Notifica telematica e costituzione analogica in appello: criticità formali e sostanziali

17 Novembre 2020

Mentre nel caso di costituzione con modalità telematica l'appellante deve, sin dal quel momento o al più tardi entro l'udienza di trattazione, depositare gli originali o duplicati informatici della notificazione eseguita con PEC, nel diverso caso di costituzione con modalità analogica l'appellante può avvalersi della facoltà di cui all'art. 9, comma 1-ter, l. n. 53/1994 solo ove intenda, al momento della costituzione, offrire un principio di prova che l'atto di appello è stato notificato.
Massima

Mentre nel caso di costituzione con modalità telematica l'appellante deve,sin dal quel momento o al più tardi entro l'udienza di trattazione, depositare gli originali o duplicati informatici della notificazione eseguita con PEC, nel diverso caso di costituzione con modalità analogica l'appellante può avvalersi della facoltà di cui all'art. 9, comma 1-ter, Legge 53/1994, solamente allorchè intenda, al momento della costituzione, offrire un principio di prova che l'atto di appello è stato notificato; tuttavia, nel prosieguo del giudizio d'appello, e comunque non oltre il termine della prima udienza di comparizione e trattazione, l'appellante è comunque onerato del deposito dell'originale e/o del duplicato informatico della relazione di notificazione effettuata con PEC, ciò soltanto sottraendolo dal rilievo (salvo che al deposito vi provveda l'appellato) dell'improcedibilità dell'appello ex art. 348 c.p.c. per mancata dimostrazione della tempestività della costituzione in giudizio.

Il caso

Per quel che interessa la presente disamina, la parte appellante proponeva gravame avverso la sentenza emessa dal Giudice di primo grado che la aveva vista parzialmente vittoriosa.

L'appellante iscriveva a ruolo l'appello depositando l'originale dell'atto di appello sottoscritto analogicamente, le copie analogiche dell'impugnata sentenza, la copia analogica della relata di notifica eseguita a mezzo posta elettronica certificata dell'atto di appello contenente l'attestazione di conformità della copia digitale all'originale cartaceo, nonché le RDAC e RAC della detta notificazione, con la relativa attestazione di conformità.

La parte appellata si costituiva tempestivamente in giudizio, anch'essa in formato analogico, senza allegare documentazione telematica comprovante la notifica dell'appello avversario.

La Corte d'Appello, all'udienza di prima comparizione, facendo presente alle parti che l'appello avrebbe potuto essere dichiarato improcedibile, riservava la causa per la decisione. Dopo la conclusione dell'udienza l'appellante depositava copia digitale dell'atto di appello notificato unitamente ai file relativi all'avvenuta notificazione via PEC.

La questione

La Corte d' Appello di Napoli ha sollevato d'ufficio la questione della improcedibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., per mancata dimostrazione della tempestiva costituzione in giudizio dell'appellante, in virtù dell'assenza di un principio di prova dell'effettiva notificazione dell'appello e della data del perfezionamento della stessa, non avendo la parte appellante - entro il termine della prima udienza di comparizione e trattazione - depositato l'originale e/o il duplicato informatico della notificazione eseguita a mezzo posta elettronica certificata.

La questione è se in caso di costituzione in appello in modalità analogica dell'appellante che abbia notificato l'atto di appello in modalità telematica, la facoltà prevista dall'art. 9, comma 1-ter, Legge 53/1994 (deposito di copia analogica di PEC, degli allegati e delle RDAC e RAC con attestazione di conformità) consenta di conseguire ugualmente l'effetto processuale della prova della notificazione telematica per evitare l'improcedibilità dell'appello.

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Corte d'Appello di Napoli il quesito ha soluzione negativa e, pertanto, l'appello deve essere dichiarato improcedibile.

Per la Corte partenopea la prova della notificazione mediante PEC della citazione introduttiva del processo di appello deve fornirsi con modalità digitali e ciò indipendentemente dalla modalità di costituzione dell'appellante, analogica o telematica, pur con una differenziazione delle due ipotesi.

Infatti, per quanto concerne la costituzione telematica dell'appellante, tale prova deve essere fornita “indiscutibilmente con modalità digitali” entro l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c., in quanto tale modalità di costituzione consente il deposito di atti e documenti (duplicati informatici od originali) nativamente digitali, quali le ricevute di accettazione e consegna del messaggio di posta elettronica certificata contenente la notificazione. In questa ipotesi, secondo la Corte, il difensore ab origine può e pertanto deve farlo” (al più tardi entro la prima udienza di comparizione), non potendosi configurare l'impossibilità del deposito in forma telematica della prova della notificazione dell'appello.

Per quanto concerne, invece, la costituzione con modalità analogica, potendosi evidentemente depositare all'atto della costituzione in giudizio solamente le riproduzioni analogiche della notifica a mezzo PEC (pur con attestazione di conformità), secondo la Corte d'Appello, per evitare la sanzione dell'improcedibilità dell'appello è necessario che l'appellante depositi telematicamente ed entro l'udienza di comparizione i file contenenti le RDAC e RAC nel loro originario formato digitale. La normativa di riferimento infatti, limita la facoltà dell'avvocato di depositare copia analogica del messaggio PEC di notifica, dei suoi allegati e della RDAC e RAC comprovanti l'avvenuta notifica, attestandone la conformità agli originali telematici solo “qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche” (incipit dell'art. 9, comma 1bis, Legge 53/1994), dovendo evidentemente illustrare in concreto tali ragioni (es. malfunzionamento dei sistemi).

Sotto il profilo tecnico, la Corte rileva che i documenti cartacei riproduttivi delle RAC e RDAC, consistono nella mera “riproduzione grafica di files pdf”, e che, in quanto tali, non possono contenere le necessarie informazioni desumibili dal file telematico generalmente denominato “postacert.eml”, il quale invece contiene “l'insieme di tutte le informazioni relative all'invio” (quali mittente, gestore del mittente, destinatari, data e ora dell'invio), e dal file “daticert.xml” contenente le informazioni tecniche relative al messaggio generato dal gestore del destinatario.

A tal riguardo il giudice d'appello (avendo in mente la descrizione delle specifiche tecniche del formato dell'atto del processo telematico data dall'art. 12 del Provvedimento 16 aprile 2014 della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati) valorizza il fatto che il formato .pdf si basa su un linguaggio di descrizione di pagina avente lo scopo di rappresentare documento di testo e immagini indipendentemente dall'hardware e dal software utilizzati per generarli o per visualizzarli e, come tale, secondo la Corte è inidoneo ad attribuire certezza che l'immagine e/o il testo rappresentato siano rispondenti al vero.

Secondo la Corte, solo i file nel loro originario formato digitale consentono, quindi, la verifica dell'effettivo ed integrale contenuto del messaggio PEC inviato e recapitato al destinatario e la prova della corrispondenza degli atti e documenti inviati rispetto a quelli consegnati.

Ciò premesso, atteso che la parte appellante aveva depositato la copia digitale dell'atto di appello notificato corredata dai files relativi alla notificazione a mezzo PEC solo successivamente all'udienza di prima comparizione e dopo che la causa era già stata riservata per la decisione, l'appello è stato dichiarato improcedibile.

Osservazioni

La sentenza in commento contiene interessanti spunti di riflessione relativi all'efficacia probatoria della copia analogica (in relazione alla quale pur sia stata attestata la conformità all'originale telematico) delle RDAC e RAC di una notifica a mezzo posta elettronica ai fini della regolarità della costituzione in giudizio dell'attore.

Nella sentenza in esame la Corte partenopea muove le proprie considerazioni seguendo i principi sanciti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (SS.UU. 16598/2016), secondo cui l'art. 347 c.p.c. esige che la costituzione dell'appellante avvenga entro i dieci giorni (o i cinque, nel caso di riduzione) dalla notificazione e che, se l'appellato non produce la copia della citazione a lui notificata (dal quale si evinca il momento del perfezionamento della notificazione), risulta impossibile per il giudice, che deve procedere d'ufficio al relativo controllo, accertare se la costituzione dell'appellante è avvenuta tempestivamente (non avendo efficacia sanante neppure la costituzione dell'appellato), con conseguente improcedibilità dell'appello, salva la possibilità di deposito da parte dell'appellante dell'originale della citazione con prova della sua notificazione entro, al più tardi, l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c..

L'indagine della Corte si sposta, poi, su come tali principi possano applicarsi alle notificazioni eseguite con modalità telematiche.

La Corte napoletana sostanzialmente nega il valore probatorio della copia analogica dell'originale informatico delle ricevute di accettazione e consegna della notifica, relativamente a tutti quei casi in cui sia possibile procedere al deposito delle stesse con modalità telematiche, anche sulla base delle specificità e proprietà tecnico-informatiche dei file in questione.

La Corte infatti, muovendo dall'ontologica diversità tra la copia conforme analogica e gli originali telematici della RDAC e RAC sotto il profilo contenutistico, nonché da una lettura rigorosa dell' art. 9, co.1 bis, L. 53/1994, ha ritenuto che le copie analogiche delle dette ricevute di cui sia attestata dall'avvocato la conformità agli originali informatici dalle quali sono estratte non possano valere – come regola generale - come prova della notificazione mediante PEC, ma solo qualora vi siano impedimenti oggettivi al loro deposito telematico.

Non può dunque, secondo il giudicante, ritenersi tempestiva la costituzione in giudizio dell'appellante laddove quest'ultimo non ne fornisca la prova solo a mezzo della produzione in giudizio degli originali o delle copie informatiche delle RDAC e RAC nel loro originario formato digitale (ove tale modalità di deposito sia effettivamente possibile).

Ed è inoltre interessante rilevare che, secondo la Corte, non sarebbe neppure necessario ai fini della pronuncia di improcedibilità che l'appellato contesti la conformità della copia analogica delle ricevute agli originali telematici.

Né può essere riconosciuta, secondo la Corte, efficacia sanante alla regolare costituzione della parte appellata, trattandosi di una ipotesi di “nullità”, quella cui l'appellante avrebbe in tal modo dato corso, rilevabile d'ufficio e sanabile ex post o con il detto deposito telematico delle ricevute da parte dell'appellante (entro la prima udienza di comparizione) o dell'appellato che costituendosi telematicamente le produca.

La vocatio in jus ibrida (notifica telematica e costituzione analogica) presenta quindi profili di criticità che consigliano se non la gestione integralmente telematica delle attività di parte, quantomeno l'adozione di coerenza sistematica (o tutto telematico o tutto analogico) finchè permanga il sistema misto in relazione agli atti di citazione introduttivi permesso dall'art. 16-bis del D.L. 179/2012. Si deve infatti tener conto che il ragionamento della Corte partenopea potrebbe ben estendersi al primo grado di giudizio in considerazione del richiamo alle modalità di costituzione dell'attore nel giudizio di primo grado (art. 165 c.p.c.) operato dall'art. 347 c.p.c. e della identicità dei profili tecnici.

Diversamente, fino all'adozione del processo civile telematico nei giudizi davanti alla Corte di Cassazione, tale ultimo grado processuale resta vincolato alle regole di costituzione sue proprie.