Inammissibili i nuovi motivi di impugnazione proposti dal P.M. via PEC
19 Novembre 2020
In un procedimento per il reato di associazione con finalità di terrorismo, danneggiamento seguito da incendio ed altro e atti vandalici compiuti nell'ambito di una manifestazione, il Pubblico Ministero ha trasmesso via PEC dei nuovi motivi di impugnazione alla cancelleria della Corte di Cassazione. Inoltre, la Suprema Corte ribadisce la specifica rilevanza dell'accertamento dell'identità di colui che sottoscrive l'atto impugnato, così che la procedura di deposito dell'atto assume una funzione essenziale e strumentale per verificare la legittimazione di colui che propone l'impugnazione, che non può essere sostituita dalla semplice trasmissione dell'atto stesso per mezzo della posta elettronica o del fax.
La portata innovativa dell'art. 24, commi 4 e 5, d.l. n. 137/2020 (decreto Ristori), che ha fatto riferimento a «tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati», spiega la Corte, è frutto di un intervento normativo di urgenza volto a contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e pare riguardare solo gli atti relativi alla fase ex art. 415-bis c.p.p. presso gli uffici della Procura della Repubblica. Inoltre, per la gerarchia delle fonti, anche in presenza di un provvedimento del DGSIA, «è dubbio che un provvedimento dirigenziale di natura tecnica possa derogare a precise previsioni di rango primario che regolano il deposito di significativi atti del processo penale come le impugnazioni, per i quali sono stabilite modalità e forme particolari». La disposizione di livello primario (art. 4 d.l. n. 193/2009) non risulta espressamente derogata, quanto all'uso della PEC, dal d.l. Ristori.
Dunque, la Cassazione conclude per l'inammissibilità della proposizione di motivi nuovi inviati dal PM via PEC alla cancelleria della Cassazione, non essendo tali modalità conformi alle disposizioni ex artt. 582 e ss. c.p.p., essendo tassativa la modalità di presentazione delle impugnazioni e non essendo stata tale modalità derogata dalle previsioni introdotte dall'art. 24, comma 4, del Decreto Ristori, mancando inoltre l'individuazione, tramite necessarie norme tecniche, dell'indirizzo PEC abilitato alla ricezione e delle specifiche tecniche relative ai formati degli atti che possono essere trasmessi. Alla luce di tali considerazioni la Cassazione chiarisce che l'atto trasmesso via PEC dal PM ricorrente sarà considerato come una memoria di parte.
Fonte: ilprocessotelematico.it
v. anche GIORDANO L., L'art. 24 del cd. decreto Ristori permette la presentazione di impugnazioni a mezzo PEC? |