L'art. 24 del cd. decreto Ristori permette la presentazione di impugnazioni a mezzo PEC?
18 Novembre 2020
L'indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato esclude l'ammissibilità della spedizione di un atto di impugnazione a mezzo PEC, sulla base di una serie di argomenti che appare utile riassumere:
In relazione a tale ultimo aspetto, è stato osservato che nel procedimento penale non esiste il fascicolo telematico, «che costituisce il necessario approdo dell'architettura digitale degli atti giudiziari, quale strumento di ricezione e raccolta in tempo reale degli atti del processo, accessibile e consultabile da tutte le parti», coerentemente, l'uso del mezzo informatico in argomento per la trasmissione di atti endo-processuali è consentito nei soli casi espressamente previsti dalla legge (Cass., Sez. 4, n. 21056 del23/01/2018, D'Angelo, Rv. 272740). Difatti solo in presenza del fascicolo telematico gli atti inviati a mezzo PEC dalle parti confluiscono nel fascicolo e sono automaticamente consultabili dall'autorità giudiziaria e dalle parti. In mancanza del fascicolo telematico, le istanze ed i documenti inviati non vengono automaticamente inseriti nel fascicolo. A tal fine occorrerebbe che l'indirizzo di posta elettronica fosse presidiato mediante la destinazione di apposito personale che dovrebbe controllare costantemente l'arrivo dei messaggi e poi attivarsi per portare l'atto a conoscenza del giudice competente (Cass., sez. 5, n. 12949 del 5/03/2020, in CED Cass. n. 279072). Ma in questo modo si onererebbe la cancelleria di compiti non previsti dalla legge. Pertanto, è stato ritenuto inammissibile:
Analogamente, l'inammissibilità è stata pronunciata nel caso di: presentazione di motivi nuovi nel giudizio di cassazione a mezzo PEC (Cass., Sez. 5, n. 12347 del 13/12/2017, dep. 2018, in CED Cass. n. 272781; Cass. Sez. 1, n. 2020 del 15/11/2019, dep. 2020, in CED Cass. n. 278163);
Fonte: ilprocessotelematico.it In questa materia è intervenuto l'art. 24 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137. Al comma 4, è stato previsto: “Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio”. Il successivo comma 5 ha previsto che “Ai fini dell'attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l'atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità' della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all'inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell'atto ricevuto con l'attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell'ufficio”. Il provvedimento del direttore DGSIA
In data 9 novembre 2020, è stato adottato il “Provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio”. Questo provvedimento individua gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, del decreto-legge, n. 137,del 28 ottobre 2020 e detta le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio (art. 1).
L'atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare attraverso il servizio di posta elettronica certificata presso gli uffici giudiziari indicati nell'art. 2, è in formato PDF; è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata. I documenti allegati all'atto del procedimento in forma di documento informatico sono in formato PDF; le copie per immagine di documenti analogici hanno una risoluzione massima di 200 dpi (art. 3). Le tipologie di firma ammesse sono PAdES e CAdES. Gli atti possono essere firmati digitalmente da più soggetti purché almeno uno sia il depositante (art. 3, comma 3). A questo punto, in forza di queste disposizioni bisogna chiedersi se, almeno “fino alla scadenza del termine di cui all'arti 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35”, e dunque, fino al 31 gennaio 2012, possa essere spedita una impugnazione a mezzo PEC. In altri termini, nel periodo emergenziale gli argomenti addotti a sostegno dell'inammissibilità della spedizione dell'impugnazione a mezzo PEC sono ancora validi? L'art. 24, comma 4, del d.l. n. 137 del 2020, invero, prevede un'area operativa molto ampia entro la quale è ammissibile l'uso della PEC. Lo strumento telematico si applica “Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati”. L'invio tramite PEC permette il “deposito con valore legale” di tali atti. La formulazione adottata dalla norma – atti, documenti, istanze, comune denominate - appare di tale ampiezza da poter ricomprendere anche l'impugnazione che si propone con “atto scritto” (art. 581 cod. proc. pen.). L'unico limite, infatti, è rappresentato dal fatto che si deve trattare di atti diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 della medesima norma, cioè memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'articolo 415-bis, comma 3, cod. proc. pen. Il principio della tassatività ed inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni (art. 582 e 583 cod. proc. pen), a questo punto, pare salvo anche nel caso di spedizione dell'atto di impugnazione a mezzo PEC. È stata introdotta una norma primaria che, seppur nel periodo emergenziale, permette l'invio di atti con valore legale a mezzo PEC.
Le modalità tassative previste dal codice di rito, peraltro, come ha correttamente evidenziato la giurisprudenza, sono funzionali a garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto. Neppure questo aspetto, tuttavia, pare precludere l'uso della PEC per la spedizione di una impugnazione. Da una parte, l'art. 24, comma 4, del d.l. citato prevede che l'atto debba provenire dalla posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44; dall'altro, con il provvedimento del Direttore Generale dei sistemi informativi in precedenza illustrato è stato disposto che “l'atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare attraverso il servizio di posta elettronica certificata … è sottoscritto con firma digitale o elettronica qualificata”. In tal modo, i dubbi sulla autenticità della provenienza dell'atto sembrano dissiparsi. Si afferma che l'uso della PEC nel processo penale è disciplinato dall'art. 16 del d.l. n. 179 del 2012 solo per le notifiche da parte della cancelleria a persona diversa dall'imputato. Questo argomento, sempre solo per il periodo emergenziale, è superato non solo dal tenore dell'art. 24, comma 4, del d.l. citato, ma anche dall'art. 23 dello stesso d.l. che, ad esempio, permette il ricorso alla PEC per gli atti delle parti nel giudizio di cassazione e dall'art. 23 del d.l.9 novembre 2020, n. 149, che estende questo strumento al giudizio di appello. Resterebbero, pertanto, solo i motivi “non formali” a impedire l'uso della PEC per la presentazione di impugnazioni. In base all'indirizzo giurisprudenziale consolidato, come è stato illustrato, per l'invio di impugnazioni a mezzo PEC, è necessaria l'esistenza di un “fascicolo telematico del processo penale”. In mancanza di tale “architetture digitale”, non potrebbe essere ritenuta ammissibile la presentazione di impugnazioni a mezzo PEC. Anche questo argomento, di notevole consistenza, sempre e solo per il periodo emergenziale, sembra superato dall'art. 24, comma 5, del d.l. n. 137 del 2020. Secondo questa norma, la cancelleria è tenuta ad inserire nel fascicolo cartaceo copia “analogica” dell'atto digitale, cioè a stampare una copia cartacea dell'atto (oltre ad essere disposto che la stessa cancelleria debba inserire l'atto nel “fascicolo digitale” che, allora, deve essere istituito quanto meno come raccolta degli atti digitali afferenti ad un certo procedimento).
Questa disposizione permette di superare anche le obiezioni che potrebbero essere fondate sulle previsioni di cui all'art. 164 disp. att. cod. proc. pen., che impongono a coloro che propongono impugnazioni alcuni oneri. Le parti, infatti, devono depositare le copie dell'atto di impugnazione occorrenti per la notificazione prevista dall'art. 584 del codice (comma 1), oltre a due copie dello stesso atto nel caso di appello e cinque copie nel caso di ricorso per cassazione (comma 2). La cancelleria, infatti, può agevolmente provvedere a realizzare le copie necessarie dell'atto pervenuto «a spese di chi ha presentato l'impugnazione», come è testualmente previsto dallo stesso art. 164, comma 3, disp. att. cod. proc. pen.. Queste considerazioni conducono a ritenere che, ancorché per un limitato periodo, allo stato fino al 31 gennaio 2021, sia ammissibile la spedizione di impugnazioni a mezzo PEC. La soluzione proposta pare conforme allo spirito di una normativa che intende limitare il più possibile l'accesso delle persone agli uffici per garantire la salute pubblica e sembra già recepita in qualche provvedimento dirigenziale (per esempio, nel decreto n. 448 del 2020 del Presidente del tribunale di santa Maria Capua Vetere è previsto che possono essere trasmessi a mezzo PEC opposizioni a decreto penale di condanna e opposizioni alla richiesta di archiviazione). In taluni provvedimenti di Dirigenti di uffici giudiziari, è espressamente previsto che l'uso della PEC per il deposito degli atti è consentito esclusivamente all'utenza dell'Avvocatura (cfr. provvedimento del Presidente f.f. del Tribunale di Napoli nord, intitolato “Abilitazione caselle PEC per il deposito degli atti” del 13 novembre 2020). Al riguardo, deve rilevarsi che l'art. 24, comma 4, del d.l. n. 137 del 2020 ha stabilito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il ReGIndE, acronimo, appunto, di Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, è gestito dal Ministero della Giustizia all'interno del proprio stesso sito, in un'area riservata (sezione Servizi). L'elenco contiene i dati identificativi nonché l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) non dei privati che agiscono come tali, ma dei soggetti abilitati esterni, ovverossia a) degli appartenenti ad un ente pubblico; b) dei professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge; c) degli ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l'albo al Ministero della giustizia. Il contenuto del registro a cui la norma del decreto-legge emergenziale ha fatto riferimento pare effettivamente impedire la spedizione personale della parte di impugnazioni a mezzo PEC.
La trasmissione a mezzo pec della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia
I medesimi argomenti appena sviluppati appaiono idonei anche a permettere di ritenere ammissibile, nel periodo emergenziale, la trasmissione a mezzo PEC della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia. Anche in questo caso, l'indirizzo giurisprudenziale consolidato esclude l'impiego del mezzo telematico, non previsto dall'art. 96, comma 2, cod. proc. pen., che contempla solo la consegna dell'atto in cancelleria o la trasmissione con lettera raccomandata (cfr. Cass., Sez. 5, n. 53217 del 2020). |