Assegno divorzile: la funzione assistenziale è prevalente?
23 Novembre 2020
Massima
A fronte di una accertata non autosufficienza economica dell'ex coniuge richiedente, l'assegno divorzile può anche fondarsi in via prevalente o esclusiva sul criterio assistenziale, senza valutare, o anche laddove non si possa valutare compiutamente, il profilo perequativo o compensativo. Il caso
In un procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale aveva assegnato la casa familiare, in comproprietà tra i coniugi, al marito perché vi continuasse a vivere con il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, respingendo la domanda della moglie di riconoscimento di un assegno divorzile di 700 euro mensili. La Corte d'Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza impugnata, stabiliva in favore della ex moglie un assegno di 250 euro mensili, considerato che non svolgeva un'attività lavorativa stabile e ben difficilmente avrebbe potuto inserirsi nel mondo del lavoro proficuamente, tenuto conto dell'età (all'epoca cinquantaduenne), laddove l'ex marito era lavoratore dipendente con un reddito anno netto pari a € 20.853,00, oltre che assegnatario della casa familiare seppur sostenendo l'onere di rimborso del rateo del mutuo e del mantenimento del figlio con lui convivente. Proponeva quindi ricorso in Cassazione l'ex marito lamentando tre motivi di impugnazione: a) violazione e falsa applicazione, exart. 360 c.p.c. n.3, l. 898/1970, art. 5 comma 6, essendosi riconosciuta la spettanza all'ex moglie di un assegno divorzile, in difetto di una compiuta verifica della mancanza dell'indipendenza economica da parte dell'istante ovvero dell'impossibilità per ragioni oggettive di raggiungerla, nella specie insussistenti; b) violazione, ex art. 360 c.p.c., n.4, dell'art. 115 c.p.c., avendo la Corte di merito posto a fondamento della decisione fatti e circostanze non provate, in difetto di dimostrazione, da parte dell'ex coniuge, dell'assenza di autonomia economica ovvero dell'impossibilità di essere autosufficiente economicamente; infine, c) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c. n. per motivazione apparente, perplessa e incomprensibile, ex art. 132 c.p.c. e 115 c.p.c.. Resisteva con controricorso l'ex moglie.
La questione
Le questioni affrontate sono due, la prima è se, in presenza di disparità reddituale tra ex coniugi e considerata l'inadeguatezza dei redditi dell'ex moglie stante lo stato di disoccupazione, l'assegno divorzile si possa fondare anche solo sul criterio assistenziale, anche senza alcuna indagine sulla riconducibilità del divario al sacrificio sopportato per avere rinunciato, in funzione della contribuzione ai bisogni della famiglia, alla propria realizzazione professionale. La seconda attiene l'onere probatorio, caratterizzato in materia di assegno divorzile, da frequente ricorso a tre principi: non contestazione, utilizzo dei fatti notori e delle cd. presunzioni Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento torna ad occuparsi del diritto dell'ex coniuge all'assegno divorzile, dei presupposti per il riconoscimento e della funzione dell'emolumento alla luce della nota pronuncia delle Sezioni Unite Cass. n. 18287/2018. Nel rigettare il ricorso proposto dall'ex marito ritenendo infondate tutte le censure promosse, quanto alla prima, viene ricordato che la Suprema Corte, con la sentenza Cass. n. 18287/2018 ha chiarito che: 1) il presupposto dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della l. n. 898/1970, art. 5, comma 6, è l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto; 2) «all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate»; 3) «la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi». I succitati principi, applicati al caso di specie, comportano che la Corte d'Appello ha correttamente valutato il presupposto dell'assegno divorzile dando rilievo alla disparità reddituale tra ex coniugi, addirittura essendo l'ex moglie disoccupata ed avendo la stessa allegato di non poter più svolgere neanche le mansioni di addetta alle pulizie, che prima le consentivano un reddito seppur esiguo. Oltre all'assenza di un reddito da lavoro da parte della donna, sono valsi l'età non più giovane, la situazione del mercato del lavoro e la circostanza che ella fosse solo comproprietaria dell'immobile assegnato peraltro all'ex marito. La seconda questione esaminata riguarda la valutazione delle risultanze probatorie, dichiarata del pari inammissibile dalla Corte la quale evidenzia che l'onere probatorio nei giudizi in tema di assegno divorzile può essere alleggerito allorchè talune circostanze possano ritenersi acquisite senza necessità di specifica prova, attraverso tre meccanismi concorrenti, vale a dire la mancata contestazione di fatti specificamente esposti (art. 115 c.p.c. comma1) il ricorso a fatti notori (art. 115c.p.c. comma 2) il richiamo a presunzioni semplici (art. 2729 c.c.). Nella specie, ritiene la Suprema Corte (richiamando oltre alla sentenza Cass. 18287/2018 un altro precedente in merito, Cass. civile, sez. I, sent., 30 agosto 2019, n.21926) che possa «ritenersi che, anche alla luce della nuova elaborazione ermeneutica dell'art. 5, comma 6, deve essere riconosciuto il diritto all'assegno divorzile, nell'ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente, anche ove non possano essere valutati gli altri criteri, ancorchè equiordinati, previsti dalla norma, in virtù del rilievo primario dei principi solidaristici di derivazione costituzionale che informano i modelli relazionali familiari, sempre previo preliminare esame comparativo delle condizioni economico patrimoniali delle parti». Nella specie, secondo l'ordinanza in commento, la Corte territoriale avrebbe correttamente dato rilievo alla funzione assistenziale dell'assegno divorzile a fronte dell'accertata disparità economica tra gli ex coniugi e alla condizione di disoccupazione dell'istante l'assegno divorzile. Ciò in quanto a fronte dell'accertata non autosufficienza economica dell'ex coniuge richiedente, l'assegno divorzile può fondarsi in via esclusiva o prevalente sul criterio assistenziale, senza valutare quello perequativo o compensativo Infine, la Corte ritiene infondato anche il terzo motivo di ricorso, sul presupposto che la Corte di merito avrebbe esaustivamente vagliato il materiale probatorio e motivato in modo logico e coerente, dando conto della sperequatezza reddituale tra gli ex coniugi, dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'impossibilità oggettiva di procurarseli in considerazione dell'età dell'ex moglie, nonché della durata lunga del matrimonio (richiamando sul punto Cass. civ.,sez. un., 3 novembre 2016 n. 22232). Osservazioni
Con la sentenza delle Sezioni Unite Cass. 18287/2018 (in dottrina, fra i tanti: Cattaneo A., L'assegno di divorzio: dal criterio misto al tenore di vita, andata e ritorno, in ilFamiliarista; Simeone A., Il nuovo assegno di divorzio dopo le Sezioni Unite, in ilFamiliarista; Al Mureden, L'assegno divorzile e l'assegno di mantenimento dopo la decisione delle Sezioni Unite, in Famiglia e diritto, 2018, pp. 1019 ss.; Sesta, Attribuzione e determinazione dell'assegno divorzile: - la rilevanza delle scelte di indirizzo della vita famigliare, in Famiglia e diritto, 2018 pp. 983 ss.; tra la giurisprudenza più recente Cass. civ., ord., 13 febbraio 2020 n. 3662, Cass. civ. ordinanza 28 febbraio 2020 n. 5603) sono stati ridisegnati i confini dell'assegno divorzile, dando rilevanza a profili che in precedenza non venivano considerati, in particolare quello dei motivi determinanti lo squilibrio tra le posizioni economico patrimoniali degli ex coniugi al momento della cessazione del vincolo. La nota pronuncia si pone da un lato in linea di continuità con la precedente sentenza della prima sezione della Cassazione, Cass. n. 11504/2017, la quale aveva avuto il merito di scardinare il riferimento al parametro del tenore di vita matrimoniale nella determinazione dell'an e del quantum dell'assegno di divorzio, ma al contempo introduce un elemento di novità, ossia il riconoscimento all'assegno di divorzio di una funzione non solo assistenziale (qualora la situazione economico patrimoniale del coniuge richiedente non gli garantisca l'autosufficienza) ma anche compensativo-perequativa se ne sussistono i presupposti, da individuarsi secondo gli equiordinati criteri enunciati dall'art. 5, comma 6, l. 898/1970 (ossia la valutazione compartiva delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto). Imprescindibile quindi sarebbe l'indagine sui comportamenti assunti dai coniugi durante la vita matrimoniale in termini di impegno profuso nella cura della famiglia e nella crescita dei figli e correlata possibilità per l'altro coniuge di dedicarsi in via prevalente all'attività professionale incrementando il proprio patrimonio e migliorando la propria condizione economica. Colpisce pertanto, almeno prima facie, la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza che si annota, in una situazione ove, dalla lettura dei fatti di causa, non si evince alcun contributo particolare dell'ex moglie alla formazione del patrimonio dell'ex coniuge e di quello comune. A ben vedere tuttavia il risultato cui si giunge, ovvero il riconoscimento per l'ex moglie di un assegno divorzile a fronte della disparità economica e dello stato di disoccupazione della donna è coerente con il principio solidaristico di derivazione costituzionale che fonda il diritto al “nuovo” assegno di divorzio. Si evince infatti dall'ordinanza che il presupposto dell'assegno divorzile resta l'inadeguatezza (pur parametrata a tutti i criteri enunciato dall'art. 5 comma 6) dei mezzi del coniuge richiedente e l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Invero negli ultimi tempi si rinvengono diverse pronunce che affermano una sostanziale prevalenza della natura assistenziale dell'emolumento divorzile rispetto a quella compensativa e perequativa, seppure le tre funzioni siano individuate dalla sentenza 18287 tra di loro in concorso (Cass. civ., ord., 10 aprile 2019, n.10084, Cass. civ., sent., 9 agosto 2019 n. 21228, Cass. civ. 7 ottobre 2019 n. 24934 in questa rivista con nota di Celentano S., Assegno divorzile: l'indipendenza economica e l'autoresposabilità del singolo, Piantanida D., L'ex coniuge contribuisce poco o nulla alla ricchezza familiare: salva la funzione assistenziale dell'assegno, in ilFamiliarista.it). In sintesi, non sempre è necessario verificare i ruoli endofamiliari e i sacrifici economici restrittivi dell'affermazione di una propria autonoma situazione economica da parte del richiedente l'assegno, allorchè la assenza di redditi sia conclamata. In detti casi, essendo i mezzi palesemente inadeguati ed essendo positivamente riscontrata l'impossibilità oggettiva di procurarseli, la componente assistenziale dell'assegno è assorbente. In ciò si esplica anche l'operatività del principio solidaristico sancito dalla Costituzione. Correttamente poi l'assegno deve essere tale da garantire una indipendenza economica nel senso di un'esistenza libera e dignitosa, quindi qualcosa in più della mera sopravvivenza ma qualcosa in meno di quanto potrebbe poi configurare un'indebita locupletazione ai danni dell'altro coniuge (sul fatto che l'indipendenza economica non sia “bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità” e che vada intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un'esistenza economicamente autonoma e dignitosa, considerando i bisogni del richiedente l'assegno come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale, Cass. civ., 7 febbraio 2018 n. 3015) Sul giudizio di adeguatezza dei mezzi e in particolare ai fini della determinazione del quantum dell'assegno, incidono poi gli ulteriori criteri individuati dall'art. 5 comma 6, in primis la durata del matrimonio - ciò in quanto, chiaramente, nei matrimoni di media lunga durata è più agevole riscontrare sacrifici e rinunce - , da intendersi, a sommesso parere di chi scrive, nel senso di durata effettiva della convivenza matrimoniale contraddistinta dalla reciproca assistenza e collaborazione, a prescindere quindi dal lasso temporale intercorso tra la celebrazione del matrimonio e l'intervenuta sentenza di divorzio. Ma incide altresì l'età anagrafica del richiedente e la situazione del mercato del lavoro, come evidenziato anche nell'ordinanza in commento, in ciò esplicandosi anche la funzione “sociale” che l'assegno divorzile assolve, nei casi in cui esso sia destinato a supplire alla carenze di strumenti diversi che garantiscano all'ex coniuge “debole” un'esistenza dignitosa. La soluzione cui si perviene, in questa pronuncia come nelle altre che individuano nella funzione assistenziale, di fatto, quella precipuamente assolta dall'assegno di divorzio, pare invero la più equilibrata nei casi in cui all'esito di un matrimonio di lunga durata, tenuto conto dell'età non più giovane del richiedente l'assegno, questi si trovi in una posizione di assoluta non autosufficienza purchè non determinata da inerzia colpevole. In detti casi, subordinare l'assegno divorzile all'esito positivo dell'indagine della riconducibilità della disparità economica al sacrificio endofamiliare di uno che fosse condiviso dall'altro, anche tenuto conto che talora detta indagine non è agevolmente fattibile, rischierebbe di originare situazioni di oggettiva ingiustizia sostanziale.
Sui restanti due profili di inammissibilità e relative questioni di diritto, non sono introdotti particolari elementi di novità, atteso che vengono enunciati concetti oramai consolidati. Quanto all'accertamento dello squilibrio economico patrimoniale, occorre, in generale, che il Giudice abbia conoscenza del quadro economico patrimoniale di entrambe le parti mediante la produzione di documentazione ma anche attraverso i poteri officiosi che gli sono attribuiti, sui quali la sentenza della Sezioni Unite pone enfasi particolare. Può dirsi quindi che la prova dello squilibrio non è a carico del richiedente l'assegno. L'istante è invece onerato della prova del suo sacrificio endo familiare. Detta prova può essere fornita con ogni mezzo, quindi anche mediante presunzioni. La prova del nesso causale tra i sacrifici (provati) e la disparità reddituale all'epoca del divorzio, secondo le Sezioni Unite, deve invece essere data in modo rigoroso ed è, anche'essa a carico del richiedente l'assegno. Invero, in questa materia, al di là delle risultanze delle prove orali, trova ampio spazio l'applicazione del principio di non contestazione, il ricorso ai fatti notori e alle presunzioni (ad. Es App. Napoli 10 gennaio 2019). Quanto al primo (art. 115 comma 1 c.p.c. in dottrina per tutti Taruffo sub- art. 115 c.p.c. in Carratta-Taruffo, Poteri del Giudice, Commentario del c.p.c., Libro primo: disposizioni generali, artt. 112-120 a cura di Chiarloni, Bologna, 2011, 488 ss. Numerose le pronunce di merito: Trib. Roma 11 ottobre 2018, Trib. Civitavecchia 14 settembre 2018) le parti devono sempre puntualmente e specificamente contestare i fatti addotti dall'altra parte a fondamento delle proprie domande. Relativamente alle cd. presunzioni, è la materia stessa che si presta al massiccio ricorso a ragionamenti inferenziali che partendo da fatti noti (ad esempio l'età, il prolungato stato di disoccupazione, ecc.) conducano a ritenere sussistente la rinuncia e il sacrificio di un coniuge derivanti dall'assunzione preponderante dei compiti domestici (in materia, Simeone A., L'assegno di divorzio dopo le Sezioni Unite n. 18287/2018, Milano, 2018). Nel caso che si commenta, il marito si duole che non sia stata provata dall'ex moglie l'assenza dell'autonomia economica ovvero l'impossibilità di essere autosufficiente economicamente, ma la Corte, correttamente, evidenziando la disparità economica (accertata si presume in via documentale), lo stato di disoccupazione, nonchè l'impossibilità oggettiva si reperire un'attività in considerazione dell'età e delle condizioni del mercato del lavoro, ritiene siano stati assunti elementi sufficienti per riconoscere l'assegno divorzile in funzione assistenziale, a prescindere dai diversi profili, perequativo o compensativo (a cui nel provvedimento peraltro non si fa cenno). Infine, parimenti infondato è il terzo motivo. Il vizio di motivazione meramente apparente od omessa motivazione su un punto decisivo viene escluso nel caso di specie, ritenendosi che la Corte di merito avesse espresso in modo esaustivo seppur sintetico le ragioni giuridiche poste a fondamento della propria decisione, dunque in maniere corretta anche alla luce della sentenza delle Sezioni Unite, Cass. civ., sez. un., 3 novembre 2016, n. 22232 che delinea i presupposti del vizio suddetto, inesistenti nel caso di specie. |