Accesso all'aula virtuale: quando un minuto di ritardo può fare la differenza

24 Novembre 2020

Con un'ordinanza cautelare il TAR Lombardia sezione di Brescia offre uno spaccato di vita quotidiana nelle aule giudiziarie virtuali in particolare su qualcosa che potrebbe sempre accadere (e non sempre, però, per cause imputabili): un ritardo di qualche minuto nella connessione.

L'ordinanza cautelare n. 350 del 19 novembre 2020 del Tar Lombardia sezione di Brescia offre uno spaccato di vita quotidiana nelle aule giudiziarie virtuali (nel caso di specie della giustizia amministrativa) in particolare su qualcosa che potrebbe sempre accadere (e non sempre, però, per cause imputabili): un ritardo di qualche minuto nella connessione.

Ma cosa era successo? Il TAR aveva fissato un'udienza cautelare (da remoto) per le ore 10.30 e, come da programma, «la controversia è stata chiamata per la discussione, così come programmato e comunicato alle parti, alle ore 10.30».

Sala d'attesa virtuale… Senonché – si legge nell'ordinanza - «in tale orario nella apposita “sala d'attesa” virtuale era presente solo il procuratore dell'Amministrazione resistente, che, ammesso a partecipare all'udienza telematica, constata l'assenza della controparte, si è rimesso agli scritti».

Una volta che il procuratore di parte resistente si era riportato agli atti, il Collegio aveva, quindi, deciso di trattenere la causa in decisione come risulta dalla ricostruzione in fatto nell'ordinanza: «alle ore 10.31 la controversia è stata trattenuta in decisione».

… e ricorrente in ritardo. Ma – se fossimo stati nel palazzo fisico – fuori dalla porta dell'aula di udienza e, quindi, tornando al digitale, in “sala d'attesa” virtuale solo qualche minuto dopo la chiusura del collegamento con il procuratore di parte resistente era presente il procuratore di parte ricorrente.

Senonché, quella presenza (e ipotizziamo la richiesta di partecipare all'udienza) è stata ritenuta dal Collegio «inammissibile, in quanto tardiva».

La sala dei passi perduti. Ebbene, al di là della fattispecie concreta (caratterizzata dall'essersi svolta nel giro di “qualche minuto”), il caso che emerge dall'ordinanza consente di richiamare all'attenzione un aspetto decisivo delle udienze telematiche: la sala d'attesa virtuale è come la sala dei passi perduti dei palazzi dei tribunali e ogni ritardo (o distrazione) quando siamo in modalità digitale potrebbe costare caro anche perché – diversamente dalla presenza dove magari la voce di chi chiama l'udienza potrebbe richiamare l'attenzione – la chiusura dell'udienza (chiamata in perfetto orario) non consente una riapertura del verbale per la parte che non ha fatto in tempo.

Dall'altra parte, però, è bene ricordare che anche nell'udienza digitale la parte potrebbe comparire in ritardo: se l'udienza è ancora in corso (non era questo, probabilmente, il caso) è opportuno che il giudice dia atto che, prima della chiusura del verbale, ha verificato che nella sala virtuale di attesa non vi fosse nessuno (legittimato) che chiedeva di essere ammesso (seppur in ritardo).

Del resto, secondo la Guida recante Partecipazione alle Udienze Telematiche della Giustizia Amministrativa attraverso l'impiego di Microsoft Teams «Teams non consente l'interazione con il personale impegnato nella riunione (ossia in udienza) durante il periodo di permanenza in “sala d'attesa”. (così si legge a pagina 9)».

Infine, poiché un problema tecnico (magari una caduta di linea) potrebbe sempre capitare proprio nel momento del collegamento all'udienza una “seconda chiamata” potrebbe essere una soluzione opportuna per evitare ipotesi di penalizzazione di condotte incolpevoli e soprattutto per evitare che venga alimentata una disaffezione dell'avvocatura nelle potenzialità delle udienze da remoto (verso le quali chi scrive ha sempre manifestato la propria convinta adesione perché capaci di rendere – anche un volta usciti dall'emergenza – più efficace ed efficiente la macchina giudiziaria).

E ciò anche perché – sempre dalla Guida– emerge che il problema potrebbe derivare proprio dalle regole tecniche che non consentono all'avvocato di rimanere in sala d'attesa per più di trenta minuti: decorso quel tempo nel brevissimo volgere di due o tre secondi il sistema chiede se vuole essere riammesso senza necessità di una nuova procedura.

Ciò significa che la distrazione di due o tre secondi potrebbe determinare la necessità di dover rifare la procedura con conseguente perdita di tempo (di cui occorrerà tenere conto anche alla luce dell'avvertimento “i difensori avranno l'onere di monitorare la propria situazione di attesa e dovranno provvedere a riproporre tempestivamente la propria richiesta, senza chiudere la finestra, attraverso la funzione predetta”).

Peraltro, l'opportunità (se non la necessità) di applicare le regole del processo telematico (specie in fase di avvio) in modo tale da diminuire il rischio di effetti collaterali derivanti dal mancato funzionamento delle infrastrutture è alla base anche del protocollo sulle udienze civili dove si legge che «in caso di malfunzionamenti, di scollegamenti involontari e di impossibilità di ripristino, il giudice dovrà rinviare l'udienza, facendo dare comunicazione alle parti del verbale d'udienza contenente il disposto rinvio».

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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