Di mamma non ce n'è una sola a Bologna come a Trento
01 Dicembre 2020
Massima
L'atto di nascita, formato nel Comune dove è avvenuto il parto ed attestante la maternità in capo alla donna che ha partorito e alla sua compagna, che ha condiviso con lei il progetto genitoriale, con attribuzione al nato del doppio cognome, deve essere fedelmente ed integralmente trascritto nei registri dello stato civile del Comune di residenza della coppia. Il caso
Una donna condivide con la compagna il desiderio di genitorialità; ricorre pertanto alla procreazione medicalmente assistita con seme di donatore anonimo. Nasce una bimba, per la quale l'Ufficiale di stato civile del Comune di Bologna, ove è avvenuto il parto, forma un atto di nascita ove genitori sono indicati rispettivamente la donna che ha partorito e la sua compagna, con attribuzione alla neonata del doppio cognome. L'Ufficiale di stato civile del Comune di Trento, dove la coppia risiede, rifiuta di trascrivere l'atto di nascita nella sua interezza, indicando come genitore la sola madre biologica, con attribuzione alla figlia esclusivamente del solo cognome di costei. Le interessate ricorrono al Tribunale che, in accoglimento delle loro istanze, ordina all'Ufficiale di stato civile trentino l'integrale trascrizione dell'atto di nascita. La questione
L'Ufficiale di stato civile può rifiutarsi di trascrivere un atto di nascita formato in Italia, nel quale sono indicate come genitori due donne, adducendo un contrasto con l'ordine pubblico? Le soluzioni giuridiche
Come è noto, ai sensi dell'art. 30 d.p.r. 396/2000, la dichiarazione di nascita può essere resa, da uno dei genitori o da chi ha assistito al parto, entro dieci giorni dalla nascita, presso il Comune ove è avvenuto il parto stesso, ovvero, in alternativa, entro tre giorni, presso la struttura dove si è verificata la nascita. In quest'ultimo caso, la dichiarazione può contenere anche il riconoscimento di figlio nato fuori del matrimonio ed è trasmessa all'ufficiale dello stato civile del luogo, ovvero, su richiesta dei genitori al Comune di loro residenza o di quello della madre. L'ufficiale dello stato civile forma poi l'atto di nascita con il contenuto di cui all'art. 29 dello stesso d.p.r. Una volta forma formato l'atto di nascita, sarà trascritto nel Comune di residenza dei genitori. Per i figli nati fuori del matrimonio, l'atto di nascita contiene anche il riconoscimento da parte di uno o di entrambi i genitori. La peculiarità del caso di specie è data dal fatto che la neonata risulta iscritta come figlia di due madri: colei che l'ha concepita (a seguito di ricorso alle tecniche di fecondazione assistita) e successivamente partorita e la sua compagna, che ha condiviso con lei un progetto familiare. L'Ufficiale di stato civile del Comune di Bologna aveva provveduto a formare un atto di nascita in tal senso, attribuendo rilevanza alla c.d. generalità d'intenzione, svincolata dall'elemento genetico. È noto peraltro come recentemente la Corte di Cassazione abbia affermato la nullità di atti di nascita corrispondenti a quello di cui si tratta, per contrasto con principi di ordine pubblico (Cass. n- 7668/2020; Cass. 8029/2020) sulla scorta anche di una recente pronuncia della Corte costituzionale, che aveva respinto una questione di costituzionalità dell'art. 4 della l. 40/2004, nella parte in cui non consente alla donna single o alla coppia di donne lesbiche di accedere alla p.m.a. (Corte cost. 23 ottobre 2019, n. 221). La peculiare questione risolta dalla pronuncia in esame concerne i rapporti tra iscrizione e trascrizione di un atto di nascita. Più propriamente, l'iscrizione riguarda il momento di formazione dell'atto sulla base delle dichiarazioni e dei documenti messi a disposizione dell'ufficiale di stato civile, la trascrizione invece si riferisce alla riproduzione di un atto già formato. Nella specie, l'Ufficiale di stato civile di Trento aveva rifiutato di procedere alla trascrizione integrale dell'atto di nascita formato a Bologna, inserendo solo la genitorialità di colei che aveva partorito, con attribuzione alla bambina dell'unico cognome di costei. Ciò nel presupposto di poter esercitare un controllo di legittimità, e quindi di rispondenza all'ordine pubblico sull'atto di nascita stesso. Tale controllo peraltro non è ammissibile. Il r.d. 396/2000 infatti prevede non potersi fare luogo alla trascrizione, perché in contrasto con l'ordine pubblico, solo di atti formati all'estero. La ragione è chiara: evitare che atti dello stato civile formati in ordinamenti stranieri, magari molto diversi dai nostri, possano avere efficacia in Italia, pur se difformi dai principi fondamentali su cui si basano i nostri rapporti di famiglia o lo stato della persona. In questo senso, non possono non ricordarsi alcune celebri pronunce della Corte di Cassazione in fattispecie molto discusse, che avevano visto soluzioni differenti nei gradi di merito. Si è infatti affermato potersi trascrivere in Italia l'atto di nascita spagnolo, in cui ad un bambino erano state attribuite due madri (colei che aveva messo a disposizione l'ovocita per una fecondazione in vitro con seme di donatore anonimo e colei nel cui utero era stato inserito l'embrione e, dopo la gestazione, aveva partorito) (Cass. 19599/2016); del pari era stata ammessa la trascrizione di una rettifica di atto di nascita gallese, in cui la maternità era attribuita anche alla compagna di colei che aveva partorito un figlio, in adesione ad un progetto condiviso (Cass. 14878/2017). Sviluppando le tesi ivi espresse, una recente decisione di merito aveva ritenuto ammissibile la formazione di un atto di nascita con due madri (quella genetica e quella che si era fatta carico della gravidanza e del parto), ancorchè la nascita fosse avvenuta in Italia (Trib. Rimini 3 dicembre 2019 con nota Figone A., Bimbi con due mamme anche se nati in Italia, in IlFamiliarista). Per gli atti formati in Italia, nessun sindacato è ammesso da parte dell'Ufficiale di stato civile incaricato della trascrizione dell'atto; ciò nel presupposto che esso sia già stato effettuato al momento dell'iscrizione. Si potrebbe altrimenti verificare una situazione paradossale, per cui, all'interno dello Stato italiano, una persona potrebbe avere uno status familiae diverso, a seconda della regione o della città, con tutte le implicazioni che ne deriverebbero, sotto il profilo personale (lesione dell'identità personale e del diritto alle origini), ma anche patrimoniale (obblighi di mantenimento ed alimentari, rapporti successori). In altri termini, la trascrizione non può essere rifiutata a fronte di una nuova e diversa valutazione circa la legittimità dell'atto. Come osserva il Tribunale di Trento, la conclusione è confermata dall'art. 98 del r.d. 396/2000, che attribuisce il potere di correzione di errori materiali al solo Ufficiale di stato civile, che formò l'atto poi iscritto. Osservazioni
La pronuncia in esame si inserisce nella più ampia tematica relativa all'omogenitorialità e, più in generale, della genitorialità intenzionale. Malgrado gli sforzi compiuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, per una diversa visione della genitorialità, strettamente connessa all'assunzione dei doveri di mantenimento, crescita ed assistenza di un minore, si assiste a frequenti battute d'arresto che riportano la costituzione di un rapporto genitoriale all'esistenza di un legame genetico. Il tutto, ovviamente, in un contesto in cui si esclude la parificazione dello status genitoriale in caso di nascite all'interno di un progetto coltivato dai componenti di una coppia same sex, come tale fisiologicamente inidonei alla riproduzione tra loro. Non è questa la sede per tornare su argomenti, su cui ho avuto occasione di esprimere il mio pensiero anche in tempi recenti, auspicando il superamento di un'impostazione oramai risalente, che discrimina le persone a seconda del loro orientamento sessuale e pregiudica il minore che, comunque, sia venuto al mondo con l'ausilio della scienza medica, non disgiunto talora dall'intervento di una madre surrogata, nei Paesi il cui ordinamento consente l'accesso alla genitorialità anche per persone non in grado di veder realizzato un progetto di genitorialità in modo “normale” (persone singole, coppie dello stesso sesso, ma anche coppie eterosessuali, afflitte da patologie che rendano impossibile alla donna la gestazione, ovvero formate da persone avanti negli anni). L'imitatio naturae, che giustifica l'istituto dell'adozione “piena” ancora alle condizioni introdotte nel 1983, sulla scorta di quelle del 1967, non rappresenta certo un parametro cui riferirsi per rendere realizzabile il desiderio di genitorialità per i soggetti sopra individuati, ed in particolare per le coppie dello stesso sesso. Ad onta del riconoscimento (necessario ed imprescindibile) del vincolo, realizzato, tramite l'unione civile, con l. 76/2016, ad oggi quelle coppie di vedono precluso il ricorso all'adozione di un minore in stato di abbandono, che devolverebbe ad entrambi i componenti della coppia un ruolo genitoriale pieno e paritario. L'adozione in casi particolari ex art. 44 l. 184/1983, sulla cui praticabilità oggi non vi dovrebbe essere più dubbio alcuno, rappresenta pur sempre una soluzione non del tutto soddisfacente, una sorta di “minimo sindacale”, per attribuire una quasi-genitorialità alla persona dello stesso sesso del genitore biologico, cui è legata sentimentalmente. In questo contesto non si può che concordare con la decisione del Tribunale di Trento. Le conseguenze che sarebbero derivate da una trascrizione dell'atto di nascita differente dalla sua iscrizione sarebbero aberranti: una bambina, a corrente alternata, con due genitori e due cognomi, ma anche con una sola mamma ed un solo cognome contemporaneamente. Un motivo in più per affrontare con la dovuta riflessione e senza pregiudizi il tema della costituzione del rapporto di filiazione, che si porrebbe quale doveroso completamento della riforma dello status filiationis del 2012/2013. |