. 123, comma 1, lett. b), del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56)”. Non si può assumere, quindi, che il parere costituisca l'atto di avvio di un procedimento di riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, in quanto - come precisato dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato, n. 1119 del 26 aprile 2018 – lo stesso costituisce atto “privo di natura provvedimentale, trattandosi di un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante […]” (punto III 3.2.)

La sentenza precisa inoltre che la legittimazione a ricorrere attribuita all'ANAC non può essere qualificata come “legittimazione straordinaria o eccezionale” rispetto al criterio con cui si identifica la condizione dell'azione rappresentata dall'interesse ad agire o a ricorrere, ossia il collegamento dell'interesse a ricorrere con la titolarità (o l'affermazione della titolarità) di un interesse tutelato dall'ordinamento sul piano sostanziale. Tale collegamento soggettivo è infatti ben presente tra l'Autorità e gli interessi e le funzioni pubbliche che la legge le affida per prevenire e eliminare le illegittimità nel settore dei contratti pubblici. L'ANAC, pertanto, è “titolata a curare anche in giustizia, seppure nei termini generali e nelle forme proprie del processo amministrativo, gli interessi e le funzioni cui è preposta dalla legge e sintetizzate dai precetti di questa: perciò le è consentito (anche) di agire in giudizio seppur nei limiti segnati dall'art. 211 e dal suo regolamento”.

Il Collegio richiama i principi già espressi dall'Adunanza Plenaria, n. 4 del 2018, sottolineando che tale pronuncia - pur qualificando il potere di agire ex art. 211 come un caso di «legittimazione processuale straordinaria» - aveva precisato che “la disposizione di cui all'art. 211 del d.Lgs n. 50/2016 [non] si muove nella logica di un mutamento in senso oggettivo dell'interesse […] a che i bandi vengano emendati immediatamente da eventuali disposizioni (in tesi) illegittime, seppure non escludenti: essa ha subiettivizzato in capo all'Autorità detto interesse, attribuendole il potere diretto di agire in giudizio nell'interesse della legge”.

In conclusione la sentenza afferma che le deliberazioni depositate in giudizio dall'ANAC illustrano in maniera adeguata ed esaustiva le ragioni che hanno portato l'Autorità alla proposizione del ricorso contro gli atti della procedura di gara indetta da Asmel. Dall'esame della delibera del Consiglio dell'Autorità emerge infatti il recepimento del parere previamente indirizzato ad Asmel (contenente i vizi di legittimità contestati) e la constatazione dell'inadempimento della stazione appaltante che ha determinato di procedere all'impugnazione facendo altresì proprie le considerazioni delle relazioni dell'Ufficio vigilanza collaborativa. Lo stesso Consiglio con successiva delibera evidenziava peraltro che “in ragione del valore del contratto” sussistevano i presupposti per l'impugnazione diretta anche ai sensi del dell'art. 211, comma 1-bis del Codice.