Sul perimetro dell'onere dichiarativo dell'operatore economico nelle pubbliche gare. Brevi note a Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16/2020

Fausto Gaspari
17 Novembre 2020

Con la pronuncia n. 16/2020 l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è espressa su una questione — relativa all'onere dichiarativo dei precedenti illeciti professionali commessi dall'operatore economico — che, avendo una posizione centrale nel tema dei requisiti tesi a verificare ed assicurare l'affidabilità dei soggetti con i quali l'Amministrazione intende giungere alla conclusione del contratto, è giunta spesso all'attenzione del giudice amministrativo e spesso si rivelata un argomento di non semplice soluzione...
Premessa

Con la pronuncia n. 16/2020 l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è espressa su una questione — relativa all'onere dichiarativo dei precedenti illeciti professionali commessi dall'operatore economico — che, avendo una posizione centrale nel tema dei requisiti tesi a verificare ed assicurare l'affidabilità dei soggetti con i quali l'Amministrazione intende giungere alla conclusione del contratto (1), è giunta spesso all'attenzione del giudice amministrativo e spesso si rivelata un argomento di non semplice soluzione.

Le difficoltà legate alle citate questioni risiedono nel fatto che, anzitutto, l'indeterminatezza e la flessibilità delle pertinenti disposizioni finiscono per rendere non del tutto chiara, a monte, la definizione, affidata alla (oscillante e talvolta fallace) attività interpretativa dell'Amministrazione, prima, e del giudice poi (2), di “grave illecito professionale”. Tali complicazioni, evidentemente, aggravano l'opera di individuazione di quelle vicende che l'operatore economico è tenuto a portare a conoscenza della stazione appaltante in sede di partecipazione alla gara e le eventuali irregolarità dichiarative riscontrate dalla stazione appaltante si sono rivelate, talvolta, di per sé causa di esclusione.

Il proliferare di contenzioso sulla tematica, quindi, ha indotto la V Sezione del Consiglio di Stato, con l'ordinanza ex art. 99, comma 1, c.p.a. del 9 aprile 2020, n. 2332, a deferire all'Adunanza Plenaria la questione relativa alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura ad evidenza pubblica, con particolare riferimento a quelle vicende astrattamente riconducibili nel concetto di “grave illecito professionale” (3).

Ciò premesso, nei prossimi paragrafi si procederà nel modo seguente. Tracciati i contorni della vicenda da cui prende le mosse la pronuncia della Plenaria, attraverso l'analisi dell'ordinanza di rimessione, si esaminerà l'orientamento della giurisprudenza sull'argomento portato all'attenzione del massimo consesso amministrativo. Così, sulla base dell'idea della non integrale risposta data dall'Adunanza plenaria al quesito sottopostole dalla Sezione rimettente, dopo aver affrontato gli aspetti su cui la Plenaria ha fatto chiarezza, si passerà ad esaminare quei profili su cui la stessa ha preferito non pronunciarsi espressamente.

Prima di far questo, tuttavia, pare opportuno prendere le mosse da una breve analisi delle disposizioni rilevanti per il presente commento alla pronuncia della Plenaria.

La cornice normativa

La pronuncia in commento si apre con una precisazione in ordine alla versione dell'art. 80, comma 5 ratione temporis applicabile alla controversia, che è quella risultante dal testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 5, comma 1, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12.

In base alla versione applicabile alla vicenda esaminata dalla Plenaria, in particolare, costituisce causa di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici l'ipotesi, prevista dalla lettera c), in cui la stazione appaltante “dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», tra cui «il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

Seguendo l'esempio della Plenaria, allora, per meglio comprendere i termini delle questioni che nel seguito saranno affrontate, pare opportuno procedere, anche nel presente commento alla sentenza, con lo stesso metodo, soffermandosi brevemente sulle disposizioni (nazionali e comunitarie) che interessano la tematica oggetto della pronuncia (4), ricostruendo sinteticamente gli interventi che hanno interessato l'art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che contiene la disciplina dei motivi di esclusione dalla gara (individuati nei commi 1, 2, 4 e 5) (5).

Più in dettaglio, il comma 1 della disposizione in argomento prevede l'esclusione automatica in caso di determinati provvedimenti penali per taluni reati specificamente indicati nello stesso comma. In queste ipotesi l'attività della stazione appaltante è vincolata, nel senso che quest'ultima non è chiamata a compiere alcuna autonoma valutazione circa l'affidabilità del concorrente, dovendo senz'altro procedere, in presenza del presupposto previsto dalla norma, all'esclusione (in tal senso, appunto, automatica) dell'operatore economico.

Diversamente, l'ipotesi di esclusione per “grave illecito professionale” richiede che la sussistenza del presupposto dell'esclusione debba essere valutata dalla stazione appaltante nell'esercizio della propria discrezionalità.

Al riguardo, lasciando da parte le ulteriori cause di esclusione previste nei diversi commi dell'art. 80 (6), è necessario porre attenzione alla lettera c) del comma 5 della predetta disposizione (7), ove è stato riprodotto l'art. 57, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale sinteticamente prevede, come causa di possibile esclusione dalla gara, il caso in cui “l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità” (8).

Come si accennava, l'art. 5, comma 1 del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 (9), poi, ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente lettera c), mantenendo peraltro nella lettera c) la previsione di portata generale (10).

Un primo intervento di modifica sull'art. 80, tuttavia, era stato effettuato con il d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. “correttivo”), che – tra le varie cose – ha inserito, nell'ambito del comma 5, la lettera f-bis), in ragione della quale le stazioni appaltanti escludono “l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere” (11).

Questi ripetuti interventi sulla disciplina testimoniano l'affanno che il legislatore nazionale ha incontrato nella faticosa opera di ricerca della corretta soluzione (probabilmente, mai del tutto individuata) di recepimento della direttiva (12), rimasta al contrario invariata rispetto all'originaria versione. Sintomo di dette difficoltà, inoltre, è la complessa e stratificata giurisprudenza formatasi in materia, talvolta seguita dallo stesso legislatore nei vari interventi di modifica.

Al fine di evidenziare i profili non esaminati dalla Plenaria nella decisione in commento, poi, non è possibile tralasciare l'art. 80, comma 10 del codice, con cui è stata data attuazione all'art. 57, paragrafo 7, della citata direttiva 2014/24/UE (13), il quale dispone che la rilevanza di fatti illeciti e di condanne penali debba essere limitata nel tempo.

In realtà, nella versione originaria, l'art. 80, comma 10 (14) prendeva ad oggetto solamente la condanna penale definitiva che non avesse fissato la durata dell'incapacità a contrattare con la P.A., per la quale era prevista una moratoria quinquennale, nulla disponendo per le cause di esclusione di cui ai commi 4 (violazioni fiscali e contributive) e 5 (gravi illeciti professionali).

Tale lacuna è stata colmata dal “correttivo” del 2017, che ha inserito nel comma 10 la frase “e a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna” (15).

Il legislatore nazionale, poi, è nuovamente intervenuto sull'art. 80, comma 10, sostituendolo completamente (16) e introducendo il comma 10-bis (17), costruendo, in tal modo, una disciplina della rilevanza temporale delle varie cause di esclusione stratificata e per nulla fedele al dettato comunitario.

A differenza del disposto nazionale, infatti, la direttiva, in maniera molto più essenziale, si limita a prevedere un periodo massimo di esclusione dalla gara (se questo non è stato già fissato con sentenza definitiva), che non può essere superiore a cinque anni dalla data della sentenza di condanna (per pregressi illeciti penali) e a non più di tre anni dalla data del fatto per gli ulteriori motivi di esclusione (pregressi illeciti professionali).

La disciplina attualmente vigente sul piano nazionale, poi, individua il dies a quo per i fatti di cui al comma 5 dell'art. 80 nella “data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione” e, nel caso in cui il provvedimento di esclusione sia stato contestato in giudizio, “dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”, mentre la direttiva fa riferimento sempre alla “data del fatto”.

La vicenda alla base della rimessione

La questione è giunta all'esame del Consiglio di Stato per mezzo degli appelli proposti (e riuniti ex art. 70 c.p.a.) contro le sentenze del T.A.R. Puglia - Lecce n. 846/2019 e n. 453/2019, con le quali sono stati respinti i ricorsi presentati dall'originaria aggiudicataria e dalla seconda graduata contro i provvedimenti di esclusione rispettivamente adottati nei loro confronti dall'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio, nell'ambito di una procedura per l'affidamento in appalto di lavori.

Le questioni deferite dalla sezione rimettente riguardano, in particolare, l'esclusione disposta nei confronti dell'originaria aggiudicataria per falsità dichiarativa ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis) del codice dei contratti pubblici in relazione alla propria cifra d'affari (nella quale era stato cumulato il fatturato di una consorziata, già sospesa dai benefici consortili), per la quale la stessa società aveva fatto ricorso ad avvalimento.

In relazione alla descritta ipotesi di falso la Sezione rimettente ha dubitato che fosse applicabile l'art. 80, comma 5, lett. f-bis), che punisce con l'esclusione dalla gara l'operatore economico che abbia presentato nella procedura documentazione o dichiarazioni non veritiere (18), ed ha ipotizzato che il caso potesse esser ricondotto alla fattispecie dell'omissione dichiarativa, ai sensi della lettera c) dell'art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, per la quale non potrebbe applicarsi l'automatismo espulsivo proprio della medesima lett. f-bis), dacché la stazione appaltante sarebbe chiamata a svolgere la valutazione di incidenza sull'integrità ed affidabilità del concorrente.

L'ordinanza di rimessione e la giurisprudenza precedente

L'ordinanza di rimessione esordisce rammentando come le irregolarità di carattere dichiarativo trovano la propria definizione normativa nel quadro delle situazioni concretanti “gravi illeciti professionali”, idonei, come tali, a “rendere dubbia” l' “integrità” e l' “affidabilità” del concorrente e premette che gli obblighi dichiarativi posti a carico degli operatori economici hanno carattere strumentale rispetto alla valutazione di competenza della stazione appaltante sull'integrità ed affidabilità degli stessi e, in ragione di ciò, essi si estendono ad “ogni dato o informazione comunque rilevante” rispetto alla valutazione stessa.

Pertanto, secondo la Sezione rimettente, la violazione degli obblighi dichiarativi ha “attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale”, a dispetto del carattere strumentale riconosciuto a tali obblighi, sui quali si scaricano opposti e rilevanti interessi: da un lato, quello di escludere dalla gara i soggetti ritenuti inaffidabili sotto il profilo della integrità morale e della correttezza professionale; dall'altro, quello di garantire la massima partecipazione alle gare e di assicurare la dovuta certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla sanzione espulsiva.

L'equilibrio tra questi due interessi, come rilevato dal Consiglio di Stato nella citata ordinanza di rimessione, si impone in virtù del rispetto del principio di tipicità delle cause di esclusione (espressamente sancito dall'art. 83, comma 8, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) (19), non limitato al profilo (meramente formale) della preclusione alla introduzione di motivi escludenti non normativamente previsti, ma esteso al profilo (di carattere sostanziale) della tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.

Da qui, nell'ordinanza di rimessione, l'esigenza di tracciare “una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi”, al fine di distinguere tra mere omissioni e vere e proprie violazioni di obblighi dichiarativi posti a carico dell'operatore economico.

Rispetto a tale profilo, l'ordinanza di rimessione prende una netta posizione a favore della tesi secondo cui solo in presenza di una falsità dichiarativa sarebbe giustificata “di per sé – cioè in quanto illecito professionale in sé considerato – l'operatività, in chiave sanzionatoria, della misura espulsiva”, mentre in caso di omissione della dichiarazione la stazione appaltante dovrebbe valutare se la stessa omissione incida negativamente sull'integrità ed affidabilità del concorrente e solo all'esito di tale valutazione, se del caso, escluderlo.

La Sezione rimettente giunge a tale netta presa di posizione ripercorrendo quella giurisprudenza – non univoca (20) – secondo la quale l'art. 80, comma 5, lett. c) (a cui viene riconosciuto il significato di norma di chiusura, in cui gli illeciti ivi previsti hanno carattere “meramente esemplificativo”, in grado di comprendere “ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata” dell'operatore economico “di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa” (21) imporrebbe agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (22), l'omessa dichiarazione delle quali integrerebbe “in sé e per sé” l'ipotesi di illecito quale causa di esclusione dalla gara (23).

Detta regola, tuttavia, che sembra permeata di una logica di fondo del tutto condivisibile – quella che rinviene i propri presupposti nella massima trasparenza e nella leale collaborazione dell'operatore economico (24) – rischia di divenire, talvolta, irragionevole, nella misura in cui il concorrente è chiamato a dichiarare qualsiasi circostanza lo riguardi, anche astrattamente non rilevante ai fini della partecipazione alla gara.

Il che ha indotto parte della giurisprudenza ad osservare che, senza la individuazione di un generale limite di operatività, l'obbligo dichiarativo apparirebbe eccessivamente generalizzato ed oltremodo oneroso per l'operatore economico, imponendogli, di fatto, di esternare “vicende professionali del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (25.

Per questa ragione, dando espressamente conto di quest'ultima giurisprudenza (non ripresa, probabilmente, per quanto si dirà, non a caso, nella pronuncia della Plenaria), il giudice rimettente ha manifestato la necessità di limitare la portata generalizzata degli obblighi dichiarativi a carico degli operatori economici, anche dal punto di vista temporale (26), chiedendo alla Plenaria di tracciare il limite oggettivo dell'onere dichiarativo.

In questa prospettiva, poi, assume rilievo la distinzione (ampiamente descritta nell'ordinanza di rimessione) tra falsità ed omissione, con automatismo espulsivo limitato alla prima ipotesi.

Infatti, la giurisprudenza richiamata nell'ordinanza di rimessione ha avuto modo di chiarire che “Vi è omessa dichiarazione quando l'operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come “grave illecito professionale”; vi è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell'ottica dell'affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l'operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (27).

La Sezione rimettente, quindi, ritiene un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali) e sottolinea le differenti conseguenze che derivano dalle diverse ipotesi, dal momento che “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l'automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità dell'operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l'esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull'affidabilità dello stesso” (28).

Alla stregua del descritto orientamento, perciò, ritiene il Giudice rimettente che l'art. 80, comma 5, lettera f-bis) configurerebbe una causa di esclusione che consegue automaticamente all'alterazione di un fatto in una dichiarazione oggettivamente falsa, diretta a dichiarare una circostanza in maniera diversa da quella che realmente è (29), mentre l'omissione comunicativa “costituisce violazione dell'obbligo informativo, e come tale va apprezzata dalla stazione appaltante”, la quale, quindi, sarebbe chiamata a soppesare non il solo fatto omissivo in sé, bensì anche – nel merito – “i singoli, pregressi episodi, dei quali l'operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell'operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d'appalto” (30).

In tal senso, la giurisprudenza (sebbene non sia mancato un orientamento opposto, cui sopra si è accennato, che ritiene l'omissione di un fatto integrante un potenziale “grave illecito professionale” di per sé una falsa dichiarazione, comportante in automatico l'esclusione dalla gara (31) si è spesso orientata a ritenere che “la mancata ostensione di un pregresso illecito è rilevante – a fini espulsivi – non già in sé, bensì in funzione dell'apprezzamento della stazione appaltante, il quale va a sua volta eseguito in considerazione anzitutto della consistenza del fatto omesso” (32).

Ed al riguardo, in termini ancor più chiari, l'ordinanza di rimessione ha rilevato che, a differenza delle dichiarazioni false (che importano sempre l'esclusione), da individuarsi sulla base del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa porsi l'alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente, “la dichiarazione mancante non potrebbe essere apprezzata in quanto tale, dovendo essere, volta a volta, valutate le circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l'inaffidabilità del concorrente”.

Come subito appresso si vedrà, tali rilievi sono stati condivisi dalla Plenaria, che proprio circa la distinzione tra omissione e falsità dichiarativa, ha svolto la maggior opera di chiarificazione delle questioni rimesse alla propria attenzione.

La decisione dell'Adunanza Plenaria: i profili affrontati.

Premessa la cornice normativa ed esaminata l'ordinanza di rimessione, è possibile ora affrontare con maggior contezza la decisione della Plenaria, i cui punti affrontati possono essere così riassunti: un primo tema attiene alla differenza tra le ipotesi di falsa dichiarazione e di omissione dichiarativa; un secondo aspetto concerne i diversi effetti che le predette ipotesi concretano; un terzo tema riguarda il potenziale conflitto tra le lettere c) ed f-bis) dell'art. 80 del Codice dei contratti pubblici.

Anzitutto, l'Adunanza Plenaria condivide i rilievi svolti nell'ordinanza di rimessione riguardo al concetto di falsità dichiarativa, predicabile rispetto ad una “situazione fattuale per la quale possa […] porsi l'alternativa logica vero/falso”, rispetto alla quale valutare la dichiarazione resa dall'operatore economico. La Plenaria, sul punto, pone alla base delle proprie riflessioni argomenti di carattere filosofico, secondo cui “vero e falso non sono nelle cose ma nel pensiero e nondimeno dipendono dal rapporto di quest'ultimo con la realtà”, con la conseguenza che “In tanto una dichiarazione che esprima tale pensiero può dunque essere ritenuta falsa in quanto la realtà cui essa si riferisce sia in rerum natura”.

Passando al piano normativo, rileva la Plenaria che, rispetto all'ipotesi contemplata dalla lettera f-bis), concernente la falsità dichiarativa (o documentale), la lettera c-bis), ove fa riferimento alle “informazioni false o fuorvianti”, ha un elemento specializzante, dato dalla idoneità delle dichiarazioni a “influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” della stazione appaltante (33).

Da ciò, quindi, quanto alla portata della lettera c-bis), deriva una prima conclusione della Plenaria, secondo la quale “ai fini dell'esclusione non è dunque sufficiente che l'informazione sia falsa ma anche che la stessa sia diretta ed in grado di sviare l'amministrazione nell'adozione dei provvedimenti concernenti la procedura di gara”. Coerentemente con tale elemento strutturale, rileva ancora l'Adunanza Plenaria, la lettera c-bis) equipara all'informazione falsa quella fuorviante, ossia – facendo proprie le parole dell'ordinanza di rimessione – rilevante nella sua “attitudine decettiva, di influenza indebita”. Rispetto a tale fattispecie, poi, la Plenaria fornisce il dato distintivo rispetto all'ipotesi della falsità, dal momento che la prima delle due ipotesi “può essere distinta per il maggior grado di aderenza al vero”.

Da questi argomenti, la Plenaria, in chiave pragmatica, trae la conseguenza che una distinzione tra informazione “contraria al vero” e “informazione ad essa non rispondente ma comunque in grado di sviare la valutazione della stazione appaltante” porrebbe solo delle difficoltà e dei rischi di aggravio del procedimento amministrativo (con relativa proliferazione del contenzioso ad esso relativo), risultando, in termini pratici, irrilevante rispetto al disvalore delle due fattispecie, consistente nella “comune attitudine di entrambe le informazioni a sviare l'operato della medesima amministrazione” (34).

Nella stessa prospettiva, la Plenaria fornisce una lettura dell'attuale lettera c-bis) dell'art. 80, comma 5, nella parte in cui prevede “l'omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” quale ulteriore fattispecie di grave illecito professionale. Tale ultima fattispecie, secondo la Plenaria, rispetto all'ipotesi delle “informazioni false o fuorvianti”, risulterebbe tipizzata in termini più ampi, giustificando l'esclusione in virtù del carattere doveroso dell'informazione, dal momento che presuppone un obbligo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente.

Passando attraverso queste considerazioni, quindi, la Plenaria formula una prima, fondamentale, regola: tanto le fattispecie qualificabili come omissione dichiarativa quanto quelle relative alle “informazioni false o fuorvianti suscettibili di incidere sulle decisioni dell'amministrazione” (riconducibili all'ipotesi prevista dalla lettera c-bis) dell'art. 80, comma 5) non possono dar vita ad un'esclusione automatica, con la conseguenza che la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione, non agevole sotto il profilo pratico (35), di integrità e affidabilità del concorrente, senza che possa trovare applicazione alcun automatismo espulsivo.

Infatti, sottolinea la Plenaria che tanto “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione”, quanto “l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” sono considerati dalla lettera c) quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sull' “integrità o affidabilità” dell'operatore economico.

Alla lettera f-bis) dell'art. 80, comma 5, invece, l'unica ipotesi che conduce immediatamente all'esclusione dell'operatore economico, la Plenaria riconosce un carattere residuale. Detta fattispecie troverebbe applicazione a tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dall'attuale lettera c-bis) della medesima disposizione.

La conclusione raggiunta dalla Plenaria, al netto delle ambivalenze interpretative in ordine alla portata residuale della lettera f-bis) (36), appare condivisibile nella misura impedisce all'Amministrazione, nel bilanciamento degli interessi coinvolti e, comunque, nel perseguimento dello stesso interesse pubblico alla selezione del miglior concorrente nel mercato, di arrestare il suo giudizio – attraverso atteggiamenti, condivisi da alcuna giurisprudenza, ispirati ad un “eccessivo formalismo” (37) – al rilievo di una dichiarazione omessa, quale presunzione di inaffidabilità dell'operatore economico, senza considerare il substrato dell'avvenuta omissione, operando (quello che dovrebbe essere ritenuto) (38) un illegittimo automatismo.

Se si intende concretamente indagare la reale affidabilità dell'operatore economico, infatti, la mancata ostensione di una determinata circostanza dovrebbe risultare rilevante ai fini dell'esclusione dalla gara, non già in sé (dovendosi rifuggire da qualsiasi automatismo espulsivo), ma in funzione dell'apprezzamento della stazione appaltante, il quale andrebbe eseguito in considerazione, anzitutto, della consistenza e gravità del fatto omesso e, pertanto, quand'anche si ritenesse che vi sia un obbligo di dichiarazione violato, in ogni caso non potrebbe farsene discendere l'automatica esclusione dell'operatore economico, prescindendo da qualsiasi dialogo costruttivo tra privato ed Amministrazione. A dover essere presa in considerazione, poi, è evidentemente (sebbene la Plenaria non vi abbia fatto espressamente riferimento) la effettiva disponibilità dei mezzi per conoscere il fatto di cui si è rilevata l'omessa dichiarazione (39). Il che, in termini di affidabilità dell'operatore economico, dovrebbe apparire ancor più dirimente. La presunta mancanza, infatti, potrebbe risiedere nella circostanza che il fatto di cui si è omessa la dichiarazione non sarebbe stato in alcun modo rilevante per l'Amministrazione o che l'operatore economico che ambisce all'aggiudicazione della commessa non aveva i mezzi necessari per conoscere la vicenda non dichiarata, senza poter essere in alcun modo considerato responsabile, come nell'ipotesi, da cui origina la richiamata giurisprudenza del Corte di Giustizia (40) (cui il giudice interno in più occasioni ha dimostrato di conformarsi) (41), in cui la stazione appaltante non sia stata inizialmente informata di un fatto che non riguardava direttamente il soggetto chiamato a rendere la dichiarazione (42), ma il subappaltatore (43) indicato in sede di presentazione dell'offerta (44), fattispecie da rileggere alla luce del principio di proporzionalità, spesso centrale nella giurisprudenza del giudice comunitario (45).

Tale onere valutativo, del resto, si impone all'Amministrazione in ragione del necessario rispetto del principio di proporzionalità, che assume rilievo proprio quale “parametro di verifica” di legittimità delle scelte operate dalla stazione appaltante (46). Tale principio, inoltre, porta con sé la necessaria flessibilità e puntualità dell'azione amministrativa, in modo da ricondurre la stessa attività amministrativa entro gli schemi della razionalità (o meglio della ragionevolezza) (47), nonché dei principi comunitari e nazionali della più ampia partecipazione alle gare pubbliche e del principio costituzionale di libertà di iniziativa economica (48).

La valutazione relativa all'affidabilità dell'operatore economico, poi, chiarisce la Plenaria, compete all'Amministrazione e “non può essere rimessa al giudice amministrativo”, vuoi (laddove non sia stata svolta) in ragione del divieto (sancito dall'art. 34, comma 2, c.p.a.) per il giudice di esprimersi “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” vuoi (nel caso in cui tale valutazione vi sia stata) in virtù dei limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale che “impongono al giudice una valutazione della correttezza dell'esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all'attendibilità della scelta effettuata dall'amministrazione” (49).

Dopo aver affrontato il tema delle conseguenze delle dichiarazioni rese od omesse dall'operatore economico, la Plenaria passa ad un ulteriore aspetto, operando un chiarimento in ordine ad un possibile conflitto tra l'art. 80, comma 5, lettera f-bis), relativo all'operatore economico che presenti nella procedura di gara “documentazione o dichiarazioni non veritiere” e l'ipotesi attualmente prevista nella lettera c-bis), nella parte in cui fa riferimento ad “informazioni false o fuorvianti”.

Al riguardo, il Consiglio di Stato, per dirimere il conflitto di norme potenzialmente concorrenti, fa ricorso al criterio di specialità, di cui all'art. 15 delle preleggi, in forza del quale dovrebbe riconoscersi prevalenza alla lettera c-bis), sulla base dell'elemento specializzante consistente nel fatto che le informazioni false, al pari di quelle fuorvianti, sono finalizzate all'adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante “sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” e concretamente idonee ad influenzarle (50).

Sulla base di tali considerazioni, la Plenaria giunge ad una conclusione dichiaratamente in contrasto con la prevalente giurisprudenza, affermando che l'ambito di applicazione della lettera f-bis), l'unica ipotesi che giustificherebbe l'automatica esclusione dalla gara, si restringe alle ipotesi – “di non agevole verificazione” – in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano “obiettivamente false”, senza alcun margine di opinabilità, e non siano finalizzate all'adozione dei provvedimenti di competenza dell'Amministrazione relativi all'ammissione, alla valutazione delle offerte o all'aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativi al corretto svolgimento di quest'ultima, secondo quanto previsto dalla lettera c-bis).

In definitiva, la lettera f-bis), che giustificherebbe l'esclusione automatica del concorrente, finisce per aver un ristretto ambito di applicazione, risultando confinata, anzitutto, ad ipotesi in cui non possa oggettivamente dubitarsi della falsità della dichiarazione resa o della documentazione presentata in gara e, inoltre, quando le stesse non incidano sulle determinazioni che la stazione appaltante deve assumere in ordine a “l'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” o “ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” (51).

(Segue). I profili non espressamente affrontati dalla Plenaria

La pronuncia della Plenaria, come si è visto, soffermandosi sulla distinzione tra falsa, omessa e reticente dichiarazione, esaminando in dettaglio le differenze (finanche filosofiche) che permettono di tener separate le due ipotesi, ha precisato gli effetti che conseguono alle diverse violazioni dichiarative, ponendo con chiarezza la regola della necessità dell'onere valutativo e motivazionale che deve sorreggere l'eventuale esclusione dalla gara del concorrente comminata dalla stazione appaltante.

Vi sono, tuttavia, come si è accennato in premessa, dei profili sui quali la Plenaria, pur invitata a farlo dall'ordinanza di rimessione, ha preferito non pronunciarsi (almeno, per quanto si dirà, espressamente).

Ebbene, la Plenaria ha ricordato quell'orientamento (che ritiene consolidato) secondo cui l'attuale lettera c-bis) del comma 5 dell'art. 80 rappresenta una norma di chiusura, in grado di comprendere tutti i fatti, anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto in grado di incidere negativamente sull'integrità ed affidabilità dell'operatore economico. Allo stesso modo è riconosciuto (in maniera altrettanto consolidata, tanto dalla giurisprudenza quanto dalla dottrina) (52) carattere esemplificativo alle ipotesi previste nelle linee-guida emanate, ai sensi del comma 13 dell'art. 80, dall'ANAC, alla quale è attribuito il compito di precisare i mezzi di prova adeguati a comprovare le circostanze di esclusione previste dalla stessa disposizione (53).

Dato il carattere esemplificativo di dette ipotesi, è noto come la giurisprudenza degli ultimi anni sia stata notevolmente impegnata a districarsi sulla definizione dei concetti, fattispecie e condotte riconducibili nel novero dei “gravi illeciti professionali” (54), determinando conseguenzialmente dei dubbi, per lo studioso del diritto ma – prima ancora – per l'operatore economico, circa la corretta delimitazione del contenuto dell'obbligo dichiarativo a carico dei soggetti tenuti ad effettuare le dichiarazioni circa il possesso dei requisiti morali.

La stessa Plenaria, infatti, ha ammesso che “una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi” e, in definitiva, dei fatti che l'operatore economico è tenuto a dichiarare, è possibile solo laddove si faccia riferimento a “casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell'operatore economico, di cui quest'ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso”.

Tuttavia, dalla necessità (evidenziata nell'ordinanza di rimessione alla Plenaria) di individuare dei limiti di operatività da porre all'obbligo dichiarativo, la Plenaria si è sostanzialmente divincolata, rinunciando a fornire istruzioni per delimitare nell'oggetto l'onere dichiarativo cui è sottoposto il concorrente.

Il senso di incompletezza che desta la lettura della pronuncia in commento, allora, discende dal fatto che l'Adunanza Plenaria ha rinunciato all'occasione di selezionare (mediante l'utilizzo di criteri oggettivi) le informazioni suscettibili di produrre una qualche utilità al processo decisionale dell'Amministrazione, in modo da poter, da un lato, pretendere dall'operatore economico che questo dichiari quei fatti e quelle circostanze che siano concretamente in grado di incidere sul processo decisionale della stazione appaltante ma, dall'altro lato, consentire allo stesso di non dichiarare circostanze del tutto insignificanti sulla valutazione che l'Amministrazione è tenuta (ora anche per espressa previsione della Plenaria) a svolgere (55).

La regola secondo cui l'operatore economico sarebbe tenuto a dichiarare “qualsiasi vicenda”, infatti, senza un reale chiarimento relativo a quali circostanze debbano concretamente essere dichiarate al momento della partecipazione, senza la puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi, del resto, finisce per essere vuota e priva di significato.

Sotto questo profilo, se volessimo limitarci a considerare i problemi legati alla dichiarazione dei precedenti penali dell'operatore economico, il principio che si è andato affermando, anche in vigenza dell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, attribuisce valore espulsivo alla mancata dichiarazione in sede di gara di tutte le condanne penali riportate dal concorrente (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione o estinzione) (56), ivi comprese quelle pacificamente non attinenti alla moralità professionale e dunque irrilevanti ai fini del giudizio di ammissione (57).

La giurisprudenza precedente alla Plenaria in commento (58), sotto questo profilo, sembra rivolta a ritenere che l'onere dichiarativo dell'operatore economico che partecipa ad una gara debba comprendere qualunque precedente penale, senza la possibilità di operare un filtro su precedenti ritenuti insignificanti perché datati o di lieve entità, ritenendo meritevole di esclusione, pertanto, non già la gravità del reato, ma la stessa omissione della dichiarazione (59), che avrebbe determinato l'inaffidabilità del partecipante alla gara (60).

Sotto tale profilo ci si augura che tale, criticabile (per le contraddizioni che vi sono insite), orientamento possa dirsi (in qualche modo) risolto in ragione del fatto che, seguendo i dettami della Plenaria, l'omessa dichiarazione dovrà dar vita ad un giudizio valutativo, nell'ambito del quale la stazione appaltante dovrà tener in debito conto la rilevanza dell'informazione (in ipotesi, il precedente penale) non dichiarata, valutando la complessiva affidabilità dell'operatore economico.

Fatta eccezione per le ipotesi di falso riconducibili alla lettera f-bis) dell'art. 80, comma 5, infatti, seguendo i dettami della Plenaria, in tutte le ipotesi originariamente previste dalla lettera c) ed ora articolate nelle lettere c-bis), c-ter) e c-quater) la stazione appaltante è tenuta a svolgere una valutazione in concreto, nell'ambito della quale dovrà stabilire, anzitutto, se l'informazione è effettivamente falsa o fuorviante.

I casi in cui il concorrente non ha dichiarato un evento, perché ritenuto irrilevante, senza aver reso alcuna falsità dichiarativa, potranno al più essere ricondotti al concetto di omissione dichiarativa, dalla quale non potrà, però, conseguire alcuna esclusione automatica.

La stazione appaltante, invero, dovrà valutare, appunto, se l'informazione omessa dal concorrente era effettivamente in grado di sviare le decisioni della stessa stazione appaltante e se il comportamento tenuto dall'operatore economico incida concretamente, in senso negativo, sulla sua integrità o affidabilità; non da ultimo, la stazione appaltante dovrà stabilire se il concorrente ha omesso di fornire informazioni rilevanti, perché “previste dalla legge o dalla normativa di gara” o perché “evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità”.

Si ritiene, allora, che la Plenaria abbia optato per una scelta che conduca ad un giudizio di rilevanza del fatto omesso da effettuare a valle, lasciando così che la decisione sia lasciata all'Amministrazione, ritenendo evidentemente che una perimetrazione oggettiva dell'onere dichiarativo non potesse esser svolta.

Tuttavia, per quanto una scelta di tal fatta possa esser ritenuta condivisibile e per quanto fosse difficile effettivamente attendersi dalla Plenaria una elencazione (per utilizzare un paradosso) dei fatti da dichiarare, dall'Adunanza del Consiglio di Stato, avendovi fatto espresso riferimento l'ordinanza di rimessione, ci si aspettava che (quantomeno) si esprimesse sul limite di carattere temporale che la normativa di settore sembra porre all'onere dichiarativo, dal momento che è ancora seguito un orientamento (61) (specie sulla versione dell'art. 80, comma 10 precedente alle modifiche apportate con d.l. 18 aprile 2019, n. 32) (62), secondo cui la limitazione temporale dovrebbe trovare applicazione solamente per i delitti previsti dal comma 1 dell'art. 80, che determinano l'automatica esclusione dalla gara (63), mentre le varie ipotesi riconducibili nell'ambito oggettivo dei “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia l'integrità e/o affidabilità” dei concorrenti, comprese le altre condanne penali connesse all'esercizio dell'attività professionale, a prescindere dalla risalenza temporale della condotta, andrebbero sempre dichiarate (64).

Secondo questa impostazione, in particolare, l'obbligo di dichiarare sentenze penali di condanna rientranti tra quelle previste dall'art. 80, comma 1 sarebbe diverso da quello relativo agli illeciti professionali, dal momento che l'operatività del limite temporale sarebbe giustificata dall'automatismo espulsivo previsto per i reati di cui al comma 1 dell'art. 80; per le fattispecie sottoposte ad esclusione facoltativa (ossia le ipotesi di “grave illecito professionale”, considerata quale categoria residuale) della stazione appaltante (chiamata a valutare la gravità del fatto), invece, tale limite temporale non dovrebbe trovare applicazione, con la conseguente imposizione di un onere in capo all'operatore economico di dover dichiarare qualsiasi circostanza, non importa quanto datata (65).

Sebbene vi sia una parte della giurisprudenza che nega l'operatività di detto limite, occorre rammentare che la necessità di prevedere un limite di operatività al generale obbligo dichiarativo deriva anzitutto dall'art. 57, paragrafo 7 della direttiva 2014/24/UE (66), che ha disposto che il giudizio valutativo sui precedenti del dichiarante può essere legittimamente condotto dalle stazioni appaltanti unicamente nei termini temporali posti dall'ordinamento. Oltre quel termine il fatto non dovrebbe più avere alcun rilievo per l'ordinamento e le stazioni appaltanti non solo non dovrebbero valutarlo, ma non dovrebbero neppure conoscerlo (in modo da non essere, anche solo emotivamente, condizionate nel giudizio che sono chiamate a rendere sul concorrente).

In applicazione di tale limite, in altri termini, non potrebbe neppure parlarsi di omissione dichiarativa e la stazione appaltante non dovrebbe – perché la rilevanza sarebbe esclusa, a monte, dal legislatore – valutare l'illecito che si collochi oltre la soglia di rilevanza temporale.

In questi termini, è utile porre attenzione all'art. 57, paragrafo 2, lettera h) della direttiva, che riconnette l'espulsione dalle gare alla falsità o reticenza di dichiarazioni necessarie a verificare l'assenza di motivi di esclusione (67). Detta disposizione, significativamente, riferisce l'onere dichiarativo solamente alle informazioni utili (in concreto) a verificare l'assenza di motivi di esclusione e non a qualsiasi informazione, priva di rilevanza concreta in ordine al giudizio di affidabilità che la stazione appaltante deve (valutando solo gli elementi a tal fine adoperabili) svolgere.

Inoltre, quanto alla normativa nazionale di recepimento della citata direttiva, occorre considerare che anche l'art. 80, commi 10 e 10-bis del d.lgs.18 aprile 2016 n. 50 (in disparte le questioni inerenti il non completo recepimento della direttiva e le diverse modifiche subite dalla disposizione) ha stabilito che le ipotesi di esclusione dalle gare di appalto sono soggette a limiti temporali massimi (68).

Al riguardo, si deve far riferimento alla giurisprudenza dell'Unione europea, che non sembra dubitare sulla temporaneità della misura (69), con la conseguenza che, una volta che siano decorsi i termini dell'art. 57, paragrafo 7 della direttiva 2014/24/UE, le precedenti vicende riguardanti l'operatore economico dovrebbero cessare di avere qualsivoglia rilevanza giuridica e, per questa ragione, per un verso, non potrebbero più essere poste a fondamento di alcuna esclusione, per altro, conseguenzialmente, in quanto ormai venute meno, non dovrebbero più essere soggette ad alcun obbligo dichiarativo.

Questa prospettiva è stata fatta propria da una parte della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (70), che si è orientata alla individuazione di un limite temporale all'obbligo dichiarativo, ancorato alla irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi.

Dati questi principi, infatti, si ritiene che una volta che si sia pagato per i propri errori (o sia in ogni caso decorso il termine di rilevanza dei fatti) il privato meriti il pieno diritto alla reintegrazione sociale, a poter, cioè, nuovamente operare in condizioni di parità rispetto agli altri operatori del settore; ciò in nome della certezza del diritto, della concorrenza e della proporzionalità, nel senso che limitazioni alla libertà individuale imposte dalle esigenze di tutela dell'interesse pubblico non devono mai superare la misura di quanto venga ritenuto necessario al conseguimento degli obiettivi di pubblico interesse (71).

Detta lettura, inoltre, sembra imporsi in virtù del principio di proporzionalità (72), in chiave di ragionevolezza della pretesa (73): l'obbligo di dichiarare eventuali cause escludenti, come è stato condivisibilmente rilevato, quindi, dovrebbe arrestarsi alla soglia della cd. “ragionevole esigibilità” (74).

Dalla Plenaria, allora, era lecito attendersi maggiore chiarezza sotto tale profilo. Tale precisazione, del resto, che permetterebbe di escludere la rilevanza di talune circostanze attraverso la dovuta oggettività, tornerebbe a vantaggio, dal punto di vista della stazione appaltante, anche del principio di semplificazione amministrativa, letto in maniera opposta rispetto a quella giurisprudenza che ne fornisce una lettura secondo la quale tutti i fatti andrebbero dichiarati.

Considerazioni conclusive

Provando a riassumere quanto esposto nel presente contributo, deve anzitutto osservarsi come la Plenaria in commento abbia precisato e ribadito un orientamento che in giurisprudenza si stava ormai attestando come consolidato, riconoscendo le necessarie differenze (tanto in termini concettuali, quanto in ordine alle relative conseguenze) tra le ipotesi del falso e dell'omissione dichiarativa. Tale conclusione, per quanto attendibile, è pienamente condivisibile, perché risponde alla ratio delle disposizioni prese ad esame dal Consiglio di Stato, che risiede nella circostanza che chi intende addivenire alla stipula del contratto con l'Amministrazione possa essere da quest'ultima ritenuto affidabile.

Nell'ottica di tale ratio – di cui non è possibile mettere in dubbio il valore – la stazione appaltante, quindi, è tenuta ad indagare – attraverso un contradditorio paritario con il cittadino (75) in un quadro di massima collaborazione (76) e, dunque, del buon andamento dell'amministrazione (77) – la concreta affidabilità dell'operatore economico (che potrebbe non essere compromessa dall'aver reso una dichiarazione incompleta), valutando concretamente il caso di specie, giudicando l'effettiva gravità dell'omissione dichiarativa (78), in particolare nelle ipotesi di dichiarazioni incomplete e che non permettano alla stazione appaltante di esprimere un compiuto giudizio in ordine all'integrità ed affidabilità dell'operatore economico.

Ciò è in grado di soddisfare, almeno entro certi limiti, l'esigenza di prevalenza della sostanza sulla forma, che risulterebbe obiettivo apprezzabile (79) se si considera che si versa in un contesto di misure afflittive nell'ambito di un settore concorrenziale (i contratti pubblici) fondamentale per l'ordinamento dell'Unione, nel quale vitale importanza viene riconosciuta alla “funzione proconcorrenza” (80), dovendo la stazione appaltante aumentare la competitività della gara (81), nell'ottica della più ampia partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici (82), evitando che irregolarità o incompletezze nelle dichiarazioni rese (83) possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, a discapito anche della stessa stazione appaltante, che potrebbe perdere l'opportunità di aggiudicare la pubblica commessa all'offerente “migliore” (e, in tal modo, di assicurare la qualità della prestazione prevista dal contratto) (84) per vizi procedimentali facilmente superabili (85).

Pertanto, in un'ottica di proporzionalità del provvedimento, esclusi i casi in cui all'operatore economico possa essere addebitata una vera e propria falsità, come predicato contrapposto alla verità, che costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, in caso di dichiarazione mancante, l'Amministrazione deve, volta a volta, valutare in concreto le circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l'inaffidabilità del concorrente, nell'intento di giungere ad una decisione, oltre che rispettosa dell'interesse pubblico che si intende tutelare, equa per il privato destinatario del provvedimento (86).

Si è visto, pure, per altro verso, come la Plenaria abbia, invece, evitato di esprimersi direttamente sull'oggetto dell'onere dichiarativo e di come si sia sottratta dal tema dei limiti che possono porsi al dovere informativo dell'operatore economico. Si è detto, pure, tuttavia, senza nascondere il rammarico per questa mancata opera di precisazione, come – proprio in ragione dei principi espressi dalla stessa Plenaria che, tolti i casi di vera e propria falsità, impediscono alla stazione appaltante di comminare esclusioni che non siano il frutto di una valutazione sulla concreta affidabilità del concorrente – il silenzio della Plenaria sui limiti dell'onere dichiarativo potrebbe esser privo di conseguenze negative.

Svolta questa analisi della pronuncia in commento, allora, con una chiosa ironica, utilizzando proprio i concetti relativi alla tematica qui analizzata, si potrebbe dire che la Plenaria, rispetto al perimetro oggettivo dell'onere dichiarativo dell'operatore economico nelle procedure ad evidenza pubblica, ha omesso una dichiarazione che, però, all'esito di un (modesto) giudizio valutativo (di chi scrive) potrebbe ritenersi irrilevante. Sarà, tuttavia, come sempre accade, il tempo ad occuparsi di mostrare se le regole dettate dall'Adunanza Plenaria possano dirsi sufficienti a ricomporre (o, quantomeno, a calmierare) il cortocircuito venutosi a creare in giurisprudenza su questi temi.

Note

(1) Cfr. T.A.R. Valle d'Aosta, Aosta, Sez. I, 23 giugno 2017, n.36, in www.giustiziaamministrativa.it.

(2) A.G. PIETROSANTI, Sui gravi illeciti professionali previsti dall'art. 80, comma 5, lettera c) del d. lgs. n. 50/2016, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, fasc.4, 2018, 209; F. SORRENTINO, Il sistema delle fonti nel diritto amministrativo, in AA.VV., Le fonti nel diritto amministrativo, Annuario AIPDA 2015, Napoli, 2016, 11, che sottolinea come l'indeterminatezza del dato normativo è “destinata ad accrescere il tasso di discrezionalità normativa ed amministrativa, fonte sicura di incertezze ed arbitrii”.

(3) In dottrina già da tempo si segnalano i dubbi relativi alla legalità e trasparenza della normativa sulle cause di esclusione legate alla moralità professionale dell'operatore economico: cfr. in particolare, F.G. SCOCA, Sul trattamento giuridico della moralità professionale degli imprenditori di lavori pubblici, in Riv. Trim. app., 1999, 531.

(4) Per una ricostruzione delle modifiche intervenute sulle disposizioni di interesse, a partire dalle disposizioni del vecchio codice, si veda G. A. GIUFFRÈ, G. STRAZZA, Il rapporto tra le cause di esclusione di cui alle lettere c) e f-bis) dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016: qual è l'ipotesi residuale?, in L'Amministrativista.it, 2020.

(5) Per una ricostruzione dell'impianto normativo relativo ai gravi illeciti professionali e per una descrizione dell'evoluzione della pertinente normativa, si V. M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Vol. II, Milano, Giuffrè, 2019, pp. 841 ss.

(6) L'articolo 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, infatti, prevede ulteriori cause di esclusione dalla gara nell'interdittiva antimafia (comma 2), nelle violazioni fiscali, contributive e previdenziali (comma 4), nonché nelle ulteriori specifiche situazioni individuate nelle diverse lettere del comma 5.

(7) L'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella sua versione originaria, prevedeva che le stazioni appaltanti dovessero escludere dalla gara un operatore economico laddove si fosse dimostrato con mezzi adeguati che il medesimo “si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”. Tale disposizione ha una portata più ampia rispetto alla disciplina contenuta nell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in quanto, a differenza della precedente normativa, non distingue tra precedenti rapporti contrattuali con la stessa o con una differente stazione appaltante e, inoltre, non prende ad oggetto solo la negligenza e l'errore professionale, ma più in generale l'illecito professionale, concetto che abbraccia numerose fattispecie, che riguardano sia la fase di esecuzione del contratto che quella di gara.

(8) Con riferimento al recepito della disposizione in ambito nazionale, si V. M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Vol. II, p. 846, ove viene posto in evidenza come il legislatore nazionale non abbia specificato il contenuto di alcuni concetti (in particolare, quello di “mezzi adeguati” e di “significative carenze”). Al riguardo, viene richiamato Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale, 14 settembre 2017, n. 2042, laddove è stato sottolineato che il concetto di “grave illecito professionale” è stato introdotto dal legislatore nazionale mediante “una particolare tecnica legislativa nella quale, per individuare il fatto produttivo di effetti giuridici, la norma non descrive la fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva, ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell'ipotesi normativa, all'integrazione dell'interprete, mediante l'utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici”.

(9) La versione dell'art. 80, comma 5 del d.lgs. n. 50 del 2016 risultante dalle modifiche apportate dall'art. 5, comma 1, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12 prevedeva l'esclusione dell'operatore economico qualora “c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) l'operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; c-ter) l'operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”.

(10) Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171, in www.giustiziaamministrativa.it. Sulle modifiche apportate con il del d.l. 135/2018 si V. M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Vol. II, p. 849-850, ove si mette in evidenza che, “Oltre ad aver effettuato uno spacchettamento della disposizione originaria in autonome fattispecie contemplate nelle nuove lett. c-bis) e c-ter), con tale innesto normativo il legislatore (i) ha eliminato l'elencazione esemplificativa dei gravi illeciti professionali che stata introdotta con l'inciso “tra questi rientrano”; (ii) ha aggiunto l'onere per la stazione appaltante di motivare, in caso di significative o persistenti carenze “anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”; (iii) ha rimosso il passaggio normativo contenuto nell'originario art. 80, comma 5, lett. c), secondo cui “la risoluzione anticipata”, ai fini della rilevanza escludente, doveva essere “non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio”.

(11) Con lo stesso intervento normativo, inoltre, è stata introdotta nel comma 5 dell'art. 80 la lettera f-ter, secondo la quale le stazioni appaltati escludono l'operatore economico iscritto nel casellario informatico ANAC “per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti”.

(12) Cfr. M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Vol. II, p. 846, ove si mostra come le situazioni contemplate dalla normativa comunitaria (che appaiono come “species” di un più ampio “genus” escludente) siano state recepite dal legislatore nazionale “in un'unica (macro categoria di) causa di esclusione riguardante, per l'appunto, i ‘gravi illeciti professionali' ”.

(13) L'art. 57, paragrafo 7 della direttiva 2014/24/UE dispone che “In forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell'Unione, gli Stati membri specificano le condizioni di applicazione del presente articolo. In particolare essi determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l'operatore economico non adotti nessuna misura di cui al paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilità. Se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4”.

(14) L'art. 80, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella sua versione originaria, prevedeva che “Se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della pena principale”.

(15) La previsione introdotta del correttivo del 2017 ha tenuto conto del parere del Consiglio di Stato del 30 marzo 2017 n. 782, con cui si è evidenziata la necessità di ancorare la decorrenza del triennio ad un momento preciso, specificando che la “data del fatto” (la norma europea, infatti, come dies a quo dei tre anni, fa riferimento alla data “del fatto”) non assicura tale esigenza, “in quanto identiche violazioni compiute da due imprese lo stesso giorno, per fattori del tutto casuali, potrebbero anche venire alla luce in momenti differenti, il che conseguentemente finirebbe per limitare ingiustificatamente il triennio, per alcuni e non per altri, per tutto il periodo che va dalla commissione del fatto alla sua rilevanza nell'ambito del medesimo procedimento”.

(16) L'art. 80, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella sua versione attualmente vigente, risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 20, lettera o), numero 5), del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, prevede che “Se la sentenza penale di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, la durata della esclusione dalla procedura d'appalto o concessione è: a) perpetua, nei casi in cui alla condanna consegue di diritto la pena accessoria perpetua, ai sensi dell'articolo 317-bis, primo periodo, del codice penale, salvo che la pena sia dichiarata estinta ai sensi dell'articolo 179, settimo comma, del codice penale; b) pari a sette anni nei casi previsti dall'articolo 317-bis, secondo periodo, del codice penale, salvo che sia intervenuta riabilitazione; c) pari a cinque anni nei casi diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), salvo che sia intervenuta riabilitazione”.

(17) L'art. 80, comma 10-bis del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 testualmente recita “Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 10, se la pena principale ha una durata inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione, la durata della esclusione è pari alla durata della pena principale. Nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso”.

(18) Occorre considerare, onde valutarne la rilevanza, che la disposizione trova amplissima applicazione, dal momento che si applica agli appalti e alle concessioni nei settori ordinari sia sopra che sotto soglia (art. 36, comma 5) e, ai sensi dell'art. 136 del Codice, ai settori speciali quando l'ente aggiudicatore è un'amministrazione aggiudicatrice.

(19) Sul principio della tassatività delle cause di esclusione si Veda B. GILIBERTI, La tassatività delle clausole di esclusione. L'art. 46, comma 1-bis, d.lgs. 16 aprile 2006 n. 163: bilancio di una riforma, Foro Amm., fasc. 3, 2013; M. ALESIO, Tassatività delle cause di esclusione: i primi interventi giurisprudenziali, in La Gazzetta degli Enti Locali 12/10/2011; C. BUONAURO, La tassatività delle clausole di esclusione e la procedura d'interpello nel cd. Decreto Sviluppo (d.l. n. 70/2011 conv in l. n. 106/2011), in daitformazione.interno.it., secondo il quale “i requisiti ex lege di cui agli artt. 38-42 del d.lgs. n. 163/2006, sono oggi da intendere, non più alla stregua di requisiti minimi di partecipazione - come sostenuto dalla giurisprudenza non solo interna ma anche comunitaria- ma come gli unici e sufficienti per la partecipazione, senza che possa più configurarsi alcuna loro legittima - proporzionata, non discriminatoria e ragionevole - integrazione ad opera della p.a”. Peraltro, proprio in applicazione di tale principio, in giurisprudenza è stato in più occasioni sottolineato come in caso di incertezze interpretative si impone comunque un'interpretazione volta a favorire la più ampia partecipazione alla gara (cfr., ex multis, T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. I, 18 gennaio 2018, n. 53; id., 23 agosto 2017, n. 796; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7 dicembre 2015, n. 5687; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 29 aprile 2011, n. 1071, tutte in www.giustiziaamministrativa.it). Come è stato pure rilevato, infatti, “le cause di esclusione, incidendo sull'autonomia privata delle imprese e limitando la libertà di concorrenza nonché il principio di massima partecipazione, sono tassative e non possono essere interpretate analogicamente e, qualora manchi una chiara prescrizione che imponga in modo esplicito l'obbligo dell'esclusione, vale il principio della più ampia partecipazione alla gara allo scopo di garantire il migliore risultato per l'Amministrazione stessa” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 4 dicembre 2012 n. 2904, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 5 settembre 2016, n. 4163, in www.giustiziaamministrativa.it).

(20) In senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, Sez. III, 23 agosto 2018, n. 5040; id. Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2063; id. Sez. III, 12 luglio 2018, n. 4266, cit.

(21) Cons. Stato, Sez. III, 13 febbraio 2020, n. 1174; id. 22 maggio 2019, n. 3331; id. 27 dicembre 2018, n. 7231; id., 5 settembre 2017, n. 4192; id. 11 giugno 2019, n. 3908; id. sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70; id., 24 gennaio 2019, n. 586; id., 24 gennaio 2019, n. 591; id. 29 gennaio 2019, n. 727; id., 12 marzo 2019, n. 1644; id., 12 marzo 2019, n. 1649, tutte in www.giustiziaamministrativa.it.

(22) Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; id. 25 luglio 2018, n. 4532; id. 19 novembre 2018, n. 6530; id. Sez. III, 29 novembre 2018, n. 6787, cit.

(23) Cons. Stato,sez. III, 29 novembre 2018, n. 6787; id. 27 dicembre 2018, n. 7231; id. sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; id., 25 luglio 2018, n. 4532; id., 19 novembre 2018, n. 6530; id., 3 gennaio 2019, n. 72; id., 24 gennaio 2019, n. 586; id., 25 gennaio 2019, n. 591.

(24) V. F. FRANCARIO, Certezza del diritto ed operatori economici: note a margine di recenti riforme, in AA.VV., Le fonti nel diritto amministrativo, Annuario AIPDA 2015, Napoli, 2016, 269.

(25) Così Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171, id. 28 ottobre 2019, n. 7387; id, 5 marzo 2020, n. 1605, in www.giustiziaamministrativa.it.

(26) L'ordinanza di rimessione richiama espressamente le sentenze del Consiglio di Stato, sez. V 3 settembre 2018, n. 5142; 22 luglio 2019, n. 5171; 5 marzo 2020, n. 1605.

(27) Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; id. 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387; id. 13 dicembre 2019, n. 8480, in www.giustiziaamministrativa.it. Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2020, n. 2976, in www.giustiziaamministrativa.it, che richiamando Cons. Stato, Sez. VI, 20 luglio 2009, n. 4504, per distinguere ulteriormente l'omissione dichiarativa dal dolo che caratterizza la “immutatio veri”, ha precisato che “Il concetto di “falso”, nell'ordinamento vigente, si desume dal codice penale, nel senso di attività o dichiarazione consapevolmente rivolta a fornire una rappresentazione non veritiera. Dunque, il falso non può essere meramente colposo, ma deve essere doloso”. Per un commento alla sentenza si V. T. COCCHI, Ancora sul concetto di “falsa dichiarazione” in ordine alle precedenti vicende contrattuali, in L'Amministrativista.it, 2020.

(28) Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; id. 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387; id. 13 dicembre 2019, n. 8480, cit.

(29) T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 692, in www.giustiziaamministrativa.it.

(30) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407, cit.; Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6529; T.A.R. Basilicata, Potenza, 4 febbraio 2019, n. 145; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 15 novembre 2018, n. 666, tutte in www.giustiziaamministrativa.it; Cfr. A.G. PIETROSANTI, Sui gravi illeciti professionali previsti dall'art. 80, comma 5, lettera c) del d. lgs. n. 50/2016, che richiama Cons. Stato, Sez. III, 23 agosto 2018 n. 5040, secondo cui “la differenza tra le due ipotesi è sostanziale, atteso che, nell'ipotesi di cui al comma 5, lett. c), la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell'esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante, mentre nel caso del comma 5, lett. f-bis), l'esclusione dalla gara è atto vincolato, discendente direttamente dalla legge, che ha la sua fonte nella mera omissione da parte dell'operatore economico […]. Fermo restando che, da un punto di vista strutturale, anche l'omessa dichiarazione può concretare un'ipotesi di dichiarazione non veritiera, il discrimen tra le due fattispecie sembra doversi incentrare sull'oggetto della dichiarazione, che assumerà rilievo, ai sensi e per gli effetti di cui alla lettera f-bis), nei soli casi di mancata rappresentazione di circostanze specifiche, facilmente e oggettivamente individuabili e direttamente qualificabili come cause di esclusione a norma della disciplina in commento, ricadendosi altrimenti — alle condizioni previste dalla corrispondete disposizione normativa — nella previsione di cui alla fattispecie prevista al comma 5 lettera c)”.

(31) Cons. Stato, Sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70; id., 12 marzo 2019, n. 1649; id. 19 novembre 2018, n. 6529.

(32) Ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 13 dicembre 2019, 8480; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2019, n. 2430; id. 12 marzo 2019, n. 1649; id. 24 settembre 2018, n. 5500; T.A.R. Lazio, sez. I, 10 aprile 2019, 4729, tutte in www.giustiziaamministrativa.it.

(33) Così anche C. NAPOLITANO, La dichiarazione falsa, omessa o reticente secondo l'Adunanza Plenaria (nota a Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16), in Giustizia Insieme, 2020.

(34) Cfr. C. NAPOLITANO, La dichiarazione falsa, omessa o reticente secondo l'Adunanza Plenaria, cit. che rileva le difficoltà insite nella distinzione, sul piano pratico, tra dichiarazione falsa e dichiarazione fuorviante, dal momento che “i provvedimenti della Stazione appaltante non si basano soltanto sull'accertamento dei presupposti di fatto ma anche su valutazioni di tipo giuridico e dunque opinabili”.

(35) Difficoltà rilevate anche da C. NAPOLITANO, La dichiarazione falsa, omessa o reticente secondo l'Adunanza Plenaria, cit.

(36) Sul punto, si Veda G. A. GIUFFRÈ, G. STRAZZA, Il rapporto tra le cause di esclusione di cui alle lettere c) e f-bis) dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016: qual è l'ipotesi residuale?, cit., ove, con riferimento a detta conclusione della Plenaria, viene ipotizzato che “la voluntas legis fosse quella di sanzionare sempre e comunque con l'esclusione, a prescindere da qualsiasi valutazione dell'Amministrazione, la non corretta produzione di dichiarazioni o documenti per i quali, stante il loro valore certificativo, ha ritenuto inaccettabile qualsiasi oggettiva antitesi con un “dato di realtà”. E che, conseguentemente, dovrebbe essere casomai il disposto della lettera c) a essere inteso come “residuale” rispetto a quello di cui alla lettera f-bis), riferendosi a “informazioni false o anche solo fuorvianti”, diverse però da quelle - contenute appunto in dichiarazioni o documenti con valore certificativo - contemplate da tale disposizione”. L'esegesi proposta dagli autori risiede nella circostanza che, come dagli stessi rilevato, l'interpretazione avallata dalla Plenaria potrebbe condurre “paradossalmente e dunque irragionevolmente” all'applicazione della causa di esclusione automatica “solamente a “falsi” “(in)suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” e, quindi, all'evidenza, “falsi innocui/inutili” o comunque di minore rilevanza (ai fini della procedura di evidenza pubblica)”.

(37) Così P. LAZZARA, I procedimenti ad istanza di parte. Dalla disciplina generale sul procedimento (l. 241/90) alla direttiva servizi (2006/123), Napoli, Jovene, 2008, 151.

(38) A. MORRONE, Il custode della ragionevolezza, cit., 194 e ss., che ripercorre le dichiarazioni di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale degli automatismi legislativi.

(39) Considerazioni di questo genere sono suggerite dalla recente giurisprudenza eurounitaria. Cfr. al riguardo, Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sentenza 30 gennaio 2020, nella causa C-395/18, in www.curia.europa.eu, che ha ritenuto in contrasto con il principio di proporzionalità una normativa nazionale che preveda l'esclusione automatica di un operatore economico che partecipa ad una gara pubblica qualora venga constatato un motivo di esclusione nei confronti di uno dei subappaltatori. Per la Corte, infatti, l'Amministrazione, lungi dal poter escludere automaticamente l'operatore, deve valutarne in concreto l'affidabilità professionale, considerando la gravità della situazione, i mezzi di cui questo disponeva per verificare l'esistenza di una violazione in capo al subappaltatore (in tal senso, è significativo il caso dei reati risultanti dal casellario giudiziale) e le misure di self-cleaning poste in essere dall'operatore economico.

(40) Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sentenza 30 gennaio 2020, nella causa C-395/18, cit.

(41) Cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 2020, n. 6305, in www.giustiziaamministrativa.it, lì dove è stato riconosciuto che “Deve quindi affermarsi, in uno alla Corte di Giustizia, che non è consentita l'esclusione automatica del concorrente che abbia indicato un subappaltatore nei confronti del quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, dovendo la stazione appaltante effettuare una specifica valutazione di proporzionalità della misura espulsiva rispetto al caso di specie, che il provvedimento di esclusione all'odierno esame, partendo dall'errato presupposto dell'automaticità e della vincolatività dell'esclusione rinveniente dal parere ANAC, secondo una ricostruzione normativa risultata incompatibile con il diritto eurounitario, non ha effettuato”.

(42) Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2020, n. 1603; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 4 novembre 2019, n. 1837, in www.giustiziaamministrativa.it.

(43) L'art.105, comma 6, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prevede l'indicazione obbligatoria della terna dei subappaltatori in sede di offerta “qualora gli appalti di lavori, servizi o forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'art. 35 o, indipendentemente dall'importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa come individuate al comma 53 dell'art. 1 della l. 6 novembre 2012 n. 190”. Ora, a norma dell'art. 1, comma 18, del d.l. n. 32/2019, c.d. “sblocca cantieri”, convertito con modificazioni, con l. 14 giugno 2019 n. 55, nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, fino alla data del 31 dicembre 2020 è sospesa l'applicazione del comma 6 dell'articolo 105, nonché le verifiche in sede di gara, di cui all'articolo 80 del medesimo codice, riferite al subappaltatore.

(44) Al riguardo, occorre rammentare che l'art. 80, comma 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, laddove prevede l'esclusione dalla gara per l'operatore economico che abbia prodotto documentazione o dichiarazioni non veritiere, viene letto talvolta nel senso che l'esclusione debba essere disposta anche qualora la documentazione o la dichiarazione non veritiera si riferisca al subappaltatore, nei casi in cui è prevista obbligatoriamente l'indicazione della terna dei subappaltatori.

(45) Per una ricostruzione del principio di proporzionalità nella giurisprudenza della Corte di Giustizia si Veda D.U. GALETTA, Il principio di proporzionalità fra diritto nazionale e diritto europeo (e con uno sguardo anche al di là dei confini dell'Unione Europea), cit.

(46) F. MASTRAGOSTINO, Diritto dei contratti pubblici. Assetto e dinamiche evolutive alla luce delle nuove direttive europee e del d.l. n. 90 del 2014, Torino, Giappichelli, 2014, p. 19.

(47) R. FERRARA, Procedimento amministrativo. Semplificazione e realizzazione del risultato: dalla libertà dall'amministrazione alla libertà dell'amministrazione? in Diritto e Società, fasc. n. 1/2001, pp. 101 ss., ove la ragionevolezza dell'attività amministrativa viene descritta come in connessione sia con la forma che con la sostanza. legale che disciplina l'attività. La proporzionalità del provvedimento, invece, secondo l'Autore è costituita dall'assolvimento del bene della vita nel contesto “fattuale e legale nel cui ambito la fattispecie (legale e umana) deve essere necessariamente apprezzata, valutata e in qualche modo definitivamente disciplinata”. In dottrina, in realtà, è dibattuto se il principio di ragionevolezza si ponga o meno in rapporto di autonomia con quello di proporzionalità: per una ricostruzione di tale dibattito si V. M.A. SANDULLI, Proporzionalità, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, V, Milano, Giuffrè, 2006, pp. 4643 ss.

(48) T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 11 settembre 2009, n. 11089, cit.

(49) Sul punto, l'Adunanza Plenaria ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 17 febbraio 2012, n. 2312, che ha annullato per eccesso di potere giurisdizionale una sentenza del Consiglio di Stato che aveva ritenuto illegittimo il giudizio di affidabilità professionale espresso dall'amministrazione in relazione all'allora vigente art. 38, comma 1, lett. f), dell'abrogato codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. In tale precedente le Sezioni Unite hanno rilevato che l'Amministrazione sola è chiamata a fissare “il punto di rottura dell'affidamento nel pregresso e/o futuro contraente”.

(50) Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576, in www.giustiziaamministrativa.it, pronunciatasi sulla versione originaria dell'art. 80, comma 5, lett. c), con conclusioni, però, valide anche per l'attuale versione del comma 5, che contempla l'ipotesi relativa alle all'aver fornito “informazioni false o fuorvianti” nell'autonoma lettera c-bis). In tale occasione è stato chiarito che l'art. 80, comma 5, lett. c-bis), non è “riferito alle false dichiarazioni rese in procedure concorsuali non in corso e, quindi, già svoltesi”, ma al contrario, anche se non esplicitamente, “si riferisce alle “informazioni false o fuorvianti” ovvero all'omissione di “informazioni dovute” nei confronti della stazione appaltante nella procedura di gara in corso”: ne consegue che “il rilievo ostativo alla partecipazione non è certo l'aver reso “false dichiarazioni in precedenti gare”, ma “il rendere, nella gara in corso, dichiarazioni false o fuorvianti, ovvero l'omettere dichiarazioni dovute”. In tale occasione, è stato pure chiarito che la causa di esclusione, comunque, perdura fino a quando opera l'iscrizione nello stesso casellario, fatta salva ovviamente l'ipotesi in cui perduri, al momento della procedura in corso, la circostanza escludente cui si riferiva l'originaria falsità (ad esempio, la situazione di regolarità fiscale o contributiva, dichiarata sussistente, ma in realtà non posseduta).

(51) Sui dubbi relativi alla possibilità di risolvere secondo il criterio della specialità l'antinomia tra le lettere c) [oggi c-bis)] ed f-bis) dell'art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50/2016, è possibile rinviare a C. NAPOLITANO, La dichiarazione falsa, omessa o reticente secondo l'Adunanza Plenaria, cit., che affronta dettagliatamente, sia dal punto di vista della teoria del diritto che dal punto di vista pratico, le problematiche e le perplessità legate alla soluzione adottata sul punto dalla Plenaria; perplessità in ordine alla “netta per la “prevalenza” del motivo di esclusione previsto dalla lettera c) rispetto a quello stabilito dalla lettera f-bis)” sono stati espressi anche da G. A. GIUFFRÈ, G. STRAZZA, Il rapporto tra le cause di esclusione di cui alle lettere c) e f-bis) dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016: qual è l'ipotesi residuale?, cit. Per le prime applicazioni giurisprudenziali del principio sancito dalla Plenaria in commento, si veda Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6534, in www.giustiziaamministrativa.it, lì dove è stato rilevato che “Secondo quanto recentemente chiarito dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, infatti, “la lettera f-bis) dell'art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale” e richiede l'integrazione di due presupposti: da un lato occorre che “le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità”, dall'altro che esse “non siano finalizzate all'adozione dei provvedimenti di competenza dell'amministrazione relativi all'ammissione, la valutazione delle offerte o l'aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest'ultima”.

(52) Cfr. M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Vol. II, p. 848, ove si ricorda che, per prevalente opinione della scienza giuridica e della giurisprudenza, a dette Linee guida andrebbe riconosciuto valore di “atto non vincolante”, “recante istruzioni operative” “volte a favorire l'adozione di comportamenti omogenei e buone prassi da parte delle stazioni appaltanti”.

(53) Sul punto, l'Adunanza Plenaria ha espressamente rinviato al parere reso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato appositamente costituita sull'ultimo aggiornamento alle linee-guida: parere del 13 novembre 2018, n. 2616; cfr. inoltre: Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2020, n. 2850; id., 12 marzo 2020, n. 1774; id., 12 aprile 2019, n. 2407; id., 12 febbraio 2020, n. 1071; id., sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3755.

(54) Tra i numerosi contributi che si sono interrogati sul concetto di grave illecito professionale si V. A.L. FERRARIO, Esclusione per grave illecito professionale ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), c.c.p.: tassatività o meno delle fattispecie escludenti, nota a Cons. di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299, in www.L'Amministrativista.it; A. NICODEMO, Gravi illeciti professionali, tutto cambia affinché nulla cambi, in Urb. app. 1/2019, p. 110 ss; V. APICELLA, I gravi illeciti professionali: limiti al potere discrezionale della stazione appaltante e il modello di compliance antitrust, in Amministrazione in cammino, 2019; M. DI DONNA, Il “grave illecito professionale”, tra attuale incertezza del diritto e imminente prospettiva europea, in Urb. app., 1/2018, p. 62; C. LAMBERTI, Gli illeciti professionali approdano alla Corte di Giustizia, in Giurisprudenza italiana, n. 10/2018, p. 2235 ss;

(55) L'obiettivo, sempre sentito, è quello di trovare– riprendendo le parole di autorevole dottrina – il corretto punto di equilibrio tra “la garanzia del formalismo e l'efficienza del sostanzialismo” (così, L. TORCHIA, La nuova direttiva in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari, in Diritto amministrativo, 2015, pp. 298 ss.)

(56) Anche sulla possibilità di ritenere estinto un reato, si rinvengono dei contrasti nella giurisprudenza amministrativa. Al riguardo, pochi dubbi sussistono relativamente ai reati per i quali il giudice penale abbia accertato l'avvenuta estinzione con relativo decreto: in tal caso, il reato può considerarsi senza dubbio estraneo ai fatti da dichiarare in gara. Maggiori problematiche, invece, sussistono con riferimento a quei reati per i quali, sebbene il giudice penale non abbia formalmente dichiarato l'avvenuta estinzione, siano comunque soddisfatti i requisiti richiesti dalla legge penale per considerare estinto il reato, ossia il decorso del tempo dall'accertamento dei fatti (a seconda del tipo di reato) e la mancata commissione di alcuna altra contravvenzione o delitto. Ebbene, secondo un primo orientamento – sviluppatosi soprattutto in materia di appalti pubblici, anche in relazione al vecchio codice e ribadito nel regime attualmente vigente – l'estinzione del reato (che consentirebbe di non dichiarare il relativo provvedimento di condanna), sotto il profilo giuridico non sarebbe automatica per il mero decorso del tempo, ma andrebbe formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale , che viene ritenuto – secondo questo orientamento – l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria. Ne conseguirebbe, in tal modo, che fino a quando non sia intervenuto il predetto provvedimento giurisdizionale, non potrebbe parlarsi di “reato estinto” ed il concorrente non sarebbe esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2020 n. 1603Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdizionale, 13 ottobre 2015, n. 630; T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, 1 dicembre 2016 n. 749; Cons. Stato, Sez. III, 28 settembre 2016, n. 4019, in www.giustiziaamministrativa.it). Secondo un altro indirizzo, al contrario, l'effetto estintivo si verificherebbe ex lege, per effetto della mancata reiterazione del reato nel termine previsto dalla legge, con la conseguenza che non sussisterebbe alcun obbligo di dichiarazione da parte dell'impresa partecipante alla gara e un eventuale provvedimento giurisdizionale avrebbe valenza unicamente dichiarativa di effetto oramai consolidatosi con il decorso inattivo del tempo (Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2704, in www.giustiziaamministrativa.it).

Corollario di tale approccio ermeneutico è che il provvedimento dichiarativo dell'estinzione resterebbe estraneo ai fini dell'estinzione del reato e si porrebbe in funzione meramente formale e ricognitiva di un effetto già verificato, mentre l'automatismo degli effetti dell'estinzione del reato apparirebbe coerente con i principi comunitari di ragionevole durata dei processi, sollecita definizione e di minore sacrificio esigibile.

(57) Cons. Stato Sez. III, 28 settembre 2016, n. 4019; Cons. Stato, Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 834; Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 2016, n. 4219/2016, tutte in www.giustiziaamministrativa.it.

(58) Ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649; Cons. Stato, Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 834; Sez. V, 29 aprile 2016, n. 1641; Sez. V, 27 luglio 2016, n. 3402; Sez. III, 28 settembre 2016, n. 4019; Sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5451, tutte in www.giustiziaamministrativa.it. Sul punto anche Cons. Stato, Sez. V, 10 agosto 2017, n. 3980, in www.giustiziaamministrativa.it, secondo cui al principio in questione deve essere attribuita una valenza generale, e ne viene quindi riconosciuta l'applicazione anche nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara non abbia espressamente previsto l'obbligo per i concorrenti di dichiarare tutte le condanne penali eventualmente riportate

(59) Nella giurisprudenza precedente alla Plenaria ha assunto una certa ricorrenza il principio secondo cui nelle procedure di evidenza pubblica, la completezza delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti generali, è, già di per sé, un valore da perseguire, laddove consente, anche in omaggio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara; conseguentemente, una dichiarazione inaffidabile, perché – al di là dell'elemento soggettivo sottostante – incompleta, deve ritenersi, in quanto tale, lesiva degli interessi tutelati dall'ordinamento in materia di procedure ad evidenza pubblica, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 gennaio 2019, n. 732; Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3765; id. Sez. IV , 7 luglio 2016 , n. 3014; id. Sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70, tutte in www.giustiziaamministrativa.it.).

(60) T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV. 3 febbraio 2020, n. 234, in www.giustiziaamministrativa.it.

(61) Cons. Stato, Sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331; id., Sez. V, 19 novembre 2018, nn. 6529 e 6530, cit.

(62) Per le diverse versioni dell'art. 80, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 si V. paragrafo 2 del presente contributo.

(63) Quanto alle condanne penali in precedenza riportate dall'operatore economico, occorre innanzitutto segnalare come, a fronte dei reati di cui all'art. 80, comma 1 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in sé non ostativi a contrarre con la pubblica amministrazione (lettere a-f), ma che prevedono per lo più, ai sensi della disciplina penale, la pena dell'incapacità a contrarre come accessoria, e di altri delitti (quelli di cui alla lettera g), da cui deriva la medesima pena accessoria, la giurisprudenza tenda a distinguere reati “minori” (ossia, non riconducibili nelle ipotesi appena menzionate), che vengono ritenuti espressione di “grave illecito professionale”, inteso come condotta legata all'esercizio dell'attività professionale, contraria ad un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192, in www.giustiziaamministrativa)

(64) Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2020 n. 1603, cit.

(65) Così, Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, nn. 6529 e 6530, cit., ove si è rilevato che “la mancanza nell'art. 80 di una “espressa previsione sulla rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali” sia omissione “coerente con il potere discrezionale di valutazione di tali fattispecie attribuito alla stazione appaltante; una limitazione triennale è invero richiamata dal successivo comma 10, ma attiene alla diversa rilevanza della pena accessoria dell'incapacità a contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della sanzione afflittiva) e non attiene in alcun modo all'esercizio del potere della P.A. di escludere l'operatore economico, ai sensi del comma 5, lett. c) da una procedura di appalto”, con la conseguenza del riconoscimento dell'obbligo dichiarativo di significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avevano causato la risoluzione anticipata indipendentemente dalla circostanza che le stesse fossero contenute o meno nel triennio in parola”. Nello stesso senso, si V. T.A.R. Lazio, Sez. I, 8 febbraio 2019, n. 1695; id., 10 aprile 2019, n. 4729, in www.giustiziaamministrativa.it.

(66) A detta disposizione è stata riconosciuta efficacia diretta c.d. “verticale” nell'ordinamento interno, reputando pertanto inidonee ai fini di disporre l'esclusione dell'operatore economico dalla gara le risoluzioni ante triennio, periodo da computarsi a ritroso dalla data del bando, tenendo conto della data di adozione della determinazione amministrativa di risoluzione unilaterale (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576, in www.giustiziaamministrativa.it).

(67) L'art. 57, paragrafo 2, lett. h) della direttiva 2014/24/UE prevede l'esclusione per “l'operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l'assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, non ha trasmesso tali informazioni o non è stato in grado di presentare i documenti complementari di cui all'articolo 59”.

(68) Per le diverse versioni dell'art. 80, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 si V. paragrafo 2 del presente contributo.

(69) Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Sez. IV, sentenza 24 ottobre 2018, n. 124 nella causa C-124/17, in www.curia.europa.eu.

(70) Cfr., Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2020, n. 1605, nonché Cons. Stato, Sez. V, 6 maggio 2019, n. 2895, che giunge a tali conclusioni partendo dall'art. 57, paragrafo 7 della direttiva (peraltro in una fattispecie regolata dalla versione dell'art. 80, comma 10 precedente all'espressa introduzione del termine triennale riferito ai casi di cui al comma 5). In particolare, in tale occasione, ha rilevato il Collegio che “La giurisprudenza amministrativa ha, invero, ritenuto contrastante con il principio di proporzionalità una esclusione che trovi fondamento in una risoluzione in danno dell'impresa adottata più di tre anni prima della pubblicazione del bando di gara, ed ha individuato nel lasso temporale triennale un limite coerente con l'applicazione di tale principio di derivazione eurounitaria (Tar Lombardia, sez. IV, 23 marzo 2017, n. 705). Il riferimento alla definitività dell'accertamento (peraltro inesistente nel disposto dell'art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE) va, dunque, inteso nel senso che il termine decorre da quando è stato adottato l'atto definitivo, cioè di conclusione del procedimento di risoluzione”. Nello stesso senso Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576, id., Sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192; id. Sez. V, 5 marzo 2020, n. 1605, tutte in www.giustiziaamministrativa.it.

(71) D.U. GALETTA, Il principio di proporzionalità fra diritto nazionale e diritto europeo (e con uno sguardo anche al di là dei confini dell'Unione Europea), in www.giustiziaamministrativa.it, che riporta l'espressione coniata da Fritz Fleiner, illustre allievo di Otto Mayer, tra i padri del diritto amministrativo tedesco, che riassumeva il principio di proporzionalità affermando che “La polizia non deve sparare ai passeri con i cannoni”.

(72) Sono numerosissime le pronunce in cui la Corte di Giustizia si è trovata a dare applicazione al principio di proporzionalità: ex multis, Cfr. Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sentenza 29 novembre 1956 nella causa C- 8/55; Id., 13 luglio 1962, nella causa C-19/61; Id., 17 dicembre 1970, nella causa C-11/70; Id., 20 febbraio 1979, nella causa C-122/78; Id., 18 giugno 1991, nella causa C-260/89, in www.curia.europa.eu. Il principio di proporzionalità, in queste come in altre numerose pronunce, viene declinato dalla Corte come principio posto a salvaguardia del cd. nucleo essenziale dei diritti fondamentali riconosciuti all'individuo in caso di intervento dell'autorità amministrativa, che non potrebbe imporre limitazioni ulteriori rispetto a quelle strettamente indispensabili al raggiungimento degli scopi prefissati. Per un'analisi del principio di proporzionalità nel diritto comunitario si rimanda a M.C. CICIRIELLO, Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, Napoli, Editoriale Scientifica 1999, pp. 269 ss.

(73) Per uno studio del principio della ragionevolezza, tra diritto pubblico e privato, si V. G. POLI, Autonomia privata e discrezionalità amministrativa a confronto. La prospettiva della ragionevolezza, in Diritto Amministrativo, fasc. 4/2018, pp. 863 ss., che individua il punto in comune del principio della ragionevolezza tra pubblico e privato, nella misura in cui questo “segna il confine di coesistenza tra due sfere soggettive contigue (per es., le clausole generali di buona fede e — come poc'anzi osservato — di ragionevolezza regolano la convivenza tra le autonomie negoziali dei soggetti che entrano in contatto), anziché occuparsi dell'interesse (prevalente) di una sola parte”.

(74) T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 15 novembre 2019, n. 2421, cit., che ha precisato come “necessarie, ed esigibili dal partecipante alla gara, sono tutte le informazioni utili all'esercizio, da parte della stazione appaltante, di tale indefettibile munus di esclusione “in qualunque momento della procedura” dell'operatore economico che “si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5” (art. 80, comma 6)”. Si v. anche T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 27 febbraio 2020, n. 318, in www.giustiziaamministrativa.it, che ha affermato che deve essere “prediletta una lettura degli oneri di dichiarazione, in capo ai partecipanti alle procedure di gara, che possa, da un lato, ritenersi esigibile, alla stregua di una norma positiva sufficientemente chiara, dall'altro lato, che sia attinente alla materia degli appalti pubblici, rimanendo estranee le citazioni di fatti o situazioni inconferenti”.

(75) Per uno studio degli istituti della partecipazione procedimentale, si V, L. R. PERFETTI, Partecipazione ed obbligo di motivazione, in G. PASTORI (a cura di), Legge 7 agosto 1990, n. 241 e ordinamenti regionali, Padova, Cedam, 1995, 155; L. R. PERFETTI, Diritto ad una buona amministrazione, determinazione dell'interesse pubblico ed equità, cit., il quale rileva che “le pretese procedimentali non servono a garantire la legalità dell'azione amministrativa quanto, piuttosto, la difesa della pretesa finale dell'individuo a conseguire il suo risultato” e che “il diritto di difesa del privato nel procedimento appare la misura ultima del concetto di buona amministrazione”.

(76) S. TARULLO, Il principio di collaborazione procedimentale, Torino, Giappichelli, 2008.

(77) F. BENVENUTI, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 118 ss., poi in Scritti giuridici, Roma, Vita e Pensiero, vol. II, 1117 ss, che rinviene nell'art. 97 Cost. la principale fonte da cui trarre una legge generale dell'azione amministrativa; sull'interpretazione del pensiero di Benvenuti si V. L. R. PERFETTI, L'azione amministrativa tra libertà e funzione, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.1/2017, pp. 99 ss., che sottolinea come segnala come il pensiero dell'Autore “si sia costantemente mosso nella ricerca di percorsi e soluzioni praticabili per rendere effettiva la libertà delle persone”; sul buon andamento come canone dell'azione amministrativa, fondamentale il contributo di M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, vol. I, Milano, Giuffrè, 1950, p. 280, che aveva individuato nel buon andamento il canone dell'efficienza dell'azione amministrativa; tale ricostruzione è stata condivisa, più tardi, da G. BERTI, La pubblica amministrazione come organizzazione, Padova, Cedam, 1968, pp. 81 ss; nonché da A. ANDREANI, Il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, Padova, Cedam, 1979, p. 1 ss.

(78) Le stesse conclusioni erano state raggiunte già in passato dalla Corte: cfr. Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sentenza 4 giugno 2019, nella causa C-425/18, in www.curia.europa.eu., ove è stato affermato che “conformemente al principio di proporzionalità, l'accertamento della sussistenza di un ‘errore grave' necessita, in linea di principio, dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell'operatore economico interessato (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact, C-465/11, EU:C:2012:801, punto 31)”.

(79) Sulla necessità di garantire un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti nel procedimento, si V. D.U. GALETTA, Il principio di proporzionalità, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, Giuffrè, 2017, 149; M. DI CARLO, Commento all'articolo 2, in A. CARULLO, G. IUDICA, Commentario breve alla legislazione degli appalti pubblici e privati, Padova, Cedam, 2008, p. 192.

(80) R. CAPONIGRO, Il principio del favor partecipationis e la tutela delle piccole e medie imprese nell'affidamento degli appalti pubblici, in ItaliAppalti, 2017, pubblicato in internet all'indirizzo www.italiappalti.it, che riconosce come, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, anche nell'ordinamento interno “risulta evidente che la funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica ha assunto ancora maggiore rilievo ed è divenuta il baricentro del sistema”.

(81) E. FURIAN, Il soccorso istruttorio. Inquadramento generale e limiti al suo utilizzo, in www.diritto.it, 2018, che segnala l'importanza della funzione pro-concorrenza nell'utilizzo di un istituto (il soccorso istruttorio) volto proprio a limitare l'esclusione dalla gara e favorire la massima partecipazione degli operatori economici; F. SAITTA, Contratti Pubblici E Soccorso Istruttorio: Il Punto Due Anni Dopo Il “Correttivo”, in Diritto Amministrativo, fasc.1/2019, pp. 3 e ss.

(82) T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 11 settembre 2009, n. 11089, in www.giustiziaamministrativa.it, che ha attribuito valore centrale al concetto della “gravità” della violazione ai fini espulsivi proprio per compensare la genericità della normativa, rilevando che “una tipologia di esclusione non puntualmente prevista dalla legge, in violazione della tassatività delle sanzioni, dei principi comunitari e nazionali della più ampia partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici e del principio costituzionale di libertà di iniziativa economica”. Più di recente, lo stesso principio è stato ribadito da Cons. Stato, Sez. VI, 2 luglio 2019, n. 4516, in www.giustiziaamministrativa.it.

(83) F. GAMBARELLA, Le regole del dialogo e la nuova disciplina dell'evidenza pubblica, Torino, Giappichelli, 2016, 91.

(84) R. CAVALLO PERIN, G. M. RACCA, La concorrenza nell'esecuzione dei contratti pubblici, in, Diritto Amministrativo, 2010, pp. 325 e ss

(85) Così T.A.R. Sardegna, Cagliari Sez. I, 15 novembre 2018, n. 972, in pluris-cedam.utetgiuridica.it. Il principio è affermato da tempo dalla giurisprudenza comunitaria. Cfr. Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sentenza 27 novembre 2001, nelle cause riunite C-285/99 e C-286/99, in www.curia.europa.eu, secondo cui il coordinamento a livello europeo delle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici ha come fine essenziale “di proteggere gli interessi degli operatori economici stabiliti in uno Stato membro che intendano offrire beni o servizi alle amministrazioni aggiudicatrici stabilite in un altro Stato membro e, a tal fine, di escludere sia il rischio che gli offerenti nazionali siano preferiti nell'attribuzione di appalti sia la possibilità che un'amministrazione aggiudicatrice si lasci guidare da considerazioni non economiche”. Ne consegue che l'amministrazione è tenuta ad osservare “il principio di parità di trattamento degli offerenti”, come pure l'”obbligo di trasparenza” al fine di garantire il rispetto del “divieto di discriminazione in base alla nazionalità”. Già da tempo, del resto, in giurisprudenza viene avvertita la necessità di garantire un'ampia partecipazione alle gare pubbliche, prescindendo da formalismi inutili ;(ex multis Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5064, in www.giustiziaamministrativa.it).

(86) L'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea disciplina il diritto alla buona amministrazione riconoscendo ad ogni individuo il diritto “a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole”. Il riferimento all'equità, contenuto in detta disposizione, viene affrontato da A. ZITO, Il “diritto ad una buona amministrazione” nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nell'ordinamento interno, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2002, il cui pensiero viene riportato da L. R. PERFETTI, Diritto ad una buona amministrazione, determinazione dell'interesse pubblico ed equità, cit., che sottolinea come l'Autore interpreta il riferimento all'equità come “ ‘equità proporzionale' nel senso che la decisione può dirsi equa quando è, per così dire, ‘misurata' ossia appare idonea, necessaria ed adeguata rispetto alle esigenze di cura dell'interesse pubblico assicurando nel contempo il minor sacrificio possibile dell'interesse privato”; assunto, quindi, questo sguardo, l'equità ‘proporzionale' viene sussunta nel princìpio (comunitario) di proporzionalità − e si afferma che “la sua portata” (dell'equità, ma il ragionamento sembra contenuto nel perimetro della proporzionalità) “starebbe (anche) nel consentire l'esercizio delle potestà attribuite soltanto allorquando non sia possibile curare l'interesse pubblico attraverso lo strumento negoziale” e, quindi, “equità come regola che impone all'azione amministrativa di scendere sul terreno della parità, del dialogo con il privato, del consenso e dell'accordo di natura privatistica con il medesimo, tutte le volte che ciò sia possibile relegando l'esercizio del potere in una zona residuale”; sul punto anche D.U. GALETTA, Il diritto ad una buona amministrazione nei procedimenti amministrativi oggi (anche alla luce delle discussioni sull'ambito di applicazione dell'art. 41 della Carta dei diritti UE), in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc.2/ 2019, pp. 165 e ss.

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