Omogenitorialità e tutela del minore: depositate le motivazioni della decisione della Consulta

Redazione Scientifica
06 Novembre 2020

Con la sentenza n. 230 del 4 novembre 2020, la Corte Costituzionale afferma che il riconoscimento della omogenitorialità nell'ambito di un rapporto tra due donne unite civilmente e il diritto del minore a vedere coincidere la realtà fattuale con quella legale spetta esclusivamente al legislatore, in vista dei contenuti etici e dei valori fondamentali coinvolti.

Con il deposito della sentenza n. 230 del 4 novembre 2020, la Corte Costituzionale ha reso note le motivazioni che hanno portato a dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Venezia in relazione alla legge sulle unioni civili e al decreto sugli atti dello stato civile (vedi la news Unioni civili e fecondazione eterologa: sia il legislatore ad esprimersi sullo status della madre intenzionale).

Nello specifico, il caso di specie riguardava due donne unite civilmente, una delle quali aveva concepito all'estero un figlio poi nato in Italia attraverso tecniche di fecondazione eterologa eseguite con il consenso della “madre intenzionale”. Successivamente, entrambe chiedevano di essere registrate all'anagrafe come madri del piccolo.

Il Tribunale di Venezia sollevava, dunque, questione di legittimità costituzionale in relazione al fatto che l'esclusione della registrazione nell'atto di nascita del bambino come figlio di entrambe le donne violerebbe i diritti non solo della “madre intenzionale”, ma anche quelli del minore, portando ad una discriminazione irragionevole per motivi legati all'orientamento sessuale.

La Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi in tema di riconoscimento della omogenitorialità, afferma che la materia deve essere affidata al legislatore, in quanto la piena tutela dell'interesse del minore, che allo stato attuale può realizzarsi solo mediante una forma minore di adozione, può essere oggetto solo di apposito intervento da parte dello stesso, nell'esercizio della sua discrezionalità.

L'inammissibilità delle questioni si rinviene, infatti, nel fatto che il riconoscimento dello status di genitore alla “madre intenzionale” implica una scelta appartenente a quell'area di interventi con cui il legislatore si rende interprete della volontà collettiva, proprio per via dei contenuti etici e valoriali che ne sono coinvolti, dovendo operare un bilanciamento tra i valori fondamentali in gioco e considerare gli orientamenti e le istanze più radicate nella coscienza sociale in quel momento storico.

La Corte Costituzionale ha altresì evidenziato che la giurisprudenza ha già tenuto conto dell'interesse in questione, con riferimento alla tutela del minore, aprendo le porte dell'adozione non legittimante anche a favore del partner avente lo stesso sesso del genitore biologico; tuttavia, è necessaria una tutela diversa in direzione più «penetrante», estendendo i contenuti giuridici posti alla base del rapporto tra minore e “madre intenzionale”, in modo tale da attenuare il divario tra la realtà fattuale e quella legale, tutela che può essere attuata, come già chiarito, esclusivamente dal legislatore.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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