La mediazione familiare con coppie dello stesso sesso
19 Novembre 2020
Inquadramento
I cambiamenti nelle modalità di “fare famiglia”, con l'aumento dell'instabilità coniugale, delle convivenze, delle famiglie allargate, di quelle ricomposte e dei figli nati al di fuori del vincolo matrimoniale, ci stanno portando progressivamente, quasi naturalmente, al distacco da un modello che vede il nucleo familiare composto da due genitori eterosessuali e dai loro figli. Come sottolinea Anna Oliverio Ferraris nel suo ultimo libro “La Famiglia” “[…] oggi, nella nostra società, e in particolare nel nostro paese, convivono strutture familiari diversificate per dimensioni, obiettivi, rapporti, legami e relazioni […]”. Un forte segnale di questa trasformazione si evince dalle numerose richieste della società civile di accogliere nuovi e diversificati paradigmi familiari come le famiglie di fatto, le famiglie ricomposte, le famiglie monoparentali, le famiglie miste e le famiglie composte da genitori gay, lesbiche e bisessuali, famiglie comunemente chiamate «non tradizionali» (Golombok, 2015). L'omogenitorialità, la genitorialità di coppie dello stesso sesso, è una delle espressioni di queste nuove configurazioni familiari. Con la l. n. 76/2016, nota come “Legge Cirinnà” si sono venute a configurare due possibilità di legame di coppia: il matrimonio per le coppie eterosessuali e l'unione civile per le coppie omosessuali e la convivenza di fatto possibile sia per le coppie eterosessuali che omosessuali. Questa legge ha avuto il merito di rimediare all'assenza di tutela per le coppie same sex, ma ha anche lasciato un evidente vuoto normativo: non prevede cioè alcun diritto né dovere per gli omosessuali in quanto genitori. « I buoni genitori», sostiene lo psicoterapeuta e fondatore dell'Associazione GeA Genitori Ancòra Fulvio Scaparro, non sono “buoni” sulla base del loro orientamento sessuale. «Quello di cui hanno veramente bisogno i bambini e le bambine per uno sviluppo cognitivo e psicologico equilibrato è la capacità di contenere, la stimolazione cognitiva e affettiva, l'attendibilità e coerenza degli adulti, l'empatia, l'ascolto, la flessibilità e l'attenzione a non essere intrusivi. In pratica la sicurezza e guida della famiglia. Un ambiente non dico privo di tensioni e conflitti ma dove si imparano le regole della convivenza tra diversi e la difficile arte di non trasformare i conflitti in guerra né il confronto in opposizione muro a muro. Non c'è una di queste voci che genitori dello stesso sesso non possano garantire». Come efficacemente sintetizza la collega Adalgisa Pricoco, mediatrice familiare MEDEFitalia nel capitolo da lei curato del libro “Pacificare le relazioni familiari. Tecniche ed esperienze di mediazione familiare” la composizione delle famiglie omogenitoriali è variegata. Alcune famiglie si costituiscono a seguito di una separazione da precedenti relazioni eterosessuali; in altri casi la decisione di diventare genitori avviene attraverso alcune tecniche che sono fortemente vincolate agli ordinamenti giuridici di ciascun Paese. Nello specifico, le coppie possono decidere di diventare genitori adottando un bambino o una bambina, oppure ricorrendo a tecniche che garantiscono un legame genetico con un proprio figlio o una propria figlia: la procreazione medicalmente assistita nel caso di coppie di donne o la gestazione per altri nel caso di coppie di uomini. Le famiglie omogenitoriali non sono attualmente riconosciute dallo Stato italiano pertanto i genitori non possono, entrambi, esercitare gli stessi diritti e doveri sulla prole e i bambini che crescono in queste famiglie non possono godere delle stesse tutele rivolte a tutti gli altri bambini italiani. In Italia, data la mancanza di leggi a favore delle coppie omosessuali, è possibile formalizzare il riconoscimento del ruolo di co-genitore, quindi l'assunzione di diritti e di doveri che questo ruolo comporta, attraverso una scrittura privata che, pur non avendo un valore coercitivo, indubbiamente rappresenta una volontà espressa liberamente anche dal genitore biologico per tutelare l'interesse del minore.
La strada della mediazione familiare
Cosa succede se una coppia dello stesso sesso litiga e giunge alla decisione di porre fine all'unione di coppia? Le coppie omogenitoriali, come tutte le altre, vivono conflitti e difficoltà di rapporto che possono portare a scontri, litigi e anche a rotture del legame familiare. In Italia, a differenza che nelle famiglie normate, non è prevista la regolamentazione di una separazione, consenziente o unilaterale, per una coppia omosessuale, con o senza figli. Confrontarsi quindi su tempi e modi per vedere il figlio, sui diritti e doveri di entrambi i genitori, sugli assegni familiari diventa un percorso ancor più in salita.
A fronte del conflitto e della scelta separativa, la mediazione familiare è uno degli strumenti per facilitare la ripresa del dialogo e la pacificazione delle relazioni e può rappresentare uno strumento funzionale per i genitori dello stesso sesso, come emerge dal progetto di ricerca finanziato dall'Unione Europea e coordinato dall'avvocato M. Moscati Civil Justice Project - Litigious love: same-sex couples and mediation in the European Union, cofinanziato dall'Unione europea nel quadro del programma specifico "Civil Justice" (numero convenzione JUST/2013/JCIV/AG/4667). La ricerca ha evidenziato che, mentre in altri Paesi come Stati Uniti ed Australia, la mediazione è utilizzata già dal 1970 dalle coppie dello stesso sesso, in Europa il ricorso alla mediazione familiare è ancora piuttosto contenuto. Le ragioni di un suo ristretto utilizzo sono principalmente da ricondurre ad una scarsa conoscenza dello strumento della mediazione familiare, alla paura di subire discriminazioni, al desiderio di proteggere la propria privacy rispetto all'orientamento sessuale, alla preferenza verso altri meccanismi di risoluzione dei conflitti. Le coppie intervistate all'interno del citato progetto hanno evidenziato di aver scelto lo strumento della mediazione familiare perché consideravano il ricorso al Tribunale impraticabile, sia in quanto coppie non riconosciute legalmente, sia per il timore che gli stereotipi e l'omofobia di giudici e avvocati influenzassero il giudizio. Tra i vantaggi riscontrati nell'aver usufruito dello spazio di mediazione familiare hanno evidenziato che:
In Italia i mediatori familiari si stanno confrontando da poco con le separazioni delle coppie dello stesso sesso; l'esperienza è ancora molto contenuta ed è probabile che le coppie omogenitoriali che si separano tendano a ricorrere a professionisti vicini alla rete delle Associazioni LGBTQI. La natura dei conflitti tra partner dello stesso sesso
La coppia omogenitoriale porta nella stanza della mediazione conflitti in parte simili a quelli delle coppie eterosessuali sul piano della sofferenza, della delusione per un sogno infranto, della paura di un futuro incerto. Nel primo training formativo organizzato nell'ambito del progetto di ricerca precedentemente citato “Litigious Love: Same-Sex Couples and Mediation in the European Union” effettuato a Bergamo nei giorni 25-27 settembre 2014, ricercatori provenienti da diversi Paesi Europei hanno confrontato esperienze e indicatori ed è emerso che le coppie dello stesso sesso litigano prevalentemente per:
Questi motivi possono essere acuiti da fattori esterni alla coppia come la pressione sociale, l'omofobia, l'omofobia interiorizzata, le discriminazioni, la mancanza di riconoscimento legale della coppia, la limitata fiducia in sé stessi derivante dalla discriminazione sofferta in famiglia o al lavoro ecc.
La mediazione familiare con coppie omosessuali presenta aspetti comuni e aspetti specifici rispetto ai percorsi svolti da genitori eterosessuali. Innanzitutto, nel caso di questioni relative al ruolo e alla funzione genitoriale, nelle coppie LGBTQI esistono diversi tipi di genitori: biologici, legali, sociali o psicologici (percepiti come genitori dal bambino perché condividono con lui la quotidianità). Per questi motivi in una mediazione con coppie LGBTQI ci possono essere 2, 4, 6, 8 genitori: tutti possono avere voce in capitolo ed essere coinvolti. Il ruolo del mediatore familiare
Il mediatore familiare agisce come facilitatore della comunicazione e aiuta la coppia genitoriale a riconoscere le questioni sottostanti, i bisogni di ciascuno e a costruire accordi consapevoli e responsabili per il benessere dei figli e di loro stessi.
Il mediatore familiare deve fare i conti con il proprio mondo interiore, interrogandosi sugli eventuali pregiudizi che nutre nei confronti di coppia omogenitoriale. Questo processo è indispensabile per poter aiutare e sostenere questi genitori a costruire il proprio percorso separativo e di tutela dei figli.
È fondamentale che i mediatori familiari approfondiscano gli aspetti della cultura LGBTQI: ignorarne le specificità non permette di comprendere le dinamiche relazionali, sociali e culturali e di svolgere il proprio ruolo con competenza. Il mediatore deve anche:
Per quanto riguarda la nostra pratica di mediatori familiari, pur consapevoli che la mediazione non sia il rimedio per tutti i mali né lo strumento che può risolvere le carenze e i problemi legati alla mancanza di tutela legale, riteniamo importante che le coppie omogenitoriali che si separano possano intraprenderla, anche e soprattutto al di fuori delle loro Associazioni e comunità LGBTQI al fine di aiutare i genitori omosessuali a uscire dall'invisibilità, favorire il processo di cambiamento culturale nella società e ancor più garantire ai figli, tutti i figli, continuità dei legami affettivi e relazionali. Riferimenti
F. Scaparro e C. Vendramini (a cura di) Pacificare le relazioni familiari. Tecniche ed esperienze di mediazione familiare ed. Erickson 2018 Moscati M.F. (2014) Same-Sex Couples and Mediation: A practical Handbook [www.litigiouslove.eu] Moscati M. F. (2015) Litigious Love – Same-sex couples and Mediation in the European Union |