Gli apporti dai fondatori a favore di una Fondazione (commerciale) non sono soggetti alle imposte dirette

Fabio Gallio
16 Novembre 2020

L'Agenzia delle Entrate, con alcuni documenti, ha stabilito che gli apporti effettuati dai Fondatori a favore di una Fondazione che svolge attività commerciale non sono assoggettati alle imposte dirette, ai sensi dell'art. 88, comma 4, del TUIR, purchè gli stessi confluiscano nel fondo di dotazione necessario per perseguire gli scopi istituzionali dello stesso ente. Se, al contrario, gli stessi servono per coprire i costi di gestione, secondo la risposta ad interpello 189/2020, devono essere tassati
Premessa

Con la risposta ad interpello del 22 giugno 2020, n. 189, l'Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla tassazione ai fini delle imposte dirette degli apporti effettuati da parte di una Fondazione a favore di un'altra.

In particolare, una Fondazione, il cui scopo originario era quello di assistenza benefica e sociale, nonché di qualificazione professionale ed elevazione culturale e morale dei lavoratori, nel corso degli anni aveva modificato il proprio modello operativo, assumendo un ruolo centrale nell'implementazione di un programma intersettoriale nel campo dell'innovazione sociale, della finanza sociale e del Terzo Settore.

Nella fase iniziale di “start up”, la Fondazione istante aveva bisogno di un sostegno finanziario per la copertura dei costi di funzionamento e si era rivolta ad altra Fondazione, definita partecipante, la quale aveva versato delle somme da rilevare tra i ricavi nel rendiconto gestionale in modo da chiudere l'esercizio in pareggio della Fondazione avente causa.

È stato chiesto se tali versamenti fossero tassati o meno in capo alla Fondazione avente causa.

Prima, però, di procedere, è opportuno soffermarsi sulla definizione di Fondazione.

La Fondazione

Nell'ordinamento italiano le figure giuridiche non lucrative si sono tradizionalmente divise in associazioni e fondazioni. Nelle prime prevale, per il perseguimento di una determinata finalità definita nello statuto dell'ente, la componente personale mentre, nelle seconde, prevale la componente patrimoniale.

a. La Fondazione “tradizionale”

Le fondazioni, in particolare, sono state a lungo considerate alla stregua di organizzazioni deputate all'amministrazione di un patrimonio, vincolato allo scopo, ossia l'erogazione di una utilità ad una particolare categoria di beneficiari nel perseguimento di una finalità di interesse generale, in linea con gli scopi statutari.

Circa l'iter costitutivo ricordiamo che le fondazioni possono essere disposte, ai sensi dell'art. 14 del codice civile, tanto per atto tra vivi, unilaterale (ma non necessariamente unipersonale), quanto per atto di ultima volontà (testamento pubblico, olografo, segreto). La fondazione, dunque, è un ente che può essere costituito da uno ma anche da più soggetti (intesi quali: persone fisiche, persone giuridiche, enti collettivi ed enti pubblici) previa destinazione di una somma (o di un patrimonio) al raggiungimento di uno scopo definito, di regola altruistico o comunque ideale. Sul punto, si ricorda che secondo alcuni autori la fondazione può essere costituita solo per scopi caratterizzati dalla pubblica utilità, o comunque per un fine non individuale, personale, economico del fondatore (cfr. Giorgi, Dottrina delle persone giuridiche o corpi morali esposta con speciale considerazione del diritto moderno italiano, Firenze, 1913, p.89).

In merito, si precisa che le fondazioni sono delle persone giuridiche e, pertanto, devono essere costituite per atto pubblico e, per le stesse, occorrerà richiedere il riconoscimento (in tal modo il patrimonio personale del fondatore risulterà del tutto distinto rispetto a quello della fondazione).

Circa gli aspetti operativi, nelle Fondazioni “tradizionali” il fondatore non concorre alla gestione della fondazione che risulta, pertanto, gestita dagli amministratori che hanno il compito di applicare ed eseguire l'atto di fondazione (il fondatore può comunque riservarsi il diritto di partecipare alla gestione e all'amministrazione dell'ente).

Come le associazioni riconosciute, anche la disciplina delle fondazioni è soggetta a particolari vincoli; invero, una volta ottenuto il riconoscimento o comunque iniziata l'attività, esse non possono più essere revocate dal fondatore, né dagli eredi del fondatore. Al riguardo si precisa, inoltre, che tali enti sono generalmente assoggettate al controllo dell'autorità amministrativa.

Da ultimo, si ricorda che nell'ambito delle Fondazioni tradizionali, seppure sono possibili apporti patrimoniali successivi alla costituzione della fondazione stessa, questi non potranno mai comportare una modifica dei soggetti fondatori originari, dal momento che caratteristica della fondazione è essere un patrimonio distaccato, svincolato da ogni elemento personalistico, salvo le modalità gestorie previste (e solo queste modificabili)

Nel rispetto dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge, le fondazioni possono divenire anche “Onlus”, fruendo dei relativi benefici, o Enti del Terzo settore.

b. La Fondazione di partecipazione

La Fondazione di partecipazione rappresentava una figura giuridica atipica, ma, con il codice del Terzo settore, è stata disciplinata dal legislatore (infatti, l'art. 23 D.Lgs. n. 117/2017, che disciplina la procedura di ammissione e carattere aperto delle associazioni, ha esteso anche alle fondazioni del Terzo settore, il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, la possibilità di accogliere, nel corso della vita dell'ente, nuovi aderenti).

Essa si colloca in posizione intermedia potendo annoverare alcuni degli elementi propri della fondazione ed altri peculiari delle associazioni o enti partecipativi (cfr. Corte dei Conti, sez. Veneto, 28 maggio 2014 n. 345/2014/PAR: “le fondazioni di partecipazione rispondono all'esigenza di disporre di uno strumento più ampio rispetto alla fondazione tout court, caratterizzato dalla commistione dell'elemento patrimoniale con quello "associativo", in ragione della partecipazione di più soggetti alla costituzione dell'organismo, funzionali, in particolare, alle ipotesi di partenariato pubblico-privato”).

Essa ha in comune con la fondazione tradizionale lo scopo non lucrativo ed il patrimonio destinato al raggiungimento di un obiettivo predefinito ed invariabile, fissato nell'atto costitutivo, mentre si distingue dallo schema tipico in quanto:

  • sono presenti una pluralità di fondatori o comunque di partecipanti all'iniziativa sia di natura privata che enti pubblici;
  • i partecipanti intervengono attivamente nella gestione dell'ente;
  • il patrimonio è a formazione progressiva per cui la dotazione patrimoniale iniziale è generalmente aperta ad incrementi per effetto di adesioni successive da parte di soggetti ulteriori rispetto ai fondatori.

La Fondazione di partecipazione nasce per la gestione di progetti volti al raggiungimento di scopi di pubblica utilità (esempio: cultura, assistenza, ricerca scientifica, sanità, ambiente e, in generale, tutti i campi di utilità sociale).

Il patrimonio è composto da un fondo patrimoniale ed un fondo di gestione.

In merito, si precisa che il patrimonio della fondazione (o fondo patrimoniale) è il fondo di dotazione, composto dai conferimenti in denaro, beni mobili, beni immobili o altre utilità, effettuati dai Fondatori (o dai Partecipanti o da soggetti terzi). Il fondo di dotazione, quindi, è la parte intangibile del Patrimonio dell'ente (sono spendibili soltanto le rendite, su di esso poggiano la personalità giuridica dell'ente e l'autonomia patrimoniale dello stesso nei confronti dei terzi).

Il fondo di gestione, invece, è sostanzialmente la “cassa” della fondazione ed è composto da:

  • rendite e proventi derivanti dal Fondo Patrimoniale e dalle attività della fondazione
  • il contributo annuo dei Fondatori Promotori, Nuovi Fondatori, e Partecipanti nella somma deliberata dal Consiglio di Gestione.
  • eventuali donazioni, lasciti o disposizioni testamentarie che non siamo espressamente destinate al Fondo Patrimoniale
  • eventuali erogazioni riconosciute dallo Stato e da altri Enti pubblici o territoriali espressamente destinate al Fondo di Gestione
  • i contributi in qualunque forma destinati espressamente agli scopi della Fondazione espressamente destinati al Fondo di Gestione
  • proventi derivanti dalle attività della fondazione

Fatte queste necessarie premesse, è a questo punto opportuno soffermarsi sulla tassazione dei contributi versati a favore di una Fondazione.

Il regime fiscale dei contributi effettuati a favore di una Fondazione. a) Le imposte dirette

Nella risposta ad interpello in esame, è stato chiesto se, essendo la Fondazione un ente commerciale, i versamenti effettuati dall'altra fondazione devono o meno essere tassati ai fini delle imposte dirette.

Infatti, ai sensi dell'articolo 88, terzo comma, del TUIR, vengono definiti sopravvenienze attive anche i “proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità” (lett. b).

Il comma 4 del medesimo articolo 88, però, sancisce che non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1,lettere a) e b), dai propri soci, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni”.

Tale disposizione, riferendosi anche ad enti diversi da quelli societari, pubblici e privati che hanno ad oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, trova applicazione anche nei confronti degli apporti di capitale operati da parte di analoghi soggetti conferenti, come i fondatori, nell'ambito di una fondazione.

Come stabilito dalla stessa Agenzia delle Entrate, anche i conferimenti effettuati dai Partecipanti e dai Sostenitori che, condividendo gli scopi di una Fondazione di partecipazione, contribuiscono con modalità differenti alla vita della medesima, possono non essere tassati in capo all'ente dante causa (cfr. Risposta ad istanza ad interpello n. 255 del 17 luglio 2019).

Per usufruire di tale regime, i versamenti non devono essere corrisposti dai soci, anche indirettamente, a fronte della fruizione di un servizio o di altre attività svolte dalla Fondazione, in quanto, instaurandosi con la stessa un nesso di sinallagmaticità, gli stessi dovranno qualificarsi fiscalmente come ricavi, a prescindere dalla loro eventuale imputazione a patrimonio, e, quindi, essere tassati.

Pertanto, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate in altra occasione, gli apporti da parte dei fondatori non assumeranno rilevanza impositiva in capo alla fondazione stessa, se gli stessi confluiscono nel fondo di dotazione necessario per perseguire gli scopi istituzionali dello stesso ente (cfr. Risposta ad istanza ad interpello n. 187 del 12 giugno 2019).

Ciò sarebbe coerente anche con quanto previsto dall'art. 148 del TUIR, secondo il quale le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.

Nel caso in cui l'oggetto conferito sia un'azienda e se sono soddisfate tutte le condizioni ivi previste, si ritiene applicabile anche l'art. 176 del TUIR che prevede un regime di neutralità fiscale.

Diversamente, il legislatore prevede il concorso alla formazione del reddito delle liberalità e dei diversi tipi di contributi finalizzati a sostenere direttamente l'attività commerciale, coprendo i costi di esercizio o di acquisto di beni strumentali o altri costi. Tali ultime liberalità prescindono dal soggetto che le eroga.

L'inquadramento in una delle categorie di contributi (in conto esercizio, in conto impianti, in conto capitale) dipende dalla destinazione degli stessi e dalle condizioni che ne riconoscono la spettanza, potendo anche essere erogati dai soci (o dai partecipanti un ente).

...b) Le imposte indirette

Relativamente alle imposte indirette, si ricorda che l'apporto effettuato dal socio fondatore viene considerato dall'Agenzie delle Entrate come atto assoggettato all'imposta di donazione, in quanto si tratterebbe di un trasferimento a titolo gratuito in favore della stessa fondazione (così risposta 187 del 2019 sopra citata).

Secondo questa tesi, l'attribuzione patrimoniale dovrebbe rientrare nell'ambito negoziale soggetto alla “nuova versione” dell'imposta di donazione, sia perché si tratterebbe di un atto con effetto traslativo di beni a titolo gratuito (mutuando quanto sancito da parte della giurisprudenza in materia di trust, non sarebbe applicabile l'imposta di registro, quando manca l'onerosità, anche se la prestazione è a contenuto patrimoniale. Cfr. ordinanza della Corte di Cassazione del 7 febbraio 2020, n. 2897), sia perché, comunque, determinerebbe un vincolo di destinazione sui beni che ne sono interessati.

Per questi motivi, sarebbe applicabile l'art. 2, comma 47 ss., Decreto Legge (DL) 3 ottobre 2006 n. 262 convertito con modifiche nella Legge (L) 24 novembre 2006 n. 286, che avrebbe reintrodotto nell'ordinamento giuridico l'imposta sulle successioni e donazioni, estendendone l'ambito di applicazione alla costituzione di vincoli di destinazione (Come sostenuto da parte della dottrina, gli apporti ad una fondazione difficilmente possono essere considerati a titolo oneroso, dal momento che si dovrebbe verificare un diritto di partecipazione all'ente idoneo a realizzare in via diretta un interesse patrimoniale dell'apportante medesimo ed avente al tempo stesso un'incidenza sul patrimonio dell'ente (tipico il caso dei rapporti associativi che garantiscono all'associato la possibilità di utilizzare le strutture dell'associazione). Così Fransoni, Le fondazioni di partecipazione nell'imposizione Indiretta, a cura della Fondazione italiana del notariato, 2006).

Tale tesi sarebbe confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, secondo l'imposta di donazione si applica anche agli atti di costituzione di una fondazione, in quanto si tratta di atto con effetto traslativo di beni a titolo gratuito, con il quale si determinerebbe anche un vincolo di destinazione sui beni che ne sono interessati (con sentenza del 5 aprile 2018, n. 2150/5/18).

Pertanto, seguendo questa tesi, sarebbero applicabili anche le esenzioni previste dal D.Lgs. n. 346/1990.

Si ricorda che l'esclusione dall'imposta sulle successioni e donazioni è prevista per gli enti che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità.

Inoltre, sono soggetti all'esenzione anche “i trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, ….. se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma”. Infine, il comma 3 prevede che “nei casi di cui al comma 2 il beneficiario deve dimostrare, entro cinque anni dall'accettazione dell'eredità o della donazione o dall'acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore o dal donante.

Nel caso di una Fondazione che riceve partecipazioni a titolo gratuito da parte dei fondatori, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile tale normativa di esclusione (

Risposta ad interpello del 19 ottobre 2020, n. 481).

Tale tesi troverebbe conferma anche in un'altra risposta ad interpello dell'Agenzia delle Entrate (la numero 424 del 24 ottobre 2019), con la quale l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che va esente dall'imposta sulle successioni e donazioni il trust testamentario, istituito dal testatore mentre era in vita con una dotazione di denaro, cui sia attribuito un legato dal testamento, ove il trust preveda, quale unico beneficiario, una fondazione riconosciuta, che persegua come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, a norma dell'art. 3 del DLgs. 346/90 (tesi confermata anche nella risposta del 29 ottobre 2019, n. 441).

Secondo l'Amministrazione finanziaria, però, l'applicazione di tale normativa di favore è necessario verificare il collegamento tra le finalità di pubblica utilità perseguite dall'ente e l'utilizzazione del bene donato (così Risoluzione n. 160/E-IV-9-148686 del 29 ottobre 1998). Così sembrerebbe concludere anche la giurisprudenza (Così Corte di Cassazione con sentenza n. 2542 del 20 febbraio 2003).

In caso di fondazioni, l'esenzione si applica a condizione che:

  • la fondazione sia riconosciuta;
  • la fondazione non sia ancora riconosciuta al momento dell'atto ma sia presentata sollecita richiesta di riconoscimento.

Nelle ipotesi in cui i beni “conferiti” consistano in immobili o diritti reali immobiliari, non sono altresì dovute le imposte ipotecarie e catastali previste dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, ai fini della trascrizione nei pubblici registri immobiliari e della voltura catastale a favore della fondazione, qualora si possano applicare le esenzioni previste dal sopracitato art. 3 del citato D.Lgs. n. 346/1990 (Infatti, è previsto che le formalità di trascrizione e voltura sono escluse da imposta, ai sensi, rispettivamente, del comma 2 dell'art. 1 e del comma 3 dell'art. 10 dello stesso D.Lgs. n. 347/1990 ove si prevede che “Non sono soggette all'imposta le formalità (o le volture) eseguite nell'interesse dello Stato né quelle relative ai trasferimenti di cui all'art. 3 del testo unico sull'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346”).

Diverso sarebbe il caso in cui mancasse la gratuità e l'apporto venisse qualificato come a titolo oneroso.

Qualora si tratti di apporti in un ente commerciale, come nel caso oggetto della risposta in esame, dovrebbe essere applicabile l'imposta di registro e, in particolare, l'articolo 4, comma 1, lett. a), della tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/1986, secondo il quale, ad esempio, il conferimento di denaro (punto 5) o di azienda (punto 3) è soggetto ad imposta di registro in misura fissa.

Infatti, tale articolo si riferisce agli atti degli enti diversi dalle società, compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole.

È necessario precisare che questa disposizione si applica anche ai agli enti senza fini di lucro, purchè svolgano attività commerciale. Come precisato dall'Agenzia delle Entrate, il concetto di non lucratività non coincide necessariamente con quello di non commercialità. Infatti, mentre il carattere non commerciale dell'ente dipende dallo svolgimento in via esclusiva o prevalente di attività d'impresa, l'assenza del fine di lucro implica, invece, un'espressa previsione statutaria che vincola la destinazione del patrimonio e degli utili, di cui deve essere esclusa (anche in forma indiretta) la ripartizione, alle stesse finalità sociali perseguite dall'ente (Così risposta ad interpello del 28 giugno 2019, n. 63).

Al contrario, nel caso in cui si tratti di operazioni che interessi un ente non commerciale, secondo quanto previsto dall'Agenzia delle Entrate in altre occasioni, potrebbe essere applicabile l'imposta di registro non in misura fissa (nella Risoluzione dell'11 gennaio 2019, n. 2, l'Agenzia delle Entrate ha affermato che l'atto di fusione tra enti non commerciali sconta l'imposta di registro al 3% ai sensi dell'art. 9 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/86, in quanto non può trovare nella misura fissa prevista per le fusioni dall'art. 4 co. 1 lett. b) della tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/86, in quanto essa è riservata agli atti tra società od enti "aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale o agricola).

In questo caso, però, si dovrà verificare l'applicabilità o meno dell'articolo 1, comma 737, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (c.d. "Legge di Stabilità 2014"), il quale dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, "agli atti aventi ad oggetto trasferimenti gratuiti di beni di qualsiasi natura, effettuati nell'ambito di operazioni di riorganizzazione tra enti appartenenti per legge, regolamento o statuto alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale, si applicano, se dovute, le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna" (cfr. anche la risposta all'interpello n. 342 del 23 agosto 2019).

È necessario a questo punto ricordare che, in seguito all'entrata in vigore del codice del terzo settore, ogni tipo di trasferimento a titolo gratuito, compreso quello inziale , a favore degli enti ivi disciplinati (escluse le imprese sociali costituite in forma di società), tra i quali rientrano anche le fondazioni iscritte nel relativo registro, sono esenti dalle imposte di donazione e, se del caso, da quelle ipotecarie e catastali, purchè i relativi beni siano utilizzati per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (così combinato disposto dell'art. 82, comma 2, e art. 8 del D.lgs. 117 del 3 luglio 2017). In questo caso, gli enti del terzo settore non potranno applicare l'art. 3, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 346/1990 (nonché i connessi artt. 1, commi 2 e 10, D.Lgs. n. 347/1990) se non per i trasferimenti gratuiti non relativi alle attività di cui all'art. 5 del Codice (Art. 89 del D.Lgs. 117/2017).

Lo stesso articolo 82 prevede che, per determinati atti, siano applicabili in misura fissa le imposte di registro, ipotecarie e catastali.

Per quanto riguarda l'entrata in vigore di tale norma, si ricorda che, ai sensi dell'art. 104, comma 2, del CTS, le disposizioni relative al regime fiscale degli enti del Terzo settore si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, e comunque, non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività del Registro stesso.

Una deroga alla suddetta previsione è recata dall'articolo 104, comma 1, del CTS in base al quale per le ONLUS, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS) iscritte nei relativi registri, è stabilita l'applicabilità in via transitoria, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 (quindi dal 1° gennaio 2018) e fino all'entrata in vigore delle disposizioni del titolo X, di alcune disposizioni, espressamente previste dall'articolo 104, comma 1, del CTS. Tra le disposizioni che si applicano dal 1° gennaio 2018 alle ONLUS, alle ODV e alle APS è ricompreso, in particolare, l'articolo 82 del CTS concernente disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali (così risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 158/E del 21 dicembre 2017) (Si veda anche Studio n. 72-2018/T, del Consiglio Nazionale del Notariato, LA TASSAZIONE DEGLI ATTI DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE (ETS): LE IMPOSTE INDIRETTE).

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