Il mancato pagamento delle fatture emesse dalla S.A. nell'ambito di un precedente contratto, mai venuto ad esistenza, non costituisce indice di inaffidabilità

Angelica Cardi
04 Dicembre 2020

Non può essere valutato come indice d'inaffidabilità professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/16 il mancato pagamento delle fatture emesse dalla S.A. nell'ambito dell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che, però, non è mai venuto in essere, in ragione della carenza della forma scritta.

Il caso. La controversia trae origine dall'esclusione da parte della stazione appaltante della società, odierna ricorrente, dalla procedura di gara per la cessione di indumenti, accessori di abbigliamento ed altri manufatti tessili confezionati post-consumo provenienti dalla raccolta differenziata nel territorio del Comune di Roma.

In particolare, l'esclusione era avvenuta ai sensi dell'art. 80, comma 5, lettera c) d.lgs. n. 50/16, in quanto la ricorrente, secondo la stazione appaltante, si era resa responsabile di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tali illeciti consistevano nel mancato pagamento delle fatture pari ad euro 3.121.385,02 emesse dalla stazione appaltante stessa nell'ambito dell'esecuzione del precedente contratto di appalto, avente il medesimo oggetto della procedura cui afferisce l'atto oggetto dell'odierna controversia.

La questione. La società esclusa impugnava, pertanto, dinanzi al TAR il provvedimento di esclusione censurando, nel merito, l'insussistenza di una condotta astrattamente qualificabile in termini di “grave illecito professionale”. In particolare, la ricorrente adduceva che il gravato provvedimento di esclusione si fondava su una circostanza, quale l'inadempimento sopra citato, priva di rilevanza giuridica essendo afferente ad un rapporto non formalizzato in uno specifico contratto. La mancanza di un contratto sottoscritto da entrambe le parti, infatti, secondo la ricorrente, oltre a comportare un'obiettiva incertezza in ordine al corrispettivo a suo carico, aveva reso il rapporto privo di alcun valido titolo giuridico. Né, ad avviso della ricorrente, la mancata sottoscrizione poteva essere ritenuta sanata da comportamenti concludenti delle parti.

Ed infatti, dalla ricostruzione operata dalla ricorrente e dagli atti depositata risultava, in merito al contratto di cui la stazione appaltante lamentava l'inadempimento, che la stessa, dopo avere assegnato l'appalto in favore dell'odierna ricorrente e dopo averla invitata ad eseguire l'appalto, solo successivamente (in particolare due anni dopo dall'aggiudicazione) le trasmetteva il contratto da lei firmato digitalmente al fine della sottoscrizione da parte dell'odierna ricorrente, sottoscrizione mai avvenuta.

La soluzione. Il TAR ha dichiarato fondato il ricorso affermando che in assenza della sottoscrizione di entrambe le parti del contratto non può ritenersi sorto alcun rapporto giuridico tra le stesse. Sul punto, il Collegio ha condiviso e richiamato la consolidata giurisprudenza secondo cui il contratto di appalto pubblico richiede, per esigenze di certezza, pubblicità e trasparenza che caratterizzano le situazioni giuridiche soggettive ad esso sottostanti, la forma scritta a pena di nullità dovendosi, quindi, escludere l'attribuzione di rilevanza ad eventuali convalide o ratifiche successive e non potendosi neppure ammettere la validità di manifestazioni di volontà implicita o desumibile da comportamenti puramente attuativi.

Da ciò ne conseguiva che il rapporto da cui la stazione appaltante pretendeva di desumere comportamenti comprovanti l'inaffidabilità professionale ex art. 80, comma 5, lettera c), d. lgs. n. 50/16, era privo di alcun valido titolo giuridico.

Ciò posto, il Collegio ha annullato il provvedimento di esclusione con cui la stazione appaltante qualificava, come indice d'inaffidabilità professionale ex art. 80, comma 5, lettera c), d. lgs. n. 50/16, un mancato pagamento riferito esclusivamente ad un contratto che, però, non era mai venuto in essere.

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